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Persone nel tempo

Post n°212 pubblicato il 05 Dicembre 2007 da falco58dgl
 

Pubblico un testo che fa parte di "Sguardi", il mio libro di racconti. Parla del tempo e delle persone che l'attraversano. Dedicato a: Cinzia, Carpediem56, Carmen46 , Rosso VenexianoErinn78

Sono ossessionato dal tempo che passa.  Da qualche parte ho letto che l’intera vita dell’uomo, dai primati che si aggiravano nelle lande africane ottocentomila anni fa fino ad adesso, equivale a trenta secondi nell’arco di una giornata,  il tempo del pianeta.  La vita individuale è anch’essa una manciata di secondi rispetto all’evoluzione della specie umana.  Le nostre vite si consumano in una frazione di secondo, se confrontate con i tempi degli astri. La vita è meno di un granello di sabbia su un'immensa spiaggia: tutto il nostro agitarsi, ricercare spazi di felicità individuale, eventi pieni di senso, m’appare come un movimento disordinato di insetti che scambiano il frammento di cibo che trasportano a fatica per il  centro dell’universo.

*** 

Contempla assorto  tutto ciò che ha davanti. L’intero cosmo si dispiega di fronte a lui come un atlante che costringe la sfericità del mondo in due pagine piane accostate.  Non è insoddisfatto, né felice.  Non alberga sentimenti umani, tranne un’ombra di rimpianto in bilico tra l’affiorare e lo smarrirsi in un mare tranquillo, il desiderio della finitezza umana. Vivere una vita che inizia, si compie, declina e si spegne. L’eternità è un peso indicibile, anche per chi l’ha concepita. Abitare il tempo ed esserne trasformato, rinnegare l’onniscienza, il sapere in anticipo il destino  dell’universo, anche se la parola “anticipo” non ha senso in un  mondo che non inizia e non finisce, ma sta immobile a ripetere cicli di miliardi di anni.

*** 

Noi tutti, nel momento di morire, abbiamo vissuto un lento distacco dal corpo, un senso di quiete finalmente raggiunta, la percezione di  andare incontro a una luce brillante e fredda e di vedere la scena dall’alto e dall’esterno, mentre gruppi di persone danno sfogo al loro dolore o al loro sollievo, piangono, assistono compunti o si sforzano di provare un ipocrita cordoglio. In quei momenti il traffico umano è così lontano da apparire estraneo e indecifrabile. Purtroppo il nostro resoconto si ferma qui. Non sappiamo cosa ci sia dietro quella luce, se un movimento verso un’immateriale armonia perfetta o una lenta discesa verso un’oscurità priva di oggetti. Siamo stati  risvegliati da uno stimolatore cardiaco e  risospinti verso un caos allucinato di luci fredde, grida, sospiri, rumori metallici ed escrementi umani.

 ***

 Chi siete? Cosa volete da me? Perché mi avete circondato e non parlate?  Volete i miei soldi? Eccoli, ma non è quello che desiderate, quello che esigete da me. Volete una confessione piena della mia miseria, dei miei limiti, della vigliaccheria e dei compromessi che ho  accettato, pur di vivere senza eccessive difficoltà la mia vita mediocre e anonima? Ve la rendo, ma perché non dite nulla? Volete la mia vita, volete recidere il legame di materia inerte che lega i miei giorni uno con l’altro, che rende il mio tempo vischioso e insensato, simile alla ripetizione di una formula vuota, a un rosario di consuetudini? Prendetela e restituitemi,  anche solo per un istante, un’esistenza vera,  un’emozione forte di carne  e sangue. Assomigliate tutti voi allo scorrere silente dei giorni che  segnano il flusso della vita, un cerchio di immobilità assemblato dall’inerzia. Ditemi qualcosa, vi supplico.

 *** 

 Lo guardavano mentre li supplicava di dire qualcosa, qualunque cosa. Una parola che spezzasse il cerchio di silenzio che assediava la sua vita da troppo tempo, quel tempo che imprigionava anche loro, anche se la  natura androgina dei volti, i corpi perfetti e la concentrata attenzione li rendeva simili a una schiera di angeli  mandati dall’Altissimo a soccorrere gli umani, inchiodati tra l’effimero e  l’angoscia della fine dei giorni.

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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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