Creato da fedelecarlo il 27/11/2007

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Musica Napoletana DOCG

 

'A posteggia

generi

I posteggiatori sono figure inscindibili dalla storia e dalla cultura di Napoli: per sette secoli menestrelli, musici e cantori hanno vissuto tra il Vesuvio e il mare, spesso viaggiando in paesi lontani per poi tornare ricchi di bei ricordi ma sempre poveri di risorse economiche. Le origini e lo sviluppo della canzone napoletana sono legati a filo doppio con l'arte "di strada" dei posteggiatori, umili e sconosciuti propagatori di poesie e melodie non di rado destinate all'immortalità.La loro arte ha punteggiato i secoli d'oro della canzone di Napoli .Certo i posteggiatori napoletani furono gli strenui rappresentanti di una tradizione che ha un posto incancellabile nella storia delle espressioni poetiche e musicali della cultura popolare dell'Europa mediterranea. (da Mimmo Liguoro I posteggiatori napoletani)

"Signurì buongiorno eccellenze
Con insistenza, all’ apparire della mia presenza
Addò nisciuno me penza,
faccio appello alla vostra indulgenza
E dimostratemi ‘nu poco ‘e benevolenza".

Suonata qualche canzone allegra  concludeva la sua esibizione con una esilarante e provocatoria richiesta di pagamento:

"Signure e signurine, ledi e milòrd,
aggiate pacienza cacciate ‘nu  sòrd,
pe chi nun tene na lira ‘e spicce:
ci’hanna ascì ‘e bbolle ‘ncopp’’o sasiccio!".

Questo era un atteggiamento tipico da "posteggiatore" prima, durante e dopo una esibizione.


La "Posteggia" potrebbe far risalire la sua origine al greco RAPSODO,   ai latini JACULATORES, ai medioevali TROVIERI e MENESTRELLI. Essa è, insomma, l’erede degli antichi cantori girovaghi, che "portavano dalla Corte e dal Castello i canti al popolo dei borghi e delle campagne e, viceversa, i canti del popolo  alla Città ed alla Corte”: questa la bella sintesi di Sebastiano di Massa.
Tra i musicisti “ambulanti” del '500 (secolo d'oro di quaesta attività) Masto Roggiero, Cumpà Junno,  Muchio, Mase, Ciullo(Giulio)‘o surrentino, Giovanni Leonardo Primavera detto Giallonardo dell’Arpa, Sbruffapappa il più geniale artista del tempo, lo Cecato de Potenza e molti altri.
Ai suonatori di tradizione,il nome di  Posteggia, un po' infastidiva: avrebbero senz’altro preferito essere indicati con –i professori-, come fece generosamente Giovanni Gaeta (E.A.Mario) nella sua famosissima canzone “Dduje paravise” (dduje viecchie prufessure 'e mandulino, ecc.), ma la borghesia li ha sempre considerati musicisti di seconda classe.
L’appellativo dato a questi musici erranti e/o ambulanti deriva dal verbo “posteggiare” (nel senso di… tenere il posto) e/o  da  “posto” (nel senso di… fisso).
"Promesse di matrimonio, i matrimoni stessi, battesimi, compleanni, ricorrenze e promozioni  erano le occasioni di lavoro più comuni e remunerative: Conoscenze elementari di musica, stiracchiate melodie sul mandolino e/o flauto, un “filo di voce” bene intonato e tantissimo cuore nelle interpretazioni; questi gli ingredienti necessari alla posteggia.
Aggiungete poi alcuni fattori esterni quali: L’ospitalità della taverna, gli splendidi tramonti, la Luna d’argento, la pace delle campagne soleggiate oppure il fresco della sera, i buoni cibi, l’ottimo vino e… capirete perché nessuna donna, italiana o straniera che fosse, sia mai riuscita a resistere al fascino di Gegè, Pinuccio, Totore, Pascalino; insomma di… Napoli." (POSTEGGIATORI DI NAPOLI di Giulio Iervolino).
Quanta poesia in questa arte – mestiere:  “ La canzone è fatta di tre elementi: un mandolino, una chitarra, una voce… non un tenore, o un baritono. Una voce. Un uomo che possa cantare con la stessa naturalezza con la quale respira o parla. Una voce, magari senza portata. Una  voce,  forse rauca. Ma la voce d’ un uomo che  “sente” ; una voce persuasa e persuasiva.
Una chitarra e un mandolino che seguono e commentano, senza particolare bravura. Il posteggiatore viene vicino, e canta un po’ curvo, quasi sottovoce…” queste le commosse parole scritte dal grande Alberto Consiglio . 
E' doveroso ricordare alcuni tra i più noti professori (posteggiatori) del secolo scorso:
- Alfonso GRAMEGNA  con il suo quintetto fu ospite per molti anni dello Zar Nicola II di Russia.
- Il celebre Giovanni Di FRANCESCO (1852 – 1935) detto “‘o zingariello” fu amico di poeti e compositori napoletani e prediletto da Richard Wagner; venne ricordato e celebrato in composizioni poetiche di Salvatore di Giacomo, e Libero Bovio scrisse apposta per Lui un componimento poetico (1930): “Zingariello, cantatore ‘e Pusilleco, senza voce sapive cantà; cielo e mare,  - quanno ‘a notte era doce – cu n’accordo ‘e chitarra facive scetà!”.
- Giuseppe SACCO e Raffaellina PERES DE VERA furono a Lipsia nel 1905;
- Pietro RONCONE e Luigi CALIENNO del complesso Anepeta (1911);
- Raimondo SCHOTTLER  e MARANIELLO  del Complesso della Rosa(1910);
- Luigi CALIENNO e Raffaele SAVARESE del Complesso  Moreno (1917).
- Il FRASCHINI altro tipico posteggiatore, fu anche ricordato da Di Giacomo nel fascicolo “Piedigrotta for ever” del 1901;
- Giuseppe ASSANTE, Giuseppe GALASSO e Giacobbe Di CAPUA composero la posteggia della - Trattoria Pallino - al Vomero nel 1902;
- Alla “Trattoria dell’ Allegria” nel 1905, c’erano: Totonno ‘o barraccaro, Pietro MAZZONE, Giuseppe de MARIA, Raffaele de POMPEIS e Gennaro SPINELLI ;
- presso il Ristorante D’angelo nel 1949, dilettavano il pubblico i posteggiatori: Vincenzo MARMORINO, Giorgio SCHOTTLER, Salvatore dell‘ AVERSANO e Mimì PEDULLA’.
- Sono altresì da ricordare, e con grande affetto, i fratelli (da tutti considerati gemelli per la straordinaria rassomiglianza) Giulio e Raffaele VEZZA conosciutissimi in tutta Napoli per aver partecipato a numerosi film anche con Rondinella e Totò. Erano “fissi” da Salvatore alla Riviera fino a pochi anni or sono; di eccezionale bravura tecnica ed armonica, con soli violino e chitarra sembravano una orchestra intera
- Un singolare rappresentante della categoria fu Eugenio PRAGLIOLA (1907–1989) detto “cucciariello” od anche “Eugenio cu ‘e llente”. Intratteneva il pubblico sugli autobus della provincia, e con fisarmonica e megafono, bombetta ed occhiali senza vetro, divertiva tutti.
Infine voglio ricordare Vincenzo MASULA, ormai ultra ottantenne, che ha dedicato la sua intera vita alla posteggia nei ristoranti di Marechiaro. Abitava in Via Santa Maria in Portico,a due passi da me...
"Ora passa le sue giornate tra i ricordi presso L’Ospizio Marino di Baia Due Frati a Posillipo; la bella presenza, voce da Tenore leggero ed un  personale modo di suonare la chitarra erano le sue caratteristiche professionali e non mancavano per certo, garbo ed eleganza al suo modo di porsi al pubblico" (ancora da POSTEGGIATORI DI NAPOLI di Giulio Iervolino).

Il video musicale che inserisco (scusate l'audio ma è una "diretta") vi farà da esempio e se tornerete indietro con la mente di qualche secolo, ad un panorama, ad una trattoria, alle storie raccontate dai nonni, griderete certamente con me "ma quant'è bella Napule!".

 
 
 

'E magnete 'o limone (promessa)

extra (su richiesta)

Che nessuno si senta offeso ^__^, ma una promessa è un debito. Mi fu richiesta dalla carissima amica megliounsorriso di trovarle questo pezzo alquanto difficile da reperire anche tra i video. Ebbene, dopo un po' di tempo (ricerca impone...) eccomi pronto ad accontentarla con enorme piacere. Ne approfitto per rivolgere anche al resto dei lettori l'invito  a richiedermi  canzoni che avrebbero il piacere di ascoltare. Un po' anche per misurare le mie capacità di amante e, perchè no, conoscitore della grande tradizione musicale partenopea. Segue al video musicale una ristretta biografia (doverosa) dell'autore tratta da http://www.movieplayer.it/personaggi/12839/vittorio-marsiglia/biografia/.

Vittorio Marsiglia è nato a Benevento dove inizia la sua carriera artistica come musicista in vari complessi musicali. Partecipa al Festival di Napoli con Aurelio Fierro e come autore di Casanova '70, pezzo eseguito da Oreste Lionello. Passa in seguito al teatro, nel 1973 con lo spettacolo Isso, essa e 'o malamente che ancora porta in scena con lo stesso rinnovato successo. Lavora poi con Aldo Fabrizi in Baci, promesse, lusinghe, illusioni, con i fratelli Aldo e Carlo Giuffrè nella Francesca da Rimini; con Gino Bramieri in Pardon monsier Molière. Collabora con Bruno Corbucci, Enrico Vaime, Romolo Siena alla stesura dei testi di alcuni spettacoli.
In televisione affianca
Corrado Mantoni ne Il pranzo è servito, partecipa a varie edizioni di Domenica in.  Sul grande schermo ha lavorato con Nino Manfredi, Luciano De Crescenzo, Anthony Quinn. Non abbandona però la musica, che ha un ruolo centrale in tutti i suoi spettacoli, ma soprattutto è l'unico e l'ultimo interprete delle macchiette, fiore all'occhiello di indimenticabili artisti del 900, genere completamente dimenticato, che impone la bravura di Marsiglia quale moderna macchietta

 
 
 

Era la festa di san Gennaro

Post n°34 pubblicato il 13 Febbraio 2009 da fedelecarlo
 

canzone                         Meravigliosa Gabriella

 

 

E’ una canzone dal testo un po’ sconnesso, e infantile nella ripetizione sonora delle due sillabe, Zazà, evocatrici del trambusto dei piatti di un’orchestrina popolare  che sfila tra le vie del paese. Dove sta Zazà, il brano più famoso di Raffaele Cutolo (per carità, solo omonimo del camorrista …) è come un sospiro di sollievo collettivo, un’esplosione di eccitazione e un atto di scaramanzia nella immensa confusione che segue la fine della guerra.  C’è dentro la festa di san Gennaro, la banda per la via, aria di fiera paesana … Ritornano i partiti, le elezioni, dappertutto si organizzano manifestazioni  pubbliche, comizi, cortei. Se ne va il Re, comincia la nuova era della ricostruzione. A Napoli, questa canzone a tempo di marcetta divenne la mania di tutti, imprestò il nome ad un profumo, ad un liquore perfino ad un giornale. La scritta “Dove sta Zazà” si leggeva dappertutto, specie sui muri … Nel giro di pochi mesi la parola Zazà passò ad indicare le ragazze  che si accompagnavano ai soldati americani, le cosiddette “segnorine” … Nel 1945, un reduce della prigionia in Germania diede credito a certi pettegolezzi sul conto della fidanzata, si recò nei pressi del negozio dove lei lavorava e le sparò un colpo di pistola gridando  con disprezzo “Sei una Zazà!”. La ragazza sussurrò, appena riacquistati i sensi, “Non sono una Zazà, diteglielo al mio fidanzato, che non sono una Zazà!” …

 
 
 

DONIZETTI E NAPOLI

extra

Me voglio fa ‘na casa mmiez' 'o mare,
fravecate de penne de pavune.
D'argiento e d'oro voglio fa lli ggrare 
e de prete preziose li balcune.
Quando Nennella mia se va affacciare,
ognuno dice: "Mo sponto lo sole!"

Con questi versi ha inizio una delle più suggestive romanze napoletane (nota anche come "Canzone Marinara") che, al pari di altre, esprime il sogno dell’abitante di Napoli di costruire nel mare una casa che abbia le mura di piume di pavone, le scale d’oro e d’argento e i balconi di pietre preziose.
Donizetti ruba a Napoli la canzone e la trasforma in gioiello di gusto bel cantistico
Tra gli innumerevoli cantanti lirici e non di tutto il mondo che hanno interpretato questa canzone, lasciatemi lo "sfizio" di ricordarvela attraverso la voce (la più bella?) di una cantante scomparsa poco tempo fa e che mi pregio qui di onorare, Giuni Russo.

.

Donizetti dimostrò una certa dimestichezza col dialetto napoletano (Bossi,  meschino, era un bergamasco...): che però Donizetti sia anche il compositore di "Te voglio bene assaje" non è certificato da alcuno e sarebbe completamente da escludere qualora il brano venisse datato con certezza 1839, poiché in quell'anno il Maestro lombardo si trovava già a Parigi.
.Veniamo innanzitutto all'anno di nascita di quest'ultima Canzone: c'è chi, come EttoreDe Mura e Felice Liperi, sostiene sia stata scritta nel 1839; chi,come Salvatore Di Giacomo e Vittorio Paliotti, la fa più vecchia di quattro anni, datandola 1835. Oggi ancora non se ne ha la certezza, anche se si è più portati a datarla 1839.  Gaetano Donizetti soggiornò o Napoli tra il 1828 e il 1838. In questo periodo fu titolare della cattedra di composizione al Conservatorio San Pietro a Majella (che per un breve periodo diresse anche), scrisse tante opere dì successo per ¡I Teatro San Carlo e, a tempo perso, compose anche qualche canzone su testo napoletano.
Te voglio bene assaje, una barcarola che l'autore dei versi, l'ottico Raffaele Sacco, poeta estemporaneo, diceva musicata  da Gaetano Donizetti,  ufficialmente è riconosciuta musicata invece da Filippo Campanella.
La musica piacevole ed i versi accattivanti fecero di questa canzone una vera ossessione per i napoletani. La si canto' per anni dappertutto ed in qualsiasi momento. Nacquero rivalita' tali che alcuni autori tentarono, invano, di sminuirla pubblicamente anche attraverso altri componimenti.
Persino il Clero si interesso' alla cosa e Sacco (per non inimicarsi il Cardinale Riario Sforza) compose una variante "ecclesiale". La canzone porto' grande fama a Sacco ma pochi soldi. Rimase un ottico nella sua bottega, la stessa che oggi i suoi eredi gesticono nello stesso posto.

 
 
 

'A voce 'e Napule: il M.° Sergio Bruni

interpreti

Sergio Bruni, la biografia

Sergio Bruni, nome d’arte di Guglielmo Chianese, nasce a Villaricca (Napoli) il 15 settembre 1921 da  una famiglia poverissima e il piccolo Guglielmo è costretto a lasciare la scuola a metà della terza elementare perché non ha i libri e ha perso una scarpa dell’uico vecchio paio che possedeva.
A nove anni si iscrive a una scuola serale di musica, istituita per formare la banda musicale del paese. Diventa suonatore di clarinetto a 11 anni, realizzando così la sua prima esperienza da musicista.  
Nel 1938 si trasferisce con la famiglia a Chiaiano,  quartiere di Napoli.
Nel settembre del ’43 avuta notizia che a Napoli la gente stava insorgendo contro le truppe tedesche, forma con una decina di giovani della sua età un gruppo di volontari. Si procurarono delle armi e il 29 settembre, con l’aiuto di un capitano d’artiglieria, riescono a sminare il ponte di Chiaiano, minato dai tedeschi. Sulla via del ritorno si imbattono in una pattuglia tedesca e, in uno scontro a fuoco, viene gravemente ferito.
Guarito dopo un po' di tempo,  comincia a frequentare la scuola di canto tenuta dal M° Gaetano Lama e dal grande cantante Vittorio Parisi, diventandone subito il vanto. Dopo pochi mesi debutta ufficilmente come cantante al Teatro Reale di Napoli. È il 14 maggio 1944.
Ottiene un grande successo ma il giorno dopo l’impresari rifiuta di farlo cantare per non disturbare i suoi “artisti scritturati”.
Il cntante non ha altro lavoro, vive momenti difficili e comincia a frequentare la Galleria in cerca di qualche piccola scrittura che non arriverà quasi mai.
Ma l’anno dopo entra nel mondo della canzone dalla porta principale, vincendo un concorso per voci nuove bandito dalla Rai.
La vittoria gli frutta un premio di 3000 lire e un contratto con Radio Napoli.
Comincia così a cantare in seguitissime trasmissioni radiofoniche sotto la guida del Maestro Gino Campese che dirigeva allora l’orchestra stabile della Radio di Napoli.  Lo stesso Maestro Campese gli suggerirà di il nome d’arte Sergio Bruni per evitare confusione con un altro cantante radiofonico che si chiamava Vittorio Chianese.
Il 14 febbraio 1948  sposa  Maria Cerulli che sarà la sua compagna per tutta la vita.  Nello stesso anno incide per La Voce del Padrone, che resterà la sua casa discografica per un ventennio, il suo primo disco.
Nel 1949, scritturato dalla casa editrice La Canzonetta, partecipa alla sua prima Piedigrotta ottenendo un clamoroso successo con la canzone “Vocca ‘e rose” di Mallozzi – Rendine.
In quegli anni Sergio Bruni incomincerà ad imporre il suo stile interpretativo sempre più personale e inconfondibile che gli procurerà un grande consenso popolare, che lo accompagnerà per tutta la sua carriera.
Dal 1952 partecipa a quasi tutti i Festival della Canzone Napoletana,
classificandosi primo nel 1962 con “Marechiaro Marechiaro” di Murolo – Forlani e nel 1966 con “Bella” di Pugliese – Rendine.
Nel 1960, al culmine della sua carriera, partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo. Canta “Il mare” di Pugliese – Vian e “È mezzanotte” di Testa – C.A. Rossi, entusiasmando tutta l’Italia.
Tutti gli impresari gli fanno la corte ma l’artista rifiuta contratti favolosi per concedersi una pausa di riflessione.
Si ritira nella sua villa di Napoli e stipendia per anni il suo pianista di allora, Gianni Aterrano, per dedicarsi quasi esclusivamente allo studio della canzone napoletana classica. Il suo repertorio comincerà ad essere costituito sempre più da canzoni classiche.
In tanti anni di carriera Bruni ha legato al suo nome e contribuito a far conoscere a più generazioni tante antich canzoni.
Intorno agli anni ’60 Bruni tiene concerti in tutto il mondo, dall’America alla Russia, pur accettando solo una piccola parte delle proposte che gli vengono offerte. Rinuncia a fiumi di denaro perché raramente riesce ad ottenere quelle che lui ritiene essere le necessarie garanzie artistiche e organizzative.
Sergio Bruni aveva già scritto la musica di canzoni di grande successo, ma giunto al massimo della sua parabola artistica come cantante, comincia a porsi il problma della continuazione della canzone napoletana.
Viene stimolato – come ama spesso raccontare – da un articolo apparso su “Il Mattino” nel quale un noto esponente della cultura napoletana dichiara in un intervista che secondo lui la canzone napoletana è morta.
Ad alcuni amici che lo invitano ad esprimere il suo disaccordo attraverso il giornale, risponde orgogliosamente che risponderà con la musica.
Decisivo è l’incontro con il poeta Salvatore Palomba, comincia a musicarne alcune poesie dal libro “Parole overe”, fra cui “Carmela” che diventerà un classico della canzone napoletana.

Quella che è stata secondo me giustamente definita "l'ultima canzone classica napoletana". Non vi nascondo che ogni volta l'ascolto, mi sale un groppo alla gola. Sarà perchè ha scritto la parola fine alla Napoli Nobile (in senso artistico-culturale) ?
 Qui Carmela,non rappresenta una donna, ma la figura della Napoli attuale, sofferente,derisa e abbandonata a se stessa!

È il 1975, un anno dopo viene pubblicato l’album “Levate ‘a maschera Pulicenella” con otto canzoni su versi di Palomba e musiche sue, ispirato alla Napoli attuale.
Il sindaco di Napoli invia all’artista questo telegramma: “Permettetemi di felicitarmi con Voi e con il poeta Salvatore Palomba. Particolarmente interessante è il tentativo di liberare la canzone napoletana da folklore deteriore e da sentimentalismo attingendo alla cruda realtà di Napoli e alle drammatiche condizioni di vita del suo popolo costretto ad inventare mille mestieri per non morire.
I nuovi contenuti possono dare vitalità e freschezza poetica a un genere d’arte che le convenzioni accademiche hanno reso sterili e impopolari”: Maurizio Valenzi Sindaco.
Fra il 1980 e il 1990 Sergio Bruni realizza un’antologia della canzone napoletana che contiene le canzoni da lui più amate nate dal ‘500 in poi e alcune di quelle di sua composizione. Le orchestrazioni sono curate dal M° Roberto De Simone e dallo stesso Bruni.
L’antologia “Sergio Bruni napoli la sua canzone” è così finalmente completata. Nello stesso anno Sergio realizza in collaborazione con Palomba un memorabile spettacolo televisivo con lo stesso titolo dell’opera.
Accetterà  di partecipare come cantante ai film di due grandi registi Billy Wilder (Che cosa è successo fra mio padre e tua madre) del 1972 e Vittorio De Sica (Il viaggio) 1974.
Dal 1960 al 1970 viene preso da una improvvisa passione per la pittura e, come quasi sempre ha fatto, senza maestri e senza scuola alcuna prende i pennelli e fa. Il comune di Napoli organizza nel 1996 una sua mostra antologica nelle sale del Maschio Angioino.
Nel 1990, il “maestro”, come lo chiamano ormai tutti i napoletani crea, all’interno della sua villa, un’associazione culturale in collaborazione con un gruppo di amici e la denomina “Centro di cultura per la canzone napoletana”.
Qui svolge gratuitamente attività didattiche, insegnando aigiovani canto, chitarra e storia della canzone napoletana.
Fonda, inoltre, sempre sotto le insegne del “Centro” un teatro della canzone in miniatura (25 posti) dove si esibisce insieme ai suoi allievi.
Ai concerti sono invitati ad assistere – sempre gratuitamente – tutti quelli che ne fanno richiesta prenotandosi per tempo. Ci sono stato, uno dei ricordi più belli della mia vita "musicale"!!!
Nel 1995 “La voce di Napoli” saluta, di fatto il suo pubblico con due memorabili concerti.
Il primo si svolge il 15 agosto nella storica piazza San Domenico Maggiore, alla presenza del sindaco Antonio Bassolino e di diecimila napoletani in delirio.
Il secondo, voluto dal comune di Roma, si tiene il 7 dicembre al Teatro dell’Opera della Capitale.
Nel marzo del 2000 Sergio Bruni lascia Napoli e la sua bella villa al corso Vittorio Emanuele, che era stata frequentata per tanti anni da artisti e personaggi di ogni genere, oltre che da comuni ammiratori provenienti da tutto il mondo.
Per motivi di salute e di opportunità si trasferisce a Roma, dove vivono due delle sue figlie.
Nel 2001 incide l'ultima canzone, cantandola in coppia con il cantautore Lino Blandizzi, dal titolo "Ma dov'è".
Sergio Bruni si spense a Roma il 22 giugno 2003.

 
 
 
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