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La diversa immigrazione.

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Due giorni fa, l'8 agosto, è stato il 53° anniversario della tragedia di Marcinelle: 262 minatori morti, di cui 136 italiani. Dal 2001, l'8 agosto è diventata la "Giornata nazionale per il sacrificio del lavoro italiano nel mondo", e in quest'occasione il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, si è recato in visita alla miniera di Bois du Cazier. Nel suo messaggio, il Presidente Napolitano ha indicato come "esigenze sociali e civili" e "diritti fondamentali", per le quali si esigono "impegni coerenti da parte delle istituzioni", la sicurezza sul lavoro e la piena integrazione degli immigrati. In merito a quest'ultimo punto, il Capo dello Stato ha ricordato il periodo dell'emigrazione italiana, quando migliaia di nostri connazionali sono partiti verso Paesi più ricchi per sfuggire alla miseria. Affrontando, spesso, condizioni di lavoro spaventose, come appunto nel caso di Marcinelle. Leggendo tale messaggio, Fini ha espresso anche il proprio parere sull'immigrazione odierna e passata. Dichiara che, ovviamente, chi lascia la propria casa lo fa per bisogno, ma che poi si mettono radici, con le seconde e terze generazioni di figli: "Non si è più stranieri". Gli immigrati "non sono ospiti momentanei", afferma, accusando chi pensa questo di non conoscere la nostra storia. Palese il suo attacco alla Lega quando ricorda che gli emigranti non erano solo meridionali, ma anche provenienti dal settentrione, e, prosegue, "vorrei che lo ricordassero gli esponenti politici che rappresentano il Nord". Il suo discorso continua con la difesa dei lavoratori stranieri, che meritano rispetto anche se senza documenti. Tornando alla sicurezza sul lavoro, "non può essere una fatalità che ancora si muoia sul lavoro", poiché "al centro dell'economia non ci può essere né il capitale né la classe, non ci può essere altro che il lavoratore". Chiaramente ferma sulle sue posizioni la Lega, che, per bocca del Ministro per la Semplificazione Calderoli, difende le proprie idee: il lavoratore "merita sempre rispetto anche se irregolare", ma va anche espulso quando non sia in possesso dei documenti, poiché "così dice la legge, approvata dal Parlamento". Secca la replica a Fini di Bossi: "Noi andavamo a lavorare, non ad ammazzare". Effettivamente, il problema dell'emigrazione italiana è complesso, e i pregiudizi che la sinistra utilizza per giustificare l'immigrazione incontrollata sono spesso sbagliati. La più nota meta degli emigranti erano gli Stati Uniti, dove i primi italiani arrivarono intorno al 1870. L'ultimo censimento, del 2006, afferma che gli italoamericani siano oggi quasi 18 milioni, il 6% della popolazione. L'affermazione di Bossi è contraddetta perlopiù da due casi: Al Capone e Lucky Luciano; a fronte, però, di decine di altri casi in cui gli italiani sono stati ai vertici della popolarità. In tema di criminalità, per esempio, va ricordato il poliziotto Joe Petrosino, infaticabile persecutore della mafia, dalla quale ucciso. Incalcolabili gli attori, manager, cantanti, scienziati e sportivi che hanno segnato la storia degli USA fino a oggi, da Frank Sinatra a Rocky Marciano, da Joe di Maggio a Madonna, da Sylvester Stallone a Enrico Fermi, ad attori e registi come Rodolfo Valentino, Leonardo di Caprio, Francis Ford Coppola e Robert de Niro. Ma non solo uomini di spettacolo sono italoamericani: vi figurano anche importanti politici. Giuliani, Impellitteri e LaGuardia, ex sindaci di New York, Cuomo, Pastore, Pataki e Grasso, ex governatori, Panetta, direttore della CIA, e poi senatori, diplomatici e membri del Congresso: Nancy Pelosi è Presidente della Camera dei Rappresentanti, terza carica dello Stato dopo Presidente e Vicepresidente. Gli italiani hanno lavorato e faticato per scrollarsi la fama di mafiosi, e hanno raggiunto alcune delle più importanti cariche della Nazione americana. A riprova del legame che ci unisce agli Stati Uniti, il Columbus Day, istituito da Roosevelt, dove gli italiani sfilano applauditi dagli americani, in un'atmosfera meravigliosa di fratellanza dove anche l'Empire State Building si tinge di bianco, rosso e verde. Bossi ha ragione: gli italiani sono emigrati e hanno arricchito le popolazioni che li hanno accolti, nonostante le umiliazioni che hanno dovuto subire. Siamo stati forti e abbiamo superato le difficoltà, e adesso l'America è la nostra seconda casa. Per questo sono fuori luogo le parole di Fini, perché la nostra emigrazione è radicalmente diversa da quella che oggi ci affligge. Chi immagina un rumeno Presidente della Camera? O un marocchino sindaco di Milano? Nessuno, perché gli immigrati fanno poco o nulla per farsi apprezzare: qualcuno si distingue, è chiaro, ma la maggior parte si fa vedere al telegiornale per stupri, rapine, spaccio e omicidi. Come possiamo dare loro fiducia? Sono loro che devono guadagnarla. E non è certo stuprando e uccidendo che diventeranno sindaci e governatori. Eppure le sinistre continuano ad aiutarli, togliendo crocifissi e abolendo le feste di Natale, e concedendo loro servizi privilegiati. E quando qualcuno li accusa giustamente di un crimine, viene subito bollato come razzista. Il tipico razzismo-al-contrario di sinistra. E non esistono nuove generazioni integrate: gli attentatori di Londra erano musulmani inglesi di terza generazione. La loro immigrazione è diversa: emigrano per bisogno, ma anche perché sanno che in Italia nessuno farà loro nulla. L'hanno affermato le stesse autorità rumene. Quanto ai musulmani, essi non vogliono integrarsi, nonostante gli sforzi delle istituzioni: vogliono, anzi, imporre a noi i loro costumi. Siamo noi, in pratica, a doverci integrare! E questo non solo in Italia, ma in tutta Europa. I cinesi si limitano a lavorare in nero, uccidendo le nostre piccole attività, e ammazzandosi tra loro. Se noi avessimo cercato di imporre i nostri costumi in America non ci avrebbero neanche fatto toccare Ellis Island. È questa la differenza, tanto evidente da dimostrare come le sinistre la ignorino volutamente. E, anzi, la sostengano: è, infatti, colpa nostra se gli immigrati possono fare i loro comodi. Non ci sono leggi adatte a frenare la violenza che molti di loro (non tutti) portano, e il provvedimento sulla sicurezza è stato subito aspramente attaccato da tutta la sinistra, che lo considera razzista. Forse non sanno che nella Spagna socialista di Zapatero, da loro tanto ammirato, le leggi sono molto più severe delle nostre, e i barconi non vengono neanche fatti attraccare. Tra le sinistre figura ovviamente anche Fini, ben lontano dall'imparzialità costituzionale alla quale dovrebbe fare onore: da membro di AN è diventato socio di Diliberto. Incredibile la sua affermazione su 'capitale', 'classi' e 'lavoratori': un discorso assurdamente marxista, anacronistico e degno della peggiore politica staliniana. E non è altro che l'ultima delle sue performance da novello Togliatti, che spaziano dalla bioetica da radicale all'economia da Lenin. Che gli sia apparso Che Guevara sulla via del Parlamento? È assurdo che un Presidente della Camera si comporti così: non è imparzialità, questa. È semplicemente la politica deliberatamente di parte di un uomo passato da destra all'estrema sinistra. E un uomo così palesemente non-imparziale non può certo occupare la terza carica dello Stato.

 
 
 
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