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cantastorie

Post n°18 pubblicato il 19 Dicembre 2010 da bigfata

 

Il cantastorie

 

L’inverno è finalmente finito.

Nel bosco è rimasta qualche macchia di neve qua e là.

I primi germogli, invitano la primavera ad esplodere senza indugio.

I bucaneve rallegrano i prati.

E’ proprio in questa stagione che arriva nel bosco uno strano personaggio,

il Cantastorie.

La prima brezza di primavera porta le sue canzoni; ed ecco, un giorno arriva……Arranca faticosamente su di uno strano veicolo; pedala. Allora è una bicicletta? Chissà!

Ha costruito con un’accozzaglia di strani materiali, un carrettino coperto; l’unica cosa di provenienza certa sono le ruote, sicuramente di bicicletta.

Porta un cappello a larga tesa. Intorno al bordo sono appesi bizzarri ornamenti: una conchiglia raccolta in qualche isola misteriosa, un ossicino che lui afferma essere di colibrì, monetine, strani sonagli. Com’è vestito?

Anche gli abiti sono un allegro intruglio: una giacca di pelle da indiano con frange, sopra ad un paio di pantaloni da sera in seta pura. Un ampio mantello di lana foderato di rosso, il tutto portato con l’eleganza di un re;

inoltre porta sempre con se una fisarmonica per rallegrare le serate degli esseri che incontra.

Le fate sono eccitate dal suo arrivo, spargono la voce in tutto il bosco: “ E’ tornato il cantastorie! Venite tutti, questa sera faremo una grandissima festa!”

Preparano cibi e bevande: Quando scende la sera, le fate accendono un grandissimo falò, attorno al quale si riuniscono per ascoltare le nuove favole. Sono intenti a ridere e scherzare, quando dal buio spunta la figura allampanata del Cantastorie.

In pochi secondi si fa silenzio. Una fata lo invita a sedere con loro e dice:

Siamo sempre molto felici quando ci vieni a trovare; stiamo aspettando con ansia che tu ci racconti una nuova storia.” Egli si siede, si guarda attorno e con il suo schietto sorriso risponde: “ Per questa simpatica compagnia, racconterò la storia più curiosa che ci sia. Vediamo un po’, potrei raccontarvi la per la della tigre del Canada che tutti volevano cuccà per farsene un sofà. Oppure della cornacchia di Verona che voleva cantare all’Arena, e si sentiva perfetta per la parte di Violetta. “

Oppure….. c’era una volta un Re; no, no questa è una vecchia storia, aspettate, mi viene in mente…” e cominciò a raccontare.

In un regno lontano lontano: (i regni delle favole sono sempre lontani, così nessuno può controllare la verità). Abitavano un Re e una Regina che avevano un problema. Un problema importante e veramente grande: di mattina non riuscivano a fare colazione con uno straccio di cappuccino passabile. Il cuoco ci provava ma dalle sue mani uscivano solo schifezze.

Cominciare la giornata con una simile brodaglia è davvero indecente!

Decisero infine di bandire un concorso.

 

Saranno selezionati i migliori preparatori di cappuccino. Chi vincerà avrà diritto ad un lussuosissimo premio! “

 

La voce si sparse rapidamente e di lì a pochi giorni cominciarono ad arrivare i cappuccinatori.

Nel palazzo fu allestita una sala: grandi tavoli, brocche per il latte, chicchere per il caffè e tazze di fine porcellana.

Che tormento! Che delusione! C’erano dei cappuccini che erano solo cap; altri erano uccini; altri ancora erano addirittura cpcn, che è anche difficile da dire. Un giorno quando già si erano perse tutte le speranze arrivò Antonio.

Si presentò a corte e disse: “ Sono un esperto di cappuccino, se non ci credete mettetemi alla prova.” Il Re e la Regina si guardarono e poi dissero:

Proviamo ancora con te, da dove vieni? “

Da Napoli vengo, e noi napoletani siamo i maggiori esperti al mondo di cappuccino: “

Si mise immediatamente al lavoro e di lì a pochi minuti presentò alle Loro Altezze due tazze fumanti, profumate e schiumose come non se n' erano mai viste prima. Fu un’ovazione, un acclamazione, i Reali chiesero ad Antonio

Che cosa volesse come premio ed egli rispose: “ Vorrei aprire un bar nel vostro regno. Il suo desiderio fu prontamente esaudito con la clausola di non fare mai mancare i cappuccini a colazione.

Nel regno vicino, intanto, arrivarono da più parti notizie di questo famoso cappuccino. Gli venne voglia di provarlo. Che cosa fecero allora?

Dichiararono guerra a Cappuccinia. Ho dimenticato di dirvi che il regno fu ribattezzato proprio così.

I soldati arrivarono quatti quatti, armati fino ai denti. Nella città non c’era anima viva. Era completamente deserta. Sfido io! Erano le otto del mattino ed erano tutti al bar di Antonio a bere il cappuccino!

I soldati ne seguirono il profumo ed entrarono nel bar. Quando Antonio li vide così combinati si infuriò e disse: “ Se volete rimanere nel mio bar dovete lasciare fuori la vostra artiglieria! ” Mortificati, obbedirono prontamente e fecero un gran bel mucchio di sciabole, pistoloni, lance e quant’altro avevano addosso. Il tempo intanto passava. Tra un cappuccino e l’altro le truppe nemiche si fidanzarono con le belle ragazze del posto, trovarono lavoro e misero su famiglia.

Il Cantastorie girò lo sguardo sul suo pubblico; lo stavano ascoltando affascinati e con la bocca aperta.

Si levò un grido: “ ancora, ancora! ”

Un grande sorriso si disegnò sulla sua faccia, era sempre molto felice quando divertiva gli esseri del mondo. Disse: ” devo andare, le mie storie vado a raccontare in ogni dove. Tornerò immancabilmente col prossimo vento di primavera!!”

Salì sul suo trabiccolo e pedalando come un matto sparì nel bosco.

Le fate sospirarono” E’ sempre magico il nostro amico!”

 

 
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FATE2

Post n°16 pubblicato il 02 Dicembre 2010 da bigfata

 

 

Il folletto voglio voglio

 

 

E’ una mattina d’autunno. Una di quelle mattine limpide che fanno presagire una splendida giornata. La fata Betulla sta passeggiando nel bosco, ammirando i meravigliosi colori che questa stagione regala alla terra prima di volgere all’inverno.

Betulla è una fata molto romantica. Ama i colori caldi, rossi e dorati e le prime nebbie che accarezzano il prato e avvolgono il bosco in un’atmosfera magica e irreale.

Intorno ai pioppi spuntano numerosi quei funghi che si chiamano famigliole; sono gli ultimi della stagione perciò più ricercati dalle fate e dagli esseri umani.

Betulla osserva il bosco. Guarda gli scoiattoli che stanno facendo scorta di noci e noccioline per il lungo inverno, i ghiri si preparano al letargo e rimpinzano la tana d'ogni ben di Dio di cui il bosco è ancora pieno.

Le farfalle volano intorno agli ultimi fiori e le api si affaccendano per finire di riempire l’alveare e rifornirlo bene . Ogni animale ed ogni albero si sta preparando al lungo letargo invernale.

Sui bordi del bosco rosseggiano i vigneti. I rossi e succosi grappoli sono stati vendemmiati, ma qui e là è rimasto qualche acino per addolcire le torte delle fate. Le castagne ormai mature, cadono a terra ancora avvolte nei loro ricci pungenti.

Mentre è così assorta, Betulla sente una vocina, una vocina lamentosa.

Si guarda intorno per scoprire chi piange e intanto sente: “Povero me, mi sono perso nel bosco buio e scuro, come farò a tornare a casa?”

Seguendo il suono di quella voce, Betulla scorge finalmente un essere seduto su di un vecchio tronco, E’ piccolo e buffo; indossa un abitino verde, pantaloni, giubbetto e cappellino. Le sue orecchie sono appuntite e dietro le spalle gli spuntano due ali iridate e rigide come quelle delle libellule.

Finalmente Betulla capisce, è un folletto! Si avvicina e, premurosa, gli chiede: “Che cos’ hai piccolo?” Il folletto la guarda e strilla: “ ma chi sei tu?”

Betulla cerca di tranquillizzarlo con la sua voce più dolce, “ caro, io sono una fata e ci sono molte sorelle che abitano nella comunità qui vicina; forse potremo aiutarti:”

fate? Allora sappi che io sono il figlio del re dei folletti e voi dovete aiutarmi e prima di tutto ho fame!

Betulla paziente e dolce, lo accompagna dove le fate hanno la loro cucina e dove troverà da mangiare e da riposarsi.

Mentre volano verso la loro meta, il folletto continua con la sua litania: “ ho fame, ho tanta fame! “

Arrivati alla cucina, la fata lo presenta alla cuoca di turno: “ ciao Prosperina, ho trovato questo folletto che si è perso nel bosco, ha molta fame, provvedi a nutrirlo.” Poi si gira verso di lui e chiede: “ come ti chiami? “ Pieno di sussiego egli risponde: “Il mio nome è Zibibbo, principe dei folletti:”

Fata Prosperina chiede a Zibibbo cosa vuole da mangiare e gli elenca quello che ha cucinato per le fate: “ zuppa di funghi chiodini, castagne cotte nel latte, noci e nocciole. Infine una grossa torta fatta con marmellata di more. ”

Fata Prosperina si chiama così perché adora cucinare e non è proprio una fatina, ma é una fatona.

Il folletto si mette a strillare: “ voglio la torta, voglio la torta! “

La fata lo accontenta. Egli la divora tutta e non ne lascia nemmeno le briciole.

Le fate sono colpite da questo comportamento. Si voltano a guardare Zibibbo che intanto si è addormentato profondamente. Sorridono, povero piccolo forse è solo stanco e spaventato.

Il mattino seguente Zibibbo si sveglia fresco e riposato, si guarda intorno e riconosce fata Prosperina; la apostrofa con prepotenza: “ ehi, cosa c’e per colazione?” La fata gli augura il buongiorno e lo informa che per colazione ha fatto dei buonissimi biscotti alle mandorle. Il profumo dei biscotti aleggia per tutta la cucina, è veramente delizioso! Ma il microscopico maleducato incomincia a strepitare: “I biscotti mi fanno schifo, voglio una torta, voglio una torta! “ La povera fata non sa più cosa fare. Cerca di convincerlo ad assaggiare un biscotto, ma gli strepiti del folletto diventano insopportabili, quindi con tutta la velocità che le è possibile prepara un’altra torta alle more.

Con la pancia piena sembra un po’ più tranquillo, ma comincia presto con altre pretese: “ voglio visitare i dintorni e mi porterete voi. ”

Le fate si guardano stupite e gli dicono che avrebbe volato in loro compagnia sui luoghi più belli che conoscono; ma il folletto vuole proprio essere portato, non vuole usare le ali per volare.

Le fate sono veramente molto pazienti. Lo fanno sedere su di una foglia resistente e, tenendola una per lato lo accompagnano a vedere i più bei posti del bosco.

Voi bambini lo sapete quanto è bello il bosco: la radura del concerto, lo stagno, il bosco dei pioppi, il ruscello……..Ma quel piccolo tiranno non fa che ripetere: “ che schifo, il regno dei folletti sì che è bello! “

Le fate cominciano ad avere i cappelli dritti per la disperazione: sì, avete capito bene, alle fate non si drizzano i capelli, ma proprio i cappelli.

Passano i giorni ma non passano certo i capricci del principino. Le fate cercano di farsi dire dov’è il regno dei folletti ma lui si rifiuta.

mi diverto troppo con voi, non mi sogno neanche un po’ di tornare a casa.”

Prendono quindi la decisione di dare una piccola lezione a Zibibbo.

Al mattino, al risveglio, il folletto come il solito strilla: “ voglio la torta, voglio la torta! “ fata Prosperina gli chiede con molta dolcezza: “ come la vuoi? “

alle noci, alle noci! “ La fata lo prende delicatamente per il giubbino mentre lui scalcia e strilla per essere messo giù, lo guarda negli occhi e gli dice:

d’ora in avanti, se vuoi al colazione, vai a cercare quello che ti serve nel bosco e poi te lo cucini: “

Zibibbo a queste parole si drizza in tutta la sua altezza e risponde: “ cosa credi, che non sono capace? Ti farò vedere io!!”

E si avvia verso il bosco con tutta la sua presunzione.

Verso sera non è ancora tornato. Le fate temono di avere esagerato con la lezione. Finalmente lo vedono arrivare, stanco, deluso, senza il più piccolo pezzo di cibo e, con tutta probabilità, a pancia vuota.

Si dirige verso la cucina mogio mogio e va da fata Prosperina. Le fate si accalcano sull’uscio per sentire cosa ha da raccontare:

 

La fatona lo prende in braccio. Zibibbo appoggia la testa sulla sua spalla e sospira: “ sono stanco e ho tanta fame. Non ho trovato nulla per fare una torta, ho rischiato di essere picchiato dalle api quando ho cercato di mangiare un pò del loro miele; ho provato ad aprire un riccio di castagna, ma poi anche la buccia era troppo dura e non ci sono riuscito. Ti prego Prosperina, qualunque cosa ci sia da mangiare va bene. “ La fata lo guarda con tenerezza e gli risponde: “Questa prova è solo servita perché tu imparassi ad apprezzare il lavoro degli altri, a capire che non tutto si trova

pronto così sui due piedi; che tutto costa fatica e…… l’erba voglio non c’e neanche nel giardino del Re: “

se imparerai a dire per favore e grazie, se imparerai a dare il tuo aiuto, nella vita tutto andrà meglio e ti farai un mucchio di amici. Se vuoi, puoi stare ancora qualche giorno in nostra compagnia, ma poi ti scorteremo nel tuo paese.”

Dopo qualche giorno Zibibbo si congeda dalle fate. Abbraccia e bacia fata Prosperina e Betulla, le ringrazia per averlo soccorso quando era in difficoltà e per aver avuto tanta pazienza quando era una piccola peste.

Le fate non sanno che cos’è il rancore quindi lo hanno già perdonato.

Vederlo andare via è per tutte una grande emozione. Qualcuna tira su col naso per darsi un tono e qualcuna piange senza trattenersi. Anche il folletto soffia rumorosamente il moccolo in una foglia morbida. (gli abitanti del bosco non conoscono i fazzoletti di carta). E’ un addio davvero commovente! Ciao Zibibbo!!!

 

Vi abbraccio bambini e… alla prossima fiaba.

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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fate

Post n°15 pubblicato il 02 Novembre 2010 da bigfata

 

 

Gelosia

 

 

Qualche tempo fa vi ho raccontato la storia di Cleo, la malatina. Vi ricordare? Adesso è alle prese con un nuovo problema: è terribilmente gelosa del suo fratellino!!

Ascoltate!

Cleo arriva da scuola all’ora di pranzo e trova sempre la mamma alle prese con il biberon del piccolo; mentre, quando lui non c’era, l’accoglieva con tanta gioia e le faceva sempre trovare qualche buon manicaretto di cui è

golosa.

Non che non prepari più il pranzo, ma non è la stesa cosa mangiare in compagnia della mamma, chiacchierando del più e del meno, o mangiare con il marmocchio che strilla, gorgheggia, fa graziose risatine e monopolizza l’attenzione di tutti.

Cleo quando entra in casa, diventa subito di cattivo umore; mangia e poi non vede l’ora di andare in camera sua con la scusa dei compiti per non vedere tutte quelle attenzioni che prima erano riservate esclusivamente a lei.

Si siede sul suo lettino e comincia a pensare: “In questa casa nessuno mi vuole più bene, alla mamma servo solo per aiutarla col piccolo e il papà,

quando arriva dal lavoro, non gioca che con lui. ”

Si sente molto infelice e prova una gran rabbia per quel piccolo intruso che è arrivato a portarle via le attenzioni di mamma e papà.

Fa tanto male il cuoricino di Cleo; lei non sa a chi confidare le sue sofferenze. Si ricorda della fata che l’ ha aiutata a guarire e pensa che forse potrebbe aiutarla ancora e, magari, con la sua bacchetta magica far sparire il mostriciattolo.

La mamma la chiama: “ Se hai finito i compiti vieni a darmi una mano con il piccolo. ”

La bambina pensa: “ eccoci di nuovo, ma per chi mi hanno presa! Non riesco nemmeno più a giocare.”

Si mamma, arrivo! ” in cucina ad aspettarla c’e anche la vicina di casa che è venuta in visita. Una signora un po’ impicciona che a lei non piace molto.

Come vede arrivare la bambina inizia una chiacchiera senza fine: “Ma che bel fratellino che hai. Chissà come sei contenta di poter giocare con lui.”
la mamma aggiunge: “ certo, la mia Cleo è molto affezionata a Ciccio e mi aiuta molto.” La piccola dentro di se si sente in colpa perché quel fratellino le suscita solo il desiderio di buttarlo dal balcone. Teme che la mamma si accorga di questo brutto sentimento e si sente male per la vergogna.

Dopo cena viene finalmente l’ora di andare a dormire. Per Cleo è una vera liberazione, almeno non deve più fingere con i genitori di amare il piccolo. Si lava i denti e finalmente può rimanere sola con i suoi pensieri.

Si rannicchia sotto le coperte, sospira profondamente e due lacrimoni le scendono dagli occhi. Nel suo cuore si agitano tanti sentimenti molto difficili da vivere; sentimenti che fanno male, molto male.

Dice la sua preghierina della sera e poi, sottovoce, chiede l’aiuto delle fate:

vi prego, aiutatemi, io non capisco più, tutti si aspettano che io sia contenta invece devo essere una bambina molto cattiva perché non amo il mio fratellino. ”

I messaggi dei bambini hanno un percorso molto speciale.
Le fate li raccolgono nell’aria ad uno ad uno. Non c’e bisogno di un recapito postale.
Un bambino che soffre deve essere aiutato il più presto possibile dalla fata giusta. Questa volta, infatti, il messaggio lo ha raccolto Aurora, una fata dolcissima che sa come aiutare i bambini in casi come questo.

Aurora sente nel cuore l’appello di Cleo ed accorre a tutta velocità.
La bambina ha lasciato la sua finestra socchiusa nella speranza che una fata arrivi ad aiutarla.

Aurora, piano piano, si introduce nella stanzetta, Vola sul volto della bambina e la sfiora con la sua bacchetta magica per farla dormire serena.
Al risveglio Cleo sente il suo cuore più leggero e subito intuisce: “è arrivata una fata! ” sottovoce per non svegliare nessuno in casa, chiama: “ dove sei, fatina? Ti prego, fatti vedere.”

Aurora vola sul cuscino; è una fata con un aspetto così dolce e gentile che subito suscita serenità e amore.

Eccomi, sono arrivata. Se vuoi mi puoi raccontare i tuoi dispiaceri.”
” Oh fatina, ne ho così tanti che non so a dove devo cominciare. La fata sa. Come tutte le sue sorelle sente i pensieri di chi soffre; con dolcezza parla a Cleo: “C’e un posto che conosciamo solo noi esseri della natura, dove il tempo è immobile. Se vuoi possiamo andare a vedere il periodo in cui i tuoi genitori ti aspettavano. Da quando sei nata è tutto conservato come in un film che si può fare girare all’indietro.”

Cleo entusiasta accetta. Aurora, con la bacchetta magica, crea una bolla di luce iridescente e invita la bambina ad entrare. In quel momento il tempo viene cancellato e da una nebbia fumosa cominciano ad emergere immagini.
Il papà e la mamma di Cleo giovanissimi, mentre sono in attesa di lei.
I due giovani sono al settimo cielo per la felicità per questo figlio che sta per arrivare. La mamma dice: “Caro, sono certo che sarà una bambina ed ho anche scelto il suo nome, sarà Cleopatra, bellissimo nome di una grande regina dell’antico Egitto.” Passano ore a fare progetti per la loro bambina e qualche volta ridono di gusto, come quando provano a immaginare cosa avrebbe fatto da grande. Il babbo dice: “Potrebbe fare l’attrice ….no!! è troppo normale; la nostra bambina sarà unica; potrebbe diventare un’esploratrice Artica! “
Un salto nel tempo e una neonata sta strillando nella culla, la stessa che adesso è del fratellino.
Un giovane padre e una giovane madre, sono chini su di lei preoccupati e amorevoli.

Cleo li riconosce: sono il suo papà e la sua mamma!!

Li osserva mentre si occupano di lei così piccina con tanto amore e pazienza, proprio come fanno adesso con il piccolo. Si vede che amano tanto la loro creatura, anche quando non c’e la fanno più per gli strilli della piccola affamata.

Adesso è più facile capire.
Aurora dice: “ il tempo a nostra disposizione é finito; spero che quello che hai visto ti abbia aiutata a comprendere che i tuoi genitori non ti hanno messa da parte ma che i bambini, quando sono così piccoli, hanno bisogno realmente di molte cure.”

Cleo è pensosa. Si sente più serena, quello che ha visto è stato molto bello e rassicurante: i suoi genitori la amano come il piccolo.
Mentre accade questo, i genitori si svegliano:
” Sai, “ dice la mamma, “ Ho fatto un sogno così strano, ” “ si, anche io, “ risponde il babbo. “ Cosa hai sognato tu?”
“ Ho sognato la nostra Cleo; ma non era la bambina gioiosa che siamo abituati a vedere. Diceva di essere molto triste perché non si sente più amata da noi; che da quando c’e Ciccio non siamo più affettuosi con lei, mentre lei è ancora piccola ed ha ancora molto bisogno di sentire il nostro affetto e tutto questo le impedisce di amare il fratellino. “

Io ho sognato la stessa cosa!” Si guardano stupiti e all’unisono: “ che ci sia di nuovo lo zampino di una fatina? ” e continuano: “ forse, con la nascita del bambino abbiamo cominciato a considerare Cleo una bambina grande, forse non abbiamo prestato attenzione ai suoi bisogni troppo presi dal piccolo. Dobbiamo dimostrarle subito che noi la amiamo tanto e per prima cosa andiamo a svegliarla insieme! ”
Babbo e mamma, in punta di piedi, entrano in camera della piccola. Cleo fa finta di dormire, allora cominciano a dire: “ Qui c’e una bambina che dorme ma pensiamo proprio che dovremo svegliarla se dobbiamo dirle che le vogliamo tanto bene e che è la nostra specialissima figlia, la nostra esploratrice Artica. ”
Cleo spalanca gli occhi e li abbraccia forte, forte, poi si ferma un attimo, si butta giù dal letto e corre in camera a vedere Ciccio; il piccolo è sveglio e sta chiacchierando da solo nella culla. Improvvisamente lo trova molto carino e gli schiocca un grosso bacio sulla guancia; lui la guarda e quello che fa a Cleo è il più grande e più bel sorriso del mondo e l’amore scoppia nel cuore della sorellina.

Mamma, papà, venite a vedere, Ciccio mi sorride, mi conosce, sono la sua sorella grande! Che bello, sono molto felice!”

Sappiamo molto bene che le fate, quando portano a termine una missione se ne vanno in punta di piedi senza aspettarsi nemmeno un grazie.
Aurora non fa eccezione, vola verso casa con il cuore in festa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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CHICORY

Post n°14 pubblicato il 29 Ottobre 2010 da bigfata

Questo bel fiore blù è la comunissima cicoria dei prati, CHICORY nel repertorio del dott. Bach.

Fa parte del gruppo di fiori legati all'emozione dell'incertezza.

Le persone chicory, vivono rapporti affettivi molto condizionati dalle loro squilibrate richieste, per raggiungere l'obbiettivo

 di attrarre l'attenzione degli altri mettono in atto manipolazioni di vario tipo.

Ad easempio possono utilizzare la malattia che in queste persona sfiora l'ipocondria.

L'amore degli altri non sembra mai sufficiente e l'amore che offrono è sempre con "gli interessi", non fanno nulla per nulla, anche se apparentemente si danno molto da fare.

Spesso si fa l'esempio della madre, che alla domenica, per far accorrere i figli intorno a lei, dice di stare molto male, sola e infelice.

Assumendo questo fiore si sviluppa AMORE INCONDIZIONATO.

 

p.s.

LE FOTOGRAFIE SONO TUTTE SCATTATE DA MIO MARITO CLAUDIO 

 
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cicory

Post n°13 pubblicato il 29 Ottobre 2010 da bigfata

 
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