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Jethro Tull, 'Rover'

Post n°67 pubblicato il 12 Maggio 2011 da fattodiniente

(per ascoltarla)

Una volta scrissi che c'è una musica per ogni momento della giornata. Beh, allo stesso modo c'è una musica per ogni stagione, per ogni mese, e in generale per ogni momento dell'anno. È una mia fissa; una delle tante, e neanche la più perniciosa.

Non saprei dire quando m'è sorta: probabilmente nel momento in cui ho cominciato davvero a capire che il tempo passa, e che un bel po' ne era passato. Il che rende la cosa diversa, e un tantino più originale (eh beh) dalla ovvia considerazione che a Natale ascolti le musiche natalizie, a Pasqua quelle pasquali (?), e a ferragosto quelle ferragostane. Quali poi siano, non è affar mio.
In effetti, pensandoci, Vivaldi ha compiuto esattamente questa operazione; che ci abbia preso o no, non saprei: alla fine è questione di sensibilità e capacità di immedesimazione individuale. Se qualcuno volesse il mio parere, dirò che trovo la cosa un po' stupida: se vuoi sentire le sensazioni dell'autunno, basta aprire la finestra a novembre e sei servito al meglio: la musica al massimo sarà un palliativo. D'altro canto, voler vivere le sensazioni della primavera ad autunno (per dire) è indubitabilmente una faccenda un tantino contronatura; un po' come assaporare pesche a dicembre, sai il gusto che hanno...

Ma la cosa di cui parlo io è tutta diversa, ed è strettamente legata al mio vissuto personale. Proust diceva che un certo sapore è in grado di richiamare gli aspetti più intimi e profondi di un ricordo; secondo Poe era invece l'olfatto il senso più acuto ed evocativo. Per me è l'udito, ovvero (come dubitarne?) la musica. Siccome generalmente, per i più intendo, il senso deputato a questo genere di delizie è la vista, se poi qualcuno pensa che invece sia il tatto, abbiamo fatto filotto. Basta non litigare sulla questione, e siamo tutti contenti.

Ora, il punto - per quanto sta a me, naturalmente - è capire perché e percome accada questa cosa, ma tutto sommato non c'è nemmeno granché da spiegare. In certi periodi della mia vita, ascoltavo una certa musica, un certo artista o un certo disco: lo riascolti e torni indietro nel tempo; capirai che c'è da comprendere.
Da quel dì (da quando mi ha preso questa fissa insomma) ho sempre pensato che sarebbe stato interessante provare a farne un resoconto: un calendario musicale (bella questa, nessuno ci ha pensato mai, sono disposto a scommetterci). Ma non l'ho mai fatto; un po' per pigrizia, ovvio...
Tanto per capirci, questo brano racconta la mia primavera del '78 (ovvio, il disco uscì in quei giorni...) e le molte cose e stati d'animo vissuti; quella di tre anni prima, è di Contrappunti delle Orme e quella di quattro anni dopo è dei Chieftains. Potrei continuare, snocciolando titoli e fatti di ogni stagione e quasi ogni mese degli ultimi trentacinque anni. Diamolo per fatto, che è meglio...

Ora però, più passano gli anni, più il ricordo e la cosa si fa sistematica, il che suppongo dica - una volta ancora, ma in modo diverso - che in fondo non siamo che ciò che siamo diventati: tornare a pensare a come questo sia successo, è un po' ripercorrere il labirinto della nostra vita, sapendo che - piaccia o non piaccia - ad ogni bivio, ad ogni svolta, una e solo una era la via da seguire, la scelta da fare, per sbagliata che poi la giudichiamo (due volte su tre, a star leggeri...).
E allora, probabilmente la faccenda ha un aspetto consolatorio, e forse di dolce illusione: riessere lì, in quel momento, sapendo che se quella era la musica, quella era la danza da ballare. Dopotutto, è vero che i rimpianti che ciascuno si porta sono millanta, e che una buona percentuale delle scelte fatte non le rifarebbe, ma nessuno considera mai che manca la controprova che le cose sarebbero andate meglio, e ci sarebbe comunque restato il rimpianto di non aver percorso la strada che al momento ci sembrava migliore. È una vita difficile, eh?
Da questo punto di vista, del resto, anche il riascoltare cose del bel tempo andato è una scelta, e se non altro porta alla consapevolezza di sé e delle proprie pulsioni, della propria capacità di discernimento e dell'immagine che abbiamo di noi stessi.
Magari non serve a niente, posso essere d'accordo.
Ma cos'è che serve, dopotutto, a questo mondo? 

 
 
 
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