Creato da viscontina17 il 30/06/2012

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Messaggi di Ottobre 2014

LA MATTANZA DEI DELFINI NELLA BAIA DI TAIJI

Post n°262 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da viscontina17

Si susseguono nel mondo gli appelli contro la mattanza dei delfini in Giappone. L'Ente nazionale protezione animali (Enpa) si appella al ministro degli Esteri, Emma Bonino, ''affinché l'Italia prenda posizione contro la barbarie di Taiji'', città giapponese nella cui baia è stato catturato, nei giorni scorsi, un branco di oltre 250 delfini.
''Il mondo intero sta protestando contro questa ennesima mattanza, attori e personaggi della cultura e dello spettacolo stanno esprimendo il loro disappunto e il disgusto per questa pratica tanto barbara quanto incivile, da Yoko Ono ai report di tutti i principali telegiornali dagli Usa all'Australia'', evidenzia la Protezione animali, chiedendo a Bonino che ''anche il nostro Paese dia prova di altrettanta sensibilità e civiltà''.
In difesa dei delfini è scesa in campo, nel fine settimana, anche l'ambasciatrice americana in Giappone, Caroline Kennedy. ''Sono profondamente preoccupata per la disumanità dell'azione della caccia. Il governo degli Stati Uniti si oppone alla caccia dei delfini'', ha scritto su Twitter la figlia dell'ex presidente Usa John Fitzgerald Kennedy.
La Sea Shepherd Conservation Society, l'associazione ambientalista che "combatte" da anni il Sol Levante per le sue pratiche di caccia di balene a "uso scientifico", ha riferito che più di 250 delfini erano stati spinti nella baia di Taiji, tra cui cuccioli e un rarissimo caso di femmina albina.
La città, che da secoli pratica questa particolare attività di pesca, è salita alla ribalta internazionale a causa del documentario americano "The Cove", vincitore del premio Oscar nel 2009, che dava contro del massacro di delfini durante una'azione su vasta scala al largo della costa. Le foto, diffuse dall'associazione sui social network, mostrano i delfini catturati intenti a nuotare in circolo in acque poco profonde.
Sea Shepherd ha lanciato l'hashtag #tweetfortaiji per sensibilizzare l'opinione internazionale ad evitare un massacro. Gran parte della carne recuperata sarà consumata dall'uomo, con il rischio di danni alla salute visti i quantitativi di mercurio rilevati, mentre alcuni capi finiranno in cattività nei parchi marini. (WEB)

 
 
 

PESCI ALIENI NEL MEDITERRANEO BIODIVERSITA'A RISCHIO

Post n°261 pubblicato il 24 Ottobre 2014 da viscontina17

 

L’arrivo di circa 1.000 tra pesci, crostacei e alghe sta modificando l’habitat marino
La più famosa è sicuramente lei, la Caulerpa taxipholia. L’alga di origine tropicale, colore verde chiaro e alto potere infestante, è stata per anni il simbolo dell’invasione «aliena» del mar Mediterraneo, colpevole di averne colonizzato i fondali rubando spazio alle specie autoctone. Ma oggi le file degli inquilini stranieri provenienti da mari esotici e lontani (specie «aliene» o «alloctone») si sono ingrossate. E contano nomi come le triglie del Mar Rosso Upeneus pori e Upeneus moluccensis, il granchio Percnon gibbesi, la medusa Rhopilema nomadica e molti altri ancora. In tutto, quasi 1.000 tra pesci, crostacei e alghe, dicono i dati di un recente studio del Joint Research Center della Commissione Europea, pubblicato sulla rivista «Frontiers in Marine Science». Un’invasione biologica senza precedenti che mette a rischio la biodiversità: ogni giorno pesci e invertebrati nativi del Mare Nostrum, già stressati da pesca eccessiva e inquinamento, infatti, devono competere duramente con gli «intrusi» per preservare il proprio habitat. E la vittoria non è sempre scontata.
Sotto accusa - ancora una volta - le attività umane. «Il trasporto via mare, l’acquacoltura e l’apertura dei grandi canali di comunicazione - spiega Stelios Katsanevakis, lo scienziato che guida il gruppo di ricerca che ha elaborato lo studio - hanno rimosso le barriere ambientali per le specie marine, che possono facilmente trasferirsi lontano dal loro areale naturale». Esaminando i dati di oltre 900 specie esotiche attraverso la nuova piattaforma EASIN (European Alien Species Information Network) i ricercatori sono riusciti a stabilirne la diffusione e le vie di introduzione. Più di 400 specie di pesci e invertebrati sono giunte dal Canale di Suez («specie lessepsiane»); poco più di 300 attraverso l’acqua di zavorra delle navi o attaccate alle carene. Circa 60 specie, soprattutto alghe, sono state introdotte accidentalmente attraverso l’acquacoltura. Colpevole anche il riscaldamento globale: le acque tra Turchia meridionale, Siria, Libano, Israele, Gaza, Cipro ed Egitto sono diventate notevolmente più calde negli ultimi 20 anni, quindi ideali per la sopravvivenza delle specie provenienti da Mar Rosso, Mar Arabico e Oceano Indiano. In questa regione del Mediterraneo, dice lo studio, fino al 40% della fauna marina è di origine «aliena».
A preoccupare maggiormente sono gli impatti ecologici ed economici di queste invasioni. Basti pensare ai pesci Siganus luridus e Siganus rivulatus («pesce coniglio»), insediatisi nel Mediterraneo orientale dall’Oceano Indiano, che stanno devastando le foreste di alghe brune a scapito delle specie che popolavano l’ecosistema. Sciami di meduse «aliene» (Rhopilema nomadica) appaiono lungo le coste per decine di chilometri con effetti negativi sul turismo, e addirittura in Israele ostacolano le attività di pesca. Altrove le comunità native di alghe, coralli e invertebrati muoiono per la mancanza di risorse causata dalla rapida crescita dell’alga Caulerpa cylindracea, che può formare tappeti di 15 centimetri di spessore e che colpisce molte località nel nostro paese. «In Italia le aree più colpite - precisa Katsanevakis - sono la costa orientale della Sicilia, il Mar Ligure e le coste adriatiche settentrionali nei pressi della laguna di Venezia. Le prime due aree sono interessate dalle specie trasportate dalle navi, mentre la laguna è colonizzata da quelle di acquacoltura».
Sono 200 le specie che hanno raggiunto le acque italiane, di cui 15 sono pesci, secondo la Banca dati delle specie non indigene nei mari italiani realizzata dall’Ispra. Per ora senza provocare conseguenze sul sistema pesca. «A differenza del Libano e della Siria, dove la cattura di questi esemplari supera quella delle specie mediterranee, i pesci alieni non hanno avuto un impatto sulla nostra pesca», spiega Franco Andaloro, dirigente di ricerca dell’Ispra. Solamente due infatti hanno raggiunto quantità catturabili: il pesce coniglio (S. luridus) e il pesce flauto (Fistularia commersoni), entrambi commestibili ma non ancora accettati dal mercato. «Vi è poi un pesce molto tossico, il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), catturato per la prima volta nel novembre scorso a Lampedusa che ha fatto scattare il nostro sistema di prima allerta, informando tutti i pescatori e la Guardia Costiera e consentendoci di trovarne altri 10. Ma non c’è pericolo per i consumatori in quanto ne è vietata la vendita», conclude Andaloro. Talvolta nelle reti si trova anche il gambero giapponese (Marsupaeneus japonicus), sfuggito dagli allevamenti di acquacoltura, come ha fatto anche la vongola filippina (Venerupis philippinarum) che ha ormai colonizzato l’Adriatico soppiantando i frutti di mare nativi, e che rappresenta la quasi totalità delle vongole pescate.
Per arginare il fenomeno ed evitare nuove introduzioni, l’Organizzazione Marittima Internazionale ha adottato la «Ballast Water Management Convention», che obbliga le navi al trattamento delle acque di zavorra per eliminare i microrganismi estranei presenti. La convenzione però non è ancora entrata in vigore perché non ratificata da un numero sufficiente di Stati.(WEB)

 
 
 

L'ARTICO MALATO

Post n°260 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da viscontina17

Le temperature in aumento nell’Artico aiutano gli agenti patogeni a diffondersi e prosperare dove non erano mai arrivati prima. I parassiti nell’estremo nord fanno ammalare i buoi muschiati, le zecche trasmettono virus alle persone e le foche dell’Atlantico potrebbero avere contagiato quelle del Pacifico con un virus letale, dato che la scomparsa del ghiaccio in mare permette ai loro mondi di mischiarsi. Il cambiamento del clima potrebbe favorire alcune specie, ma i ricercatori temono che sarebbero molte di più quelle danneggiate: è sempre più necessario che i paesi trovino sistemi efficaci per migliorare la biosicurezza (WEB)

 
 
 

LA DANZA DELLE BALENE ALL'ISOLA GALLINARA

Post n°259 pubblicato il 12 Ottobre 2014 da viscontina17

Il loro passaggio, qui, non è una novità, ma lo spettacolo lascia ogni volta senza fiato. Due balene hanno incantato il “popolo dei naviganti” nei pressi dell’isola Gallinara, di fronte alla costa di Albenga.
Le immagini, che stanno facendo il giro dei social network, riprendono i due cetacei che nuotano e “soffiano” tra un’onda e l’altra, regalando emozioni. “Talmente belle – scrive qualcuno da Facebook – da essere commoventi”. Dovremmo esserci abituati visto che siamo in pieno “Santuario dei cetacei”, ma la natura, evidentemente, sa sempre come stupire. (WEB)

 
 
 

SALPA CLASSE DEI TUNICATI E TALIACEI

Post n°258 pubblicato il 09 Ottobre 2014 da viscontina17

                                               

Classe dei tunicati liberamente natanti, di solito coloniali e con il corpo spesso a forma di botticella. Presentano una corda solo nello stadio larvale. Comprendono i pirosomidi, sempre coloniali, i doliolidi e i salpidi, non sempre coloniali. Sono di lunghezza variabile da alcuni millimetri fino a molti metri come nel caso delle catene di salpe. Il mantello determina la consistenza di questi animali e può essere trasparente e delicato, spesso e gelatinoso o cartilagineo. Le specie più piccole sono molto trasparenti mentre quelle più grandi hanno un colore che va dall’azzurrognolo al giallo latteo. Si muovono scivolando in cerca di cibo e convogliando l’acqua attraverso il cestello branchiale (spesso visibile in trasparenza) o si muovono a scatti contraendo i muscoli ed espellendo l’acqua attraverso l’apertura posteriore del corpo. Sapidi e pirosomidi possono essere bioluminescenti per la presenza di batteri simbionti fotogeni. Non sono disponibili dati certi sulla durata della vita di questi animali che sono per lo più ermafroditi con alternanza di generazioni.(web)

 
 
 

SQUALO CONTRO SQUALO

Post n°257 pubblicato il 08 Ottobre 2014 da viscontina17

                                    

Essere al momento giusto e con la giusta prontezza di riflessi. Ecco come Adam Malski, fotografo amatoriale, ha immortalato una scena degna di un film: un enorme squalo bianco attacca e divora un suo simile di stazza inferiore (WEB)

 
 
 

RIFIUTI LUNGO LE COSTE D'AUSTRALIA UCCIDONO FAUNA MARINA

Post n°256 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da viscontina17

                                    

I mucchi di plastica attorno alle coste dell'Australia continuano ad accumularsi e uccidono in misura crescente la fauna marina, che la ingerisce o vi resta impigliata. A dare l'allarme è una ricerca di tre anni del gruppo ambientalista EarthWatch, in partnership con l'Ente australiano di ricerca Csiro, in cui gli scienziati hanno esaminato più di 170 località e osservato che i rifiuti sono concentrati vicino alle maggiori città. Tre quarti sono di materie plastiche e provengono in massima parte dalla terraferma, non da navi o barche nell'oceano.

Altri rifiuti in mare includono bottiglie, lattine, sacchetti, palloncini, gomma, metallo, fibra di vetro e sigarette, che possono soffocare i banchi corallini, uccidere la fauna marina e anche mettere a rischio la salute umana. La densità della plastica va da poche migliaia a oltre 40 mila pezzi per kmq, ha detto alla radio nazionale Abc la scienziata del Csiro, Denise Hardesty. "Vi è stata una moltiplicazione della plastica in rapporto diretto con l'aumento della popolazione", ha aggiunto.

Circa un terzo delle tartarughe di mare attorno al mondo ha probabilmente ingerito plastica, in misura crescente da quando è cominciata la produzione di plastica negli anni 1950. Nel Golfo di Carpentaria, al largo della costa nord dell'Australia, sono rimaste uccise fino a 15 mila tartarughe marine, dopo essere rimaste impigliate in reti da pesca abbandonate. Fra le maggiori vittime gli uccelli marini: globalmente quasi metà delle specie hanno la probabilità di ingerire rifiuti, ha detto ancora Hardesty.

Ricostruendo le fonti dei maggiori accumuli di immondizia in mare si potranno identificare soluzioni, raccomanda il rapporto, come migliore gestione dei rifiuti, rimborsi su bottiglie e contenitori vuoti, programmi mirati di educazione e progressi della tecnologia. (WEB)

 

 
 
 

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