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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 15 Agosto 2006 da zapatavive0

Il tribunale federale di Atlanta (USA) conferma le pene inflitte ai cinque cubani accusati di terrorismo negli Stati Uniti.

Veramente sorprendente la conclusione a cui è giunto ieri il tribunale federale di Atlanta (Georgia) che ha negato un nuovo giudizio ai cinque cittadini cubani condannati per spionaggio confermando le sentenze di primo grado emesse nel 2001.

Siamo in troppo pochi a conoscere realmente il caso “dei cinque”. Nonostante tutti i tentativi fatti dai media non convenzionali, infatti, la storia di questi poveri cinque cubani è stata occultata da tutti i media occidentali. Io stesso avevo accennato alla vicenda pochi giorni fa pubblicizzando la raccolta di saggi di Salim Lamrani intitolata “Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba”, ebbene proprio ieri leggendo “El Pais” ho avuto la notizia di questa clamorosa decisione del tribunale di appello, rimanendone ovviamente sconcertato.

Nel settembre del 1998 cinque cittadini cubani furono arrestati a Miami, in Florida, con una lunga serie di accuse di violazione delle leggi federali degli Stati Uniti. I Cinque erano arrivati qualche anno prima con la missione di infiltrarsi nella società nordamericana e cercare di smascherare le attività terroristiche dei mercenari armati dalle comunità di esiliati cubani anticastristi che da decenni organizzano attentati contro l'Isola della Rivoluzione e hanno già causato più di 3500 vittime. Nonostante i capi di imputazione non comprendessero atti violenti, uso di armi o distruzione di beni, gli agenti dell'Avana furono condannati in primo grado a pene durissime (tre di loro addirittura all'ergastolo, gli altri due a condanne dai 19 anni in su) in seguito all'accusa di cospirazione e spionaggio. Una sentenza revocata nell'agosto del 2005 dalla Corte d'appello federale di Atlanta con il riconoscimento del pregiudizio che ha viziato l'intero processo e delle omissioni riguardanti i diritti degli imputati e la valutazione delle prove.

Ora, proprio la stessa Corte d’appello di Atlanta ritorna sui suoi stessi passi, convalida le condanne ai Cinque e nega il nuovo giudizio, secondo i magistrati infatti, “niente nei documenti del giudizio di primo grado fa pensare che i processati non ebbero un giudizio giusto e imparziale”.

Oltre ai festeggiamenti da parte dei rifugiati cubani a Miami, che in questo periodo sembrano essere sempre in strada a festeggiare, si sono registrate dichiarazioni sconvolgenti tra le quali quella di una congressista cubano-americana della Florida, Ileana Ros-Lethinen, che si è dichiarata compiaciuta per la conferma della condanna dei “cinque uomini che spiavano gli Usa per il dittatore”e aggiungeva che questa sentenza è un segnale forte al regime totalitario cubano perché gli Stati Uniti processeranno e condanneranno qualsiasi individuo che minaccia la sicurezza nazionale con operazioni di spionaggio contro gli Usa.

Per le tantissime persone che ancora non sono informate bene sul perché questi cinque cubani sono stati condannati consiglio vivamente di leggere “Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba” in cui tantissimi intellettuali raccontano la vera storia dei Cinque. Molti degli autori dei saggi contenuti in quest'opera sono cittadini degli Stati Uniti. Forse è il segno del disagio che attraversa almeno una parte della società civile nordamericana di fronte alle scelte di un governo, come quello di Bush Jr., che afferma di combattere ogni giorno, in ogni angolo del mondo, il nemico terrorismo, ma poi contemporaneamente alimenta l'eversione contro i paesi "scomodi" o concede asilo a stragisti provati come Luis Posadas Carriles, organizzatore di molti degli attentati di cui si parla in questo libro. Un libro veramente attuale in questi giorni, anche e soprattutto per le dichiarazioni di qualche giorno fa di J.W. riguardo al già annunciato periodo di transizione che porterà alla democrazia anche a Cuba (oltre a Irak e Afganistan).

Tra i saggisti del libro anche Ricardo Alarcon, presidente del parlamento cubano, che riguardo alla sentenza di Atlanta afferma che c’è stato un grosso errore con “premeditazione e slealtà” e annuncia l’inizio di una campagna internazionale di mobilitazione. “La cosa più importante ora è far crescere la solidarietà tra i popoli, la mobilitazione. Solo denunciando l’ingiustizia al Mondo si possono liberare i Cinque” assicurò Alarcon.

Speriamo che questa campagna di mobilitazione sorbisca gli effetti sperati, sarà dura considerando il regime mediatico a cui ci rapportiamo tutti i giorni, un regime che ha sempre trascurato la vicenda e che come sempre sceglie come e cosa dare in pasto alla gente, cosa far filtrare e in che modo farlo.

Basta pensare che in questi giorni la notizia di uno sventato attracco terroristico è bastata ad offuscare quasi completamente la guerra che si combatteva in Libano e che continuava a causare morti e che solo oggi se ne è ritornati a parlare con l’annuncio di una risoluzione Onu. Ricordiamo che il terrorismo è sempre sbagliato, non c’è differenza tra terrorismo cattivo e terrorismo buono come qualcuno vorrebbe farci credere. Il terrorismo, al contrario, è sempre un atto di violenza e ignoranza sia che sia subito dall’Occidente sia che sia commesso dall’Occidente. Si devono disprezzare tutti i tipi di terrorismo,sia il terrorismo islamico che quello di Israele in Libano che quello degli Stati Uniti contro Cuba.

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 12 Giugno 2006 da zapatavive0

Reddito o lavoro, chi vuole dividerli?

Sin dalla campagna elettorale, la sinistra parlamentare e confederale ha promesso di restituire centralità al lavoro a tempo indeterminato contro la precarietà dilagante. In parte, basterebbe applicare l'attuale legislazione sul lavoro per realizzare tale obiettivo: persino la legge 30, se applicata, impedirebbe l'abuso dei contratti a progetto, come mostra il risultato dell'Ispettorato che ha visitato il call center di Atesia e dichiarato illegittimi 3800 contratti precari su 4000 addetti. Andando nella direzione indicata dal governo Zapatero, poi, si farebbe sfracelli, smascherando e riconoscendo diritti perduti ad un'altra parte importante di lavoro subordinato travestito dall'intermittenza. Tutto senza spendere una lira di bilancio pubblico (mentre il ministro Damiano propone di detassare chi impiega lavoro a tempo indeterminato, come se della continuità del lavoro non approfittassero le stesse aziende).

Però non basta. Com'è noto, il precariato attuale è composto di due tipologie di lavoro. La prima è rappresentata dai lavoratori "precarizzati": dopo l'ondata di esternalizzazioni e di sconfitte sindacali, mansioni paragonabili a quelle della generazione precedente vengono oggi svolte in condizioni contrattuali più deboli. Basti pensare ai lavoratori delle cooperative di pulizie o, di nuovo, agli operatori di call center: per loro, la conquista di diritti passa per la stabilizzazione, visto che spesso si trovano a svolgere la stessa funzione per molti anni attraverso mille escamotage e all'inventiva contrattuale dei responsabili delle risorse umane. Se tutto il lavoro precario fosse così, e dunque la prospettiva del posto fisso e della piena occupazione fosse ancora realistica, sarebbe assennato limitare alle tradizionali contrattazioni sindacali la difesa dei lavoratori.

Ma una parte sempre più importante del precariato è rappresentata da lavoro autonomo cosiddetto "di seconda generazione": sono quelle figure professionali nate con la terziarizzazione dell'economia, che sulla flessibilità costruiscono la propria ragion d'essere. Costoro non possono aspirare ad alcuna stabilizzazione: quale ente o azienda dovrebbe assumere un programmatore, un grafico a partita IVA, un cervello in fuga, un "free lance" di qualsiasi settore? Tali funzioni sono essenziali nella società attuale proprio in virtù della loro capacità creativa, dell'adattabilità ad un contesto cangiante, della permanente auto-formazione. Obbligare il sistema produttivo a fare a meno di tali figure è ormai impossibile, pena l'impoverimento complessivo del sistema stesso (il temuto declino). Né, d'altro canto, esiste un sindacato in grado di difenderne i diritti. Sulla carta si tratta di "artigiani", ma rispetto ai predecessori di un secolo fa hanno perduto il loro potere contrattuale basato sul monopolio delle competenze o sulle corporazioni, tradizionale organizzazione del lavoro autonomo di cui non si sente la mancanza. Privi di diritti sociali quali maternità, reddito minimo o pensione, conoscono solo la contrattazione individuale (cioè la ricattabilità) e di conflitto organizzato sul lavoro non vogliono proprio sentir parlare (perché dovrebbero, se i colleghi solo esclusivamente concorrenti?).

E' tempo di prendere atto che tale seconda specie di precariato non potrà essere assorbita nemmeno nel "posto fisso" tornato al centro grazie al migliore dei governi possibili: se si vuole evitare che l'attuale lavoro autonomo di seconda generazione diventi il termine di paragone continuo (al ribasso) per la classe dei lavoratori "garantiti" e da esempio per i "precarizzati", occorre inserire anche l'emergente precariato di seconda generazione in una cornice di diritti sociali da conquistare e poi magari da difendere insieme. A questo puntano i movimenti che chiedono un "reddito di cittadinanza" o la "continuità di reddito", incondizionati dalla condizione di lavoro o disoccupazione. Si tratta di mobilitazioni spesso embrionali, che solo nella MayDay ogni anno trovano rappresentazione pubblica: ma come potrebbero far di meglio, se neppure dai sindacati più conflittuali giunge loro un riconoscimento, e ci si ostina a trattarli da anomalia superabile?

Ciò non si oppone alla critica alla legge 30, o alla rivendicazione del "posto fisso". Ma dividersi ideologicamente tra lavoristi e non- conduce ad una sconfitta comune: da un lato, chi tifa per il lavoro finisce per difendere un settore della produzione in perenne erosione ed esclude un settore sociale crescente; dall'altra, chi aspira ad un reddito di cittadinanza occupa una nicchia del mercato politico tendenzialmente dominante ma rimane inascoltato, osteggiato dalla sinistra radicale nel discorso pubblico. In altre parole, difendendo i diritti dei soli lavoratori pecca di corporativismo, ma reclamando reddito si fatica ad aggregare un settore sociale frammentato come il precariato, avendo contro persino FIOM e Manifesto. Per cominciare, dunque, non regaliamo altri soldi alle imprese: basteranno gli ispettori a far rispettare ciò che verrà dopo la legge Biagi, se ci sarà la volontà e se si scriverà una buona legge sul lavoro. E con il denaro risparmiato si inizi a costruire il nuovo welfare su misura di precari@.

 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 20 Maggio 2006 da zapatavive0

Ora e Sempre Resistenza


Grazie alle campagne di odio scatenate dal governo berlusconi i fascisti sono riapparsi scatenando su tutto il territorio nazionale la loro violenza contro le forze democratiche e della sinistra.La vigilanza contro il fascismo deve rimanere uno dei punti fondamentali di tutte le forze della sinistra,anche se c'è chi vorrebbe riscrivere la storia parificando vittime e carnefici l'Antifascismo e la Resistenza debbonno restare i capisaldo della nostra storia. Riporto qui di seguito le aggressioni da parte dei fascisti nel 2006.I seguenti dati sono stati raccolti dai compagni di: http://www.ecn.org/antifa/.

 
 
 

LA LIBERTÀ SI PRENDE

Post n°4 pubblicato il 17 Maggio 2006 da zapatavive0

In questi giorni gli studenti e i precari di Bologna si stanno riprendendo la zona universitaria, costruendo momenti di visibilità per rilanciare i propri percorsi autorganizzati di lotta contro la precarietà e mettendo in campo pratiche di riappropriazione dal basso.

Lunedì Piazza Verdi, sottratta al degrado delle camionette e dei divieti, è stata vissuta da centinaia di studenti tornando ad essere spazio pubblico di discussione e di scambio. Una giornata che rappresenta la risposta migliore a chi vorrebbe negare la zona universitaria quale spazio di iniziativa politica e sociale. Nella Bologna dell'autoritarismo e della legalità cofferatiana la determinazione degli studenti e dei precari si è dimostrata più forte delle minacce di certi comitati, delle intimidazioni della questura e delle strumentalizzazioni della destra. I manganelli della celere schierata minacciosamente di fronte agli studenti rappresentano un precedente gravissimo ed una provocazione che la piazza occupata ha respinto con decisione, continuando ad esprimersi quale territorio di libera aggregazione e comunicazione politica.

Martedì la zona universitaria ha rifiutato la presenza di fascismi vecchi e nuovi. Studenti e precari antifascisti hanno ridotto l'intrusione di Alleanza Nazionale ad un marginale teatrino circondato dai blindati dei carabinieri, coprendo di fischi la triste iniziativa organizzata in Piazza Rossini.

Gli studenti e i precari sono il motore vivo del tessuto produttivo metropolitano e dal cuore di Bologna continueranno a riappropriarsi di ciò che gli è negato!

LIBERTÀ PER FEDE E NICOLA
LIBERTÀ PER I PRECARI IN LOTTA!
>>> studenti e precari


 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 16 Maggio 2006 da zapatavive0

L'UNICO FASCISTA BUONO E' UN FASCISTA MORTO

 
 
 
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