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cun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula.

 

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Messaggi di Maggio 2012

2 Giugno: Aboliamo la parata militaresca. E anche la Festa italiota-patriottarda.

Post n°598 pubblicato il 31 Maggio 2012 da asu1000

SE LA CENERE

E’ ANCORA VIVA

SOTTO LE BRACE

di Francesco Casula

Due giugno: abolite la parata. La proposta, lanciata su Twitter da Vendola, leader di Sel, è stata subito accolta, oltre che, massicciamente, dalla comunità del Web, dalla Lega Nord e dall’Idv che con Di Pietro ha giustamente sostenuto: «Follia sperperare tanti soldi per la parata del 2 giugno. Opportuno utilizzare quei fondi per fini sociali e di solidarietà». Sulla stessa linea molte associazioni cattoliche, ad iniziare da Pax Christi che con don Sacco scrive: «Per Patria intendiamo una somma di interessi e di confini da difendere armi in pugno o una comunità che deve farsi carico specialmente di chi soffre, piange, ha perso tutto? ». Di contro, seraficamente, il presidente Napolitano, risponde che la parata si farà ma sarà sobria: ovvero, come preciserà il Ministero della Difesa – retto da un generale! – che costerà solo 2,9 milioni di euro contro i 4,4 milioni spesi per le celebrazioni dello scorso anno. Ma questi sono i dati ufficiali. Secondo il parlamentare Antonio Borghesi infatti i costi sarebbero ben più alti: fra i 10 e 15 milioni di euro. Sia come sia, sarebbe un vero e proprio insulto, una beffa indecorosa nei confronti delle vittime del terremoto e del loro dolore. Nel sostenere la necessità della parata  e della “Festa”, Napolitano ritiene che con essa «la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità, forza democratica e fermezza». Ma di cosa parla? Ma non si avvede che l’Italia è un paese al collasso? Avviato inesorabilmente al tramonto? Con le sue istituzioni a pezzi? Con i Partiti a credibilità vicino allo zero? Con una corruzione immane che colpisce politici, amministratori e banchieri, imprenditoria e sport? Di grazia, ma cosa vogliono festeggiare? Le magnifiche e progressive sorti della repubblica, una e indivisibile, in quanto a occupazione e lavoro, reddito, servizi e sicurezza, specie nel Meridione? Possibile che non abbiano imparato niente dalle proteste, dai fermenti, dai sussulti e dissensi popolari, soprattutto giovanili, che si sono espressi nelle Piazze, nel referendum antinucleare, nelle elezioni amministrative che hanno espresso con chiarezza e nettezza una condanna dei vecchi partiti, del Governo e di istituzioni non solo lontane dai bisogni della gente, ma estranee ed ostili? Possibile che non capiscano che molte brace, potenzialmente incendiarie, covano ancora sotto la cenere?

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 31-5-2012

 
 
 

Cappellacci scrive una lettera in Lingua sarda a Monti

Post n°597 pubblicato il 29 Maggio 2012 da asu1000

 

UN ISOLA SOVRANA

COL BILINGUISMO

DEL SUO PRESIDENTE

di Francesco Casula

Scrive Michelangelo Pira in «La Rivolta dell’oggetto». “Il Vicerè non aveva alcun obbligo di essere bilingue; alla traduzione dei suoi ordini potevano provvedere intellettuali bilingui suoi dipendenti. Il presidente della Regione (per dire le istituzioni e organizzazioni politiche sarde autonomiste) ha 1'obbligo di essere compiutamente bilingue: il suo compito non è quello di trasmettere ordini di una sovranità esterna bensì quello di farsi estensione di una sovranità interna partecipando alla costruzione di questa. Egli deve capire quel che si vuol fare della Sardegna da parte dei poteri esterni all'Isola, ma anche e soprattutto deve capire quel che la Sardegna vuol fare di se stessa e dei suoi rapporti con i suoi interlocutori esterni. E la volontà interna si forma e si individua sia parlando in sardo, sia parlando in italiano”. Non so se Cappellacci abbia mai letto questo passo del grande antropologo sardo: comunque la diffida e la messa in mora al Governo Monti sulla vertenza entrate inviata al Presidente del Consiglio in due lingue, italiana e sarda, si muove dentro l’orizzonte politico e culturale auspicato da Pira. E’ una scelta importante e significativa che va nella direzione giusta: a condizione però che seguano atti politici conseguenti. Ad iniziare dalla costruzione della “sovranità interna”. Anche su questo versante occorre dire che qualcosa, dopo decenni di inerzia, finalmente si muove. Come  l’approvazione nel Consiglio regionale, da parte di un variegato arco di forze politiche,  dell’ordine del giorno sardista in merito all’avvio di “una sessione speciale di lavori aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione Sardegna nella Repubblica italiana”. Se il progetto sovranista, proposto soprattutto da Paolo Maninchedda ma fatto proprio anche da forze politiche come Sinistra, Ecologia e Libertà, andasse avanti, potremmo finalmente inaugurare in Sardegna un nuovo corso: mettendoci alle spalle decenni di subalternità politica e culturale per imboccare con decisione la strada della rottura della dipendenza e della sovranità. Grazie anche alleanze e convergenze politiche che partano dai progetti e dai programmi e non dagli schieramenti .

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 29-5-2012

 

 

 

 

 
 
 

L'ANAS contro la lingua sarda: la vicenda di Posada

Post n°595 pubblicato il 23 Maggio 2012 da asu1000

I NOMI DEI PAESI E IL CANTONIERE CHE SE NE FREGA.

di Francesco Casula

Un capo cantoniere dell'Anas intima al sindaco di Posada (Nu) Roberto Tola, di rimuovere il cartello stradale con la scritta “Pasada”, (come si chiama il paese in lingua sarda) posizionato all'ingresso del paese della Baronia, sulla statale 125 Orientale sarda, in quanto “non a norma”. Giustamente il sindaco sardista si oppone. La vicenda è comunque stupefacente. Un burocrate dell’Anas, ente statale ipercentralista, diventato zelante e occhiuto, ha tempo e voglia di controllare cartelloni a suo dire, fuori norma, quando dovrebbe invece indirizzare il suo zelo e impiegare il suo tempo in ben altre direzioni: al controllo, per esempio, dei cantieri lumaca, sempre aperti e mai chiusi: è paradigmatico ed esemplare il caso della 131 con lavori iniziati da decenni e decenni. Ora si può ammettere che un dipendente dell’Anas non conosca il valore e il significato altamente identitario, civile e culturale, della toponomastica in lingua sarda: con i nomi dei paesi, delle località, delle strade, delle piazze, dei fiumi, dei monti ecc. noi riusciamo a entrare in contatto con la nostra storia, la nostra civiltà, la nostra lingua, appunto. Una cosa però dal dipendente, ma soprattutto da chi gli ha dato l’incarico e l’ordine di rimuovere il cartellone “proibito”  ovvero dall’Anas, occorre pretendere: il rispetto delle leggi. Ad iniziare dalla normativa europea, da quella statale (la 482), da quella regionale (la 26). E dallo stesso codice della strada che (nell’art.37, comma 2-bis)  prevede l’utilizzo “nei segnali di localizzazione territoriale del confine del comune, lingue regionali o idiomi locali presenti nella zona di riferimento, in aggiunta alla denominazione nella lingua italiana”. Commenta a questo proposito nel suo blog Gianfranco Pintore, giornalista di lungo corso e scrittore di gran vaglia: “Sarebbe interessante sapere come possa venire in mente a qualcuno di sbattersene con una sola levata di genio della Carta dell'Onu, di quella europea delle lingue di minoranza, della Costituzione italiana, della legge dello stato di tutela delle lingue minoritarie, di quella della Sardegna sullo stesso tema. E, soprattutto, del buon senso. Tollera, il buontempone, che i cartelli con i nomi dei paesi sardi siano ridotti a indicazione di pizzerie. C'è qualcuno che gli ha dato la dritta o è tutto frutto della sua intelligenza?

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 23-5-2012

 

 
 
 

Presentazione libro di Francesco Casula a Sindia

Post n°594 pubblicato il 21 Maggio 2012 da asu1000

 

 

 

Sabato 26 maggio ore 18.00

A Sindia presso la “Corte Pischedda” in Via Garibaldi

presentazione del libro

 “Letteratura e civiltà della Sardegna”

I volume, Edizioni Grafica del Parteolla, Euro 20

di Francesco Casula

 

Il volume dedica più del 50% delle pagine a Autori che scrivono in Lingua sarda e ai corrispettivi testi :dai primi documenti in volgare sardo ai  Condaghes, dalla Carta De Logu di Eleonora dArborea a Antonio Cano, da Gerolamo Araolla e Antonio Maria da Esterzili a Matteo Garipa, da Sa scomunica de Predi Antiogu arrettori de Masuddas a Efisio Pintor Sirigu, da Francesco Ignazio Mannu a Diego Mele e Peppino Mereu ( cui sono state dedicate molte pagine e la foto nella copertina), fino a Antioco Casula (Montanaru) e Pedru Mura.

Fra gli Autori che scrivono in Lingua italiana sono presenti Giambattista Tuveri, Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Grazia Deledda, Sebastiano Satta, Salvatore Cambosu, Antonio Pigliaru, Giuseppe Fiori, Giuseppe Dessì e Salvatore Satta.

Vi è anche un Autore bilingue Michelangelo Pira (che ci ha lasciato testi in Sardo e in Italiano) e uno quadrilingue, Sigismondo Arquer, che ha scritto in Sardo, Latino, Castigliano e Catalano.

Il secondo volume dovrebbe uscire, sempre per le Edizioni Grafica del Parteolla a giugno prossimo, con Autori che arriveranno fino ai nostri giorni.

 

 

 
 
 

Cos'è l'Identità

Post n°593 pubblicato il 19 Maggio 2012 da asu1000

Una casa aperta che ogni giorno diventa più ricca: si chiama Identità.

di Francesco Casula                            

Da un sondaggio curato dall'Università di Cagliari e da quella di Edimburgo e finanziato dalla Regione sarda circa l'atteggiamento dei Sardi nei confronti della propria identità, dell’Autonomia, delle Istituzioni regionali e del rapporto fra Sardegna, Ue e Italia, emergono umori e giudizi estremamente interessanti: ad iniziare da quello sulla Identità: concepita in modo dinamico e variabile, non immobile e chiusa. Ovvero ferma e ossificata nel passato. Una identità dunque che cammina nella materialità corposa delle vicende e dei processi reali in cui si contamina, e si costruisce-ricostruisce: fatta, di somme e di accumuli e non di sottrazioni successive. L’identità che occorre difendere e rivendicare e far crescere dunque non è quella primigenia o “autentica”: anche perché l’autoctono puro non esiste. Gli uomini – come le piante – hanno certo “radici”, ma insieme viaggiano, cambiano, sono ibridi, multipli, figli di molte generazioni e di molte culture e di infiniti incontri: influenzati dal sangue e dalla storia tanto quanto dal loro libero mutare, abitare, imparare. Non esistono quindi identità blindate.  L’Identità che esiste è invece lo specchio fedele di stratificazioni culturali secolari su un potente sostrato indigeno che fa da coagulo. Ma non si esprime in un isolato e fermo recupero e cernita di semplici memorie e tradizioni. In genere –ha sostenuto il filosofo Searle – noi pensiamo alla memoria e dunque all’identità che su questa basiamo, come a un magazzino di frasi e immagini. Dobbiamo invece pensare alla memoria e dunque all’identità come a un meccanismo che genera atti contemporanei, inclusi pensieri e azioni, certo basati anche sulle esperienze del passato, ma nei termini accrescitivi di un confronto nel tempo perché è in quel confronto, in quello scambio intersoggettivo che trova la ragione la capacità di conservare ma anche di progettare e di accogliere e di proporre, di ricevere e di dare. Ciascuno è figlio della propria terra ma anche figlio del mondo intero. Occorre partire dal “luogo della differenza” per riconoscerci e appartenerci e insieme da quel luogo, dal valore della diversità segnata da una storia dissonante e da arresti anche drammatici ma carica di significati millenari: ripartire, muovere per disegnare nel presente la nostra storia futura. Essa non è dunque mai definitiva o cristallizzata:  ma è da rielaborare continuamente. Un’identità è qualcosa che dà e riceve. L’identità insomma è una casa aperta, che si ingrandisce e si arricchisce ogni giorno. E non è un dato rassicurante e permanente  ma è quella che diventa fatto nuovo, che interroga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo, lottando contro il tempo della dimenticanza. L’identità dunque si vive, nel segno della contaminazione, della creolizzazione e dell’appartenenza. Ma soprattutto: l’identità è quella che si trasforma in questione operativa: che diventa progetto e l’appartenenza diventa storia, caricandosi di vita, suscitando conflitti, impegnandosi con le lotte a trasformare il presente e costruire il futuro.

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 19-5-2002

 

 

 
 
 
 
 

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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.

Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).

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