Creato da fattodiniente il 01/06/2007

Gloriosa spazzatura

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Post n°61 pubblicato il 30 Luglio 2009 da fattodiniente



Questa è una canzone che trent’anni fa amavo da morire; poi, ho smesso di ascoltarla, sedotto da altre cose, e, riascoltata a distanza di anni, la trovo insulsa, banalotta, inutilmente enfatica e un tantino noiosetta.
Beh, può una canzone piacerti, e poi ad un certo punto non piacerti più? Insomma, succede con le persone, perché non dovrebbe succedere anche alle canzoni? A ben vedere anzi è la stessa cosa: se una canzone ti piace, è per com’è, per i ricordi che custodisce e che hai costruito in essa, per le emozioni che ti dà, per i momenti in cui ti ha accompagnato e che hai trascorso in sua compagnia. Dov’è la differenza?
Che poi ci siano canzoni che ascolti per un certo periodo e poi basta, è un fatto tra i più comuni, ma è anche vero che nel tempo per queste canzoni provi se non uno speciale affetto, quantomeno un ricordo riconoscente. E pure questo vale anche per le persone.
Ma io sto parlando di canzoni che hai amato e che ora invece non vuoi proprio più sentire; un po’ perché ti ricordano momenti che non vuoi ricordare, e rivivere in qualunque modo; un po’ perché è proprio la canzone che non sopporti, non ti piace più. È possibile, questo?
Non c’è mica niente di male: è un fatto. Che succeda di rado, non vuol dire. Magari, questo sì, è più frequente succeda per le persone, comunque la dinamica è la stessa, a parte la faccenda del risentimento, che non si può arrivare a provare per una canzone.
La cosa peggiore è, naturalmente, quando fai la parte della vecchia canzone. Ma anche questa è una esperienza interessante, che insegna e fa riflettere su molte cose: val la pena farla. Ora, una canzone – una buona canzone quantomeno – evoca un cosmo di cose: emozioni particolari e a loro modo uniche, atteggiamenti e stati mentali, sogni e desideri, e potrei continuare. La questione è che, quando si è parte di un rapporto sentimentale, si tende a non considerare abbastanza il fondamentale fatto che amiamo l’altra persona non solo per quel che è – cosa essenziale, ma in sé sterile – ma per come ci fa sentire, cioè per l’immagine che ci rimanda di noi. È assolutamente ovvio che amiamo qualcuno perché ci fa vedere il mondo che noi siamo come speciale, ricco, illuminato. Dopo di che, entrati appunto nella parte della vecchia canzone, è come se si spegnesse la luce, e nel mentre osserviamo l’altra persona percorrere una nuova vita, vediamo il nostro mondo come vecchio, cadente, stantìo, e nient’affatto significante. Che è esattamente ciò che percepiamo nei confronti di una canzone che non ci piace più. A quel punto, scatta una dinamica per cui è come sedicessi alla canzone “ok, non insistere, non mi dici più niente, anzi mi domando cosa ci trovassi nell’ascoltarti”. Ed è una cosa che non è facile dire a se stessi, mettendosi nei panni dell’altro. Pure, occorrerebbe saperlo fare, se non altro per amor proprio, e per difesa di ciò che si continua ad essere anche in assenza dello specchio dell’amore dell’altro che non c’è più. In fin dei conti, che una canzone non piaccia più a me, non vuol dire che non possa continuare a piacere a qualcun altro, per quanto incomprensibile possa sembrare. Certo, se è difficile dire perché una canzone non ci piaccia più (o perché ci piacesse tanto prima, è lo stesso), è ben più difficile dirlo di una persona. Dirlo di se stessi, a spanne mi sembra impresa impossibile. E scatta il risentimento.
Come dicevo, infatti, una differenza sostanziale sta nel fatto che verso una canzone non si può provare risentimento, mentre nei confronti di una persona sì, eccome. Questo avviene per via del tempo: non si imputerà mai ad una canzone di averci fatto perdere del tempo, mentre – soprattutto giocando la parte della vecchia canzone, ma non solo – con le persone il tempo si perde eccome, e con esso tutto ciò che esso comporta: speranze, desideri, illusioni; per qualche strana ragione, le emozioni che ci ha dato una canzone che non amiamo più, non sono motivo di recriminazione, mentre lo sono eccome quelle vissute per un’altra persona. Il fatto è che da una persona ti aspetti sempre qualcosa; qualcosa di nuovo, sia pure il solo rivivere ancora ed ancora momenti vissuti. Una canzone, in fin dei conti, è sempre uguale a se stessa, anche se – volendo – ci si riesce a trovare sempre una sfumatura, un dettaglio, una profondità diverse. Il ragionamento è più interessante se applicato ad una persona: le persone cambiano realmente? Possono cambiare prospettive, forse aspettative, ma tutto il resto? Ma se non cambiano, nella loro essenza intendo, com’è che si finisce col diventare una canzone bolsa? Eppure accade. E con ogni probabilità dipende da ciò che ci si aspetta da canzoni e persone, da ciò che si aspetta (o non ci si vuole più aspettare, o non ci si aspetta più) da noi. Una canzone può finir per annoiare, figuriamoci se non accade ad una persona.
Una canzone non si lamenterà mai per questo. Le persone, noi… beh… Di sicuro avremo le nostre buone ragioni per farlo. Ma questa è un'altra storia.

 
 
 
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