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GLICINI E ORTENSIE
E. Neri 
finta finestra su tavola 

dipinto di Elisabetta Neri

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S.Stefano a Bizzozero

Post n°34 pubblicato il 12 Maggio 2017 da ciaobettina0
 

La chiesa di Santo Stefano a Bizzozero (VA), è un piccolo gioiellino da non perdere. Sabato 13 maggio alle ore 21.00, si è svolto qui il concerto dei Solisti Ambrosiani e dell'Ensemble vocale femminile Musica Picta.

foto di Elisabetta Neri

Il varesotto, così come tutta la zona dei laghi, è ricco di testimonianze architettoniche medievali. Non si tratta di esempi fastosi e monumentali, ma di piccoli gioielli, spesso riscoperti e valorizzati di recente.
Nei grandi centri urbani la smania di dare un aspetto imponente e/o sfarzoso ai monumenti più rappresentativi ha fatto sì che dal '500 in poi pesanti ristrutturazioni abbiano compromesso la primitiva semplicità e "sincerità costruttiva" di molte costruzioni romaniche; soprattutto nel '600 e nel '700, la "barocchizzazione" degli interni ha dato vita a sovrastrutture decorative che hanno snaturato l'essenzialità di quegli organismi costruttivi considerati maggiormente significativi per la comunità.

foto di Elisabetta Neri

Fortunatamente ciò non è successo alle chiesette e ai piccoli oratori medievali sorti in luoghi isolati; di contro, però, questi sono frequentemente stati utilizzati come deposito degli attrezzi per i lavori agricoli o stalle, oppure preziosi affreschi sono stati ricoperti di uno strato d'intonaco. 
Solo di recente, all'incirca dagli anni '70, ci si è mobilitati per il recupero di antichi gioielli della nostra zona; nella chiesa di Santo Stefano a Bizzozero (VA), di fronte all'attuale ingresso, una pietra del pavimento ricorda la data dell'intervento di ristrutturazione che ha salvato la chiesina: "RESTAURO 1975".

foto di Elisabetta Neri

Anche la chiesa di Santa Maria, del complesso di Torba, sitrovava in stato di grave degrado prima dell'intervento del FAI del 1977; sulla parete sud era stato addirittura aperto un grosso arco per il passaggio dei carri agricoli, che ne comprometteva la stabilità.

foto di Elisabetta Neri

Le piccole chiese romaniche della nostra zona sono molto semplici: a pianta rettangolare, sono spesso costruite con rotondeggianti pietre fluviali disposte in maniera piuttosto irregolare o a lisca di pesce (immagine in basso).

foto di Elisabetta Neri
A parte qualche rara lastra scolpita, l'esterno è estremamente sobrio, l'unico elemento decorativo è spesso costituito da file di archetti pensili. I muri sono possenti, e le aperture strette e fortemente strombate. La chiesa romanica poteva infatti divenire un rifugio, e quindi le sue finestre sono strette quasi come feritoie; inoltre la penombra all'interno favoriva il raccoglimento e la preghiera.

foto di Elisabetta Neri

Ma ciò che stupisce davvero, in queste semplici e modeste costruzioni, è l'interno: spesso infatti è mirabilmente affrescato; l'organismo della chiesa diveniva quindi quasi un simbolo:  lo splendore all'interno in contrasto con la sobrietà dell'esterno rappresentava l'anima ricca di chi sapeva vivere con semplicità

foto di Elisabetta Neri

In Santo Stefano, in particolare, i dipinti affascinano per la diversità di stili e per la varietà delle epoche in cui sono sti realizzati.
Entrando sulla sinistra, (parete settentrionale) c'è una sovrapposizione di affreschi di  periodi differenti: subito si nota un Cristo in mandorla, iconografia tipicamente medievale; di seguito, a questo dipinto sembra sovrapporsi una fascia decorata con tre madonne in trono; infine, proseguedo verso il presbiterio, sono visibili lacerti di un affresco risalente ad epoche ben più remote.
La mandorla è un simbolo moto antico che racchiude diversi significati:

  • ricorda la forma di un pesce, simbolo già presente nelle catacombe perchè la parola pesce, in greco (ichthys) era composta dalle iniziali della frase: "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore"
  • La forma del seme era simbolo di vita
  • è una figura generata dall'intersezione di due cerchi, perciò la parte comune alle due figure rappresentava l'unione tra il mondo materiale e quello spirituale. 

 

foto di Elisabetta Neri

L'immagine del Pantocratore, è qui rappresentata in modo rigidamente frontale, secondo gli schemi bizantini; proseguendo invece più avanti lungo la stessa parete, la Madonna in Trono mostra una modalità di rappresentazione completamente diversa e più "moderna".

foto di Elisabetta Neri

essa infatti, pur sfoggiando un'attenzione al dettaglio e alla preziosità del tessuto tipicamente tardo-gotica, è ruotata leggermente di tre quarti e mostra una monumentalità che a me non sembra esente da influenze masaccesche; la posa del bambino, inoltre, ricorda molto quella della Maestà di Masaccio.
Quattrocentesche sembrano essere anche le altre due madonne in trono.

foto di Elisabetta Neri

Proseguendo lungo la parete settentrionale, la questione della datazione degli affreschi si fa decisamente più intrigante e misteriosa: il frammento di decorazione mostra due figure in abiti ecclesiastici bordati con fasce recanti come motivo decorativo croci potenziate, motivo diffusosi dalla fine dell'XI secolo, ma dalle origini ben più antiche. Per quanto riguarda lo stile, le due figure sono rappresentate una accanto all'altra (non si sovrappongono, quindi non c'è l'intenzione di suggerire profondità), con contorni ben marcati e campiture di colore uniforme, in posa rigidamente frontale secondo schemi tipicamente bizantini.
Tali affreschi sono stati fatti risalire ad un'epoca compresa tra il XII e il XIII secolo, ma a me ricordano fortemente opere realizzate in epoche precedenti; trovo infatti una somiglianza di stile con la decorazione interna della torre di Torba, risalente alla fine del VIII secolo.

foto di Elisabetta Neri

Al termine del concerto del 13 maggio ci è stata data la possibilità di sollevare il telo che ricopriva l'altare e... sorpresa! Il pesante panno occultava due raffigurazioni realizzate in un'epoca compresa tra il X e il XII secolo. Il personaggio della foto è probabilmente Santo Stefano, ed è affrescato sulla facciata collocata a destra dell'altare guardando il presbiterio dalla navata. Rispetto ai due affreschi precedentemente descritti, qui c'è una maggiore ricerca di realismo, soprattutto nei chiaroscuri del panneggio.

foto di Elisabetta Neri

Gli affreschi del catino absidale sono invece cinquecenteschi; la foto in alto riproduce quello che si trova al centro, raffigurante Dio Padre attorniato dai cherubini; gli altri spicchi della volta racchiudono invece figure che rappresentano i padri della chiesa.

foto di Elisabetta Neri

La parete absidale si presenta come un grande polittico, che però mostra, contrariamente allo sfondo oro tipicamente medievale, una struttura tridimensionale, ritmata da una serie di archi a tutto sesto. La capacità di padroneggiare la prospettiva è qui orgogliosamente sfoggiata dall'autore del dipinto, che rappresenta un pavimento a scacchiera matematicamente "misurabile", pienamente in linea con il nuovo linguaggio rinascimentale.

foto di Elisabetta Neri

Sulla parete meridionale della chiesina è raffigurata una trececentesca Madonna del latte. Tale iconografia, diffusa nel medioevo e nel primo rinascimento, cessò di essere utilizzata in seguito al Concilio di Trento, che la ritenne sconveniente.

foto di Elisabetta Neri

Icona molto venerata, la Madonna del latte alla fine del Quattrocento venne "incorniciata" da un ciborio affrescato da Galdino da Varese.

foto di Elisabetta Neri

Sulla volta della struttura compaiono i simboli dei 4 evangelisti; all'esterno, angeli musicanti e un'annuciazione. L'intradosso degli archi sembra invece una sfilata di moda di fine Quattrocento: le sibille e i profeti rappresentati sfoggiano infatti una grande varietà di abiti e di acconciature dell'epoca.

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PER VISUALIZZARE ALTRE FOTO DI SANTO STEFANO A BIZZOZERO - VARESE

alcune informazioni sulla datazione degli affreschi e sull'identificazione dei personaggi sono tratte dal testo: L'itinerario della fede, sacralità e arte in Santo Stefano , di Giuseppe Terziroli

 
 
 
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