E' un Bridimondo

We will stand tall and face it all.

Ok. Sto volutamente ignorando lo tsunami mediatico. I fatti di Parigi, e quelli di Rakka, che temo non fosse una città di soli estremisti. Ignoro, apparentemente, tutto il brutto che il mondo sta vivendo. Poi mi trovo davanti questo bellissimo ragazzo, sarà alto due metri, nero come il carbone, arrivato con qualche barca di sicuro. Viene in biblioteca perché sono l'unica persona italiana che gli rivolge la parola. Mi dice "I say ciao, but people don't answer. Why?" (Dici ciao, ma non mi rispondono. Perché?" Ha lo sguardo triste, e l'unica cosa che sono riuscita a dirgli e' "they are afraid", hanno paura. Che è una semplificazione, ma come faccio a spiegargli che lo odiano (lui e i suoi compagni) perché è riuscito ad arrivare, perché qualcuno gli passa il minimo indispensabile per vivere e comunicare con la famiglia di la del mare,  che sono sicuri che sia venuto qui per rubare (cibo, aria, lavoro, donne, metteteci quel che volete). Io cerco di ignorare il mondo, che di casini personali ne ho già a sufficienza, ma il mondo non ignora me, essere in un ufficio a contatto con il pubblico di costringe ad un bagno quotidiano di realtà. Potrei parlare di libri, e solo di quelli, visto che mi dan da mangiare, ma la mia passione, più ancora dei libri, sono le persone. E se caccio il mio amico che spera di essere considerato profugo, perché non si faccia idee strane, che spesso sono sola in tutto l'edificio, ciò non toglie che non mi dispiaccia per lui. Che se qualcuno insegnasse loro l'italiano e un po'di civilization forse potrebbero rendersi conto di dove sono capitati, anche se sospetto che si siano già accorti che non è il Bengodi, e che di gente che rivolge loro la parola ce n'è davvero poca. Mi rendo conto di quanto mi sento lontana dai fatti di Parigi, e di quanto invece potrei esserci vicina, qualche giorno fa guardavo dalla balconata, e vedevo nella nebbia una figura tutta incappucciata, vestita di nero, che passeggiava nel parco in lontananza, vicino all'alloggio dei profughi. Ecco, il mio pensiero non è stato che c'è un terrorista, ma che quel poveretto non doveva essere abituato al freddo nebbioso delle mie lande. 

Let it go...

E mi vengono in mente le nipotine che cantano la canzone principale di Frozen a tutti polmoni, e mi intenerisco e inorgoglisco, perché sono buffe ma intonatissime. Penso al nipote, che sembrerebbe vittima dei suoi compagni di classe, sono piccoli, però lui è davvero tenero rispetto ad alcuni di loro. Teniamo d'occhio, ma ho trovato tenero che sia bastato interessarlo agli scheletri antichi per distrarlo dal suo problema.  La serata e' andata bene, sono usciti argomenti interessanti, ma siamo anche bellamente usciti dal seminato, e io li ho lasciati andare, perché ammetto di non essermi preparata alla perfezione, e di avere preso un po'sottogamba il libro, anche se ne ho parlato bene. Sono contenta, che dire, il lavoro va, anche senza sostituzioni, ho tre attività in dirittura d'arrivo, di cui una con la scuola elementare, autori da contattare, "mistieri" da fare, locandine da stampare e tagliare (il mio cruccio, visto che non c'è verso di tagliar diritti i volantini), insomma, ho il mio bel da fare, ma visto che mi pagano per farlo, credo non ci sia problema. Dentro son dentro, ora sono completamente legittimata nel fare quello che faccio. In tutto questo manca una fetta di vita, che ho deciso di lasciare indietro, non ho una vita sentimentale, e l'ho ormai accettato, nel senso che se incontro l'omo della vita mia non gli sputo addosso, ma visto che non esco dal mio buco, deve proprio rotolarmi addosso lui... La vedo dura, ma va ben così, già fatico a tenere insieme le mille mila cose che ho da fare, compreso il bimbo (adolescente) da seguire nei compiti, e sua madre. Ultimamente i miei post son proprio mignon, ma più che aggiornarvi sulla mia vita frenetica, che posso fare? A presto 

Un mandala al giorno

Aiuto, ho preso una dipendenza... Panico... Ebbene si, sono entrata nel tunnel dei mandala da colorare, come se non avessi abbastanza da fare. Ho più orario, un'apertura in più, ma riesco a fare una quantità di cose che prima non riuscivo, e questo significa che se serve mi scaricano altro lavoro in più. Questa settimana ho la serata del libro, e la mia scelta e' stata lieve ed apprezzatissima: "a che gioco giochiamo", di M. Wickham, meglio nota come Sophie Kinsella. Il romanzo parla dei rapporti all'interno di un gruppo di "amici", durante un improvvisato torneo di tennis, quindi i rapporti tra coniugi, tra uomini, tra donne, tra donne e uomini, con i figli e tra bambini. Tutti rapporti complessi ed interessanti. Ovviamente l'ultimo ospite inaspettato aiuterà a complicare la vicenda. Avidità, idealismo, invidia, generosità, grettitudine, stupidità, vendetta. Ci sono molte cose di cui parlare, una meglio dell'altra, e sono certa che non ci annoieremo affatto. 

E in settimana ho pure una sostituzione, nel mio giorno libero, in un'altra biblioteca. Fantastico... Anche se vuol dire che non seguirò il mi' bimbo, per quel giorno. Però è vero pure che lui non ha bisogno di me quando non ha voglia di studiare, quindi per stavolta lo pianto io, per una buona causa.