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Silence and I

Post n°94 pubblicato il 31 Ottobre 2013 da bb034rl
 

Viviamo in mezzo al rumore, dalla mattina alla sera. Il traffico, gli stadi, le discoteche e decine di altre situazioni nelle quali il silenzio è solo un incubo da scacciare tramite il rumore stesso. Ma non per tutti.

Il silenzio è la mia casa. E' solo nel silenzio che posso pensare. E pormi domande. Domande su domande. Ed è solo nel silenzio che posso assaporare tutta la vita che ogni giorno questo mondo mi dona e sentirne la gioia dentro di me. Spesso la vita è silenziosa, come il volo di un'aquila. L'aquila vola. Lo fa in silenzio, ma questo silenzio non le impedisce di volare, di vivere, di esserci.

Nel silenzio, camminando e guardandomi intorno, mi chiedo se mi identifico col mio paese natio e mi rispondo di si. Ma arriva la nuova domanda. Nel mio paese la natura è rispettata, lasciata crescere da sola. Mi identificherei ancora col mio paese natio se la natura invece fosse violentata, irreggimentata, pianificata in base ai voleri di qualche burocrate o di qualche politico? La risposta è no. Quindi, nel silenzio, apprezzo la natura che è parte di me come io sono parte di lei. E capisco che non posso identificarmi sotto una bandiera, ma solo sotto una cultura. E nemmeno sotto, ma al suo fianco. La cultura nella quale mi posso identificare non può, anzi, non deve, essere al di sopra di me. Deve essere mia compagna di viaggio, non la mia padrona. Con lei devo potermi confrontare, dialogare, non posso accettarla supinamente ed acriticamente. Cosa potrebbe insegnarmi la cultura che mi imponesse i suoi diktat? Nulla. Ma io questo mondo lo voglio esplorare, respirare, vivere. E per farlo devo essere libero di essere me stesso. 

E camminando e parlando con me stesso, mi rendo conto che nemmeno nell'ambito politico (come in quello religioso) posso identificarmi con qualcuno. I partiti pretendono di dirmi quale è la verità, quale è il modo di vivere. Pretendono di indicarmi la via che dovrei seguire per essere giusto. Ma posso essere giusto ai miei occhi, se seguo la strada indicatami da altri? Perché pretendono che segua la loro strada, se il mio io mi dice che arrivati a quel bivio voglio svoltare dall'altra parte? Arrivato al bivio, svolterò. E se i partiti (o le religioni) mi diranno che non sono più nel giusto, mi risponderò che è un loro problema, non mio. Nella mia vita cerco di rispettare gli altri, di considerarli esseri viventi come me, né più né meno. Uguali a me, coi loro sogni, le loro aspirazioni, la loro voglia di vivere. E quindi spero a mia volta di essere rispettato, anche nelle scelte che possono differire da quelle che mi vengono proposte. Perché? Perché sono io. Io non sono quella bandiera, non sono quel partito, non sono quella religione, non sono quella squadra di calcio. Sono io. Partiti, religioni, squadre di calcio, bandiere ... possono essere miei compagni di viaggio, ma mai i miei padroni.

Queste cose le posso vedere, sentire, ascoltare, perché sono dentro di me. Come potrei farlo in mezzo al rumore? Come potrei ascoltare il volo dell'aquila nel trambusto del mondo "civile"?

Qualcuno forse, conoscendomi,mi chiederebbe perché dovrei ascoltare il volo dell'aquila: Beh, primo, non devo, voglio. In secondo luogo, è la vita che mi fa desiderare queste cose. La vita è intorno a noi, dentro di noi, nel cielo, nel mare, ovunque. E la nostra vita è una ricerca, la ricerca del senso della stessa, o della verità, o forse, semplicemente, la ricerca di sé stessi. E questa ricerca è come lo scalare una montagna. Quando lo fai, devi poterti concentrare, ogni appiglio è una nuova scoperta, ogni metro percorso verso la cima è un pezzo di vita che respiri. La vita è una scelta. O cercare di salire, rischiando di rimanere soli, o restare in basso, ma sentire le tue ali immaginarie che vogliono conquistare quel cielo che gli spetta di diritto.

Forse è per questo che il mondo che realizziamo per noi stessi è così rumoroso. Serve a tenerci in basso, ad impedirci di spiccare il volo. Ma io non me la sento di rimanere nel fango. Vi sono troppe persone che cercano di tirartici dentro, perché non hanno la forza, o la volontà od entrambe, per cercare di uscirne.

Chissà, forse molte di quelle persone si aspettavano il famoso "cambio dimensionale", la venuta degli ET a salvare l'umanità, il nuovo Maestro Spirituale che gli risolvesse tutti i problemi. Aspettavano ed aspettano ancora. Ed aspetteranno. Se si vuole arrivare in cima, bisogna cominciare a camminare. E bisogna farlo con le proprie gambe. Nessuno può essere libero all'ombra di qualche bandiera o di qualche sacramento. La libertà è una sensazione che è dentro ad ognuno di noi. E per trovarla, il viaggio lo si deve fare da soli. Forse qualcuno ci può indicare una via, ma siamo noi a doverla percorrere e, nel caso scoprissimo che non è adatta a noi, a doverla cambiare. 

Chiunque aspetti qualcuno che lo liberi e lo porti in un nuovo mondo migliore di questo, troverà solo un altro carceriere.

E' questo il problema di molte persone. Aspettano che qualcun altro faccia qualcosa. Perché? Paura? Svogliatezza? Non lo so. Non posso capire quale è il motivo. Io sono io, quindi non posso capire le motivazioni profonde che impediscono ad altri di agire. Ma se si vuole essere, l'unico modo è quello di essere. Senza finzioni, senza bandiere, senza protettori.

L'aquila vola. Le bastano l'aria e le sue ali.
A noi dovrebbe bastare il nostro esistere per volare con la nostra essenza.

Saluti.

bb034rl

 
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