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C'era una volta l'Italiano 12

Post n°120 pubblicato il 22 Marzo 2010 da tino.pos

C’era una volta … l’Italiano

Considerazioni (un po’) amare
di Nino L. Bagnoli

(12) 

Nuovo florilegio (4)  

«non essere in grado a parlare» - Questo modo di raccordare il primo gruppo della proposizione (non essere in grado) con il secondo (parlare) mediante la preposizione «a», è oltremodo scorretto. La preposizione idonea è «di». Forse a Viterbo, ridente ittadina (!) del Lazio, e patria dell’illustre personaggio , si è poco inclini ad occuparsi di queste bagattelle sintattiche.
Infatti “così parlò” (Porta a Porta - 8 feb. 2010) l’ex ministro Fioroni. Può essere una giustificazione il fatto che egli sia medico-chirurgo? Non l’accettiamo. Conosciamo molti medici che trattano bene l’Italiano. È un’aggravante, invece, il fatto che egli sia stato ministro –udite, udite!- della Pubblica Istruzione nel 2° Governo Prodi. Ma questo, magari, aiuta a comprendere perché l’istruzione in Italia sia ad un livello così basso. Forse è il caso di rispolverare il classico «medice, cura te ipsum*. 

«Cominciare / finire per» - La buona Lingua vuole i due verbi costruiti con la preposizione «con» anziché con «per», «Cominciò col fare ammenda delle sue colpe», «Finì col gettarsi nel fiume». Ma temiamo proprio che la nostra sia una battaglia ormai persa, a meno che il nostro secondo esempio non diventi realtà per opera della massa infinita dei «somarelli». Il che, tra l’altro, farebbe lievitare, e di molto, gli introiti delle imprese di pompe funebri. 

«Convocare / aprire un tavolo» — Il gergo burocratico e para burocratico ha dato più picconate alle Lingua che 3000 invasioni barbariche. I gerghi, di qualsiasi origine siano, sono una iattura: brutti esteticamente, illogici quant’altri mai, mal costruiti, frutto di scarsa conoscenza delle regole e delle tecniche per la formazione delle parole. Parliamo dei «gerghi» in genere, ma quello burocratico è, forse. il peggiore di tutti. Prendiamo le due espressioni che aprono questo capitolo: «convocare un tavolo» e «aprire un tavolo», entrambi di origine ministerial-sindacalese, e ciò, di per sé, già rappresenta un pessimo biglietto da visita.
Chiediamo umilmente: che male c’è a dire «predisporre un incontro tra il Governo e le parti sociali»?

«iniziare» / «cominciare» - Si fa grande confusione nell’uso di questi due verbi che hanno lo stesso significato, ma hanno proprietà  diverse: il primo, “iniziare”, è soltanto «transitivo», quindi deve essere seguito sempre e solo da un “complemento oggetto”, mentre il secondo, «cominciare», è sia transitivo che intransitivo, e quindi può reggere qualsiasi tipo di complementi. Allora sarà corretto dire: «il maestro inizia la lezione alle 12», ma non sarà corretto dire «la lezione inizia alle 12» Si dovrà dire: «la lezione comincia alle 12». Qualcuno, appartenente al partito dei “buonisti” (sempre più numerosi), consiglia, agli appassionati del verbo «iniziare», se proprio non ne possono fare a meno (per es. se glielo ha ordinato il dottore), di usarlo nelle forma riflessiva: «la lezione si inizia alle 12»
Ma tu guarda che inutile spreco di energie! 

«appropriarsi» - nel significato di “attribuirsi, entrare in possesso di qualcosa” va costruito con il complemento oggetto: appropriarsi un diritto, un titolo; appropriarsi i beni, l'opera altrui”. È, pertanto, scorretta la costruzione con la preposizione «di».

«le problematiche» - È diventata oggi, nei Tiggì e nei talk show, una delle espressioni più alla moda. Non esistono più i problemi, ma solo le «problematiche». Giorni or sono, una signora à la page, ossia con le labbra “a canotto”, con l’attaccatura delle cosce ben in vista e la scollatura “vertiginosa” (come si diceva anni fa), ha ripetuto dieci volte che «oggi anche i bambini hanno serie problematiche, specialmente sul modo di relazionarsi». Nessuno dei presenti ha avuto il coraggio di contestarla, ma forse «nessuno» sapeva che il termine «problematiche» è, secondo i dizionari italiani, «il complesso dei problemi di una scienza, una questione e sim.», dunque, niente che vedere con gli eventuali problemi dei bambini o di chiunque altro.
Lo stesso discorso vale per l’altro sostantivo, pur esso abusato oltre misura: «tematiche». La tematica è, per i dizionari, “il complesso di motivi che ricorrono più frequentemente in un autore, in un'opera o in un complesso di opere rappresentative di una tendenza o di una scuola”, infatti va bene dire “le tematiche dell’opera di Manzoni”, “le tematiche nelle Sinfonie di Beethoven”, ed altri contesti simili.
 

«i senzatetti» - In Italiano, «senzatetto» è un sostantivo maschile e femminile invariabile, quindi non ha il plurale. Il sostantivo “somaro”, invece sì.  

«otto e zero cinque» - Da quando comparvero, qualche decina d’anni fa, gli orologi cosiddetti “digitali”, ossia quelli senza le lancette e alimentati da una batteria, gli italiani non sanno più esprimere correttamente l’ora. Un tempo, quando la lancetta piccola era sulle otto e la piccola sull’uno, ognuno era in grado di dire che erano le «otto e cinque». Oggi, dappoiché sul compaiono le cifre «8:05» tutti dicono, incoscientemente, “otto e zero cinque”. Oltre tutto è anche una bestialità matematica, perché i più non sanno che «05» significa “5 centesimi” e, dato che l’orario si misura in 60esimi, quello “05”, rapportato alla misura sessagesimale, corrisponde a 8 minuti, non già a 5.
Ma la cosa che dovrebbe risvegliare l’attenzione degli psichiatri è che i tapini dicono che sono “otto e zero cinque” anche quando leggono gli orologi analogici, vulgo: quelli con le lancette.

Della serie
«facciamoci del male». 

(12 – Continua)

 

 

 

 
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