Creato da Benedetta.Benni il 20/07/2010

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Paolo e Francesca - Inferno Canto V

Post n°5 pubblicato il 27 Luglio 2010 da Benedetta.Benni
 
Foto di Benedetta.Benni

«Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.                

  Amor, ch'a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m'abbandona.                      

  Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense».

Queste parole da lor ci fuor porte.                        

  Quand'io intesi quell'anime offense,

china' il viso, e tanto il tenni basso,

fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».                   

  Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio

menò costoro al doloroso passo!».                          

  Poi mi rivolsi a loro e parla' io,

e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri

a lagrimar mi fanno tristo e pio.                          

  Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,

a che e come concedette amore

che conosceste i dubbiosi disiri?».                        

  E quella a me: «Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.                    

  Ma s'a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dirò come colui che piange e dice.                         

  Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.                       

  Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.                     

  Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,                      

  la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante».                   

  Mentre che l'uno spirto questo disse,

l'altro piangëa; sì che di pietade

io venni men così com'io morisse.                          

  E caddi come corpo morto cade.

 
 
 

Precisione

Post n°4 pubblicato il 23 Luglio 2010 da Benedetta.Benni
 
Foto di Benedetta.Benni

La precisione al giorno d'oggi è talvolta accusata di essere pedante, intollerabile, poco creativa.

Trovo che sia più semplice essere sciatti, approssimativi e quindi non precisi. In alcuni campi fondamentali della vita la precisione, lo scrupolo, l'attenzione sono essenziali: quando per esempio sono in gioco la vita e la salute delle persone, quando ci si mette a servizio dell'altro.

Per correttezza.

E talvolta anche solo per cortesia.

Troppe volte ci giustifichiamo di una nostra mancanza con la presunta intolleranza di chi deve ricevere un servizio se questi non si ritiene soddisfatto.

E' una questione di cultura.

 Il nuovo giuramento di Ippocrate prevede:

« Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

  • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
  • di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
  • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
  • di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
  • di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
  • di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
  • di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
  • di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
  • di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
  • di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
  • di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
  • di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
  • di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.  »

Mi piacerebbe davvero che tutti i medici prestassero la loro opera con diligenza, perizia e prudenza!!!

 
 
 

Speranza

Post n°3 pubblicato il 22 Luglio 2010 da Benedetta.Benni
Foto di Benedetta.Benni

 

LE QUATTRO CANDELE

Le quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente.
Il luogo era talmente silenzioso,
che si poteva ascoltare la loro conversazione.

La prima diceva:
IO SONO LA PACE,
ma gli uomini non mi vogliono:
penso proprio che non mi resti altro da fare
che spegnermi!’
Così fu e, a poco a poco, la candela si lasciò spegnere completamente.

La seconda disse:
IO SONO LA FEDE
purtroppo non servo a nulla.
Gli uomini non ne vogliono sapere di me,
non ha senso che io resti accesa.
Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di lei e la spense.

Triste triste, la terza candela a sua volta disse:
IO SONO L’AMORE
non ho la forza per continuare a rimanere accesa.
Gli uomini non mi considerano
E non comprendono la mia importanza.
Troppe volte preferiscono odiare!’
E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.

…Un bimbo in quel momento entrò nella stanza
e vide le tre candele spente.
‘Ma cosa fate! Voi dovete rimanere accese,
io ho paura del buio!’
E così dicendo scoppiò in lacrime.

Allora la quarta candela, impietositasi disse:
‘Non temere, non piangere:
finchè io sarò accesa, potremo sempre
riaccendere le altre tre candele:
IO SONO LA SPERANZA

Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime,
il bimbo prese la candela della speranza e riaccese tutte le altre.

Paolo Coelho

 
 
 

Audacia

Post n°2 pubblicato il 21 Luglio 2010 da Benedetta.Benni
 

Sul dizionario al termine "Audacia" trovo le seguenti definizioni:

sf
coraggio spinto fino al disprezzo del pericolo

sf
ardimento eccessivo, temerarietà

sf
novità, genialità

sf
sfrontatezza

E' necessaria per sopravvivere in condizioni estreme, ma anche nel quotidiano.

Costruire la propriva vita e la propria famiglia con contratti a tempo determinato che non cambiano mai la loro natura;

Lottare per i diritti di un bambino malato in Italia;

Essere onesti in una società corrotta;

Andare in bici nel traffico;

Sorridere sapendo di avere una malattia cronica ed uscire in mezzo alla gente con sul corpo i segni del dolore;

Ignorare i limiti che altri ci hanno imposto e creare la nostra vita;

Provare una torta nuova, cambiando qualche ingrediente....

Qualunque cosa tu possa fare,
o sognare di fare, incominciala.
L'audacia ha in sé genio, potere e magia.
 Incominciala adesso
.
(Johann Wolfgang Goethe)
 
 
 

Lentamente muore

Post n°1 pubblicato il 20 Luglio 2010 da Benedetta.Benni
 
Foto di Benedetta.Benni

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.

(P. Neruda)

 
 
 

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