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COME REAGIRE DI FRONTE AL MALE?

Post n°1065 pubblicato il 11 Gennaio 2017 da alf.cosmos
 

COME REAGIRE DI FRONTE AL MALE?

Cos'è il male? Cosa rappresenta da un punto di vista umano e spirituale? Come reagire al male che vediamo intorno a noi e che subiamo da parte dei poteri oscuri che cercano di schiavizzare le coscienze?

di Piero Cammerinesi (corrispondente di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

 

 

PENSARE

 

Di fronte alla questione - cui la vita ci pone continuamente - dell’esistenza del male e della nostra possibile reazione o non-reazione si aprono vari scenari, che vanno dalla percezione del male come fatto univoco, esistente solo sul piano terreno (il male è male, non c’è del bene in esso, va comunque combattuto e contrastato) al male come fatto biunivoco (il male sul piano spirituale ed il male sul piano fisico sono differenti e, anche: il male sul piano fisico non è che male necessario per sviluppare un bene più alto).

La prima percezione si rivolge solo al pieno terrestre ed al regno degli effetti e potremmo definirla ‘materialista’. È quella percezione del male che evoca vendetta - occhio per occhio - punizione, condanna, morte. Non c’è riscatto a questa percezione del male.

È il male pre-cristiano, il male che non può venir redento.

Se il Christo non avesse ben illustrato con il suo disegnare simboli sulla sabbia con un bastoncino in occasione della (mancata) lapidazione dell’adultera, come il male sì, resti inscritto nell’etere della terra e si trasformi in karma, ma, attraverso il potere dello Spirito quello stesso karma possa poi trasformarsi in potere di redenzione, potremmo vivere solo la prima delle due percezioni del male. L’azione del Christo ci rivela che il male che ho fatto all’altro lo dovrò compensare - lo vorrò compensare - ma il male che ho fatto a me stesso nel fare male all’altro (ostacolando la mia evoluzione) quello potrà tornare bene. La seconda percezione del male si rivolge sì al piano terrestre, ma prevalentemente a quello spirituale - al regno degli effetti ma soprattutto a quello delle cause - e potremmo definirla ‘mistica’. È quella percezione del male che evoca l’inevitabilità del male, del dolore, la necessità del destino, la ‘compassione’ del Buddha, ma non l’amore del Christo.

Il male è solo un bene non ancora realizzato, un bene ‘in progress’.

Mentre la prima percezione spinge all’attività estrema, all’azione punitiva, violenta, la seconda induce all’accettazione, all’atarassia, alla passività.

Esiate una terza via?

Credo di sì.

Personalmente ritengo sia necessario equilibrare queste due percezioni, mantenendo l’equilibrio tra materialismo e misticismo, un equilibrio che vediamo compromesso continuamente nel corso della nostra vita - addirittura più volte nel corso di ogni giornata - a causa dell’azione indebita dell’anima sulla coscienza, dell’astrale sull’io. Ritengo che il nostro compito - in particolare di coloro che si definiscono cercatori di verità - sia quello di districare la matassa della realtà, di cercare la verità dei fatti, partendo dai fatti (esteriori) ma non limitandosi ad essi.

La verità vi renderà liberi.

Se ci riferiamo, ad esempio, al male che vediamo trionfare nella nostra società - l’oppressione e gli inganni del potere, le ingiustizie sociali, la fame e il dolore provocati da guerre e avidità umane - in numerosissime occasioni Rudolf Steiner evidenziò quanto sia importante 'smascherare' i complotti e gli inganni esercitati dal potere, che si manifestano nella Storia dei popoli. In particolare nei due volumi "Il Karma della menzogna” (O.O 173 e 174), egli mostra con assoluta evidenza che non basta che ci chiudiamo nella nostra stanzetta a meditare, ma dobbiamo anche:

1 - voler conoscere il reale;

2 - smascherarne le menzogne;

3 - agire nel pensare, nel sentire e nel volere per rettificare.


Siamo immersi in una policroma molteplicità con cui dobbiamo fare i conti, anche se a volte preferiremmo rifugiarci in un indifferenziato Nirvana dove qualcuno ci sussurra all'orecchio che gli opposti sono tutti irreali e che, tanto, siamo schiavi e sempre lo saremo.

Ma un tale assunto contraddirebbe in toto il senso della Scienza dello Spirito.

Se diamo valore al liberarci interiormente - l'opus di Filosofia della Libertà - rettificando e trasformando ogni singola non-verità del nostro essere individuale, dobbiamo dare altrettanta importanza alla rettifica delle menzogne della società e all'operare per la liberazione esteriore dell'umanità. È vero che l'effimero non è che simbolo - Alles Vergängliche ist nur ein Gleichnis - ma il nostro compito è quello di trovare la verità anche nell'effimero, altrimenti non saremmo incarnati, non ne avremmo più bisogno. Se lo siamo - come lo siamo - dobbiamo agire su ambedue i piani e, non diversamente da come abbiamo aspettato anni o decenni per vedere i risultati del nostro lavoro interiore, dobbiamo accettare di aspettare secoli perché il nostro intervento di oggi possa dare i suoi frutti. Il fatto di non vederli nell'arco della nostra esistenza - di questa nostra esistenza - non significa che non ci saranno e che siamo autorizzati alla passiva accettazione della menzogna che ci incalza da ogni lato.


Questa questione affonda le sue radici in alcune tra le questioni fondamentali dell'umanità - sia a livello di singolo che di genere umano - vale a dire nientedimeno che la dicotomia necessità/libertà e la necessità/arbitrarietà del male. Qualcosa con cui tutto il pensiero umano si confronta - e con cui si scervella - da diverse decine di secoli.‘Saltando’ a piè pari tutta la questione “io sono libero o no? quello che mi capita è necessario o posso evitarlo?” e ‘atterrando’ già in una forma mentis in cui i concetti fondamentale della Scienza dello Spirito sono operativi, potremmo fare le seguenti considerazioni:

1 - Se so che il male ha comunque una funzione positiva, perché combatterlo?

2 - Se qualcosa deve avvenire per karma o per - appunto - far manifestare quel ‘benedetto’ male, come possiamo noi impedirlo?

3 - Ammesso anche che sia possibile ipotizzare che - nonostante la funzione positiva del male - io voglia cambiarlo, come fare?


Dunque vediamo.

Per prima cosa direi - sembra un discorso che c’entra poco ma forse non è così - che uno dei concetti fondamentali che Rudolf Steiner ci ha insegnato è la necessità di usare il proprio pensiero come uno strumento di conoscenza in continua evoluzione. Uno strumento che andiamo affinando man mano che iniziamo a percepirne l’oggettività e la sua capacità di illuminare progressivamente il mondo umano, prima ancora del Mondo spirituale. Per fare ciò egli usa spesso l’analogia, considerandola un ottimo aiuto, sempreché siano congrui gli enti o gli oggetti che mettiamo in relazione. Allora, se invece di domandarmi, in generale: “se so che il male ha comunque una funzione positiva perché combatterlo?” avessi un problema tragico che investe la mia vita personale, mi farei lo stesso questa domanda?

O invece direi a me stesso: “sì, certamente questo male l’ho chiesto io, certamente mi servirà a maturare, a crescere, ma per l’avvenire voglio fare in modo di non dover più imparare solo attraverso il dolore”? Forse penserei anche: “Se di fronte al male (inevitabile) che mi viene incontro dal destino come malattia o disgrazia o altro io non reagisco con odio ma con amore, accettazione e trasformazione di me stesso, metterò le basi non solo per il mio cambiamento ma anche per quello di chi è collegato karmicamente a questo evento e, soprattuto, diminuirò la possibilità che questo dolore mi si ripresenti”.

Se, poi, questo male mi viene incontro da altri - ad esempio dagli inganni e dalla hybris del potere - io devo procedere su due strade parallele; sul piano spirituale devo accogliere l’evento come un fatto di destino, ma su quello umano - pur nella coscienza della mia corresponsabilità di tutto quanto accade nel mondo - devo necessariamente utilizzare Amore e Verità per contrastarne la manifestazione sul piano dell’incarnazione.

Amore e Verità.

Esempio: vedo un delinquente che sta picchiando una ragazza, o peggio.

Che faccio? Penso: “è il loro destino, il legame inscindibile tra carnefice e vittima ha cause prenatali non eludibili? il male che lei deve subire fa parte del suo karma, dunque non intervengo, dato che quel male si trasformerà in bene?”.

Non credo proprio, giusto?

Il mio Amore (altruismo) mi spingerà a cercare di impedire quel male e la mia Verità (manifestare ciò che è giusto) mi spingerà a chiamare altri, la polizia o i carabinieri, giusto? Ecco, se trasponiamo questo esempio dal piano personale-individuale a quello generale-collettivo abbiamo le risposte alle tre questioni.

1 - Se so che il male ha comunque una funzione positiva perché combatterlo?

R. Ne combatto la sua manifestazione esteriore, reificatasi nel regno degli effetti, mediante l’Amore che ne potrà rendere superfluo e inutile il ripetersi.

2 - Se qualcosa deve avvenire per karma o per - appunto - far manifestare quel ‘benedetto’ male, come possiamo noi impedirlo?

R. Ancora con l’Amore posso intervenire su un evento che dal ‘regno delle cause’ (karma) è passato sul piano fisico-sensibile e dove quindi è affrontabile su questo piano con forze interiori (ed esteriori) che ne possono permettere la ‘disattivazione’. Il karma, una volta sciolto attraverso l’Amore, tende a non ripetersi nelle stesse forme.

3 - Ammesso dunque che sia possibile ipotizzare che - nonostante la funzione positiva del male - io voglia cambiarlo, come fare?

R. Sempre con l’Amore sul piano spirituale (accettazione interiore dei motivi profondi per cui certe situazioni accadono e consapevolezza della mia, se pur minima, corresponsabilità) ma con la Verità su quello umano, vale a dire energica azione di:

a - correzione interiore della menzogna di cui vengo a conoscenza;

b - smascheramento esteriore della manifestazione della menzogna, dunque comunicazione, diffusione della verità, attraverso parole, scritti e quant’altro;

c - azione - nei limiti delle mie possibilità (famiglia, amici, compagni di percorso) - per creare una coscienza tale da ipotizzare nel futuro la ‘non-necessità’ dell’incarnarsi di detto male, per la semplice ragione che - una volta venute meno le cause necessitanti - esso non sarebbe più necessario alla mia ed altrui evoluzione.


Se saremo in grado di attuare nella nostra vita reale questi tre punti, ecco che le due percezioni del male, quella materialista e quella mistica tenderanno ad integrarsi, non generando più solo azione cieca o passività fatalista, ma realizzando nei fatti forse quella che è la massima fondamentale di “Filosofia della Libertà”:

“Vivere nell'amore per l’azione e lasciar vivere nella comprensione della volontà altrui è la massima fondamentale degli uomini liberi".

Fonte:  http://www.liberopensare.com/articoli/item/739-come-reagire-al-male

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