Altrove

11,15

Credevo di essermi fatta la scorza rispetto alle notizie di cronaca, freddi numeri di tragedie che vengono snocciolati nel sottofondo delle mie faccende quotidiane. Ma forse c'era spazio per una piccola breccia, se tanto sgomento mi provoca la vicenda di quella sfortunata famiglia marocchina arsa dalle fiamme. Una pena infinita per ognuno di quelle persone, i bimbi fiduciosi, quel padre disperato e la madre che ora può soltanto contemplare la vastità del dolore che le resta.

Non posso fare a meno di pensare a quanto sia pericoloso trasformare tutto in numeri. Penso agli assistenti sociali, che in teoria dovrebbero fornire aiuto e prima di tutto ascolto sincero, e chissà, forse per menefreghismo o forse perché risucchiati e incatenati dalla cinica burocrazia, non solo non hanno potuto dare l'aiuto sufficiente (un sistema per portare i bambini a scuola? Un sostegno psicologico anche per quell'uomo che arava rimanendo schiacciato dal peso di una vita troppo crudele? Provare a trovargli un lavoro vero?), ma hanno involontariamente contribuito al precipitare della situazione instillando nel padre il timore di vedersi portare via i figli. I figli, soprattutto quando nient'altro ti sorride, possono essere il tuo tutto. E prima di sedersi con delle carte davanti a un uomo valutandolo come a scuola in vista del terribile esame dell'essere adatti a fare il genitore, bisogna forse ricordarsi del potere che si ha, non guardare soltanto il dettaglio. 

Sarebbe bastato più impegno a salvarli tutti?

Non so, ma mi piace pensare di sì.

Spero che quella povera donna possa sorridere di nuovo, un giorno.