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La Teofisica analizzata da Odifreddi  (2)

Post n°28 pubblicato il 28 Settembre 2008 da Acchiappa_Guru
 


Dio è un'incomprensibilità totalmente nascosta postulata per spiegare un'incomprensibilità totalmente visibile.

(Stanislaw Lem, Golem XIV)

D'ora in poi, invece, molto male. Strappando dalle mani di Dyson il testimone, Tipler si lancia infatti a tutta velocità verso un precipizio, avanzando quasi ad ogni pagina la pretesa che le sue ipotetiche fantasticherie siano invece dimostrazioni fisico-matematiche delle più convenzionali asserzioni teologiche: l'esistenza di dio, la resurrezione della carne, e la vita eterna. Amen.

Contrariamente a Dyson, Tipler ritiene che la vita sia incompatibile con un universo aperto, e che la sua sopravvivenza richieda dunque un Big Crunch: l'espansione iniziata col Big Bang 20 miliardi di anni fa dovrebbe continuare per altri 40, e poi invertirsi in una contrazione della durata di 60 miliardi di anni. Alla fine della storia l'universo tenderà verso quello che, in onore del povero Teilhard de Chardin, Tipler chiama Punto Omega: le maiuscole sono di dovere, visto che questo è il nome che viene affibbiato dal novello Giovanni Battista a dio stesso! 


Situandosi dunque non più all'inizio ma alla fine della storia, dio è non un Creatore ma un Terminator. O meglio: se l'universo è un pallone gonfiato, dio è il pallone sgonfiato. Tipler è molto colpito dal fatto che nell'originale ebraico il nome che dio attribuisce a se stesso è non, come di solito viene tradotto, "io sono colui che sono", bensi "io sarò colui che sarò". Noi siamo più colpiti dal fatto, apparentemente sfuggito al nuovo profeta, che il versetto in questione dell'Esodo è il 3,14: non ci spingeremo, almeno ora (c'e sempre tempo per queste cose), ad elaborare una teoria del Punto Pi Greco da opporre a quella del Punto Omega; ma non possiamo far a meno di notare che, alla fine del Paradiso, Dante rappresenta dio come un cerchio di luce, e che le connessioni di p col cerchio sono ben note ..
Punti o cerchi che siano, Tipler è comunque costretto anche lui ad affrontare le tre domande che abbiamo già formulato: come andarsene dalla terra, dove andare e come sopravvivere. Alla seconda anch'egli dà la risposta ovvia, e cioè: dovunque. Per le altre due egli attinge a piene mani al sapere informatico, usando iperboli che faranno morire d'invidia il precedente campione mondiale del campo (Marvin Minsky), e trasfigurando in teologia l'Intelligenza Artificiale e la Realtà Virtuale.

Anzitutto la colonizzazione dell'universo dovrebbe avvenire mediante l'invio di automi intelligenti e autoriproducentesi che, raggiunto un luogo dell'universo, vi impiantino la vita da un lato, e spediscano proprie repliche alle stelle più vicine dall'altro, con un processo di crescita esponenziale che dovrebbe alla fine coinvolgere l'intero spazio. Una volta inglobato l'universo, questo potrebbe divenire  un gigantesco computer (onnipresente) capace di controllare la propria evoluzione (quindi onnipotente), e in particolare di dirigere il collasso gravitazionale in maniera tale da impedire che esso avvenga uniformemente, per poterne sfruttare gli squilibri (sotto forma di differenza di temperatura) a fini energetici. Con l'andare del tempo l'universo come computer si avvicina sempre più ad un computer universale dotato di memoria infinita (quindi onnisciente), anche se soltanto il Punto Omega si potrà effettivamente considerare tale.

Se dio è un computer universale l'uomo è però solo un automa finito: il suo programma, che altro non è che la sua anima, può quindi essere simulato, e una simulazione perfetta ricrea un essere indistinguibile dall'originale.
La vita eterna sarà dunque l'incessante simulazione di tutti i possibili programmi, e quindi la resurrezione di tutti coloro che sono vissuti, oltre che di coloro che non possono risorgere perché non sono mai nati, cioè di tutti gli esseri possibili con tutte le loro possibili variazioni (come i libri della Biblioteca di Babele di Borges): insomma, una vera e propria sostituzione dell'Eterno Riposo all'Eterno Ritorno. Questa vita sarà eterna non nel senso fisico, visto che l'universo avrà una fine, ma nel senso psicologico, a causa
dell'accelerazione dei tempi provocata dal collasso gravitazionale.

Le motivazioni che dovrebbero spingere il computer universale a darci la vita eterna si basano sulla necessita dell'amore divino, "provata" mediante due osservazioni: da un lato, perché nella teoria dei giochi la cooperazione sembra essere l'unica strategia razionale a lungo termine; dall'altro perché già gli automi finiti umani ricercano la
conoscenza mediante la simulazione scientifica di forme inferiori di vita, e si può quindi estrapolare la tendenza al computer universale.

Per buona misura, Tipler trova posto nella sua teofisica anche per i tre gironi. Precisamente, il purgatorio sarà il periodo in cui un essere simulato cercherà di raggiungere la perfezione, di trasformarsi cioè lui stesso da automa finito a macchina universale, e il paradiso sarà il periodo a partire da quando l'avra raggiunta. Per quanto riguarda l'inferno, esso potrebbe essere un purgatorio permanente, cioè una
simulazione che non raggiunge mai la perfezione
, benché Tipler non sia ben sicuro (sì, ci sono cose di cui non è ben sicuro!) che questo sia possibile: anche perché il computer universale potrebbe essere in grado di prevedere che un automa non riuscirà a raggiungere la perfezione, e quindi decidere di non simularlo per niente.


Infine, non poteva mancare un po' di spirito in un libro che, prendendosi tremendamente e tragicamente sul serio, ne sarebbe stato altrimenti completamente privo: esso comunque vi appare soltanto nella ormai prevedibile forma dello spirito santo, che altro non sarebbe che l'equazione d'onda universale. Infatti essa descrive soltanto probabilità e non certezze, e quindi "guida ma non determina" l'evoluzione del mondo, il che sembrerebbe appunto essere il ruolo istituzionale della terza persona della Trinità. 
Per quanto riguarda la seconda persona, cioè l'incarnazione di dio su cui Vattimo basava il suo intero discorso, Tipler generosamente ce ne risparmia una formulazione fisico-matematica, rivelandosi in questo meno ardito del cardinal Cusano ne La dotta ignoranza. Non senza però infilare comunque alcune balzane opinioni sulla resurrezione di Cristo, di cui la più interessante è che se l'universo in cui viviamo fosse già esso stesso una simulazione, i miracoli sarebbero semplicemente trucchi cinematografici (e dunque altrettanto degni di fede).
La sua personale temporanea salvezza Tipler se la guadagna in extremis, come ogni peccatore che si rispetti: per guadagnarsi quella eterna dovrà in qualche modo espiare la colpa di aver scritto un libro con uno stile e degli argomenti che possono soltanto far dubitare della sua sanità mentale. Il tardivo (e, viste le premesse, inatteso) riscatto arriva nel finale del libro, quand'egli confessa di essere comunque un ateo (immaginiamo il sospiro di sollievo di dio), di non pregare, e di vedere la teoria del Punto Omega soltanto come una proposta scientifica in attesa di verifica sperimentale: egli rimane in speranzosa attesa di quel radioso attimo, per le celebrazioni del quale avrebbe forse potuto riservare la pubblicazione della sua ampiamente prematura cantata sul tema del Veni Terminator Spiritus.

Sintesi simbolica

L'unità del divino viene frantumata nel momento in cui esso si scinde e si lascia invadere, letteralmente, dal diabolico: diabolè significa infatti semplicemente "scissione". Dal punto di vista intellettuale, la scissione diabolica provocata dalla scrittura e perfezionata dall'alfabetizzazione si manifesta nell'opposizione delle due culture: la scientifica che esalta il razionale e atrofizza il sensoriale, e l'umanistica che recupera il sensoriale e argina il razionale.
Ciò che il diavolo ha scisso può però essere riunito, letteralmente, nel simbolico: simbolè significa infatti semplicemente "riunione". E il simbolismo che impregna forma e contenuto dei linguaggi dell'umanesimo e della scienza (che sono, rispettivamente, l'arte e la matematica) mostra appunto che esistono presupposti comuni per la fusione delle due culture in una sola. Già oggi si possono intravedere in certi sviluppi dell'informatica i primi passi verso la creazione di una cultura unitaria che potrebbe permettere di superare la scissione: interfacce grafiche, mouse, guanti (data-glove), tute (data-suit), caschi, e altre diavolerie potrebbero infatti portare ad un medium universale che racchiuda in sè l'astratta razionalità della scrittura e la concreta sensorialità del corpo.
Dio ci è testimone, ed i nostri lettori pure, che non possiamo essere accusati di accettazione acritica degli sviluppi tecnologici in generale, e di quelli legati al computer in particolare (fra i quali l'Intelligenza Artificiale e la Realtà Virtuale, le cui fantasticherie
alimentano i deliri di Tipler). Mettere in guardia da eccessi di entusiasmo non significa però dover cadere in eccessi di cautela e impedirsi di immaginare che, come una mela è stata all'origine del processo di conoscenza umana seguita alla scissione, così una Apple potrebbe essere all'origine della riforma della conoscenza che prelude
alla riunione.

Voler invece ritrovare l'unità non nel simbolico evoluto dell'arte e della matematica ma in quello primordiale della religione, regredendo cioè al periodo storico e culturale che ha preceduto l'invenzione della scrittura europea, sarebbe letteralmente anacronistico e analfabetico.
E non terrebbe nel minimo conto una delle scoperte più profonde del secolo, comune ad entrambe le culture: che non tutte le domande hanno un senso, e non tutte le domande sensate hanno una risposta.



Estratto da: P.Odifreddi, Antropitechi e Teopitechi

 
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