Creato da alfazulu31 il 06/07/2011

AlfaZulu

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Resistere adesso

Post n°151 pubblicato il 25 Aprile 2015 da alfazulu31

 

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Un Natale da ricchi, anzi di più.

Post n°150 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da alfazulu31


“Ciao Lumumba, sono Giovanni, ti va bene se ci troviamo insieme a Natale o hai già altri impegni?”
“Va benissimo Giovanni, bella idea di festeggiare insieme il Natale, anche se non è la mia festa preferita eheh”
“Allora ci si trova verso le dieci, non serve dirlo ma l’invito è esteso alle tue mogli Aisha e Faizah e a tutta la masnada di figli che ti ritrovi, ahahah. Fammi un favore invita tu Mustafà e chi altri vuoi e fammi sapere in quanti siete”
“D’accordo entro sera ti confermo tutto. Porto i bonghi. Ciao fratello. Ah porto anche un casco di banane ahahah”
 

“Ciao Carlo, cosa ne dici se ci si trova insieme per Natale?”
“Ottima idea Giovanni, mi rende felice sapere che la combriccola si riunirà, era un po’ che non accadeva. Dimmi cosa posso fare che lo farò con immenso piacere.”
 

“Hola Josè, avevo pensato di invitare te e la tua famiglia per Natale, sei d’accordo?”
“Non chiedermelo nemmeno, sarà meraviglioso stare ancora una volta tutti insieme”
“Ascolta, ci sentiamo più avanti per decidere cosa far preparare alle donne ahahah. Mi raccomando porta la tromba. Ah avvisa anche Juan e Carlos e dì loro di portare le maracas e il suono della pioggia e del tuono. Una cortesia ti chiedo: niente bandiere del Che mi raccomando ahahah”
“Tranquillo chico, hasta la victoria siempre ahahahahahah”
 

“Ciao Ivan ci si trova quasi tutti insieme per Natale tu che fai?”
“E me lo chiedi. Mi precipito con Aniezska e prole. Sei sempre così genuino tu. Fammi sapere cosa c’è da preparare che diamo una mano. Conta su di me per qualunque cosa.”
 

“Pronto Franco, sono Giovanni, dì a Giorgia di mettersi in azione che a Natale ci deve deliziare con le sue invenzioni. A te non chiedo nemmeno se mi dirai di sì. Se mi dici di no ti depenno per sempre e poi mi devi fare da spalla per le improvvisazioni”
“Va bene, eravamo giù di morale, appena lo dirò a Giorgia le tornerà il sorriso. Grazie amico mio.”
 

“Ciao “Ch’an”. Senti una cosa, a voi del Natale ve ne importa meno di nulla, ma siete di compagnia, cerca di raggiungerci senza inventarti le solite balle. Non preparare niente da mangiare che la vostra cucina ci fa venire il brucior di stomaco ahahahahahah.”
“Giovanni sei il solito provocatore e non chiamarmi Ch’an, almeno a Natale. Contaci, ci saremo, porto il Dragone, anche se non mi appartiene come tradizione, e gli aquiloni per il pomeriggio dei bambini, e le lanterne per la sera. Per te porto una delle mie campane.”
“Non dimenticare i tuoi racconti, sei un amico Ch’an, come faremmo senza di te”
 

“Ciao Kaito, ci farebbe piacere fossi dei nostri per Natale con tutti i tuoi cari”
“Oh Giovanni San! Non t’immagini che piacere mi fa il tuo invito, ti ringrazio molto per questo pensiero gentile che hai nei nostri confronti. Permettimi di portare del pesce crudo, quello che avanzerà al mercato generale in cui lavoro, poi ci penserò io a prepararvelo. Ancora grazie, siamo molto onorati io e tutta la mia famiglia di essere presenti e…”
“E piantala Kaito, possibile che sono 40 anni che sei qui da noi e ancora tutti questi salamelecchi”
“Ti stavo prendendo in giro “onolevole signole” ahahahah”
 

Passai nelle piazze del paese, alla stazione e fuori dai centri commerciali, avevo diversi amici messi appena peggio di me. Potevo fare poco per loro, ma non lasciarli soli a Natale o in una triste mensa per diseredati (che poi questa è solo una mia arrogante supposizione dovuta alla ormai mia dichiarata disillusione sul sistema).
“Ciao Marco, avvisa i tuoi compagni di strada che a Natale si sta tutti insieme, pare non manchi nessuno. Arrivate un po’ presto così vi fate una bagno caldo, l’acqua calda ce la possiamo ancora permettere e cerca di non dimenticarti il sax che finisce che te lo rubano come l’altra volta…lo sai che è pieno di barboni in giro ahahah”
“Per fortuna ci siete voi che tenete duro Giovanni, che avete fatto squadra perché le mie forze seguono le speranze, ormai ridotte al lumicino. Sarà una grande jam session.”
 

Ci siamo trovati nel capannone di Klajdi, con cui ho organizzato la festa. Klajdi aveva messo su un’azienda internazionale, nel senso della provenienza dei lavoratori (come Lumumba, Marco e Ivan) e lo stato gliel’ha mandata in rovina ed ha dovuto chiudere, ma il capannone ce l’ha ancora, che non lo vuole nessuno e ci paga l’ICI e tutto il resto.
 

Abbiamo messo giù una serie di assi da ponte su cavalletti ricoperti da splendide tovaglie pitturate, ognuna coi tessuti e i colori delle nostre Terre, un po’ di decoro e i lumini che abbiamo avanzato dal giorno dei morti a creare l’atmosfera. Abbiamo portato lì quattro vecchie stufe e legna da bruciare e alloro e ulivo secchi da profumare l’aria, che la caldaia vecchia va benissimo ma non c’è più l’allacciamento al gas.
Alla fine ci siamo trovati in 77, più le gambe delle donne.
Qualcuno ha detto una preghiera, qualcuno ha cantato. Tutti hanno ascoltato e partecipato con profondo rispetto per gli altri.
Ch’an ha fatto qualche katà, lui è bravissimo nelle arti marziali è un vecchio Tibetano, sì di quelli che vivevano sopra i 4000. Quando lo chiamo “Ch’an” diventa tutto rosso, prima o poi assaggerò la sua arte e patapum mi metterà schiena a terra. Il suo nome è Milarepa.
 
 
Sulle tavole c’era il bendiddio, sentite un po’.
 
Menù di Natale 2014, l’anno ultimo della vecchia Era.
 

Antipasti:
Mortadella saporita al pistacchio che con poche palanche ne compri mille fette ed è buona davvero.
Insalata russa fatta in casa, compresa la maionese con le uova fresche del Sandrino, il nostro vicino che non ha potuto venire perché deve curare la vecchia madre Teresa, che c’ha l’alzheimer e costa troppo ricoverarla e che non si può più trasportare.
Verdure (cipolline, peperoni, cavoli, cetrioli e tutto quanto il resto) sott’olio, senza olio che ci è servito per friggere le patatine che dopo i bambini si lamentano se non ci sono
Insalata di pollo. Non dovrei dirlo che dopo si arrabbia, ma i polli li ha procurati Carlo che cerca di fare ancora il macellaio. Ha detto di far sapere in giro che li ha rubati all’allevatore più grande della zona, quello che c’ha un sacco di lavoratori in nero. Che tipo strano e riservato che è Carlo.
Tapas di Josè e Juan, delle mogli per dirla tutta, e le torte salate di mia moglie Claudia che sono più buone per il mio palato, ma guai a dirglielo alle donne di Josè e Juan.
 

Primi piatti:
Spaghetti allo scoglio, senza scoglio, che è difficile da digerire.
Risotto ai funghi porcini. No, non è un lusso, i funghi li abbiamo raccolti pochi mesi fa fra i cerri e i castagni qui attorno.
 

Secondi piatti:
Saltati, non in padella, assenti volevo dire, che dopo tutte quelle prelibatezze ci sentivamo gonfi.
Beh Lumumba e Mustafà hanno portato un cuscus misto di verdure e carne, però senza carne che Carlo, il macellaio, l’aveva finita. Non l’hanno fatto loro, loro non sanno fare niente in cucina, da ringraziare sono Aisha e Faizah e Shakina.
Ah! Anche il pesce crudo di Kaito era eccezionale. L’elite lo chiama sushi, Kaito no.
 

Formaggi: che la buca l’è minga straca sa la sa no da vaca
Gorgonzola, qualche kilo, tutto quello che era in offerta speciale alle 20,25, cinque minuti prima che il negozio chiudesse per due giorni e mezzo.
 

Dolci: non previsti. Tanto poi qualcuno li prepara sempre. Allora diciamo “dolci a sorpresa”

 

Al pomeriggio iniziano i giochi, la solita tombolata. “Fuori i fagioli…Cinquinaaaa…Tombolaaaa! Cosa ho vinto? … Tutti i fagioli….Evvivaaaaaaaa!”
 

Pausa caffè, niente sigarette fanno male e poi abbiamo deciso, tutti quelli che fumavamo, di smettere perché al sistema gli diamo meno che possiamo. Un’ambasciata va a trovare il Sandrino, quello che ci ha donato le uova, portando un po’ di “dolci a sorpresa”.
 

Marco attacca col sax, entra Carlo al pianoforte, è quello vecchio ma accordato, simbolo di un tempo passato che non tornerà più se non per oggi, assolo di Josè alla tromba, rullo di bonghi di Lumumba, Milarepa manda in risonanza la sua campana tibetana che permea l’aria attorno e mantiene la vibrazione, e perfettamente si incastra il rumore del tuono e della pioggia che scroscia.
Macchemmusica!
 

“Però manca la neve!”
“E chi l’ha mai vista la neve, Giovanni” dissero Carlos e Mustafà insieme.
“Da me c’era sempre la neve, era il Natale che non sapevo cos’era, ora lo so” esclamò Milarepa.
“Manca la neve, volevo dire per i bambini, bisogna fare qualcosa per loro. Fuori il dragone.”
E si dà il via alla processione, e le bimbe e i bimbi sotto il telo del dragone a scuoterlo e Milarepa che racconta con le sue mille maschere brutte.

Poi un salto nel prato fuori a far volare gli aquiloni e a battere le mani dal freddo.
 

Un giorno che si vorrebbe non finisse mai e invece giunge il buio e la malinconia.
 

Cala il silenzio giunge l’ora delle lanterne di carta velina.
Ognuno ne ha una, si accendono i lumini, quelli avanzati, si tengono sul palmo della mano e si attende che salgano al cielo. Ognuna sceglie il suo momento, sono anime libere.
Salgono, su e ancora più su. Abbiamo lo sguardo lontano e gli occhi che si fanno piccoli.
In silenzio fra le nuvolette dei respiri.
Una voce:
“Cosa starà succedendo là fuori?”
“Fuori il mondo va a rotoli, stiamo qui ancora un po’ insieme, prima che venga domani” disse Marco.
 

I bambini sorridevano ed erano felici e noi con loro.
 
………..
 
AlfaZulu31

* Fuori il mondo va a rotoli, stiamo qui ancora un po’ insieme


 
 
 

Il sonno manifesta soluzioni improrogabili

Post n°149 pubblicato il 10 Novembre 2014 da alfazulu31

 

S ogno sobborghi di umanità ed io là

         [Un miagolio si accascia fra le lenzuola]

Pioggia idrostatica l’aria galleggia

                            [Agile movenza sfilaccia]

Marea avanza, i piedi nell’acqua a salire

                            [Artigli graffiano lembi di pelle]


   Zollette di zucchero da tempo immerse in liquore d’assenzio, fortissime in gola


Conditio sine qua non: luna piena e cielo sereno, assenza di vento

La causa del tuo malessere [tu accuses] estirpata definitivamente



Free to fly like a butterfly…YOU

[C lear…I]

 

AlfaZulu31

 
 
 

Solco su vinile: inciso, graffiato, inceppato.

Post n°146 pubblicato il 31 Maggio 2014 da alfazulu31


Si è prodotta una traccia dentro il mio vagare. Ne sono consapevole da anni. Quotidianamente ripercorro lo stesso percorso, faccio sempre gli stessi giri. La puntina graffia sempre lo stesso solco dove sempre di più affonda ed io sprofondo. E’ una programmazione autogenerata nel tempo e imposta dagli eventi. La si accetta perché non si ha più forza per risalirne il bordo sempre più alto, più verticale. Un canyon da cui, sprofondati, diventa difficile saltarne fuori. Ci fosse almeno sul fondo acqua smeraldina da fare scif sciaf con i piedi e fresche correnti d’aria. Quando sei così in basso le mani non riescono più a raggiungere gli scaffali alti della libreria, resta un archivio impolverato lassù, pensieri abbozzati e lasciati morire. La bocca respira aria viziata, la gola, giù nella gola del solco, brucia, infettata da germi che attaccano tutto quello che tende a condurre fuori dall’incavo.

Guardo con l’occhio della memoria cosa c’è nel solco. Una serie di eventi ripetuti.

Sveglia, caffè e cornetto, sigarette da dieci. Se il bar è quello del paese due chiacchiere con la solita gente, non sono propriamente amici, quelli stanno su un altro solco (forse senza nemmeno saperlo) più giù, più su, un po’ più ad est, in un'altra traiettoria diversa.

Accendo il pc, lo osservo scaldarsi, apro la mail, si sa mai che sia arrivata un offerta di lavoro. Nulla, tutto tace. Arriveranno le chiamate di emergenza, sono qui per questo, vogliono il risolutore, colui che cava il ragno dal buco della inefficienza ed inefficacia che contraddistingue la loro organizzazione.

Vediamo sui social network  cosa si dice. Giretto veloce: linkedindondan, facebook, i blog… qualcosa mi attrae. Ci casco ancora e se ne va almeno mezz’ora, devo comunicare, sono un drogato. Dovrei smetterla, che ne so se dall’altra parte davvero c’è chi è interessato al mio pensiero? Risse sui forum professionali come bere acqua a litri, ho quasi smesso, sono diatribe sterili, circoli chiusi a volte autoreferenziati, nicchie di clientela che si vuol far credere pregiata, colleghi che non sanno nulla delle piccole entità in cui regna l’ignoranza assoluta, in cui domina il prodotto, e lo comprendo, e si deve tirare avanti e il padrone e il lavoratore battono all’unisono in queste realtà. Circoli chiusi, nomi che conosco e accade di trovarli invischiati in qualche trappola che prima o poi ci taglia la strada.

Chiudo tutto e inizio a lavorare, faccio finta almeno. Sistemo i file elettronici, ne compilo altri. Ristudio per l’ennesima volta il caso, domani avrò la riunione, non sopporto farmi trovare impreparato, non è mai accaduto che mi abbiano beccato impreparato. Scarico mille teorie che riguardano la mia professione, le analizzo tutte e le seziono nei minimi particolari. Faccio elenchi delle cose che condivido e di quelle a cui sono contrario e che quindi dovrò modificare, catalogo in base al valore che io assegno (ne so abbastanza per potermi permettere di farlo).

La famosa pausa caffè e sigaretta non mi appartiene, sarebbero troppi i caffè. Invece le sigarette quando sono finite le dieci non ce n’è più di pause. Le pause le faccio in modo disordinato. Le pause mi riportano giù nel solco profondo della rete: riapro le mie mail (nessuna novità), social network…

Altri giorni può essere che salti tutto il loop del pc e salga in auto, mi infili nel traffico, raggiunga un cliente, faccia un giro in reparto e due chiacchiere con gli operai (non riesco a farne a meno e poi in quelle giornate ho saltato il giro al pc, sento i dolori tipici della “scimmia”), gli presenti la relazione, mi renda conto che non gliene frega nulla, che mi inviti fuori a pranzo (raro, sia che mi inviti sia che accetti)

A pranzo ormai da anni vado a random, non so mai dove sono di preciso, spesso salto, incredibile come sia sempre in soprappeso.

Non faccio la pennichella. Al pranzo, quando lo consumo, non dedico più di dieci minuti e poi riprendo nell’assenza di orari precisi, tutto senza programmazione eppure so che il circuito mentale mi riporterà ancora sempre negli stessi posti. E’ apparente l’assenza di organizzazione, la verità è che qualcuno la impone dall’esterno. Lo so bene, lo so da sempre. Sono dinamiche apparentemente complesse, in effetti sono semplici meccaniche mentali di autoinduzione della soddisfazione dei propri bisogni (accennerei alla piramide di Maslow, ma dopo si capisce che ne so qualcosa e non mi va di passare per uno che se la tira). Input esterni ti danno l’illusione di esserci, ancora prima di essere.

Accendo skype, di solito è spento perché dopo iniziano alcuni colleghi a rompermi le scatole, infatti ecco il cicalino che mi avvisa. A volte non rispondo, dirò che stavo fuori al bar per una Coca, glielo dirò con un messaggio più tardi, forse anche il giorno dopo, richiameranno ahimè.

Alla cena dedico qualche minuto in più dell’improbabile pranzo, poi torno giù nella mia tana e riprendo il mio lavoro: non c’è dubbio che sia uno stacanovista nell’applicarmi. La sera è il momento più disorganizzato del “solco”, non c’è nessuna regola, salto da un foglio excel con calcoli più o meno complicati ad un video su you tube, da un notizia dell’ultima ora su qualche agenzia (non guardo la tivù e mi tocca tenermi informato così e poi è una sfida alla tentazione di farsi un giro, basterebbe un clic malandrino) ad un test di cui alla fine non so mai la soluzione perché mi chiedono di inserire mail, dati ecc…e non sono uno che gliela dà la possibilità di inviarmi fastidi in mail, anche se poi a volte ci riescono ugualmente.

In questi giri, più o meno articolati, sempre dentro il solco, che sia pseudo-virtuale o pseudo-reale, c’è una nota positiva: gli incontri. Maschili pochi, femminili tanti. Qualcuno/a mi ha scritto: “chissà quante fidanzate hai?” Me la rido da questa parte dello schermo e fuori dallo schermo, incredibile come le parole possano creare personaggi inesistenti, meravigliosi, straordinari, o insensibili, crudeli, incredibile come ci sia tanta, troppa gente, che interpreta i pensieri altrui adattandoli come abito alle proprie esigenze, disegnando le linee caratteriali di chi resterà, con un’alta probabilità di accadimento, uno sconosciuto.

Questo solco mi obbliga a stare sul binario dell’apparente libero arbitrio, e mi sta sfiancando nel sottrarmi tutto quello che c’è fuori.

Non leggo più, mi muovo sempre meno. E’ ora di rileggere i classici e colmare le lacune. Mi farò un elenco di ciò che non si può perdere e butterò via tutto il resto. Toglierò i sassi dallo zaino, mi rimetterò gli scarponi e riprenderò il passo.

Non mi interessa se gli altri si movono di più o sono ancora più fermi, ognuno ha il suo solco, ogni solco sta a diversi stati di energia, siamo atomi e per non scontrarci seguiamo linee ben definite, ovvero casuali e causali.

Riprenderò ad occuparmi delle piccole cose, in fondo non ho mai abbandonato lo sguardo sul dettaglio. Riprenderò a respirare aria dai quattro quadranti. Riparerò il solco e lentamente riemergerò. Raggiungerò la piana, piatta, troppo piatta. Mi conosco non avrò altra chance che iniziare a salire. E’ un altro solco, lo so bene, ma non è per tutti. E’ il negativo dell’abisso, è l’altorilievo costruito dai materiali asportati dalla routine, scorie a volte, gemme preziose altre. E’ un solco solitario dove ruota una sola gemma. Darà mai origine a vita?

 

 

AlfaZulu31

 

 

Ragazzo di campagna.

Spesso si sente dire: “dall’avvento del rock quale è la canzone più bella di tutti i tempi?”

Scelgo questa, almeno per oggi è questa, anche per il titolo.

James William Somerville, detto Jimmy, artista indimenticabile, Smalltown Boy by Bronsky Beat

Mi fa piangere questo video, è di una delicatezza impossibile

 

* scritto in prima persona perché mi piace così, sono un organismo semplice primitivo, attingo alla fascia superficiale delle intuizioni, è un processo apparentemente autobiografico. Non credete a tutto, soprattutto quando “parlano (loro)” di fidanzate a gogò…

 

 
 
 
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