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Messaggi di Ottobre 2015
Se è vero che un occhio non è uno sguardo, una mano non è una carezza, un passo non è un percorso, un'intenzione non è un gesto, così una negazione non può essere ciò che ha negato. Ma se l'occhio, pur non essendo sguardo è potenzialmente tale, una mano, se mossa nella direzione di un altro, può accarezzare, un passo è comunque un movimento a raggiungere e l'intenzione il preludio di qualunque azione, allora anche la negazione è la realtà che ignora. Da un occhio non veduta, da una mano non accarezzata, da un passo non compiuto e dall'intenzione di crederla tale non manifestata. Solo negata.
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So già cosa accadrà quando mi tornerà la voglia di fare ordine e di spostare con cura ogni granello di sabbia del mio deserto. Dopo che li avrò trasformati in una duna a celare i nuovi spazi e lasciare al vento la libertà di ricompormi. Lo so già e sento il suono venirmi incontro ed io mi sposto, mi modello, e sono sua in ogni spazio vuoto che ricoprirà con forza e in ogni granello di sabbia ricomposta in deserto. Lo so che impazzirò dal desiderio di sentirmi sfiorata e trasportata altrove quando altrove è ovunque io possa andare se c'è vento e sabbia e deserto. So cosa accadrà, ed io ne ho già voglia. Perciò costruisco la duna ed attendo. Ché il tempo di quel tempo sta arrivando. Lo so. Lo sento.
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René Magritte - Le passegiate di Euclide Cento e più di mille volte a guardare quel tratto lentissimamente avanzare. Prima sul ruvido di un supporto che porta ancora i segni del suo precedente esistere nelle venature dell'albero in fiore reciso, e poi ammorbidito dall'olio e dal colore, più rapido andare.
Cento e più di mille volte lo sguardo a cercare l'incrocio di tanti pensieri che lenti e dilatati dal tempo di quella mano ondeggiare, a riempire, sfumare, colpire di netto il difetto che tra le setole morbide all'occhio, scompare.
Cento e più di mille volte il vuoto a sparire, come se il vuoto che avverti non fosse mai stato nel corpo seduto di fronte al cavalletto, ma altrove. E lo sfidi, lo pieghi, lo riempi di materia inorganica che assomiglia al colore del tuo sangue, dei tuoi occhi, dei tuoi capelli sciolti sulle spalle e che, di quelle, ha lo stesso pallore.
La testa piegata a sinistra e la mano destra ad unire un attimo ancora soltanto ciò che per più di cento e mille volte osserverai meglio che se l'avessi tenuto dentro. Ciò che è diventato vuoto ora, dopo che l'hai riempito con tutto ciò che, di lui, avevi conservato.
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La cosa che più mi tormenta, è l'incompletezza. La sensazione di non essere giunti a destinazione, di non aver trovato la chiave, di indugiare di fronte a qualcosa verso la quale, al contrario, vorremmo muoverci ed agire.
Non ho finito il disegno, l'orlo della gonna è ancora scucito, ho rimandato la telefonata che avrei dovuto fare. Non ho detto ciò che avrei dovuto dire o chiesto ciò che avrei voluto sapere.
E' soprattutto quando si perde inesorabilmente l'opportunità di portare a termine qualunque azione o proposito che, al contrario, avremmo voluto completare, che maggiormente si avverte l'incompletezza della nostra umana condizione: tesa a raggiungere un obiettivo nel tempo e nelle modalità stabilite, senza altresì considerare l'altrettanta umana necessità di essere, a nostra volta, completati.
Benché nati finiti.
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Ti auguro di rinascere, oggi e di guardare, con gli occhi dell'uomo che sei, il bambino che sei diventato. Intatto, nella purezza di ogni tuo sguardo incontaminato ma contaminante della stessa ingenuità trasparente. Maestoso e leggero come l'aliante che, silenzioso, ha percorso distanze a raggiungermi, distanze a spostarmi. Ti auguro di rinascere, oggi, e rivivere negli stessi luoghi i medesimi anni. Che non sono solo tempi e stati, ma anche musiche mai stonate, e spazi mai vuoti. E a me, di poter respirare attraverso l'ossigeno di ogni tuo respiro, la ragione del mio.
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Era sempre scura l'acqua di quel fiume e, guardandola, mi dicesti di volerti gettare dal ponte e raggiungerla per annegare, e morire. Io la guardavo ogni volta che mi trovavo a passarci sopra ed ogni volta mi sembrava più scura. Profonda e scura ed impetuosa, quell'acqua scura. Come il mio cuore, che a seguirla con gli occhi, a guardarne i flutti e i colori, faceva male. E non c'era dolore più grande e rimedio ad esso se non a scomparirci dentro e seguirti compiendo lo stesso gesto. Te l'ho detto, e tu sei annegata dentro i miei occhi. Ed io, nel ricordo dei tuoi, sto ancora naufragando.
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- Adesso è tempo di nutrire la tua bocca. - Non aspettavo altro. - Dovrò farlo molto lentamente. - Aspetterò finché non avrai finito. - Comincio ora. - L'hai già fatto. - Attraverso la sola intenzione? - Sì. - Allora smetto. - Non puoi più farlo. - Perché? - Perché io ho ancora fame delle tue parole, delle tue intenzioni e dell'amore che, attraverso esse, hai saputo manifestare. - Allora lasciami finire. - Ti lascio cominciare.
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E' strano dover guardare chi non c'è ma vuole farsi vedere. Deve avere ragioni particolari. Devo comprenderle, analizzarle, avvicinarle al mio cuore e sentirle. Le osservo e lo vedo. Le vedo e l' osservo. Sono una statua di marmo pietrificata dal bisogno di un altro. Eppure anch'io ho bisogno. Dev'esserci una ragione particolare in questo. Riesci a sentirlo? Riesci a vederlo?
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Inviato da: gaza64
il 25/03/2024 alle 19:02
Inviato da: azaryel
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Inviato da: kevin
il 18/03/2024 alle 15:44
Inviato da: kevinkart
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Inviato da: gaza64
il 15/03/2024 alle 21:16