Creato da Acchiappa_Guru il 13/09/2007

L'Acchiappa Guru

« Non riesco a capire come faccia un indovino a non scoppiare a ridere quando vede passare un altro indovino. » Cicerone

 

 

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La Teofisica analizzata da Odifreddi (1)

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Dio è un'incomprensibilità totalmente nascosta postulata per spiegare un'incomprensibilità totalmente visibile.


(Stanislaw Lem, Golem XIV)



Sacre consonanze e vocalità profane
 
Incominciamo anzitutto col notare che nei popoli illetterati la parola ha effettivamente un potere immediato e magico, e quindi un significato cosmico e religioso: il linguaggio partecipa della visione mistica di un mondo percepito come un tutto unico e olistico, non ancora frammentato in entità separate e individuali.
Il legame fra le cose e le parole viene incrinato e gradualmente allentato dalla scrittura, che si manifesta in alcuni significativi stadi di evoluzione: il pittogrammatico sumerico ed egizio, che rappresenta immagini; l'ideogrammatico cinese, che rappresenta concetti; il sillabico cuneiforme, geroglifico e giapponese, che rappresenta suoni; il consonantico semitico (fenicio, ebraico ed arabo) e l'alfabetico europeo (greco, latino e cirillico), che invece non rappresentano niente e sono puramente simbolici.
Col graduale decrescere del legame mistico fra parole e cose, diminuisce la religiosità: si passa così dal panteismo delle società non letterate, al politeismo di quelle pittografiche e sillabiche, fino al monoteismo di quelle consonantiche. [..]
L'utilizzo dell'alfabeto, che rende esplicita la trascrizione anche delle vocali, tende a recidere i legami magici e divini del linguaggio: con le cose, perché l'associazione dei significati alle parole è ora puramente convenzionale, e col lettore, perché la lettura non ha più bisogno di interpretazioni e diviene completamente automatica. Il processo di alfabetizzazione produce dunque, o dovrebbe produrre, una completa secolarizzazione: l'ascolto mistico del mondo cede il posto alla lettura profana del testo, e la religiosità al distacco empatico.
E, in effetti, in concomitanza con l'adattamento alfabetico della scrittura consonantica fenicia, i greci passano rapidamente dal politeismo ad un monoteismo di fatto (incentrato su Zeus), e poi alla secolarizzazione. Simmetricamente, la fede cattolica è basata sull'insegnamento orale di un profeta analfabeta che ripeteva continuamente la sua avversione per la scrittura ("sta scritto, ma io vi dico"): dopo aver ceduto il passo al protestantesimo nell'Europa Centrale in non casuale sincronismo con la diffusione della stampa (che assegnò alla parola scritta, e quindi alla lettura della Bibbia, un valore maggiore della parola orale, e quindi dell'ascolto del clero), il cattolicesimo ha continuato a far presa principalmente sui popoli (semi)analfabeti del Sud America o del Sud Europa.

Ciarlatani al lavoro

Naturalmente un ulteriore fattore, complementare all'analfabetizzazione, sembra altrettanto responsabile della recrudescenza religiosa dei tempi attuali: la diffusione della televisione, che ha appunto creato una "cultura" alternativa a quella letteraria. Uno dei suoi effetti più visibili è la radicale trasformazione del privato in pubblico, e quindi del misticismo spirituale individuale in liturgia religiosa collettiva. [..]
Lo schermo televisivo ha anche reso possibile il diffuso fenomeno del teleevangelismo, che Ben Armstrong (presidente dell'Associazione Statunitense degli Animatori Religiosi) ha appropriatamente battezzato chiesa elettrica. Ad essere sinceri, almeno  un elettrizzante risultato questa l'ha effettivamente raggiunto: far sperare persino a noi che esista veramente una giustizia divina, che spedisca all'inferno qualcuno dei (già ora ardenti) tele-predicatori che tuonano contro i peccati altrui, salvo finire poi in galera per quelli propri (ovviamente, i soliti: avidità e lussuria). [..]

Poiche "nella terra degli orbi il monocolo è re", le Scritture di queste Sette possono ben essere romanzi di quart'ordine: oltre all'esempio ben noto della scientologia o dianetica, invenzione dello scrittore di fantascienza Ron Hubbard, questo è appunto il caso de La profezia di Celestino, grande successo editoriale di James Redfield, che nella prefazione si sigla J.R. (in omonimia, o forse in coincidenza, col cattivo di Dallas).

Il "libro" si articola (senza peraltro mai passare a sostantivarsi o verbalizzarsi) in dieci illuminazioni che il protagonista, un ridicolo incrocio di Candide e Indiana Jones, subisce ad un incalzante ritmo giornaliero. A dire il vero non capiamo bene per qual motivo si parli di illuminazioni, visto che esse non sono altro che mal digerite rimasticature: il mistero delle coincidenze, la continuità della storia, l'equivalenza fra "materia" ed energia, il coinvolgimento del potere, il distacco del misticismo, il condizionamento dell'infanzia, l'interpretazione dei sogni, l'attaccamento degli affetti, e chi più ne ha più ne metta.
Il gioiello della corona (di spine) ci sembra comunque essere la Nona Illuminazione, secondo la quale quando la consapevolezza globale permette di raggiungere un certo livello di "vibrazioni" energetiche, si diventa invisibili a coloro che "vibrano" ad un livello inferiore: l'autore ritiene che il fenomeno vibratorio spieghi sia l'individuale ascensione di Cristo al cielo che la collettiva "scomparsa" dei Maya, secondo lui misteriosamente svaniti dal Peru nel 600 avanti Cristo, invece che fioriti in Messico nel primo millennio dopo Cristo e mai scomparsi (come egli stesso avrebbe potuto constatare concedendosi una meritata vacanza sulle spiagge dello Yucatan, dove avrebbe potuto incontrarne un paio di milioni, ovviamente del tipo a bassa vibrazione).
È un (pessimo) segno dei tempi che un'opera di tal fatta possa aver venduto più di un milione di copie nell'originale, e centinaia di migliaia nella traduzione italiana, la cui superba qualita è fra l'altro testimoniata già nel titolo stesso: l'aggettivo inglese celestine ("celestiale") vi diventa infatti un nome proprio ("Celestino"), che rimarrà per tutto il libro in inesausta ma inesaudita ricerca di personaggio.
Se la cosa finisse qui, non saremmo comunque di fronte che ad uno dei tanti romanzi demenziali che affollano le librerie. I lettori alla ricerca dello "spirito" (che, a questo punto, tanto varrebbe per loro trovare nelle bottiglie di buon vino) ci entrano invece come nel Nautilus del capitano Nemo, per farcisi trasportare ad abissali profondità. [..]

Scienziati in pensione

Volendo risalire alle origini storiche del rifiuto della scienza di Vattimo e Heidegger, le troveremo in un fraintendimento del pensiero di Nietzsche. Questi infatti derivava dalla sua dottrina dell'Eterno Ritorno il fatto che il progresso è un'illusione: solo nella misura in cui implicano appunto una falsa aspettativa di progresso, la scienza e la tecnologia venivano poi rifiutate.
Contrariamente ai suoi epigoni, Nietzsche annetteva però tanta importanza al pensiero scientifico da ritenere di dover studiare per diversi anni la fisica del suo tempo, per poter alfine giungere alla seguente dimostrazione matematica (perfettamente corretta!) della necessità dell'Eterno Ritorno: un sistema che possa trovarsi soltanto in un numero finito di stati (ad esempio, perché composto da un numero finito di particelle confinate in uno spazio finito) e si evolva in maniera casuale per una durata temporale infinita, deve necessariamente ritornare infinite volte nello stesso stato. Resta solo da vedere se le ipotesi del ragionamento di Nietzsche sono soddisfatte dal mondo fisico, e secondo le teorie correnti non lo sono. [..]


Ed ecco entrare in scena Frank Tipler con La fisica dell'Immortalità. L'opera si basa su un rifiuto della dottrina dell'Eterno Ritorno, accusata (non completamente a torto) di aver generato ogni sorta di pensieri negativi, oltre a quello di Nietzsche stesso: dal decadente Declino dell'occidente di Osald Spengler al suicida Mito di Sisifo di Albert Camus, passando attraverso la svastica (che è appunto il nome sanscrito del simbolo ariano dell'Eterno Ritorno: entrambi, nome e simbolo, adottati dai nazisti). Poiché però la periodicità della storia dell'universo è inconsistente con le teorie fisiche correnti, Tipler propone di aggiungere qualche ipotesi addizionale (scientifica, cioè con possibili conseguenze sperimentali) che riesca ad escluderla.

Egli opta per il postulato della vita eterna di Paul Dirac, premio Nobel per la fisica nel 1933, che nel 1961 osservò che preferiva pensare che la vita sarebbe continuata nell'universo fino allo scadere del tempo. Visto però che il pianeta è destinato a scomparire piuttosto presto (rispetto alla durata dell'universo), per essere seguito alla breve dall'intero sistema solare, il postulato richiede che l'uomo tagli la corda prima o poi (anzi, più prima che poi): il problema è come andarsene, dove andare e come sopravviverci.
La fantascienza si è sbizzarrita a dare risposte, soprattutto alla prima domanda: basterà ricordare le trombe d'acqua della Storia vera di Luciano di Samosata, l'ippogrifo dell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, la propulsione soprannaturale del Somnium di Keplero (il primo fantascienziato), i razzi de L'altro mondo, ovvero Stati e Imperi della Luna di Cyrano de Bergerac, il cannone di Dalla terra alla luna di Jules Verne, la sostanza antigravitazionale de I primi uomini sulla luna di Herbert Wells, le astronavi delle Odissee nello spazio di Arthur Clarke. Ma [..] i mezzi citati rimangono inadeguati per poter rispondere alla seconda domanda nel modo ovvio (e cioè: dovunque), e quindi alla terza (e cioè: come sopravvivere in condizioni di gravità, temperatura e pressione nulle).

Il testimone passa dunque nelle mani degli scienziati, ed il primo a raccoglierlo seriamente è stato il noto fisico Freeman Dyson. In Infinito in ogni direzione egli ha divulgato una serie di speculazioni sostenute da effettivi calcoli, basate sulle ipotesi che la vita sia un fenomeno essenzialmente organizzativo indipendente dal substrato fisico-chimico (ad esempio, quello costituito da molecole organiche), e che essa si possa adattare nel tempo a qualsiasi condizione ambientale (ad esempio, quella in cui la materia si sia dissolta completamente in elettroni, positroni, fotoni e plasma immateriale).
In poche parole, Dyson ha cercato di porre le basi per una plausibile teoria della fine dell'universo, analoga a quella del suo inizio divulgata ne I primi tre minuti da Steven Weinberg, premio Nobel nel 1979. Le conclusioni di Dyson sono che la vita non può sopportare un Big Crunch (cioè un'implosione finale simmetrica all'esplosione iniziale del Big Bang), e che quindi la sua durata indefinita richiede un universo aperto, infinito nello spazio e nel tempo, ed in eterna espansione: in tali condizioni, la vita potrà pulsare sempre più lentamente senza però mai fermarsi, anche se essa sarà costretta a smaterializzarsi progressivamente (trasferendosi, ad esempio, in nuvole di polvere interstellare).
Fin qui tutto bene: Dyson afferma infatti esplicitamente che "quando si guarda al futuro, si rinuncia immediatamente ad ogni pretesa di essere scientificamente rispettabili", e che si tratta soltanto di "rendere plausibile la fantascienza, che si solito è povera fantasia e pessima scienza". In particolare, egli rinuncia a cercare di prevedere che cosa potrebbe fare la vita, se arrivasse a permeare e controllare l'intero universo: professando un punto di vista sociniano, Dyson identifica dio con la mente, più precisamente con "ciò che la mente diventa quando ha, o avrà, superato i limiti della nostra comprensione", e l'uomo con il "principale emissario di dio su questo pianeta nello stadio attuale del suo sviluppo"...


 (To be continued ... )

Estratto da:
P.Odifreddi, Antropitechi e Teopitechi

 
 
 
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