Creato da: anpi_cadore il 14/08/2008
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA sezione "Cadore - Giovanna Zangrandi"

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« SAPPADA 19 OTTOBRE 2008,...Messaggio #29 »

Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 25 Ottobre 2008 da anpi_cadore
 

Le drammatiche vicende del '44  ricordate domenica 19 con una cerimonia

 

I MARTIRI DI SAPPADA

                                

Di Walter Musizza e Giovanni De Donà

                                                                            

Il destino di Sappada nel '44 -'45 fu sempre quello di doversi guardare su  due fronti,  vale  a  dire dalle rappresaglie tedesche conseguenti alla notevole attività partigiana in zona e contemporaneamente  dall'astio  di  molti partigiani carnici, che tacciavano i sappadini di germanofilia ed  apparivano sospettosi,  invero a torto, delle stesse radici etniche e culturali di questa comunità.

Alla  fine  del  luglio  '44 c'era stato  l'infelice  e  discusso  attacco  di partigiani carnici alla Gendarmeria di Sappada,  che aveva causato la morte di 6 persone,  tra cui quella del Comandante “Aso” (Italo Cristofori)  e del “Meister” tedesco, e che aveva portato,  tra l'altro, alla cattura di diversi militari tedeschi, a quella di Maria Treichl, moglie del pittore Pio Solero, uccisa dopo una farsa di processo, in un bosco di Pesariis, nonché di Luigi Cecconi, assassinato pure lui in Carnia dopo pochi giorni.

La  reazione  tedesca  non si fece attendere e truppe  tedesche  arrivarono  a Sappada il 28 luglio,  portando  3 partigiani in catene, che - si minacciava - sarebbero stati impiccati se i prigionieri non fossero stati resi.

Il  29 luglio,  non ottenendo risposta dai partigiani e per dimostrare che non scherzavano,  i tedeschi impiccarono davanti alla chiesa di S. Margherita, alle ore 17.30  i tre partigiani prigionieri: si trattava di Armando Bortolotti da Castel di Fiemme (cl.1900),  di Manlio Silvestri da Saccolongo (cl.1916) e di Angelo Peruzzo da Enego (cl. 1894).

Don Valentino  Quinz  salesiano di Sappada (1915-2006) ricordava ancora  che  i  tre partigiani  furono  visitati  la  sera prima  dell'esecuzione  da  Don  Pietro Giorgis,  Arciprete di Sappada, che impartì loro l'estrema unzione.  Uno solo dei  tre  rifiutò,  acconsentendo  peraltro  che  il  sacramento  gli  venisse somministrato dopo la morte.

Presenziarono all’esecuzione, perché obbligati, il Parroco, il dr. Carfagnini Ufficiale sanitario, e il sig. Lodovico Kratter  applicato comunale.

Così  racconta  Luigi Boschis  ("Le  popolazioni  del  Bellunese  nella  guerra  di Liberazione", Castaldi Feltre, 1986): "I  tre patrioti conservarono una calma ammirabile anche nell'atto di  passare la  testa nel laccio mortale:  guardarono in faccia con fierezza gli  aguzzini con  aperto senso di disprezzo e di sfida.  Chiesero di consegnare al  Parroco l'indirizzo  dei  parenti  e gli ultimi ricordi dei quali  erano  in  possesso perché giungessero alle loro famiglie.  L'ufficiale tedesco si oppose,  ritirò tutto,  credendo di scoprire in quei biglietti, in quei pochi oggetti, nomi di altri patrioti da passare al capestro. 

Avvenuta l'impiccagione, tornò il sole a baciare i cadaveri dei martiri,  le salme furono raccolte amorosamente e coperte di fiori nella cella mortuaria e il giorno 31 si svolsero i funerali con larga partecipazione di sappadini.

Le efferate violenze cui la popolazione di Sappada assistette muta e sgomenta, i tremendi timori di vedere le proprie case incendiate e saccheggiate come quelle di Forni di Sotto, ebbero comunque un merito, percepito ed interiorizzato in fondo da tutto il Cadore. Fu uno "choc" psicologico importante, capace di segnare la morale individuale e collettiva, il comportamento personale e sociale, un’esperienza nuova e terribile.

Si capiva finalmente che una guerra di Liberazione non si poteva fare solo con gli "altri", magari lontano dal proprio paese, senza rischi per le proprie case: essa chiedeva l’abbandono di ogni compromesso ed impartiva l’imperativo categorico di una scelta discriminante. Non era più tempo davvero per quella "casa in collina" così ben dipinta e sofferta da Cesare Pavese in analoghe circostanze storiche e psicologiche.

 

 
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