Bianca Lancia

Sono stata Imperatrice, ho vissuto e sofferto e voglio raccontarvelo, perchè il mio sacrificio non sia dimenticato.Un giorno vi dirò chi sono e dove sono sepolta...

 

AREA PERSONALE

 

I LANZA ERANO I LANCIA?

Dante rievocando la figura di re Manfredi nel canto III del Purgatorio (vv.103 e 55), disse di lui : "Giovane era e bello e di gentile aspetto".
Costanza figlia di re Manfredi e di Beatrice di Savoia, aveva sposato nel 1249 a Montpellier Pietro III d'Aragogna, inserendo i Lancia di Agliano in una stirpe regale che arrivò fino agli Asburgo. Quasi tutti i Lancia in Sicilia tramutarono il cognome in Lanza, di cui sopravvivono alcuni rami. Cito solo il principe Gioacchino Lanza Tomasi (acquisì il secondo cognome dal padre adottivo, principe Tomasi di Lampedusa, autore del Gattopardo), con cui fui in corrispondenza prima del Convegno Internazionale tenutosi nell'aprile 1990 al Asti e ad Agliano sul tema "Bianca Lancia fra il Piemonte e il Regno di Sicilia (Atti, ediz. Dell'Orso p.242) e che attualmente è appezzatissimo soprintendente del Teatro S. Carlo di Napoli.

 

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MEDIOVEVO NORMANNO

 

LA CHIESA MADRE: È QUI LA TOMBA DI BIANCA?

La Chiesa Madre
Il Normanno Riccardo Siniscalco, dopo aver costruito il castello (1087) fondò, in sostituzione dell'antichissima Chiesa di S. Marco, la Chiesa palatina di S.Pietro (1150), che successivamente prese il nome di Madonna della Neve.
Questa Chiesa andò distrutta nel 1764, a seguito di un incendio sviluppatosi nel coro ad opera di un vandalo a capo di una sommossa popolare. Nello stesso anno, come si legge nell'epigrafe della fondazione Chiesa Matrice, posta sulla facciata, venne ricostruita, sotto la direzione dell'architetto Pasquale Margolfo, e dedicata alla natività della Beata Vergine.
Il prospetto ed il campanile furono completati, come si legge sul frontone della Chiesa, nel 1893 a spese di Pasquale Montanaro. Sul lato nord di questa, fu eretta nel 1768 la cappella del SS. Sacramento nella quale prese sede la confraternita del Purgatorio. Nel 1845, con il passaggio della Confraternita alla Chiesa di S. Francesco, fu annessa alla Chiesa Matrice sotto il nome di Cappellone del Santissimo e dedicata successivamente a Maria Bambina.
Nel febbraio del 1942, a seguito di dissesti statici verificatisi nella zona di congiunzione fra la parte già edificata e quella eseguita nel 1893, crollò il campanile unitamente alla sagrestia ed al cappellone di S. Filippo Neri. La ricostruzione delle predette opere venne portata a termine nel 1971 grazie all'infaticabile dinamismo ed al grande impegno dell'Arciprete Don Francesco di Maggio.

qualche curiosità...

sembra che durante i vari restauri,qualcuno abbia fatto ruotare il grande mosaico in marmo presente dinnanzi all'altare maggiore. Questo è composto da due triangoli, uno bianco a rafffigurare Dio, l'altro nero. Sembra che inizialmente il triangolo bianco fosse rivolto giustamente verso l'altare, e il nero verso l'entrata, ma successivamente l'ordine è stato capovolto...e strani fatti accaddero...

Il primo arciprete di cui si ha notizia, fu don Cataldo, nel 1196.

In occasione del terribile terremoto del 1732, i gioiesi invocarono la protezione di S. Filippo Neri, la città non subì alcun danno.

Nel 1764 la chiesa fu attentata in seguito ad una sommossa organizzata da Giannantonio Monte; si salvarono : un antico sarcofago( è il nostro?) poi adibito a lavabo, due leoni a mezzo rilievo che si possono ammirare ai lati della porta d’ingresso, ed un “Ecce Homo” del XV secolo, opera di Giovanni De Rocha, oggi murato alla sinistra del terzo altare di destra entrando in chiesa. L’opera di ricostruzione fu affidata all’architetto Pasquale Margolfo.

Nella notte fra il 16 ed il 17 dicembre del 1857, la chiesa subì ingenti danni in seguito ad un terribile terremoto.

Il 23 febbraio del 1942 crollarono il campanile la sottostante cappella di S. Filippo Neri e la sacrestia, seppellendo sotto le macerie il canonico vice parroco don Giovanni Prisciantelli.

Questa chiesa non trova pace...e se si ricapovolgesse il triangolo, portandolo al giusto simbolismo iniziale?

 

 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 17 Settembre 2008 da Psrincipessa_Bianca

Giovedì 18 settembre 2008, alle ore 10, presso l'aula consiliare del
comune di Mazara del Vallo, si tiene il convegno internazionale di studi sulla figura-simbolo della cultura siciliana del secolo XIX, quella di Michele Amari: il grande storico palermitano, il politico, ma soprattutto l'insigne arabista autore di
una monumentale Storia dei Musulmani di Sicilia, testo magistrale per intere generazioni di studiosi italiani e stranieri, di recente tradotto anche in arabo.

L'incontro è coordinato da Alessandro Musco " presidente dell'Officina di Studi Medievali di Palermo" e sono previsti gli interventi di:
Antonino Giuffrida (Università di Palermo), Michele Amari: l'uomo, il politico e lo studioso; Amelia Crisantino (dott. di ricerca in Storia moderna presso l'Università di Palermo e firma dell'inserto palermitano de La Repubblica), Michele Amari, storico
della Sicilia:

inediti e nuove ricerche; Ferdinando Maurici (Dirigente regionale
BB.CC. e docente a contratto presso l'Università di Bologna), Michele Amari, fonte per
la 'conoscenza' della Sicilia e del suo territorio; Anneliese Nef (Università Paris-Sorbonne), Michele Amari e la storia dei musulmani di Sicilia: una 'storia inventata'.

Il convegno chiude un progetto territoriale integrato " denominato PIT
Alcesti " che riguarda nove comuni del Val di Mazara (Alcamo, Calatafimi-Segesta, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna,
Poggioreale,

Salaparuta e Santa Ninfa) e che, dal 22 giugno al 22 agosto, ha avuto
un suo punto fermo nella mostra cartografica intitolata In Viaggio con al Idrisi nel Val di Mazara.

Il percorso espositivo, ospitato nei suddetti nove comuni e
organizzato con la consulenza scientifica dell'Officina di Studi Medievali di Palermo, è accentrato sulla figura di al Idrisi: uno dei massimi geografi del mondo arabo, venuto
nel XII secolo in Sicilia per volere del grande re normanno Ruggero II con lo scopo di rappresentare cartograficamente l'Isola e di descriverla fin nei minimi dettagli.

Durante il convegno di giovedì 18 settembre, il prof. Antonino
Giuffrida e la dott.ssa Amelia Crisantino presenteranno un importante inedito " di imminente pubblicazione " di Michele Amari: la Storia della Sicilia, un lavoro che lo studioso siciliano, ancora giovane, intraprende con dedizione e passione e che poi per interrompe, su consiglio di un intellettuale suo amico, per iniziare un'opera ben più avvincente e innovativa, un'opera che avrebbe dovuto rivoluzionare l'intero panorama della storiografia di quel tempo. Tale è stata appunto la Storia dei
Musulmani di Sicilia.

A Mazara del Vallo, questi retroscena vengono svelati al pubblico.

La Segreteria

 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 08 Agosto 2008 da Psrincipessa_Bianca

Lancia: ritratto di famiglia

di Ornella Mariani

 

Discendenti dei Marchesi del Vasto, del ramo piemontese degli Aleramidi, prima che politicamente, i Lancia erano stati resi celebri da uno dei suoi capostipiti, che aveva mutuato il cognome dall’ attività di lanciere dell’Imperatore Federico I Barbarossa: il trovatore Manfredi di Busca, protagonista di una disputa letteraria con Peire Vidal  fra il 1181 ed il 1190.

Più oltre, Manfredi II, nato  fra  il 1185  ed  il 1195, ghibellino acceso per tradizione familiare ed amico personale di Federico II di Hohenstaufen, si batté con tale straordinario ardimento per la causa imperiale, da meritare il premio della Podesteria cittadina ed il rango di Dilecuts Affinis, fino a diventare Vicario Generale dell'Impero per l'Italia, verso il 1240, e poi Capitano Imperiale di Asti e Pavia.

Alla sua morte, il suo erede Galvano fu nominato Vicario di Toscana e, nel 1256, ricevette il titolo di Gran Maresciallo di Sicilia. Partigiano del Re Manfredi di Sicilia, dopo la drammatica battaglia di Benevento del ventisei  febbraio del 1266, rifugiatosi in Calabria assieme al germano Federico, vi organizzò e capeggiò la resistenza armata contro Charles d'Anjou. In seguito, si schierò con il quindicenne Corradino ma, preso prigioniero dai Francesi a Tagliacozzo, fu decapitato assieme al figlio Galeotto.

A conclusione di quello stesso scontro celebrato dal Guerrazzi, fu arrestato e decollato anche il più giovane dei nipoti di Galvano Lancia: il valoroso Giordano d'Agliano che, già Vicario Generale dell' Impero nell'Italia centrale, aveva combattuto in prima linea nel 1260 a Montaperti, rifulgendo d’eroismo accanto alla leggendaria figura di Manente degli Uberti, detto Farinata.

I Lancia si estinsero con Corrado che, ritiratosi presso la Corte aragonese, aveva brillato nella Guerra del Vespro, come ammiraglio di Pietro III. Per circa due secoli essi avevano servito lealmente la causa degli Hohenstaufen, fino a dividerne l'infausto destino politico ed umano, anche per la saldatura familiare determinata dalla relazione fra  Federico II e la bellissima Bianca, nipote di Manfredi II e figlia di Bonifazio d'Agliano.

Cresciuta ed educata a Brolo, uno dei più suggestivi siti castellari della provincia di Messina, nel 1232 ella aveva conosciuto l'Imperatore a Lagopesole ove, viaggiando con lo zio Marchese del Vasto, fece sosta per alcuni giorni.

Aveva sedici anni, quando infiammò il cuore dell’uomo più potente del Medio Evo.

Dalla più discussa e romantica relazione della storia federiciana, nacquero certamente Costanza e Manfredi e, a parere di molti storici, anche Violante. Tuttavia, le notizie riferite alla Dama Bianca sono confuse e scarsamente documentate.

Pur investita del feudo dell'ex fortilizio bizantino di Monte Sant'Angelo: l’Honor Montis S.Angeli, comprensivo delle città di Vieste e Siponto e in dotazione a tutte le Regine di Sicilia per volontà di Re Guglielmo II, ella visse nel palazzo di Gioia del Colle.

In questo edificio, che Federico volle ricostruito su un preesistente fortilizio bizantino, abbellito e dotato di imponenti mura rivestite di grosse bugne rosse, la si vuole prigioniera della sua accecata gelosia. La malinconica leggenda racconta la sofferenza della Imperatrice della Torre che, in una disperata prova d’amore, a testimonianza della sua fedeltà, dopo aver partorito Manfredi, si amputò i seni e glieli inviò in un vassoio d’argento, assieme al neonato.

La Chronica di Salimbene de Adam accennò ad un matrimonio segreto ed il cronista Parisiensis riferì che, verso il 1246, simulandosi gravemente malata, Bianca supplicasse il Sovrano di sposarla in articulo mortis, per la salvezza dell’anima e per il futuro dei figli. (Mon. Germ. Hist. Scriptores XXVIII)

Mancano, tuttavia, elementi obiettivi di riscontro.

E' certo, però, che l’Imperatore, già vedovo di Isabella d'Inghilterra, aveva maturato le condizioni per sposare la nobildonna dalla quale aveva già avuto almeno due figli. 

E' certo anche che egli rivolse le sue attenzioni per una terza unione a Gertrude, nipote del Duca Enrico II d'Austria e Stiria.

La circostanza sembra consegnare la Lancia più ad un destino di favorita che non di legittima compagna, poiché egli si avvalse dei contratti matrimoniali come strumento di consolidamento del potere politico.

Bianca non era così potente da giustificare nozze politico/diplomatiche, o non era così tanto amata quanto la storia assume?

Quel legame, in ogni caso, si risolse in un vantaggio per lo Staufen, quanto per la ricca famiglia di terrieri: se da una parte fu sufficiente, pur senza l'avallo del formale contratto, a garantire all’ Imperatore il consenso su un territorio potenzialmente minacciato dal progressivo sviluppo delle autonomie comunali, dall’altra appagò la vanità, le ambizioni e la intraprendenza di quella Aristocrazia rurale di grande spessore sociale, culturale e politico.

Sulla vicenda sentimentale altri dubbi furono accesi in occasione della morte di Federico: fu solo per un rigurgito di orgoglio dinastico che Manfredi, prima di imbarcarne la salma alla volta di Palermo, impose al corteo funebre, scortato dal corpo scelto saraceno dei Giannizzeri, di deviare per Gioia del Colle?

O fu un omaggio ed un congedo  definitivo, da esprimersi in una sintesi nuziale, almeno postuma?

In definitiva, a parte le versioni romanzate di quell’unione, contrariamente alla matura Costanza d'Aragona; alla non avvenente Isabella Jolanda di Brienne; alla splendida Isabella d'Inghilterra, la Lancia fu consegnata alla storia solo come madre del biondo, bello e di gentile aspetto Re di Sicilia, malgrado sulla sua figura insista il fascino coinvolgente di un grande amore.

Bibliografia:

E. Horst, Federico II di Svevia
Atti del convegno Asti-Agliano 28/9 aprile 1990: Bianca Lancia d’Agliano. Fra il Piemonte ed il Regno di Sicilia

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 07 Agosto 2008 da Psrincipessa_Bianca

Bianca Lancia D'Agliano (1210-1246) è stata una principessa italiana,secondo alcune cronache fu l'ultima moglie di Federico II detto Stupor Mundi e madre di Manfredi di Sicilia.

 

 

Bianca apparteneva alla nobile famiglia aleramica dei Lancia (o Lanza), così chiamati poiché un antenato di nome Manfredi fu lancifero dell'imperatore Federico il Barbarossa. Bianca era figlia o figliastra di Bonifacio I d'Agliano , conte di Agliano, della famiglia dei conti di Loreto,conte di Mineo, signore di Paternò e marchese di Buscavisse.

 

 

A partire dal 1225 mantenne una relazione clandestina con Federico II, che conobbe durante il matrimonio di lui con Jolanda di Brienne. Dalla loro relazione nacquero:

 

 

Costanza di Staufen (1230- 1307);

 

Manfredi di Sicilia (o di Staufen) (1232 - 1266);

 

Violante di Svevia (1233 - 1264) moglie di Riccardo Gaetani (o Caetani) conte di Caserta.

 

Secondo alcuni storiografi Bianca fu l'unico vero amore di Federico, anche se per altri anche questa è una leggenda e probabilmente, invece della relazione d'amore tanto decantata, l'unione fu un vero e proprio matrimonio di interessi politico-economici.

 

 

Alla morte dell'imperatrice Isabella d'Inghilterra nel 1241, Bianca fu investita del feudo dell'ex fortilizio bizantino di Monte Sant'Angelo, l’Honor Montis S.Angeli, comprensivo delle città di Vieste e Siponto e in dotazione a tutte le regine di Sicilia per volontà di re Guglielmo II di Sicilia. In questo edificio una leggenda la vuole prigioniera della gelosia dell'imperatore. La Cronaca di Salimbene de Adam (Chronica Fratris Salimbene de Adam, Ordinis Minorem, MGH SS XXXII, p.349) accenna ad un matrimonio segreto con Federico II ed il cronista Matteo Paris riferisce che, attorno al 1246, simulandosi gravemente malata, Bianca supplicò il sovrano di sposarla in articulo mortis, per la salvezza dell’anima e per il futuro dei figli. (Mon. Germ. Hist. Scriptores XXVIII). A questa unione Federico avrebbe acconsentito e per questo fu anche descritta come «moglie di Federico II in articulo mortis».

 

 

Di sicuro Bianca visse fra le mura del castello dei Lancia a Brolo, e molto probabilmente sia nel Castello di Paternò che nel castello di Gioia del Colle.

 

 

 

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: Psrincipessa_Bianca
Data di creazione: 07/08/2008
 

OI LASSO, NON PENSAI

Oi lasso, non pensai si forte mi paresse
lo dipartire da madonna mia
da poi ch’io m’aloncai, ben paria ch’io morisse,
membrando di sua dolze compagnia;
e giammai tanta pena non durai
se non quando a la nave adimorai,
ed or mi credo morire ciertamente
se da lei no ritorno prestamente.
Canzonetta gioiosa, va a la fior di Soria,
a quella c’à in pregione lo mio core:
Dì a la più amorosa,
ca per sua cortesia
si rimembri de lo suo servidore,
quelli che per suo amore va penando
mentre non faccia tutto l suo comando;
e pregalami per la sua bontade
ch’ella mi degia tener lealtate.


 
Il Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle, come tutti i castelli custodisce dei segreti...e come tutti i castelli nasconde una storia che non è riuscita a oltrepassare le sue mura...partiamo dai dati tecnici, che possono farci capire qualcosa in più...il castello è il risultato di almeno tre interventi costruttivi: uno risalente al periodo bizantino, un altro a quello normanno e l'ultimo a quello svevo.

Inizialmente era costituito  da un recinto fortificato in conci lapidei ed era un castello rifugio, cioè un luogo in cui la popolazione locale trovava riparo contro le scorrerie di popolazioni nemiche.

Questo primo nucleo fu ingrandito nel XII secolo dal normanno Riccardo Siniscalco, che lo trasformò in una residenza nobiliare.

La sistemazione definitiva del castello si deve a Federico II di Svevia intorno al 1230, epoca in cui si presenta con un cortile quadrangolare, saloni e stanze che si affacciano su di esso, ed è delimitato da quattro torri angolari.

Con tale struttura il castello di Gioia si inseriva in quel sistema di castelli fortificati che, partendo da Lucera e giungendo fino ad Enna, rispondeva al disegno di Federico II, di controllo e difesa militare delle terre più importanti del suo regno in Italia Meridionale.

La leggenda vuole che nel castello di Gioia nacque Manfredi, da Federico II e Bianca Lancia.

Fu proprietà dei Principi di Taranto fino al 400, dei Conti di Conversano fino al 600 e dei Principi di Acquaviva fino agli inizi dell' 800.

Nel 600 venne trasformato da costruzione militare in dimora residenziale ed adattato alle nuove esigenze abitative, con apertura di monofore, bifore e trifore sia nel cortile interno che sulle cortine esterne, mantenedo intatto il suo impianto strutturale.

Torre De’ RossiNel 1884 fu acquistato dal canonico Daniele Eramo e, in seguito a numerose trasformazioni, fu adibito come sede di abitazioni e di depositi. 

Agli inizi del 900 fu acquistato dal  Marchese di Noci, Orazio De Luca Resta,che successivamente ne propose la donazione al Comune di Gioia del Colle. 

Sempre agli inizi del 900 ha subito un pesante restauro da parte dell'architetto Angelo Pantaleo, che, da un lato cercò di recuperare l'aspetto originario, dall'altro operò  delle ricostruzioni arbitrarie, che interessarono particolarmente la scalinata, le trifore e il trono. 

Il 1955 il Ministero della P. I.  acquistò il castello, che era molto malridotto, il quale divenne  proprietà dello Stato, che lo dichiarò Monumento Nazionale.

 

Alla fine degli anni 60 l'ingegnere Raffaele  De Vita ha operato un restauro conservativo con una ripulitura delle pareti esterne ed interne, contribuendo a rendere vivibile il castello, sia come monumento da visitare  che come luogo fruibile  per attività culturali e sociali a favore della cittadinanza.

Il castello di Gioia  oltre ad essere uno migliori dal punto di vista della  conservazione,  tra quelli presenti in Puglia,  è anche uno tra i più caratteristici dal punto di vista architettonico. 

Torre dell’ImperatriceInfatti   presenta una varietà di motivi artistici che vanno dall'influsso arabo, probabilmente frutto dell'esperienza crociata di Federico II, all'utilizzo della pietra calcarea locale, del bugnato, del tufo carparo locale.Tutto ciò crea crea un apprezzabile e piacevole contrasto ed una vivacità unica nell'insieme. 

Delle quattro torri angolari originarie, di cui si parla nell'apprezzo della Terra di Gioia sia dell'architetto e tabulario Honofrio Tangho del 1640 che di Gennaro Pinto del 1653, oggi possiamo ammirarne solo due: quella De' Rossi  e quella dell'Imperatrice.

Nel cortile è visibile una scritta erosa dal tempo, dice qualcosa come "qui non si fa credito", questo ci fa pensare alla presenza di botteghe nell'atrio del castello, e quindi all'uso che se ne faceva, ponendolo al centro della vita cittadina.

Alle spalle del castello, verso la chiesa Madre, in via Boscia, ma visibile solo dal giardino interno a palazzo Boscia, al secondo piano, scorgiamo una croce. Questa è solo uno dei simboli che ci fanno pensare alla presenza di un ospedale, cappella al secondo piano ci risulta difficile pensarlo, per cui ci resta solo l'ipotesi dell'ospedale. Altri segni, all'interno delle stanze, ci riportano ad un possibile passaggio dei templari. Di certo durante le crociate, fu dato il permesso di renderlo zona di passaggio. Templari? O Cavalieri di San Giovanni, detti  ospitalieri e oggi di Malta? Fatto sta che nella stradine lì intorno si presenta un dipinto che ci ricorda la Maddalena...e si parla di una chiesa a lei dedicata...ma i misteri di Gioia non finiscono qui...

 

Leggende 

Alcune leggende aleggiano su questa tormentata storia d'amore.

 

A Mazzarino, si narra che il fantasma di Federico incomba ancora sul Castello di Grassuliato dove l'imperatore svevo e Bianca furono amanti .

Padre Bonaventura da Lama e lo storico Pantaleo narrarono che Federico II fosse così geloso della donna da rinchiuderla, durante la gravidanza di Manfredi, in una torre del castello di Gioia del Colle. La donna, dopo il parto, si sarebbe uccisa tagliandosi i seni e mandandoli insieme al neonato all'imperatore .

 

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CORTEO FUNEBRE

 

L'ultima sosta di Federico II

Quella sera del 28 Dicembre 1250 centinaia di fiaccole illuminavano il castello e facevano luccicare le armature dei cavalieri saraceni allineati lungo il percorso che dal portale d'ingresso portava alla sala del trono.

Spesso si era ripetuta questa scenografia. Federico II amava molto Il castello di Gioia ereditato dai suoi avi normanni. Era qui che si era fermato la prima volta nel Novembre del 1222 per "trattare" il suo matrimonio con Jolanda di Brienne e qui era solito sostare durante gli spostamenti tra la terra di Capitanata e la Terra d'Otranto.

Gli abitanti di Gioia gli avevano sempre manifestato piena fedeltà e lui volle dimostrare loro la sua gratitudine facendo ampliare il castello per farne la sua dimora di riposo e svago. Riuscì a concretizzare questa sua idea nel 1230.

Quela sera del 28 Dicembre 1250 Federico II tornava nel castello di Gioia per l'ultima sosta nel suo viaggio verso Palermo per riposare in eterno nel sarcofago già pronto nel Duomo, accento alla prima moglie Costanza.

Il corteo funebre deviò per Gioia del Colle, per ordine di re Manfredi, che volle ricongiungere l'anima di suo padre e quella di sua madre Bianca Lancia, sepolta a Gioia. Il corteo funebre eseguì un rito particolare: girò per tre volte intorno al castello e dopo una sosta, riprese il suo viaggio verso il porto di Brindisi, dal quale una volta imbarcato, sarebbe partito per Palermo. Manfredi era nato a Gioia, ed era molto legato a questo castello. Qui era morta sua madre Bianca Lancia. Qui volle riportare suo padre ormai morto, e morto improvvisamente.

In punto di morte Federico parlò di Bianca a suo figlio Manfredi, dichiarò tutto il suo perenne amore, prima di spirare.

Una vecchia profezia gli aveva detto che sarebbe morto per colpa di un fiore, per questo motivo si era mantenuto lontano da Firenze, temendo di dover morire lì...

Il rito, suggerito e immaginato da chi non sappiamo, voleva con i tre giri ricongiungere l'anima di Federico II e quella di Bianca Lancia. Ma forse riannodare la storia tormentata di un figlio nato illegittimo, seppur dopo riconosciuto dal matrimonio dei genitori.

C'è una nota curiosa che vi voglio raccontare. Ogni anno c'è un rito che si chiama "passata al monte", si tratta di un rito antico che si effettua a Gioia la domenica dopo Pasqua. Si portano i bambini, un tempo serviva a preservare dall'ernia, e a creare il "comparizio". Ossia l'uomo che guidava il bambino in questi tre giri, che tra un pò vi dirò dove vengono fatti, diventa come un padre per il piccolo. Oggi questa cosa ci può sembrare superflua, ma immaginate in altri tempi quanto poteva essere utile avere un padre in più, ossia il "compare".
Ora vi dico dove si fanno i tre giri...

Una leggenda vuole che il castello sia collegato ad un monte, e precisamente a Monte Sannace (anche se in realtà trattasi di Monte Rotondo), da un tunnel sotteraneo. Il tunnel dal castello sbucherebbe nella chiesa di Monte Sannace. Io sono scesa sotto la chiesa e un tunnel c'è, anche se la vicina cava ha fatto crollare tutto...
Allora vi chiedo: come vedete questa strana tradizione dove con tre giri si ricongiungono le persone? Un caso? Una trasposizione storica di un avvenimento? Il popolo assistè e imitò pensando ad un rito magico? O quella chiesa c'entra con la tomaba di Bianca? Anche se la chiesa è postuma alla sua morte, cosa ci impedisce di pensare che ci fosse una costruzione precedente?

Bernardino da Siena  fece pubblica condanna di questo rito in una delle sue prediche sull'idolatria. Ma se trattasi di un rito cattolico e di origini cattoliche ...perchè?!

La passata non era perè un rito solo gioiese...ma questa è un'altra storia...

 
 

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