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La nuova moda dei "locali ibridi"

Post n°16 pubblicato il 22 Luglio 2007 da Xoniam
 

ROMA - Carpaccio di pompelmo e una spolverata di parmigiano, la specialità della casa è la Wash Salad: l'insalata della lavatrice. Perché in Folsom Street, nel quartiere Soma di San Francisco, esiste da tempo il Brainwash-cafe dove, dalle 7 del mattino alle 23, si può portare la biancheria sporca a lavare e asciugare e nel frattempo mettersi comodi al tavolino e farsi servire una pietanza.

La nuova tendenza della ristorazione ha sposato l'ibridismo e nei locali si incrociano la possibilità di consumare un piatto caldo con quella di fare un acquisto o usufruire di un servizio. Dagli Usa, all'Europa, all'Italia. "La cosiddetta ibridazione dei pubblici esercizi è un fenomeno recente che interpreta le nuove esigenze della clientela - spiega Edi Sommariva, direttore del Fipe-Confcommercio - Una clientela che chiede sempre meno prodotti e sempre più 'mondi', in cui trovare cuore, esperienze, cultura". E, infatti, negli studi di marketing si è coniata l'espressione "shopping esperienziale" per parlare di quel felice corto-circuito tra i molteplici servizi offerti al cliente.

Allora, se comprare e sfogliare un libro mentre si pranza è ormai una pratica entrata nelle nostre abitudini, sempre più spesso ci si può ritrovare in un locale dove scegliere decorazioni per la casa e prendere un tè con pasticcini, frugare tra i tesori di un antiquario e degustare un rosso d'annata: il momento del pasto viene inserito in contesti sempre più imprevedibili che mirano a sollecitare tutti e cinque i sensi. Era precisamente questo l'intento dello storico fioraio Bianchi di via Montebello a Milano, quando un paio d'anni fa ha fatto posto a sedie e tavolini, animando nel suo negozio una caffetteria raccolta e raffinata.


Un'offerta, quella ibrida, tanto ricca ed attraente. È il caso della Floris House, profumeria di via Cavour a Torino, un interno raffinato dove trovare essenze esotiche e profumi rari e dove, da qualche tempo, si può gustare il miglior girello di fassone della città, servito tra tovaglie di lino e argenti di casa. Le combinazioni possibili sono infinite. Come quando l'oste coltiva ambizioni da rigattiere: "Negli anni Settanta ho cominciato a collezionare ogni tipo di oggetto, comprando compulsivamente nei mercatini di tutto il mondo - racconta Claudio Oriella, cuoco e proprietario dell'osteria Robevecie di Fellette di Romano, in provincia di Vicenza - Ho accumulato di tutto, dal juke-box degli anni '40 al cavallino a dondolo originale anni '60. A un certo punto la passione per il mio lavoro di cuoco e quella per gli oggetti pieni di storia hanno cominciato a occupare gli stessi luoghi". E così oggi la trattoria che Claudio gestisce col figlio è un bazar dove assaggiare il baccalà alla vicentina e dove frugare alla ricerca del pezzo di modernariato.

Insomma l'estro italico non è che un'empirica applicazione delle più recenti teorie del marketing. Così il Resort che Bulgari apre a Bali veicola la stessa idea di lusso ed esclusività normalmente collegata ai suoi gioielli e attira perciò lo stesso tipo di cliente delle sue gioiellerie. Dinamiche che funzionano anche per i piccoli esercizi cittadini: ne sono prova vestiti e accessori che vanno a ruba nel negozio di Luisa e Franchino, parrucchieri torinesi che animano un salone di bellezza, moda, design, arredamento e persino di decorazioni floreali. Vero oggetto del desiderio, insomma, non è più la merce ma lo stile di vita e i gusti di chi quella merce la produce. O la cucina.

Tratto da www.repubblica.it

 
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