Creato da: anpi_cadore il 14/08/2008
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA sezione "Cadore - Giovanna Zangrandi"

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Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da anpi_cadore
 

Sabato 11 ottobre una rappresentanza del Comune, della Pro Loco e della Polisportiva di Galliera sarà a Pieve di Cadore per un incontro con l’ANPI e domenica 12 per ricordare la figura di Giovanna Zangrandi si recherà al Rifugio Antelao, che fu costruito nel 1948 proprio dalla scrittrice su progetto del geom. Eugenio Zuanetti di Tai.

 

GIOVANNA ZANGRANDI RICORDATA NEL SUO RIFUGIO

 

Poco più di 20 anni fa, il 20 gennaio 1988, moriva a Borca, in estrema solitudine, la scrittrice Giovanna Zangrandi “Anna”, dimenticata dal pur folto pubblico di lettori che nei suoi numerosi lavori, come ebbe a dire un autorevole critico, “aveva ritrovato un'essenza perduta della vita: l'orgoglio della povertà, lo stoicismo di saper resistere ad ogni colpo sinistro dell'esistenza”.

In tutto il Cadore, nelle valli del Piave, Boite ed Asiei, tra le staffette partigiane il suo nome è certo tra i più  famosi e, sebbene non sia nata nel Bellunese, per questa terra “Anna” ha dato davvero i migliori anni della sua vita. Alma Bevilacqua - questo era il suo vero nome - era nata nel 1910 a Galliera in provincia di Bologna, da famiglia borghese. Figlia unica, si laureò in chimica e farmacia e fu  per alcuni anni assistente universitaria di geologia, carriera che abbandonò ben presto per salire in montagna alla ricerca di un legame intimo e vero con la natura.

Una scelta davvero difficile, che la portava in un territorio povero, tra gente semplice e non agiata. Trovò lavoro in un liceo di Cortina D’Ampezzo e dopo l'8 settembre 1943 iniziò a lavorare per la resistenza, da principio assieme ai ferrovieri del trenino delle Dolomiti, aiutando tanti soldati italiani  che facevano ritorno a casa o che tentavano di fuggire dai treni che li stavano deportando in Germania.

Nel gennaio del 1944, conobbe "fortuitamente" sul trenino Alessandro Gallo "Garbin" definito "l'uomo segreto dell'Alto Bellunese", che si sta già muovendo per dare vita al movimento partigiano cadorino e con il quale  instaurò un rapporto di amicizia e collaborazione.

Ricercata dai tedeschi, fuggì da Cortina e ed entrò come staffetta nella formazione militare partigiana, la Brigata “Calvi”. Questi furono i mesi più intensi e vissuti, che la portarono a scrivere certamente il suo più bel romanzo autobiografico, “I giorni veri”. Anna scontò sulla propria pelle il trauma della guerra con la morte di tanti compagni, con i quali aveva condiviso la lotta clandestina, una esperienza unica, che la portò, dopo il conflitto a lasciare la scuola, trasferirsi a Borca in una casetta sul limitare del bosco e ad intraprendere lo studio delle tradizioni locali.

Nel 1950 diede alle stampe il suo primo libro: “Le leggende delle Dolomiti” e in quell'occasione apparve anche lo pseudonimo di Giovanna Zangrandi, scelto in omaggio alla gente Cadorina e alla sua terra d’adozione: Zangrandi infatti ricalca il cognome di un antico ceppo familiare del Cadore.

Scrive Marco Sala ("Il Cadore", 1993): “Con questo suo primo lavoro la Zangrandi si inserisce nel filone della narrativa memoriale atta a rivalutare il presente con il passato… Dalle pagine di questo libro si svaporano delle atmosfere particolarissime, si scoprono i veli di un mondo nordico, chiuso e segreto, avito e quasi renitente a farsi scoprire… Nello stile iniziale della Zangrandi traspare una netta tendenza al favolistico, unita ad un rapporto con quella cultura letteraria, orale, non colta che caratterizzava il “sapere” delle nostre valli montane, una cultura vera e profonda, ricca di sentimenti elementari ma puri e volta a cogliere il senso pratico delle cose”.

Nel 1954 pubblicò per Mondadori “I Brusaz”, che vinse il Premio Deledda - Nuoro, “un romanzo diverso, dove scompare quel mondo favolistico e quel lessico epico-lirico che avevano contrassegnato il suo primo lavoro di scrittrice”.

Nel 1957 uscì “Orsola delle stagioni”, nel 1959 “Il Campo rosso” (Premio Bagutta, Milano), nel 1963 “I giorni veri” (Premio Venezia), nel 1966 “Anni con Attila” (Premio Puccini, Sinigallia), nel 1972  “II diario di Chiara” romanzo per i ragazzi sulla vita dell’eroe risorgimentale  P. F. Calvi,  nel 1974 “Gente della Palua”, ed infine nel 1975 “Racconti partigiani e no”.

Proprio in concomitanza col successo letterario, si manifestarono i primi sintomi del morbo di Parkinson, male che doveva portarla alla morte. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse in una difficile situazione economica, con una irrisoria pensione di invalidità, alleviata dai proventi di quei pochi articoli che ancora riusciva a spedire a riviste e giornali. Per lei, ricca di vitalità, dotata di quella tenacia che l’aveva fatto superare le fasi più dure della vita, fu duro accettare una malattia che inesorabilmente la costringeva al silenzio.

Oggi ormai le sue opere si trovano solo nelle biblioteche e sarebbe davvero auspicabile che esse venissero ristampate e fatte conoscere alle nuove generazioni: un riguardo - il minimo - che “Anna” possa aspettarsi dalla terra eletta a sua piccola patria d’elezione.

 

Walter Musizza e Giovanni De Donà

 

 
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