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una storia persa nel tempo...

Post n°482 pubblicato il 12 Ottobre 2015 da Butturfly66

La mia isola cela in se storie e racconti che ai più possono riportare alla memoria tradizioni legate alla stregoneria… Non ricordo di preciso quando, ma un giorno da ragazzina sentii parlare per la prima volta di una figura femminile detta “Agabbadora”... La parola mi incuriosì e cercai di scoprirne di più. Venni così a sapere che, fino più o meno agli anni 50 in alcune zone dell’isola esisteva una figura atta a porre fine alla vita delle persone  più sofferenti… Ai più potrebbe far storcere il naso, ma se soltanto  ci si documentasse di com’era la vita in quegli anni e la povertà che vi regnava, non accadrebbe... Questo potrebbe far pensare che la cultura e società sarda accettasse tale comportamento, ma la verità è legata al nostro modo di concepire la vita, la religiosità, ed il rispetto che si aveva per la vita stessa... La mia generazione credo sia stata di transazione, da una cultura prettamente agropastorale a quella moderna... A me basta ricordare i racconti di mio padre, per comprendere come realmente fosse difficile vivere a quei tempi, per cui, con la povertà che si toccava con le mani, una figura tanto inquietante e funesta poteva aver ragione d esistere... La sua “funzione” era quella di mettere fine alla vita di una persona (malato terminale) per il quale né le preghiere né le poche cure a quei tempi disponibili avevano dato esito positivo… C’è da comprendere, che allora in Sardegna le distanze si colmavano in groppa ad un asino, (da un paese all’altro) o in corriera se si doveva andare in città… Crescendo, mi sono documentata sul come essa agiva, per cui proverò a raccontarvelo come fosse una storia… In un piccolo paese viveva una povera famiglia non l’unica del paese ma una delle tante… Un giorno uno dei componenti si ammalò gravemente, venne  così chiamato il medico di un paese vicino (essendone il loro sprovvisto)... Dopo vari tentativi e senza possibilità economiche adeguate, si affidarono alle poche cure a disposizione e al parroco del paese che altro non potè fare che dar conforto invitando alla preghiera… I giorni passavano e la situazione peggiorava con i dolori che divenivano sempre più insopportabili… Le anziane del paese, dopo un visita al suo capezzale ed essersi  consultate tra loro, consigliarono di far venire la “Agabbadora”…. Come per un tacito accordo e senza proferire contrarietà, vista la gravità della situazione sia il parroco che il medico si fecero da parte…E fu così che una sera dopo che le poche luci del paese s’erano spente alla luce di una lanterna e vestita di nero, si portò al capezzale del malato, portando con se il suo “attrezzo del mestiere”…  Lo appoggiò avvolto con cura fuori  dalla finestra, ed entrò nella casa lodando il Signore… Dalla stanza erano state preventivamente tolte tutte le immagini sacre ed il crocefisso, quindi si chiuse la porta sulle spalle e compì il suo dovere... Un colpo secco, dato sulla nuca con su “mazzolu” e poi il silenzio… Una volta chiamata la famiglia ci si metteva tutti insieme a piangere e cantare in dialetto la vita del defunto… Prima d’andare via riceveva non denaro, ma un cesto con prodotti della natura, che per le famiglie avevano più valore....  Il suo compito era finito e lei silenziosamente andava via… Qualcuno è arrivato a supporre che fosse la stessa donna che faceva la levatrice ma io non lo vorrei credere perche vorrebbe dire che incarnava il doppio senso della vita, vestita di bianco andava ad accoglierla, di nero a sopprimerla… Alla luce di ciò, mi verrebbe da pensare che questa altro non era  che una sorta di eutanasia, magari discutibile ai nostri occhi, ma certamente rispettosa del malato e della sua famiglia… Oggi a vostro parere (e con i giusti crismi) sarebbe concepibile?...  

 
 
 
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Un blog di: Butturfly66
Data di creazione: 23/01/2010
 

 

 

 

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