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Associazione Giovani Padani - Valle Camonica
 

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Associazione Giovani Padani - Valle Camonica

L'associazione non ha finalità di lucro ed è finalizzata a promuovere la riscoperta e lo studio delle origini dei Popoli della Padania: a questa attività unisce quelle di ricerca sulle ragioni ecomoniche e politiche dell'Indipendentismo Padano e di riflessione sul significato delle lotte liberitarie di comunità e individui.

L'Associazione promuove inoltre tutte quelle iniziative volte a difendere il diritto allo studio, al lavoro ed alla casa nonché il recupero e la difesa degli usi, dei costumi e della cultura delle terre natie.

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La Sezione Camuna si trova a Capo di Ponte, in Via Italia n° 34

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l'italiano come usbergo dei parrucconi

Post n°35 pubblicato il 19 Agosto 2009 da theriddle
 

LETTERE AL DIRETTORE Giornale di Brescia martedì, 18 agosto 2009

L'italiano come usbergo dei parrucconi


In questa torrida estate, chiuso in casa dove c'è un po' di fresco, costretto a rimandare le vacanze 2009 (fu così anche per il 2008), non per la crisi che attanaglia la società, ma per un motivo assai più "umano": il mio Roky, un vecchietto tra i cani, superstite per i suoi sedici anni abbondanti, non può essere lasciato solo, né affidato a mani pietose estranee, quindi ci facciamo buona compagnia, mentre leggiamo e discutiamo di dialetti italiani, passando dal terrazzo-soggiorno al giardino, dove, caracollando sulle ormai indebolite zampe posteriori, va di tanto in tanto a ripetere il suo rito canino, divenuto difficile, della... gamba alzata. Lui di dialetti non è che se ne intenda molto, perché pare che tutti i cani abbaino nelle stessa lingua, ma solo per compiacermi, finge di darmi retta mentre io commento le notizie di cui sono prodighi i giornali in questi giorni.

In realtà forse ho iniziato proprio io all'inizio di luglio con una mia lettera al Direttore del G.d.B. sulla babele dell'uso ortografico-grammatical-sintattico del nostro bresciano, da parte di cultori, a modo loro, del nostro vernacolo, ma con ciò non mettevo per altro nemmeno in discussione la necessità di usarlo ed impararlo. Né vincolavo il mio appello al solo dialetto bresciano.

Ora invece leggo che si discute ad "alto livello" e si polemizza sulla necessità dell'insegnamento nelle scuole primarie dei nostri dialetti italici. C'è qualche vecchio parruccone accademico che usa la lingua italiana come usbergo personale in difesa di bacini clientelari politici, ma che ha permesso che tutta l'Italia sia stata costretta per decenni ad ascoltare sulle TV o radio una lingua a mezzo tra il romanesco, il napoletano, il toscano ed il siculo. Quindi, ostracismo ai dialetti del Nord, che faziosamente mirano a creare il disordine sociale. Ho letto al mio amico a quattro zampe un bellissimo articolo intitolato "Dialetto", estrapolato dal libro "In punta di Lingua" di Cesare Marchi che fu un grande giornalista oltre che letterato di chiara fama. Affinché lo possiate leggere anche voi, io ne ho allegato una copia estrapolata alle pagg. 32/33 e il grande Cesare Marchi mi perdoni per l'abuso, ma anch'io, come Lui, voglio difendere il dialetto, anzi tutti i dialetti italici. Siamo qui a discutere sui nostri patrimoni culturali, mentre nelle piazze, con il contributo del nostro denaro pubblico, è tutto un susseguirsi di spettacoli "etnici", come se dovesse essere nostro dovere apprendere, per amor di socialità, i dialetti altrui, nonchè le loro musiche (che a me sembrano piuttosto barbare). Quando vorrò ascoltare il tam-tam o il negarit andrò in vacanza in Africa. Intanto le nostre musiche sono ammirate ovunque al mondo, spesso a corredo di testi dialettali. Vi farò qualche esempio di canzoni italiche certo che tutti le conoscano a tutte le latitudini: O Sole mio, Funiculì-funiculà, O mia bela Madunina, Vitti 'na cruozza, La porti un bacione a Firenze, Vola, vola, La Nina in gondoèta. Come si può notare ci sono tutte le regioni, dal Nord al Sud, così come nella letteratura dialettale, così importante anche ai miei occhi e conoscenze, che annovera nomi quali G. Belli, Pascarella, S. Di Giacomo. C. Porta, Trilussa (Salustri) e perché no, il nostro Angelo Canossi, A. Barbarani, ed ancora i più recenti Gadda, Camilleri ecc... Ricordo che il dialetto è entrato a viva forza ed importanza nella seria letteratura musicale, quando G. D'Annunzio scrive "A Vucchella" in dialetto napoletano per F.P. Tosti, e Pietro Mascagni in Cavalleria Rusticana esordisce con la serenata di Turiddu a Lola in perfetto dialetto siculo. Anche il Donizetti musicò quel testo napoletano che ancor oggi viene ripetuto e/o plagiato e che canta così: "Je te vojo bbene assaaje...", seguito da "Fenèsta cca lucive..." bella melodia del catanese Bellini. Mi fermo perché temo di dover scrivere un'antologia, ma ricorderò che tutta la zona alpina fiorisce di canti che i nostri cori intonano da secoli, talvolta con testi dialettali quali il "furlano" di "stelutis alpinis" oppure "La Violetta" con testi che van dal piemontese al giuliano.

Nella lettera al G.d.B. di cui faccio cenno più sopra, io lamentavo la forma trascurata della scrittura dialettale e richiamavo la necessità da parte di chi scrive in vernacolo di rispettarne le regole, così come avviene per tutte le lingue; ora si chiede da più parti di dare ai dialetti uno spazio scolastico, in realtà necessario se vogliamo dare dignità ai dialetti. Quando andavo a scuola da bambino (oltre mezzo secolo fa alle Tito Speri di Brescia), il mio maestro mi insegnò a leggere e scrivere in dialetto i testi del Canossi, di A. Paola Bonazzoli, che ancora oggi ricordo perfettamente e che mi resero caro il dialetto. Più tardi, divenuto a mia volta maestro, lo insegnai ai miei scolaretti, aggiungendovi del mio. Ora però, per accelerare i tempi, visto che non basta insegnarlo a questa o quella classe fortunata, è necessario preparare tutti gl'insegnanti ed è possibile farlo istituendo corsi di aggiornamento in sostituzione di quelli talvolta assai noiosi che la scuola pubblica obbliga a frequentare. Per gl'insegnanti futuri è sufficiente che gli atenei, ove essi si vanno formando, creino brevi corsi di apprendimento dei dialetti con eventuali incentivi di merito per chi li frequenta. Chi potrà insegnare seriamente a costoro i dialetti? Basta guardarsi intorno e si scoprirà che in ogni angolo d'Italia ci sono fior di letterati che forse sono pronti a farlo anche gratuitamente. Nel giro di pochi mesi avremo maestri e professori lieti di insegnare anche il dialetto. In passato, sotto l'egida della Circoscrizione Centro, io avevo fatto nel nome del "Mostassù de le Cossére" alcuni tentativi che non hanno avuto grande seguito sia per l'orario ed il luogo dove si tenevano gli incontri, sia per la scarsa pubblicità che veniva loro data, tuttavia chi è stato presente, ed io l'ho potuto constatare, ora sa scrivere in dialetto in modo comprensibile e corretto. Tutto ciò si può ripetere con l'intervento delle istituzioni e l'appoggio della stampa.

A questo punto un breve latrato del mio Roky mi ricorda nel suo linguaggio canino che questi corsi farebbero bene anche ai giornalisti.

Leggetevi l'articolo di Cesare Marchi
Iris Mario Perin
Maestro
Brescia

 
 
 
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