Creato da princepscivitatis il 23/02/2007

Storia & Archeologia

La Storia e l'Archeologia : una passione da sempre! Il luogo di ritrovo per tutti gli amanti di queste discipline meravigliose. Un tuffo nel passato per sognare e vivere esperienze magiche, visitare i luoghi del passato e conoscere i grandi uomini che con le loro imprese hanno segnato la storia dell'Umanità.

 

 

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Che cosa è l'Archeologia?

Post n°6 pubblicato il 25 Febbraio 2007 da princepscivitatis
 

Sono uno stoico ... e così, nonostanze la influenza che mi affligge da venerdì scorso, mi sono messo comunque al lavoro...

Buona lettura.

L’archeologia è scoperta dei tesori del passato, lavoro meticoloso di un analista scientifico, esercizio di immaginazione creativa. Ma è anche il cosciente sforzo interpretativo attraverso cui si arriva a comprendere che cosa tutto ciò significhi nella storia dell’umanità.

L’archeologia è, al tempo stesso, attività fisica sul campo e attività intellettuale svolta nello studio o in laboratorio. Ciò sicuramente costituisce parte della sua grande attrattiva : l’archeologia è ricerca emozionante della conoscenza su noi stessi e sul nostro passato.

In questo senso l’archeologia è anche intesa come antropologia : antropologia è, in senso lato, lo studio dell’umanità, dei caratteri fisici dell’uomo in quanto animale e dei caratteri non biologici, esclusivi dell’uomo, quelli che chiamiamo cultura : “conoscenza, fede, arte, costumi, leggi, usanze e tutte le altre capacità e abitudini acquisite dall’uomo come componente della società”; così, nel 1871, Edward Taylor, sintetizzò il termine “cultura”.

Orbene, se l’archeologia si occupa del passato, sotto quali aspetti essa differisce dalla storia?

In senso lato, come l'archeologia è un aspetto dell'antropo­logia, così è anche parte della storia, con ciò inten­dendo l'intera storia dell'umanità fin dai suoi inizi oltre 3 milioni di anni fa. Infatti per oltre il 99% di questo enorme arco di tempo l'archeologia - cioè lo studio della cultura materiale del passato - è la sola fonte importante di informazioni, se si esclu­de l'antropologia fisica, che concentra l'attenzione più sul progresso biologico che su quello culturale del genere umano.

Le fonti storiche tradizionali cominciano solo con l'introduzione della scrittura intorno al 3000 a.c. in Asia occidentale, e notevolmente più tardi nella maggior parte delle altre aree del mondo (per giungere, per esempio, al 1788 d.C. nel caso del­l'Australia). Comunemente si distingue tra la prei­storia - il periodo precedente le testimonianze scritte - e la storia in senso stretto, cioè lo studio del passato basato sulle testimonianze scritte.

L’archeologia può dare un grande contributo anche alla conoscenza di quei periodi e luoghi per i quali esistono documenti, iscrizioni e altre testimonianze scritte. Piuttosto spesso è proprio l'archeologo a prendere in considerazione in primo luogo questo tipo di testimonianze.

Dato che l'obiettivo dell'archeologia è la cono­scenza dell'umanità, essa è dunque una disciplina umanistica, uno studio dell'uomo. E poiché è inte­ressata al passato dell'uomo, è una disciplina sto­rica. Ma essa differisce dallo studio della storia scritta - sebbene usi testimonianze scritte - in un punto fondamentale: il materiale che gli archeolo­gi rinvengono non ci dice direttamente che cosa pensare. I documenti storici scritti fanno afferma­zioni, presentano opinioni, comunicano giudizi (sebbene tali affermazioni e giudizi debbano esse­re essi stessi interpretati). Gli oggetti scoperti da­gli archeologi, invece, di per se stessi non dicono nulla e siamo noi, oggi, a dover dar loro un senso. Da questo punto di vista la pratica dell'archeolo­go è piuttosto simile a quella dello scienziato. Lo scienziato raccoglie dati, conduce esperimenti, formula un'ipotesi (una proposizione per spiegare i dati), verifica l'ipotesi rispetto a ulteriori dati, e infine costruisce un modello (una descrizione che riassume in modo soddisfacente la regolarità os­servata nei dati). L'archeologia, da molti punti di vista, compie un percorso assai simile. L'archeolo­go deve sviluppare un'immagine del passato, così come lo scienziato deve elaborare una visione coe­rente del mondo naturale, che non si trova già pronta.

L'archeologia, in breve, è al tempo stesso una scienza e una disciplina umanistica. Questo è uno dei motivi del fascino dell' archeologia: essa riflette l'ingegnosità dello scienziato moderno così come quella dello storico moderno. I metodi tecnici usati dalla scienza archeologica sono i più ovvi, dalla datazione con il radiocarbonio allo studio dei resi­dui di cibo nel vasellame.

Ugualmente importanti sono i metodi scientifici d'analisi e di deduzione. Alcuni autori hanno parlato della necessità di defi­nire una distinta teoria intermedia (Middle Range Theory, teoria del campo intermedio), intendendo con ciò un distinto corpus di idee, per colmare la lacuna tra i dati archeologici grezzi e le osservazio­ni e le conclusioni che si possono dedurre da quei dati. Questo è un modo di vedere la questione. Ma non è necessario fare una così netta distinzione fra teoria e metodo. Il nostro obiettivo sarà quello di descrivere chiaramente i metodi e le tecniche usate dagli archeologi per indagare il passato. I concetti analitici dell' archeologo costituiscono una parte della serie di approcci al problema, così come lo sono gli strumenti usati nel laboratorio.

L'archeologia moderna è una grande Chiesa che comprende numerose differenti «archeologie», le quali però sono unite tra loro dai metodi e dagli approcci che condividono, descritti a grandi linee in questo libro. Abbiamo già attirato l'attenzione sulla distinzione tra l'archeologia del lungo perio­do della preistoria e quella dei tempi storici. Spes­so questa distinzione cronologica è accentuata da ulteriori suddivisioni, cosicché esistono archeologi specializzati nei periodi più antichi (il Paleolitico, prima di lO 000 anni fa) o in quelli più recenti (le grandi civiltà delle Americhe o della Cina; l'egitto­logia; l'archeologia classica dell' antica Grecia e di Roma).

Uno dei maggiori sviluppi degli ultimi due o tre decenni è il fatto che ci si è resi conto che l'archeo­logia può contribuire molto alla conoscenza della preistoria e della storia antica, ma anche a quella di periodi storici più recenti. In America Setten­trionale e in Australia l'archeologia storica - cioè lo studio degli insediamenti coloniali e post-colo­niali in quei continenti - si è molto sviluppata, analogamente a quanto è accaduto in Europa per l'archeologia medievale e post-medievale, cosicché quando si tratta dell'insediamento coloniale di Ja­mestown negli Stati Uniti o del Medioevo di Lon­dra, Parigi e Amburgo, l'archeologia diventa una fonte primaria di dati.

Queste suddivisioni cronologiche sono trascese da specializzazioni che possono offrire contributi a molti diversi periodi archeologici. L'archeologia ambientale è una di queste branche, in cui archeo­logi e specialisti di altre scienze studiano l'uso di piante e animali da parte dell'uomo, nonché il mo­do in cui le società del passato si sono adattate a un habitat che cambiava continuamente. L'ar­cheologia subacquea è un'altra di queste branche, che richiede grande coraggio e abilità. Negli ultimi trent'anni essa è divenuta un'attività altamente scientifica, in grado di salvare dall' oblio alcuni pe­riodi del passato sotto forma di relitti di navi che hanno gettato nuova luce sulla vita antica, tanto sulle terre emerse come sui mari.

Anche l'etnoarcheologia, come abbiamo appena visto brevemente, è un'importante specializza zio­ne della moderna archeologia. Oggi ci rendiamo conto che siamo in grado di spiegare i reperti ar­cheologici - vale a dire ciò che troviamo - soltanto se riusciamo a spiegare nei particolari il modo in cui si sono formati. I processi di formazione dei re­perti archeologici sono ora oggetto di intensi studi. E in questo senso che l'etnoarcheologia ha avuto i dovuti riconoscimenti: lo studio dei popoli viventi e della loro cultura materiale, allo scopo di miglio­rare la spiegazione dei reperti archeologici. Per esempio, lo studio delle pratiche di macellazione adottate da cacciatori-raccoglitori viventi, intrapre­so da Lewis Binford presso gli eschimesi Nuna miut dell'Alaska, ha offerto al ricercatore molte idee nuove circa il modo in cui il reperto archeolo­gico può esser si formato, permettendogli di sotto­porre a una nuova valutazione i resti ossei di ani­mali mangiati dai primi esseri umani altrove nel mondo. E tali studi non sono limitati a semplici co­munità o a piccoli gruppi. A Tucson, in Arizona, il Garbage Project (letteralmente: «Progetto spazza­tura»), allestito da William L. Rathje, prevede la raccolta della spazzatura dai bidoni di un settore della città e l'attento esame in laboratorio di tutto ciò che vi è contenuto.

Questo lavoro piuttosto in­grato, condotto con metodologia prettamente ar­cheologica, ha fornito informazioni preziose e inat­tese sulle modalità di consumo della moderna po­polazione urbana.

Se l’obiettivo dell’archeologia è conoscere il passato del­l'uomo, resta il problema importante di che cosa si spera apprendere. Gli approcci tradizionali tendevano a individuare l'obiettivo dell'archeo­logia principalmente come la ricostruzione di un puzzle: un pezzo dopo l'altro pezzo. Ma oggi non è più sufficiente limitarsi a ricreare la cultura ma­teriale delle epoche passate o a completare l'im­magine di quelle più recenti. È stato definito un ulteriore obiettivo, cioè «la ricostruzione del mo­do di vita delle persone che produssero i resti ar­cheologici».

Noi siamo certamente interessati ad avere una chiara immagine del modo in cui gli uomini vivevano e sfruttavano il loro ambiente ma desideria­mo anche conoscere perché essi vissero in quella maniera perché adottarono quei modelli di com­portamento e in che modo la loro vita quotidiana e la loro cultura materiale giunsero ad assumere proprio quella forma. Noi siamo interessati insom­ma a spiegare i cambiamenti.

Questo interesse per i processi di mutamento culturale è giunto a defini­re il concetto di archeologia dei processi culturali (o archeologia processuale).Essa procede ponendo una serie di domande, così come uno studio scientifico procede definendo l'obiettivo della ricerca, formu­lando le domande e cercando di fornire loro una risposta.

Ci sono molte grandi questioni che sono oggi al centro dell'attenzione. Vorremmo per esempio co­noscere le circostanze in cui fecero la loro compar­sa i nostri primi progenitori. Ciò accadde davvero in Africa, e solo in Africa, come oggi sembra essere effettivamente accaduto? E i primi uomini erano veri e propri cacciatori o consumavano semplicemente prede uccise da altri animali? Quali furono le circostanze che permisero l'evoluzione della sot­tospecie Roma sapiens sapiens a cui noi appartenia­mo? In che modo si può spiegare la comparsa del­l'arte paleolitica? Perché questa si trova solo in aree così limitate? Come avvenne il passaggio dal­la caccia-raccolta all'agricoltura in Asia occidenta­le, in Mesoamerica e in altre parti del mondo? Per­ché ciò accadde nel corso di appena pochi millen­ni? Come possiamo spiegare il sorgere delle città, in maniera piuttosto indipendente, in diverse parti del mondo? La serie delle domande potrebbe con­tinuare, e oltre a queste questioni generali ne esi­stono di più specifiche.

Insomma l’archeologia vuol conoscere il perchè una determinata cultura abbia assunto proprio quella forma, in che modo siano emerse le sue pe­culiarità e in quale misura esse abbiano influenza­to gli sviluppi successivi.

 (tratto e adattato da “Archeologia. Teorie. Metodi. Pratica.” – di Colin Renfrew e Paul Bahn. Ed. Zanichelli)

 
 
 
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