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Dobbiamo dunque temere che...

Post n°348 pubblicato il 08 Aprile 2023 da dionisiosparacio
 

Dobbiamo dunque temere che, mentre ancora rimane in vigore

la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato

escluso.

Poiché anche a noi, al pari di quelli, è stata annunziata una buona novella:

purtroppo però ad essi la parola udita non giovò in nulla,

non essendo rimasti uniti nella fede a quelli che avevano ascoltato.

Infatti noi che abbiamo creduto possiamo entrare in quel riposo,

secondo ciò che egli ha detto:

Sicché ho giurato nella mia ira:
Non entreranno nel mio riposo!

Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo.

Si dice infatti in qualche luogo a proposito del settimo giorno: 

E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le opere sue.

E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo!

 Poiché dunque risulta che alcuni debbono ancora entrare in quel riposo

e quelli che per primi ricevettero la buona novella non entrarono

a causa della loro disobbedienza, egli fissa di nuovo un giorno, oggi,

dicendo in Davide dopo tanto tempo:

Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori!

Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo,

Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. È dunque riservato ancora un riposo sabatico per il popolo di Dio.

(Chi è entrato infatti nel suo riposo, riposa anch'egli

dalle sue opere, come Dio dalle proprie)

Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello

stesso tipo di disobbedienza.

Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada

a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello

spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.

Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e

scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.

Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato

i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede.

Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le

nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a

somiglianza di noi, escluso il peccato.

 
 
 
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