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Un blog creato da Callyphora il 09/10/2013

Callyphora

Liquidi batuffoli di parole

 
 

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Post n°55 pubblicato il 25 Giugno 2016 da Callyphora

 

Appiccerei il fuoco alle stelle
per incestare ogni loro bagliore
del cruore didascalico
di questi miei sentimenti rovesci.
E' insussistente che gli angeli
abbiano appreso come librare
essi siedono addomesticati
sul margine di queste labbra calde
e sprangano le porte delle ossa
per ramificare ore tarde
fra lemma blasfeme di un cuore
che smarrisce di funzioni mnemoniche.
Vorrebbero disciplinarmi lo sguardo
eludere le notti per cogliermi vergine
di un dolore il cui sapore
possa ignudarmi della cenere
dei miei soli neri, ma ahimè
dove il diaframma desiste
le mani grandinano ombre
che fanno avvampare le gote
esondare la mente di fradici pensieri
e gremire i seni di morsi ossequiosi.
E' fittizio che gli angeli siano adorni di ali
essi sono gli infiacchiti origami
di una belva che ha dilaniato l'eucarestia
di un urlo appellato amore.

 
 
 

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Post n°54 pubblicato il 08 Giugno 2016 da Callyphora


Quale s~profondo sei convinto di palpare?
Didentro quale rigo confidi di trovare
la scarica nei polsi e lo choc del cervello,
l'elettrodo confitto nella carne attraverso la lingua che pressa?
E dove auspichi di trovare il respiro?
Tra ogni lemma d'inchiostro
dove la nuca tu possa deporre per un baleno
e dove tu possa rovistare dentro ogni verso che
non ammorbi la bocca e torca lo sguardo affidandolo
alla febbrile viva forza di un dentro sprovvisto di fine e fondo
dentro quel cosmo messo in affitto in qualche dimora taciturna
o in qualche linea oblunga ove si spezza l'orizzonte,
come la sommità di una lancia tra chi verga e chi legge
tra chi vivifica e corrobora o chi vi affoga
dentro l'orifizio di un verbo, o la grafite di una lapis,
ignaro che la vita è forza e all'apicale della mano c'è quel qualcheduno
che in ombra, dalla parte non celermente raggiungibile
scrive in corvino anche un'acquaforte di benevolenza,
e brucia l'atomo che attorno al collo ruota
tra un vaso sanguifero cavo e l'arteria di un qualchiddio involato,
o alla caviglia mentre in fretta avanzi involgendomi
nella notte che viene, viene ancora
per smarrirti o per predarti,
e sperdere il baillame, gli olezzi.
Mi sono fracassata le ginocchia
e l'occhio l'ho divaricato, lacerato, esploso,
giustiziato per poter restare lungo i tuoi confini e,
giustappunto sull'attimo che avverti la soglia per uscire,
tergiversando ancora un poco,
reiterando l'ultima curva, trovi che c'è,
accomodato in terra e tra gli assi del soffitto,
c'è un amore che influisce e pesa
come i grammi di eroina che mi inoculi
senza deviazioni dentro il cuore,
e lo hai dentro quel mondo di fobie
affisso nei pensieri, tra l'era di ieri e il divario di domani,
mentre divergo le gambe al feto di oggi,
sgravato sempre prematuro, ma già cresciuto
e per questo propinquo a freddarsi, lui per te,
un tu disuguale, per essere la chiave di altre luculente plaghe,
di~te, inferno partorito dentro un paradiso senza scampo.

 
 
 

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Post n°53 pubblicato il 21 Maggio 2016 da Callyphora

 

Espiazione avrebbe chiesto al cuore
se l'ossequio dei palpiti non l'avesse sopraffatta
come un ostro manto purpureo corvino contropelle,
come un velluto che sdrucciolava tra gli archetti delle costole
verso tutti i seti che la percuotevano dentro
con le nocche desistite e compiaciute,
ravvolta in quel legaccio sacro che il suo demone
così mefistofelico e adepto, le offriva.

 
 
 

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Post n°52 pubblicato il 17 Aprile 2016 da Callyphora


Si rimira l'Iddio nel corpo in prece
nel tacito canto che evoca
nella voce quando impetra,
quando strepita impreca.
Da sé si rimira nel palmo
che dissecca la fistola
ma anche se lo ignori,
anche se lo massacri il tuo fratello.
Si rimira se fingi il martirio,
occulti strazio, voluttà,
se li ostenti, li compri
se dissimuli una morale vergine
anche se gliela intitoli
anche se avvalli, tutto, nell'avere.
Tu, veduto di spalle ignaro
fintanto che inspiri fumo,
finché osservi e fremi si rimira,
sia che dai coaguli delle
bruciature lo scortichi
per il tremito di uno spasimo
che proferisca "Esisti",
sia che ti preservi dal deteriorare.
Sì.
Si rimira il Dio di ogni lemma:
inabile a dormire ti colga
o turgido didentro un'aurora,
promiscuo a fango
ti salivi dalla bocca un alveare,
che tu sia ape o vate, si rimira guata,
nell'istinto ottemperato della bestia
nell'ebbrezza del pensiero,
non ha un Iddio scelta,
non ha giudizio.
Come da bacillo,
come da insetto a te muta
sino ai mondi che non avvedi
propaga prorompe
si fa punto di nonnulla compresso.
Pure tu puoi dimorare la luce per baleni.
La scelta è un fenomeno
del tutto antropico.

 
 
 

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Post n°51 pubblicato il 15 Aprile 2016 da Callyphora

 

Vagheggiai un adito al peristilio di Ippocrate
lì deposi di fuoco la mia esacerbazione.
Non ebbi sgomento dei peristili dorici
aggrovigliati attorno al fiato
che subdoli sbattevano
sul lastricato esangue venefici aloni.
Luce trapelava a fasciare il capo d'indulgenza
ed io avvertii già miei i suoi spasmi
sorseggiando dalla coppa
il flegma di un equipollente dolore.
Qualora perdessi
contro chi adombra l'atipico virgulto
attecchito su questo muscolo cardiaco
ch'io abbia mai coltivato
non avranno più veemenza codeste ossa
per puntellare un capitello
su noi ad elargire riparo
mentre arrischiavo d'imbrigliare gli dèi
che del nostro cruore
hanno perpetuamente goduto.

 
 
 

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Post n°50 pubblicato il 09 Aprile 2016 da Callyphora

 

Contro il deflusso del tempo
ciò che si logora ha la sua luce
al rifugio di un pioppo bianco e al respiro
di codeste funzioni mnemoniche scomposte silenti
nel tumulto di un'assenza che dirime l'ardimento.
Contro il tempo nel vivaio delle attese sfogliarsi
sulla filaccia di veglie impiccate al varco del rimuginare.
Non saremo muniti di corpi nè confini
le stagioni ferveranno nel moto di un bianco cereo
come argine allo stridulo silenzio quando si erigerà il sole.
Solo innumerevole sussistenza tersa ovvia fluirà nel vento
con le profondità delle movenze in trasvolata
e le bocche rigurgitanti di neve.


Sarà un unico inusuale fiato atemporale
a sgravarci adempimento e condivisione.

 
 
 

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Post n°49 pubblicato il 16 Gennaio 2016 da Callyphora

 


L'ora audiolesa
col suo archetto contratto
e il suo fluire sotto il sole intacca
di origami eretti a mente e inebetisce
sulla carne che stramazza.
Si palesa nel livido dell'attesa
avvinghiandoci sui polsi
il letto, il volto, il pasto
e quel dannato languore
che ci reclama e ci tortura
persino nei vasi sanguigni
bramandoci vivi.

 
 
 

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Post n°48 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Callyphora

 

Più ignuda di una verità
più calda nei chiostri di pelle arresa
Mi abbevero di te
sudato e veemente
slabbrandomi le costole
rifocillandomi di cuore
rabbonendomi coi lividi
deglutendone il candore
come un sole angustiato
che al crepuscolo stenta a spirare.
Come le mie dita
che in punta di polpastrelli
ti rasentano e frisano
vivificandosi, uccidendosi d'Amore.

 
 
 

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Post n°47 pubblicato il 25 Dicembre 2015 da Callyphora


Una razione della mia esistenza arrischio di largirti,
la migliore che appresso possa non cessare di fluirti addosso,
nei meandri e nel giubilo più sfavillante,
pensieri a trasudare sui piedi,
giacchè ti attornio e vezzeggio i respiri,
declino, dappoi, sino alle giunture sottocute
in capaci palmi che ti colgono.
Di me denuda la sezione peggiore del verbo
e flettine le cuspidi sulle nostre bocche
che svisceratamente idolatrare si lasciano.
Necessito di seguitare a venirti indosso,
diafana nei miei zampilli, unica nelle movenze
a serbar memoria degli incavi e delle ecchimosi,
in questo cruore che non basta non oblieremo i saliscendi,
le fiumane a blandire il cuore,
la melica equanime, la doglia perfetta,
il tutto indiviso che si ricreerà ancora anc~ora.

 
 
 

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Post n°46 pubblicato il 05 Ottobre 2015 da Callyphora

 

Vergare è fato
fecondato, incubato, dall'ombra delle ore covato
è spina fervida di chi non abbandona nulla alle spalle.
Nelle pupille l'effigie traina un vademecum di passi
che sciaborda e deborda nette sillabe memoriali
dal boccale silente che abbevera il labbro allorquando
ammalate d'aria le parole si distaccano dai polpastrelli
e stramazzano nell'impalpabile abisso di una pagina.
Stilare tracce d~istintive è aculeo che coercizza il corpo
in reticoli d'albore in piena notte e pungola,
rovista, sutura slabbrati lembi, sbrandella la carne
fintantoché anche i sogni grondano,
fintantoché l'immagine dilata in echi di sorgive vene.

 

 
 
 
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