Creato da In_mezzo_alla_segale il 13/12/2006

Autoestinguente

Che seccatura

 

 

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Quello che le donne non dicono abbastanza

I numeri sono mostruosi: quasi 7 milioni le donne italiane tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Lo dice l’Istat. In molte parti del mondo va peggio. Molto peggio. Lo dice Amnesty International.

La violenza domestica è una delle principali cause di morte per le donne in tutto il mondo, Italia compresa. E solo il 4% delle donne vittime della violenza denuncia il proprio carnefice.

L’anno scorso, l’allora Ministro per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, riassumeva così la situazione: “I dati confermano che nella fascia di età 16-50 anni, le donne muoiono più per violenza che per malattia o incidenti stradali. La violenza sulle donne è un dramma rimosso”.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità parla di “un problema di salute pubblica che incide gravemente sul benessere fisico e psicologico delle donne e di tutti coloro che ne sono vittima”.

A rendere ancora più orribile questo dramma, c’è il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi l’aggressore non è un estraneo, un criminale, un maniaco, un extracomunitario: il mostro è in casa. Mariti, fidanzati, ex partner, fratelli, figli, parenti sono quasi sempre i colpevoli.

Si fa fatica a crederci. Qui si sta parlando di una guerra, non dichiarata e nascosta.

Esagerazione? Allarmismo? Vittimismo? La risposta è – purtroppo – nella cronaca: ogni tre giorni una donna viene uccisa dal proprio partner attuale o ex. Stiamo parlando dell’Italia, mica dell’Iran.
Nel 2007, sono 126 le donne uccise a causa delle violenze perpetrate dagli uomini. Tra questi, 44 sono i mariti, 11 i fidanzati o i conviventi, 9 gli ex mariti e gli ex fidanzati, 10 i figli e 14 gli sconosciuti.

Una simile piaga sociale è possibile solo grazie all’omertà. C’è chi sa, chi vede, e fa finta di nulla. “Non mi riguarda”, e ci si volta dall’altra parte.

Ma violenza non è solo questo. Facciamo a capirci: non è che chi non alza le mani su una donna è a posto con se stesso, con Dio e con gli uomini.
Violenza è anche volere le donne a casa, a dipendere dal proprio uomo.
Violenza è non assumere una donna perché potrebbe rimanere incinta.
Violenza è assumere una donna dopo averle fatto firmare le dimissioni in bianco, da utilizzare in caso di gravidanza.
Violenza è chiamare una donna “figa”, con un’infelice sineddoche a indicare la parte più interessante per il tutto.
Violenza è l’apprezzamento volgare per mettere in difficoltà.
Violenza è insistere dopo un no.

E potremmo continuare all’infinito, perché sono davvero tanti i comportamenti quotidiani, anche piccoli, che sono molestie anche se non lo sembrano. Tutto ciò di sgradevole che facciamo a una donna perché tale (e che non faremmo a un uomo), è violenza di genere.

Credo sia dovere di ogni uomo con una coscienza prendere atto della situazione e impegnarsi in maniera seria e visibile per dissociarsi da tutto ciò che è discriminazione sessuale. A cominciare dai piccoli gesti.

Intanto a Milano ci si è fermati a discutere se il manifesto di Telefono Donna fosse lecito o blasfemo. Così si è spostata l’attenzione: non si parla più della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma dello scandalo di un nudo (per una volta giustificato) accostato alla religione.
Anche questa è violenza.

A me il manifesto, oltre che sacrosanto, pare anche bello ed efficace, quindi lo metto.





Ovunque
25 novembre 2008


 
 
 
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