Creato da fattodiniente il 01/06/2007

Gloriosa spazzatura

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Talking Heads, '(Nothing But) Flowers'

Post n°13 pubblicato il 26 Agosto 2007 da fattodiniente

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È sin troppo facile esaltare le qualità di un musicista che ci piace, come del resto accade anche per uno scrittore, un regista, un pittore, o qualunque altro artista che entri in sintonia con la nostra sensibilità. Nel caso di un musicista è decisamente frequente, perciò anche molto facile.
Così non ho difficoltà a parlar molto bene di numerosi artisti; sto però molto attento a non usare mai la parola ‘genio’ per descriverli. Un po’ è perché l’esperienza mi ha reso molto prudente al riguardo, ed è un termine troppo inflazionato perché sia poi vero; tutti questi geni, voglio dire… Soprattutto perché così evito che qualcuno salti su un giorno a farmi secco alla maniera di Woody Allen in Manhattan: ‘Beh, lui era un genio ed Helen è un genio e Dennis è un genio. Ma sai che conosci un mucchio di geni? Ehi, dovresti incontrarti con un po’ di persone stupide ogni tanto. Non si sa mai, potresti sempre imparare qualcosa.’ Il che tra l’altro è vero. Comunque io penso che la maggior parte dei musicisti (e molti altri artisti) siano soltanto dei cretini di talento. Joe Jackson, ad esempio, credo sia senz’altro uno di costoro. Gente da ammirare, questo senza dubbio, ma da qui ad eleggerli modelli di perfezione, o altro, ce ne corre.
Poi, sono abbastanza cresciuto per avere a modello di comportamento o di opinioni un musicista; c’è un tempo per ogni cosa, e passato il giro dei trent’anni (ma anche prima) non si dovrebbe indugiare in queste cose.
È altrettanto ovvio però che anche io ammiro qualcuno in modo particolare – sempre parlando di musicisti – e mi fermo a riflettere sul loro lavoro, su ciò che dicono. Direi che sono almeno tre; il che non vuol dire che li qualifichi come geni (termine che per la verità viene spesso associato a turno a tutti costoro): uno è Frank Zappa, un altro è Daevid Allen dei Gong, e il terzo è David Byrne dei Talking Heads.
Dal punto di vista intellettuale, è quest’ultimo che mi affascina in modo particolare, e che posso senz’altro dire abbia un certo peso nel mio modo di vedere le cose. O meglio, che dia una certa forma ad esso. Ora, tutti e tre hanno in comune un bel gusto per il paradosso, per la visione obliqua delle cose, con una certa dose di ironia (ciascuno a suo modo, più o meno diretto – Byrne – o aggressivo – Zappa – o divertito – Allen). Dei tre, Byrne è il più filosofo, e non ci voleva molto a immaginarlo: vagamente isterico, eppur lucidissimo; sarcastico senza aver l’aria di esserlo; profondo nel senso che sa cogliere prima di tutto il significato della superficie. Squaderna gli oggetti e i sensi della vita quotidiana, li pone sul tavolo operatorio e li studia nella loro oggettività, esattamente come faceva Michel Foucault ad esempio. La cosa che mi piace di lui (e che mi piace pensare di me stesso, ammettiamolo) è il suo non esser moralista: non pretende di insegnare agli altri a vivere, non ha messaggi da divulgare, ed è decisamente tollerante; si limita a mostrare, con un procedimento del tutto fenomenologico, la relatività assoluta dei significati, e la valenza metafisica che del tutto arbitrariamente noi assegniamo ad essi. È un antimetafisico per eccellenza, in sostanza, il che non lo rende particolarmente simpatico, e anzi dà l’idea piuttosto del poderoso rompicoglioni; un atteggiamento che direi di conoscere bene, beh… Se poi le persone non capiscono, direi che è un problema del tutto loro: il dito è senz’altro più guardato della luna, questo almeno è un fatto.
Metti questa canzone: canta il rimpianto per la civiltà perduta per far spazio al ritorno della natura. La bellezza di una fabbrica perduta per montagne e fiumi, di strade e automobili sacrificate all’agricoltura: ‘se questo è il paradiso, vorrei una falciatrice’. Dissacrante, anticonformista? Può essere, ciascuno può farsi la sua idea. Per me, vale anche per Byrne quel che Daevid Allen ha detto parlando del suo gruppo e della sua filosofia, il Pianeta Gong: ‘qualunque cosa Gong significhi per te, può significare il suo esatto opposto per chiunque altro’.
Il fatto è che non si tratta di spiegare, ne abbiam anche troppe di spiegazioni, ma di far vedere. Cosa? qualunque cosa, non ha importanza: la ricchezza e la varietà del mondo, e semmai il fatto che il modo in cui accostiamo significati e creiamo strutture è del tutto nostro, e non sta nelle cose stesse. Un mondo umano, troppo umano per citare un tedesco che se ne intendeva; e il farsi della Verità, che è la Verità stessa, come direbbe quell’altro tedesco che gli è andato dietro. O se vogliamo citare Musil, il fatto che nel mentre Dio ha fatto il mondo, avrebbe potuto benissimo farlo diverso.
E tuttavia c’è una grandissima pietas in questo atteggiamento, perché nel momento in cui si riconosce la aleatorietà e la superficialità del mondo, si riconosce che è il nostro mondo, ed è ciò che ci permette di essere come uomini, prima e al di là di tutto. Un atteggiamento che ti obbliga a pensare, sino ad arrivare alla domanda capitale: ‘che significa pensare?’, per scoprire che no, non lo sappiamo veramente. Per cui è preferibile essere stupidamente intelligenti che intelligentemente stupidi: il che significa innanzitutto amare il mondo, per il semplice fatto che è, molto più che il pretendere di cambiarlo.
Tutte cose che non rendono simpatici. Ma è dei geni il non esser compresi.

 
 
 
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