Creato da: giancla56 il 27/11/2004
Una bacheca, appunto. Un posto dove attaccare foglietti, post-it, annotazioni. Dove appendere pensieri, foto, emozioni, immagini, riflessioni, sfoghi, sentimenti,sorrisi, incazzature e pianti. Ma non una bacheca privata, solo mia. Anche di quelli che, se vorranno, potranno usarla.

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le parole di Sergio.

Post n°869 pubblicato il 04 Giugno 2006 da giancla56
 



Signor Presidente della Camera, colleghe e colleghi deputati,

a seguito delle dichiarazioni rese il 1° giugno 2006 dall’onorevole Giovanardi su di me e sulla mia storia personale e politica, desidero offrire questo mio contributo di conoscenza, che ritengo utile anche al fine di un più generale dibattito sulla giustizia, la civiltà del diritto e il senso della pena nel nostro ordinamento.

Sono stato uno di Prima Linea, trenta anni fa. Accetto che si dica ancora oggi di me: un “terrorista di Prima Linea”, mi rifiuto però di credere che qualcuno pensi davvero che sia il termine giusto, vero o esatto per dire, non solo quello che sono io oggi, ma anche quello che sono stato ieri. La mia identità politica e la mia lotta degli anni Settanta possono forse essere approssimate alle idee “libertarie” (il che non vuol dire: nonviolente) di un anarchico dell’Ottocento, non certo assimilate al terrorista suicida e omicida degli anni Duemila.

Insieme ai miei compagni, ero cresciuto con l’idea che fosse possibile cambiare il mondo, tutto e subito. Subivamo l’effetto di una sorte di frenesia: dopo i volantinaggi alle 6 di mattina davanti alle fabbriche, le proteste organizzate nella mensa degli studenti, i comitati di lotta nei quartieri popolari, pensavamo che fosse a portata di mano la realizzazione del paradiso in terra. Ritenemmo la lotta armata come mezzo necessario per accelerarne l’avvento o, comunque, verificarne la probabilità. Una sorta di “demone della verifica” ci ha spinto all’azione estrema e irreparabile.

Il fine che giustifica i mezzi a cui molti aderivano culturalmente e filosoficamente, per noi è stata linea di condotta coerente e pratica. Che fosse vero il contrario, cioè che i mezzi prefigurano i fini, per me c’è voluta l’esperienza della lotta armata e del carcere e poi, quand’ero ormai pronto, l’incontro con Marco Pannella. Voglio dire che Marco Pannella c’era già, e da una vita, su quella semplice verità; lui era pronto, non ero pronto io e come me, quelli che lui chiamava i “compagni assassini”, che lo avrebbero ri-conosciuto dieci anni dopo.

In quegli anni, i radicali erano gli unici a non considerarci dei mostri e quando Marco Pannella diceva “violenti e nonviolenti sono fratelli” capivamo il senso di quelle parole: violenti e nonviolenti avevano in comune la voglia di cambiare l’esistente, senza cedere all’indifferenza e alla rassegnazione. Noi, violenti, con la forza dell’odio; loro, nonviolenti, con la forza del dialogo e dell’amore.

Nel momento della rinuncia alla violenza come forma di lotta politica era quindi naturale – volendo mantenere il nostro impegno politico e sociale dalla parte dei più deboli e indifesi – che incontrassimo e ri-conoscessimo il partito del diritto e della nonviolenza.

I due anni di lotta armata mi avevano ampiamente dimostrato che la nostra lotta era vana rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati e che le ragioni e le speranze di quella lotta erano andate distrutte dai mezzi usati per affermarle. Avevo accettato interiormente la verità della sconfitta, ancor prima della sua evidenza storica e politica. E quindi aspettavo il momento dell’arresto come un epilogo necessario. Giunse in una bella giornata di maggio del ’78, e fu una liberazione.

Personalmente non ho mai sparato a nessuno, anche se è stato solo un caso. Sarebbe potuto accadere a me, esattamente, come è successo a molti miei compagni, con cui ho condiviso tutto, di uccidere e/o essere uccisi. In quegli anni, solo una serie di – posso dire col senno di poi – fortunate circostanze mi hanno impedito di diventare un assassino.

Sono stato condannato in base a uno dei postulati della dottrina emergenzialista dell’epoca, per cui il responsabile di un’organizzazione terroristica andava considerato responsabile dei crimini commessi nel territorio in cui operava. Agli occhi dei giudici non valeva il principio costituzionale della responsabilità penale personale ma quello ben più politico del concorso morale. E’ agli atti del processo che ero lontano da Firenze al momento del fatto, che non ero stato tra gli ideatori e gli esecutori materiali della tentata evasione dal carcere delle Murate. Ciò nonostante, ero da considerare a tutti gli effetti responsabile dell’omicidio; per l’esattezza, di essere stato a conoscenza del piano di evasione e di non aver fatto nulla per impedirla, l’evasione evidentemente, non l’omicidio, che non era certo l’obiettivo di quell’azione, ma l’esito tragico di un fatto imprevisto. Una logica perversa che in futuro non sarebbe più stata applicata.

Peraltro, durante il dibattimento in aula, avevo sorpreso i miei stessi giudici rivendicando la giustezza del principio del concorso morale come il metodo più adeguato a descrivere le mie responsabilità di dirigente di Prima Linea, le cui azioni mi sono assunto in toto, che le avessi decise o meno, eseguite o meno, sapute o meno. Senza alcun spirito di autodifesa, intendevo evidenziare la contraddizione nella quale poteva cadere - e secondo molti cadde - un tribunale che applicasse in chiave giuridica il principio della responsabilità morale, per non dire chiaramente politica.

Sono stato condannato in primo grado a trenta anni di carcere, poi ridotti in appello a venticinque, infine dimezzati con l’applicazione della legge sulla dissociazione dal terrorismo e altri benefici di legge. Sono uscito dopo aver scontato dodici anni di carcere e, nel 2000, sono stato completamente riabilitato con sentenza del Tribunale di Roma, riabilitazione richiesta dallo stesso procuratore generale e sostenuta anche da decine di lettere di vittime dei miei reati, tra cui quella che mi ha fatto più piacere del capo della Digos di Firenze.

Avevamo sciolto Prima Linea nei primi anni Ottanta e, nell’86, insieme a moltissimi miei compagni di detenzione, mi ero iscritto al Partito radicale e, dopo poche settimane, il giudice di sorveglianza mi aveva concesso il permesso di uscire dal carcere per recarmi al congresso del partito, dove mi accolsero tra gli altri Enzo Tortora e Mimmo Modugno, parlamentari e presidenti del partito stesso. Era gennaio del 1987 e, davanti ai congressisti riuniti all’Ergife, consegnai simbolicamente Prima Linea, me stesso e la mia storia violenta, al partito della nonviolenza. Non si trattò di un bagno purificatore, di una catarsi nella folla del popolo radicale. Fu un vero e proprio evento politico: l’approdo definitivo alla democrazia e alle sue regole di chi la democrazia e le sue regole le aveva così tragicamente violate. Difficilmente un altro partito avrebbe avuto il coraggio di compiere un fatto al tempo stesso così concreto e simbolico.

Nel 1993, con la mia compagna Mariateresa Di Lascia, già deputata radicale e poi autrice del romanzo “Passaggio in ombra”, Premio Strega postumo del ’95, fondammo Nessuno tocchi Caino, l’associazione radicale che in questi anni ha contribuito a 42 tra abolizioni e moratorie della pena di morte che hanno salvato la vita a migliaia di condannati in varie parti del mondo.

Ora, sono stato eletto deputato della Rosa nel Pugno al Parlamento italiano assumendo un ruolo anche di responsabilità: credo che sia questo un altro fatto politico che può essere letto, non come la vergogna che denuncia il collega Giovanardi, ma – forse, anche – come la parabola felice di una storia, che è storia di cittadinanza democratica e di accoglienza umana e civile di cui, non solo Marco Pannella, ma anche lo Stato italiano può andare fiero... se ha senso l’articolo 27 della nostra Costituzione, se hanno senso le parole lì scritte sulla rieducazione e il reinserimento sociale del condannato.

Se qualcuno, ancora oggi, dopo trenta anni, vuole cristallizzare la mia vita nell’atto criminale di allora (che non ho materialmente commesso) e non tener conto della semplice verità che l’uomo della pena può divenire un uomo diverso da quello del delitto, rischia di non cogliere il senso profondo della giustizia, del carcere e della pena descritto dalla nostra Costituzione.

In uno Stato di diritto, è bene che il luogo del giudizio sia innanzitutto quello dei tribunali e che il tempo della pena sia stabilito secondo legge e Costituzione.

Ho pagato con 12 anni di carcere il conto che lo Stato e la legge italiana mi hanno presentato per ciò che ho fatto o non fatto. Non sono il solo a ritenere di aver compiutamente e consapevolmente pagato – in quel periodo per più versi “emergenziale” - anche l’altrimenti non necessario, il “sovrapprezzo” dovuto a leggi, tribunali, procedure e regole, opzioni politiche che si imposero come necessarie, carceri e detenzione speciali. Da libero, mi è accaduto anche di scontare la pena extra-giudiziale e per me pesantissima che il tribunale della vita, il destino, mi ha voluto riservare con la morte di Mariateresa, uccisa a quaranta anni da un male improvviso e incurabile, sicché ho dovuto far fronte al mio impegno morale, civile e umano inizialmente più solo e poi, grazie a tanti anche di voi, colleghe e colleghi, a portarlo avanti fino al punto in cui siamo di una decisione - ormai prossima, credo - della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a favore di una moratoria universale delle esecuzioni capitali .

Ora, sono disposto ad accettare anche il giudizio inappellabile di quel severissimo tribunale della storia che è l’opinione pubblica. Quel che non accetto è di rimanere ostaggio perpetuo della memoria, del mio passato e di ciò che ho fatto trenta anni fa.

Signor Presidente della Camera, colleghe e colleghi deputati,grazie per la attenzione e – ne sono certo - le riflessioni che vorrete dedicare a queste mie considerazioni.

Sergio D’Elia,

Deputato della Rosa nel Pugno

 
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Commenti al Post:
soltantounuomo
soltantounuomo il 06/06/06 alle 16:27 via WEB
Ciao Giancla. Apprezzabile intervento quello del Sig. D'Elia, estremamente pacato e "per bene". Come era per bene già qualche anno fa, il "caro" Marco Barbone, che con le mani sporche di sangue era a piede libero e ho avuto la sfortuna di avere come commensale. (Mi sono allontanato da CL anche per quello). Ritengo che ci siano delitti che non si possono dimenticare. Ritengo che un conto è fare "malversazioni", rubacchiare et similia... Ma avere un segretario della Camera ex terrorista è davvero un po' troppo. Eleggetevelo pure, ma un po' di ritegno dio mio. Avrei decisamente preferito te, magari in un eccesso di bonomia ti avrei pure votato :). Ps: ti ho invitato a commentare sul mio blog già da un po' di tempo...se ti va, naturalmente.
(Rispondi)
 
 
giancla56
giancla56 il 07/06/06 alle 00:34 via WEB
caro Mauro, qui non si tratta di dimenticare o meno. si tratta della Giustizia, delle leggi, della Democrazìa. l'ex terrorista si è dissociato, ha subìto un processo, è stato condannato, ha scontato una condanna ed ora son vent'anni che fa altro. oggi, è stato eletto (perchè a norma di legge era eleggibile) alla Camera dal Popolo Sovrano. punto. su di lui credo non ci sia altro da dire. molto, invece, ci sarebbe da dire su chi, per bassa cucina politica, tenta linciaggi e strumentalizza anche il dolore di chi sostiene di difendere e rappresentare. PS: non ho capìto cosa intendi, ma ti assicuro che commenterò, quando avrò qualcosa da dire. ciao. :)
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soltantounuomo
soltantounuomo il 07/06/06 alle 16:03 via WEB
Eheh... naturalmente in spregio alle più elementari regole democratiche ho reso il blog aperto solo ai "graditi" quindi ti ho invitato (ti dovrebbe essere arrivata apposita mail) alla quale se vuoi, puoi rispondere cliccando sul link. Da allora puoi commentare. Per quanto riguarda il Sig. D'Elia, invece nulla da obbiettare sulla "legittimità" della sua elezione. Dal mio punto di vista infatti non è questione di legittimità, ma di OPPORTUNITA'. e sinceramente, mi pare che al di là delle strumentalizzazioni che possono essere state "legittimamente" fatte, i familiari delle vittime (in interviste fatte senza aver la pistola puntata alla tempia), non siano propriamente lieti della nomina. Altro è essere parlamentari infatti (cosa già discutibile, ma dopo Cicciolina e Luxuria un ex terrorista era quasi d'obbligo), altro segretari della Camera. Un po' troppo, dai... almeno per me. Cordialmente, Mauro.
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giancla56
giancla56 il 07/06/06 alle 19:08 via WEB
su D'Elia, ovviamente, non siamo d'accordo, ma inutile dilungarsi. sulla mail: no, non mi pare di averla ricevuta. ma siccome la posta di libero praticamente non la uso mai, può darsi che abbia cancellato involontariamente. anche tu, dunque, come Stefano? ma siete proprio come Cip e Ciop, voi due! che carini! :-))))
(Rispondi) (Vedi gli altri 1 commenti )
 
 
 
 
soltantounuomo
soltantounuomo il 08/06/06 alle 09:21 via WEB
No, lui è più incazzoso di me, devi riconoscerlo... :) Te la rimando, okkio a clikkare sul link ok? :)
(Rispondi)
 
Amicaaltelefono
Amicaaltelefono il 06/06/06 alle 18:07 via WEB
Begli occhi per un uomo,complimenti alla mamma!:-)
(Rispondi)
 
 
giancla56
giancla56 il 07/06/06 alle 00:36 via WEB
la mamma e il papà, di lassù o ovunque siano, ringraziano. :-)
(Rispondi)
 
 
 
Amicaaltelefono
Amicaaltelefono il 08/06/06 alle 09:39 via WEB
....:-)
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 08/06/06 alle 01:05 via WEB
eh eh eh ,notte! A
(Rispondi)
 
72rosalux72
72rosalux72 il 08/06/06 alle 23:02 via WEB
ma perchè fa così figo avere un tuo commento?!
(Rispondi)
 
 
giancla56
giancla56 il 11/06/06 alle 10:22 via WEB
fa figo avere un mio commento?!? non so, mi giunge nuova. in ogni caso, dovresti rallegrartene: il tuo è uno dei tre o quattro blog che commento, ogni tanto. buona domenica. :)
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armega
armega il 24/06/06 alle 18:34 via WEB
Bella lettera, ne condivido i contenuti e lo spirito. L'ho letta solo ora, anche se Antonella mi aveva detto che l'avevi postata, ma si sa...noi dirigenti di giada abbiamo poco tempo per le faccende terrene! :-D A mio parere D'Elia potrebbe essere un esempio da portare efficace quanto quelli dei servitori dello Stato che nella lotta armata ci hanno rimesso la pelle, a riprova che certe vittorie (per me le migliori) si ottengono senza le armi in pugno (e tu sai che io NON sono un pacifista). Un abbraccio!
(Rispondi)
 
 
giancla56
giancla56 il 24/06/06 alle 22:22 via WEB
grazie riccardo. sergio è un'ottima persona. per quello che ha fatto nei suoi vent'anni ha pagato salato e saldato il suo debito. altro non c'è da dire. ricambio l'abbraccio. :)
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