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"SI COMMOSSE PROFONDAMENTE"

Post n°2438 pubblicato il 08 Aprile 2008 da destraitaliana
 

Leggiamo dal capitolo 13 del Vangelo di San Giovanni.
In quel tempo, mentre Gesù era a mensa con i suoi discepoli, si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.
Il dettaglio è meraviglioso (lo riporta
san Giovanni, il discepolo che Gesù amava a significare non preferenza di persone, ma particolare semplicità di cuore del destinatario di tale amore), ci svela l’intima personalità di Cristo, spesso relegato indebitamente da parte nostra in un luogo lontano. Qui, invece, si manifesta la dolcezza autentica della piena umanità di Gesù, che soffre il tradimento di chi ama.

«Amico, per questo sei qui»?
Gli dirà quando Giuda lo consegnerà alle guardie per arrestarlo.
La commozione è profonda; siamo nel contesto della manifestazione massima dell’amore di Cristo; il suo Cuore si effonde al punto di «amare fino alla fine», inventando un modo unico e perenne che consenta ai suoi di potergli stare vicino sempre, di adorarlo, accompagnarlo, fino a cibarsi di Lui.
Un amore vero da scoppiare in sangue, ma un amore incompreso, abbandonato, lontano dal cuore
di colui al quale è rivolto.
L’ingratitudine sarebbe sopportabile per Gesù, ma la piena consapevolezza di tutte le conseguenze estreme di quel gesto, rende il dolore della sua anima traboccante di lacrime; vede la malizia
di un peccato che porta alla morte chi lo compie, tanto che ebbe a dire: «sarebbe meglio non fosse mai nato»!
Ma i dettagli sono molti e meravigliosi.
Proseguiamo.

Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.
Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di’, chi è colui a cui si riferisce?».
Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».
Rispose allora Gesù: «E’ colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò».
E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.
E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui.
Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto».
L’immagine, immortalata dall’arte, è simbolo apice della tenerezza di Cristo verso il discepolo, il quale, parafrasando Evagrio, così impara a conoscere il Mistero dell’amore e la profondità delle altezze teologiche; insegna che l’intimità con Cristo è la vera chiave della sapienza; ed insegna ancora che tale intimità suppone una piena fiducia, un colloquio amoroso con l’amato, una confidenza verace.

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Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poichè abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. Noi canteremo le locomotive dall'ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. E' dall'Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo.

 

 

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Luigi Ciavardini, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari, è stato dunque condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d'Appello sezione minori del Tribunale di Bologna. Questa condanna risulta essere, senza mezzi termini, una dichiarazione di guerra preventiva a quella parte degli Italiani non allineata all'interno dei vecchi schemi di cui il Sistema rappresenta la sintesi. All'epoca dei fatti Luigi Ciavardini aveva soltanto 17 anni ed è accusato di avere trasportato fino alla stazione di Bologna l'esplosivo responsabile della morte di 85 persone e del ferimento di altre 200. Quella strage è tuttora il più grave atto sanguinario dell'Italia nata dalla resistenza. Un massacro spaventoso che ha chiuso un decennio di piccole e grandi sconvolgimenti politici e sociali. La strage di Bologna ha sepolto sotto una coltre di morte gli anni più caldi della storia d'Italia. Ma quella strage è servita, soprattutto, a mettere fuorigioco un'intera generazione di Camerati Rivoluzionari che negli Anni 70 ha imposto fieramente la propria presenza nelle piazze di tutto il Paese. Le indagini sono andate da subito in un'unica direzione, quella dell'eversione neofascista. Un intero ambiente è stato criminalizzato e fatto a pezzi dalla meschina paura dei mercanti del Sistema. Terza Posizione è stata smantellata in seguito a questa inchiesta, mentre la storia dei Nar ha avuto un tragico epilogo di sangue ed ergastoli. Si finge di credere a questa pista unicamente per togliere di mezzo lo spettro di una nuova Rivoluzione Nazionale che con il tempo stava prendendo terreno. Francesca Romana Mambro e Valerio 'Giusva' Fioravanti vennero indicati come gli esecutori materiale, tesi che neppure eccellenti nemici politici hanno tuttora il coraggio di sostenere. A Bologna non si è fatta Giustizia. A Bologna non si è cercata Giustizia.

LUIGI LIBERO!

 
 

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