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Associazione Giovani Padani - Valle Camonica
 

Chi Siamo

Associazione Giovani Padani - Valle Camonica

L'associazione non ha finalità di lucro ed è finalizzata a promuovere la riscoperta e lo studio delle origini dei Popoli della Padania: a questa attività unisce quelle di ricerca sulle ragioni ecomoniche e politiche dell'Indipendentismo Padano e di riflessione sul significato delle lotte liberitarie di comunità e individui.

L'Associazione promuove inoltre tutte quelle iniziative volte a difendere il diritto allo studio, al lavoro ed alla casa nonché il recupero e la difesa degli usi, dei costumi e della cultura delle terre natie.

CONTATTACI:

La Sezione Camuna si trova a Capo di Ponte, in Via Italia n° 34

e-mail: mgp@giovanicamuni.com 
Fax: 02.700449839 oppure 0364.2631196 
Segreteria telefonica: 02.303124599

 

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Identità e Lingue Locali

Post n°37 pubblicato il 27 Agosto 2009 da theriddle
 

L’identità è una cosa essenziale, soprattutto oggi in pieno periodo di fondamentalismo laicistico, di perdita dei valori che ha prodotto una massificazione e una spersonalizzazione globale che minacciano di estinzione le culture etniche, le nazioni, i popoli; un cancro basato sull’economia, la tecnocrazia  e il mondialismo che svuota i popoli di ogni sostanza, un sistema che annienta ogni passato culturale, rendendo tutto indifferenziato, un sistema che cancella il principio storico nazionale e quello politico territoriale dei popoli, fidando in criteri di appartenenza differenti da quelli della lingua, dell’origine comune o dello spazio dove si abita e puntando su criteri di appartenenza artificiosi.

Ai giorni nostri molte cosiddette “identità”, se ancora si possono definire tali,  non derivano dal background storico-politico-culturale originato dall’esperienza di un popolo, non sono viste come il risultato di un processo evolutivo strettamente legato al territorio in cui esso vive e in cui sono vissuti i suoi antenati, bensì si costruiscono in base a ciò che si consuma e a ciò che la moda e la società ci impongono, troppo spesso in nome di una pseudo-integrazione e di un distorto concetto di tolleranza e accoglienza che porta solo all’annientamento delle nostre radici.  

Questa “Identità fabbricata” rispecchia l’atteggiamento proprio di coloro che hanno dimenticato ogni appartenenza ad un'Identità Collettiva per timore di non essere accettati o apprezzati dalla massa ma che da questa massa vengono inghiottiti e annullati, mentre  chi si oppone a questa “assimilazione” viene etichettato come eretico, elemento da isolare, oscurantista e  arretrato, individuo che rifiuta la modernità e il progresso.

Percorso obbligato per chi cerca di mettere in atto questa “omogeneizzazione” è l’annientamento sistematico delle lingue locali da sempre parlate dai nostri padri, che oggi vengono dileggiate e considerate come una manifestazione meramente folkloristica, spesso relegate a margine di qualche sagra paesana o associate alla sguaiatezza dell’ebbro. Le lingue locali sono invece l'espressione di quella ricchezza dello spirito che può impedirci di essere totalmente spersonalizzati dalla globalizzazione, non sono (come vogliono farci credere) un retaggio ingombrante del passato ma bensì sono il vero linguaggio della nostra anima e della nostra identità.

Per questo motivo gli idiomi locali vanno salvaguardati attuando una corretta pianificazione linguistica, intervenendo, se serve, anche in senso normativo per far sì che vengano insegnati fin dalla scuola, quando il bambino è in grado di recepire e trattenere innumerevoli quantità di informazioni.

Prendiamo esempio dal Lussemburgo dove i bambini studiano, fin dalle scuole elementari, il lussemburghese, poi il tedesco e, dai tredici anni, anche il francese e l’inglese o dalla vicina Svizzera dove le amministrazioni locali del Canton Ticino, da tempo, attuano una politica di valorizzazione dell’idioma che in quelle terre viene parlato da oltre 300.000 persone: il Lombardo (e non l’italiano-toscano come furbescamente spesso ci vogliono far credere).

Lombardo al quale è stato riconosciuto lo status di “Lingua” sia dal Consiglio d’Europa  (Rapporto 4745 del 1981), sia dall’UNESCO che l’ha inserita tra lingue meritevoli di tutela (“Red Book of Endangered Languages”), che dal Summer Institute of Linguistics di Dallas (“Ethnologue, Languages of the World”, 13° edizione) che afferma come in generale, tutte le parlate lombarde “sono molto differenti dall’italiano standard” e come “i parlanti possono essere senza problemi bilingui”.

E’ quindi compito delle istituzioni fare in modo che i cittadini possano riscoprire la propria identità riallacciando i legami con le proprie lingue madri, il bene più prezioso lasciatoci in eredità da una memoria mai sopita nella nostra tradizione. Perché la cultura che noi portiamo nasce dal basso, così come la lingua dei nostri nonni, ed figlia della terra a cui ci sentiamo di appartenere ed è questa in fondo la vera cultura, non quella che vorrebbero imporci patriottardi e parrucconi.

 

 
 
 

Perché mi vergogno dell’Unità d’Italia

Post n°36 pubblicato il 20 Agosto 2009 da theriddle
 



di Matteo Lazzaro - CORRIERE DELLA SERA, 19 AGOSTO 2007

Caro professor Galli della Loggia, sono uno studente universitario di 24 anni con una certa passione per la storia. Sono un leghista, abbastanza convinto. E lo confesso: se faccio un bilancio, certamente sommario, dall'Unità nazionale ad oggi, le cose per cui vergognarmi mi sembrano maggiori rispetto a quelle di cui essere fiero.
Penso al Risorgimento, alla massoneria e al disegno di conquista dei Savoia, rifletto sul fatto che nel Mezzogiorno furono inviate truppe per decenni per sedare le rivolte e credo che queste cose abbiano più il sapore della conquista che della liberazione. E penso, ancora, al referendum falsato per l'annessione del Veneto e al trasformismo delle elite politiche post risorgimentali.
E poi il fascismo, con la sua artificiosa ricostruzione di una romanità perduta e imposta a un popolo eterogeneo e diviso per 1500 anni che della «romanità classica» conservava ben poco: la costruzione di una «religione politica» forzata al posto di una «religiose civile» come invece avvenne in Francia con la Rivoluzione, che fu davvero l'evento fondante di un popolo. In Italia l'unica cosa «fondante» potrebbe essere stata la Resistenza: ma anche lì, a guardare bene, c'era una Linea gotica a dividere chi la guerra civile l'aveva in casa da chi era già in qualche maniera libero.
E poi la Prima Repubblica, che si salva in dignità solo per pochi decenni, i primi, e poi sprofonda nei buio degli annidi piombo con terrorismo di sinistra e stragi, di destra (o di Stato?), nel clientelismo politico più sfrenato, nelle ruberie, nelle grandi abbuffate che ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più grandi del mondo.
Quanto alla Seconda Repubblica, l'abbiamo sotto agli occhi: la tendenza dei partiti a trasformarsi in «pigliatutto»
multiformi e dai programmi elettorali quasi identici, con le uniche eccezioni di Di Pietro e della Lega. Il primo però è destirato a sparire con Berlusconi, che è la ragione del suo successo: quando svanirà la causa, svanirà anche l'effetto. Anche la Lega dopo Bossi potrebbe sparire, ma almeno a sorreggerla ci sono un disegno, un'idea, per quanto contestabili.
Guardo allo Stato poi e alla mia vita di tutti i giorni e mi viene la depressione. Penso a mia mamma che lavora da quando aveva 14 anni ed è riuscita da sola a crearsi un'attività commerciale rispettabile e la vedo impazzire per arrivare a fine mese perché i governi se ne fregano della piccola media impresa e preferiscono continuare a buttar via soldi nella grande industria. E poi magari arriva anche qualche genio dell'ultima ora a dire che i commercianti son tutti evasori. Vedo i miei dissanguarsi per pagare tutto correttamente e poi mi ritrovo infrastrutture e servizi pubblici pietosi. Vedo che viene negata la pensione di invalidità a mia zia di 70 anni che ha avuto 25 operazioni e non cammina quasi più solo perché ha una casetta intestata. E poi leggo che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità sono il 50% in più che al Nord. Come faccio a sentire vicino, ad amare, a far mio uno Stato che mi tratta come una mucca da mungere e in cambio mi dice di tacere?
Non ho paura degli immigrati, né sono ostile a chi ha la pelle differente dalla mia. Mi preoccupo però di certe culture. Per esempio mi spaventano i disegni di organizzazioni come i Fratelli musulmani, ostili verso l'Occidente, e mi fan paura le loro emanazioni europee. Non voglio barricarmi nel mio «piccolo mondo antico», ma ho realismo a sufficienza per pensare di non poter accogliere il mondo intero in Europa. La gente che entra va integrata, ma io credo che la possibilità di integrazione sia inversamente proporzionale al numero delle persone che entrano. Eppure, se dico queste cose, mi danno del «razzista». Non mi creano problemi le altre etnie, mi crea problemi e fastidio invece chi le deve a tutti i costi mitizzare, mi irrita oltremodo un multiculturalismo forzato e falsato. Mi spaventano l'esterofilia e la xenomania, secondo le quali tutto ciò che viene da fuori deve essere considerato acriticamente come positivo, «senza se e senza ma».
In pratica ho paura che l'Italia di domani di italiano non avrà più nulla e che il timore quasi ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria storica che ancora abbiamo. Mi crea profondo terrore la prospettiva che la nostra civiltà possa essere spazzata via come accadde ai Romani: mi sembra quasi di essere alle porte di un nuovo Medioevo con tutte le incognite che questo può celare. E ho paura, paura vera. Sono razzista davvero oppure ho qualche ragione?

 
 
 

l'italiano come usbergo dei parrucconi

Post n°35 pubblicato il 19 Agosto 2009 da theriddle
 

LETTERE AL DIRETTORE Giornale di Brescia martedì, 18 agosto 2009

L'italiano come usbergo dei parrucconi


In questa torrida estate, chiuso in casa dove c'è un po' di fresco, costretto a rimandare le vacanze 2009 (fu così anche per il 2008), non per la crisi che attanaglia la società, ma per un motivo assai più "umano": il mio Roky, un vecchietto tra i cani, superstite per i suoi sedici anni abbondanti, non può essere lasciato solo, né affidato a mani pietose estranee, quindi ci facciamo buona compagnia, mentre leggiamo e discutiamo di dialetti italiani, passando dal terrazzo-soggiorno al giardino, dove, caracollando sulle ormai indebolite zampe posteriori, va di tanto in tanto a ripetere il suo rito canino, divenuto difficile, della... gamba alzata. Lui di dialetti non è che se ne intenda molto, perché pare che tutti i cani abbaino nelle stessa lingua, ma solo per compiacermi, finge di darmi retta mentre io commento le notizie di cui sono prodighi i giornali in questi giorni.

In realtà forse ho iniziato proprio io all'inizio di luglio con una mia lettera al Direttore del G.d.B. sulla babele dell'uso ortografico-grammatical-sintattico del nostro bresciano, da parte di cultori, a modo loro, del nostro vernacolo, ma con ciò non mettevo per altro nemmeno in discussione la necessità di usarlo ed impararlo. Né vincolavo il mio appello al solo dialetto bresciano.

Ora invece leggo che si discute ad "alto livello" e si polemizza sulla necessità dell'insegnamento nelle scuole primarie dei nostri dialetti italici. C'è qualche vecchio parruccone accademico che usa la lingua italiana come usbergo personale in difesa di bacini clientelari politici, ma che ha permesso che tutta l'Italia sia stata costretta per decenni ad ascoltare sulle TV o radio una lingua a mezzo tra il romanesco, il napoletano, il toscano ed il siculo. Quindi, ostracismo ai dialetti del Nord, che faziosamente mirano a creare il disordine sociale. Ho letto al mio amico a quattro zampe un bellissimo articolo intitolato "Dialetto", estrapolato dal libro "In punta di Lingua" di Cesare Marchi che fu un grande giornalista oltre che letterato di chiara fama. Affinché lo possiate leggere anche voi, io ne ho allegato una copia estrapolata alle pagg. 32/33 e il grande Cesare Marchi mi perdoni per l'abuso, ma anch'io, come Lui, voglio difendere il dialetto, anzi tutti i dialetti italici. Siamo qui a discutere sui nostri patrimoni culturali, mentre nelle piazze, con il contributo del nostro denaro pubblico, è tutto un susseguirsi di spettacoli "etnici", come se dovesse essere nostro dovere apprendere, per amor di socialità, i dialetti altrui, nonchè le loro musiche (che a me sembrano piuttosto barbare). Quando vorrò ascoltare il tam-tam o il negarit andrò in vacanza in Africa. Intanto le nostre musiche sono ammirate ovunque al mondo, spesso a corredo di testi dialettali. Vi farò qualche esempio di canzoni italiche certo che tutti le conoscano a tutte le latitudini: O Sole mio, Funiculì-funiculà, O mia bela Madunina, Vitti 'na cruozza, La porti un bacione a Firenze, Vola, vola, La Nina in gondoèta. Come si può notare ci sono tutte le regioni, dal Nord al Sud, così come nella letteratura dialettale, così importante anche ai miei occhi e conoscenze, che annovera nomi quali G. Belli, Pascarella, S. Di Giacomo. C. Porta, Trilussa (Salustri) e perché no, il nostro Angelo Canossi, A. Barbarani, ed ancora i più recenti Gadda, Camilleri ecc... Ricordo che il dialetto è entrato a viva forza ed importanza nella seria letteratura musicale, quando G. D'Annunzio scrive "A Vucchella" in dialetto napoletano per F.P. Tosti, e Pietro Mascagni in Cavalleria Rusticana esordisce con la serenata di Turiddu a Lola in perfetto dialetto siculo. Anche il Donizetti musicò quel testo napoletano che ancor oggi viene ripetuto e/o plagiato e che canta così: "Je te vojo bbene assaaje...", seguito da "Fenèsta cca lucive..." bella melodia del catanese Bellini. Mi fermo perché temo di dover scrivere un'antologia, ma ricorderò che tutta la zona alpina fiorisce di canti che i nostri cori intonano da secoli, talvolta con testi dialettali quali il "furlano" di "stelutis alpinis" oppure "La Violetta" con testi che van dal piemontese al giuliano.

Nella lettera al G.d.B. di cui faccio cenno più sopra, io lamentavo la forma trascurata della scrittura dialettale e richiamavo la necessità da parte di chi scrive in vernacolo di rispettarne le regole, così come avviene per tutte le lingue; ora si chiede da più parti di dare ai dialetti uno spazio scolastico, in realtà necessario se vogliamo dare dignità ai dialetti. Quando andavo a scuola da bambino (oltre mezzo secolo fa alle Tito Speri di Brescia), il mio maestro mi insegnò a leggere e scrivere in dialetto i testi del Canossi, di A. Paola Bonazzoli, che ancora oggi ricordo perfettamente e che mi resero caro il dialetto. Più tardi, divenuto a mia volta maestro, lo insegnai ai miei scolaretti, aggiungendovi del mio. Ora però, per accelerare i tempi, visto che non basta insegnarlo a questa o quella classe fortunata, è necessario preparare tutti gl'insegnanti ed è possibile farlo istituendo corsi di aggiornamento in sostituzione di quelli talvolta assai noiosi che la scuola pubblica obbliga a frequentare. Per gl'insegnanti futuri è sufficiente che gli atenei, ove essi si vanno formando, creino brevi corsi di apprendimento dei dialetti con eventuali incentivi di merito per chi li frequenta. Chi potrà insegnare seriamente a costoro i dialetti? Basta guardarsi intorno e si scoprirà che in ogni angolo d'Italia ci sono fior di letterati che forse sono pronti a farlo anche gratuitamente. Nel giro di pochi mesi avremo maestri e professori lieti di insegnare anche il dialetto. In passato, sotto l'egida della Circoscrizione Centro, io avevo fatto nel nome del "Mostassù de le Cossére" alcuni tentativi che non hanno avuto grande seguito sia per l'orario ed il luogo dove si tenevano gli incontri, sia per la scarsa pubblicità che veniva loro data, tuttavia chi è stato presente, ed io l'ho potuto constatare, ora sa scrivere in dialetto in modo comprensibile e corretto. Tutto ciò si può ripetere con l'intervento delle istituzioni e l'appoggio della stampa.

A questo punto un breve latrato del mio Roky mi ricorda nel suo linguaggio canino che questi corsi farebbero bene anche ai giornalisti.

Leggetevi l'articolo di Cesare Marchi
Iris Mario Perin
Maestro
Brescia

 
 
 

La misteriosa Valcamonica, tra fantascienza e culto cosmico della Dea Madre.

Post n°34 pubblicato il 15 Aprile 2009 da theriddle
 

Riceviamo e Pubblichiamo:

Questo testo è stato ricavato ricavato dalle pagine di un mensile specializzato che si occupa di tutto ciò di cui  la scienza “ufficiale”si guarda bene di non divulgare,  in quanto non rientra nel “politically conrect” del suo stile, dettato soprattutto da coloro che guidano le fila della cosiddetta “congiura del silenzio”.

Fabio Boscacci

Beregazzo, Como

6 aprile 2009

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La misteriosa Valcamonica, tra fantascienza e culto cosmico della Dea Madre.

La valle, come testimonia un numero rilevantissimo di petroglifi che partono dal neolitico (IV millennio a.C.) per finire a tempi storici ( medioevo ) più vicini a noi, era probabilmente il Sacro luogo dove si poteva celebrare a giusto diritto la confricazione primordiale, l’atto di nascita della civiltà umana. E proprio nella valle, troviamo a dialogare con gli umani, strani esseri “diversi” o per abbigliamento o per morfologia inspiegabile.
Si tratta di graffiti, tra i più antichi, che mostrano figure di umanoidi con grandissime teste a occhi globulari, impostate su fisici filiformi, assai simili al tipo di extraterrestre proposto da Steven Spielberg nei film “Incontri ravvicinati del terzo tipo” ed “E.T.”. stupisce molto trovare tra le figure umane ben leggibili e attive nelle opere dell’umanità neolitica, queste icone indecifrabili come allusioni misteriose a presenze ignote, ma accostate a quelle note. Tali personaggi presenti un po’ dovunque non sono molti ma sufficienti per lasciar capire che si tratta di un qualcosa di visto e classificato da occhi attenti.

Inoltre, per le loro caratteristiche costanti nelle varie aree della valle non dovrebbero essere considerati come capricci grafici o parti di fantasia. Ricordo, uno per tutti, un campione del sito di Luine. Nessuno studioso è riuscito ancora a fornire una spiegazione accettabile e tra pochi anni quelle immagini andranno purtroppo perse. Chi scrive ha già notato il degrado inevitabile che hanno subito negli ultimi quaranta anni, cioè, da quando furono liberati dalle zolle di terriccio muschioso che li coprivano. Scolpiti su rocce in pendio, se privati della protezione millenaria della terra, sono facile preda del dilavamento delle acque.

In alcune confessioni di donne accusate di malefici (periodo della caccia alle streghe in epoca medioevale) si parla inoltre della presenza di luci e fuochi freddi, soprannaturali.

A dare forza alla fantasia, concorre anche il fatto che tra i graffiti camuni è possibile rintracciare figure femminili con falce lunare, che danzano intorno a un defunto e capanne-tempio dedicate al culto del Sole e della Luna. Oltre alla rappresentazione di ominidi filiformi, macrocefali e occhiuti già menzionati, bisogna aggiungere che, dal neolitico in poi, il popolo della valle dimostra precise conoscenze astronomiche nelle varie geometrie arricchite da coppelle incise in molte rocce.

(I misteri di Hera, serie archeo misteri n° 33 marzo 2009)

 
 
 

L’Italia non esiste

Post n°33 pubblicato il 06 Marzo 2009 da theriddle
 

di Andrea Usai (20/02/2009)

Ecco le ragioni - secondo l'autore - per cui  l'Italia non è una nazione ma uno degli ultimi stati multietnici dell'Europa contemporanea. Il fallimento dello Stato italiano e dell'Europa.

Da qualche mese il sito www.limesonline.it ha lanciato un dibattito che non ha precedenti e che merita di essere affrontato da un punto di vista geopolitico e culturale: esiste l'Italia? Vale a dire: esiste l'Italia come nazione? E che dire a proposito dello stato italiano? A cosa serve, se ci serve? E l'Europa? Proverò a rispondere, per quanto mi riguarda, a tutte queste domande. Innanzitutto dobbiamo metterci d'accordo su cosa intendiamo per nazione.

La nazione, concetto storico-culturale, è infatti un noi più grande in cui un determinato gruppo di individui si riconosce perché condivide lingua, cultura ed etnia. Ora, dire che l'Italia sia una nazione, vorrebbe dire ignorare che i cosiddetti Italiani non solo non condividono la cultura, ma non condividono nemmeno la lingua (l'Italiano è infatti una lingua artificiale che è stata imposta dall'Unità d'Italia e che non appartiene storicamente a nessun ceppo etnico italiano) e neanche l'etnia, dato che non si può proprio antropologicamente parlando, sostenere che un sardo e un friulano appartengano alla stessa etnia. L'Italia quindi, non è una nazione. Sul fatto che potrà esserlo, ho qualche dubbio. Ad attuare politiche di nation-building ci provò la classe dirigente post-unitaria e poi il fascismo, ma entrambi fallirono miseramente. Dubito quindi che l'Italia possa essere una nazione in futuro perché dovrebbe accadere l'impossibile, ossia che i popoli italiani si stacchino completamente dalle proprie radici localistiche e campanilistiche, che abbandonino le loro lingue locali, i propri usi e costumi e le proprie mentalità. Insomma, per farla breve, l'Italia è in Europa l'ultimo stato plurinazionale rimasto. Belgio e Spagna infatti non sono così eterogenei come l'Italia.

E come potrà mai funzionare uno stato che tiene insieme più gruppi etnici in lotta e in tensione, rivali tra loro? Non molto bene. Gli stati africani ne sono un esempio clamoroso. Il nostro ne è un altro. Se quindi, dal punto di vista linguistico, gli Italiani parlano lingue diverse che appartengono loro per natura, ossia i vari volgari e l'Italiano è invece una lingua creata e imposta dallo stato, e i ceppi etnici sono diversi e poco amalgamati tra loro quel tanto basta che serve a non farli sentire nazione, la cultura non sta meglio. Possiamo veramente dire che esista una cultura italiana? No. La letteratura, quella vera, è sempre stata appannaggio dei campanili, delle realtà che noi chiamiamo locali, ma che in realtà sono le vere nazioni, delle città singole, dei dialetti, delle varie mentalità. E così il teatro.  Per quanto riguarda la musica e il cinema vale lo stesso metro di misura. Certo, ci potrà essere un filo conduttore comune, anche se sottile, ma questo non è sufficiente a fare una sola cultura. Altrimenti dovremmo ammettere che tutti i popolo europei in realtà appartengono alla stessa nazione. E invece una nazione europea non esiste. Le nazioni in Italia sono tante, troppe.

 Ecco perché la nazione italiana non esiste. Ora, arriviamo al vero punto cruciale. Stando così le cose, a cosa ci serve un stato italiano? Bisognerebbe aver letto Samuel Huntington per poter rispondere in una maniera interessante.
Huntington infatti dice che dopo il crollo delle ideologie, i popoli, le nazioni, nonostante la globalizzazione, tendono a fidarsi e a collaborare di più con i loro simili, vale a dire con i popoli che hanno lingua, etnia, cultura o anche uno solo di questi aspetti, con loro. Praticamente alla globalizzazione dell'economia corrisponde una glocalizzazione degli aspetti antropologici e culturali degli uomini. E questo è il vero motivo per cui gli stati nazionali, vale a dire gli stati moderni così come noi li conosciamo dalla Pace di Westfalia, perdono sempre più potere. Se quindi sono gli stati nazionali che perdono potere, al loro interno come al loro esterno, figuriamoci gli stati plurinazionali. Lo stato italiano, per farla breve, ha fallito. Non ci serve più. Da buon libertario-rothbardiano, mi verrebbe da auspicare che il sistema-stato finisca al più presto. Realisticamente però, nel frattempo, bisogna essere onesti e dirci che le cose, così come stanno, non ha senso che vadano avanti. Lo stato italiano non ci serve più. E allora che fare? Sarò sincero: il modello staterelli pre-unitario non mi convince.

Perché non può rispondere ai nostri bisogni e alle nostre esigenze. Piuttosto sarebbe più interessante la perdita dell'indipendenza. Passare sotto la tutela di uno stato-estero, magari mono-nazionale, meglio ancora se frutto di un melting pot, può essere la nostra salvezza. Lo dico sul serio. E l'Europa? Be, per l'Europa vale lo stesso discorso fatto per l'Italia. Anzi, è ancora più aggravato: perché le nazioni europee non si contano. L'idea di uno stato-europeo quindi è fallace e fallimentare per natura. L'Europa che ci serve, è un Europa rispettosa delle diversità, ma non succube delle elites dei singoli stati. L'Europa che ci serve non è un Europa che aspiri ad essere per gli Europei quello che voleva essere l'Italia per gli Italiani. Che avesse ragione Montale quando scriveva che la storia non è magistra di niente che ci riguardi?

(per una carta inviataci dall'autore dell'articolo, rimandiamo al volume cartaceo di Limes "Esiste l'Italia? (dipende da noi)" in uscita a il 3 marzo 2009).

 
 
 

Le lingue Locali in pericolo

Post n°32 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da theriddle
 

Atlante linguistico UNESCO online: le lingue locali in pericolohttp://linguedialetti.splinder.com/ di Gianluca Polli


UNESCO, GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA MADRE 2009 - Atlante linguistico online

articolo tratto da www.greenreport.it

Biodiversità umana: tutte le lingue in pericolo nell´Atlante Unesco.

LIVORNO. L´Unesco ha lanciato a Parigi la versione internet del suo nuovo Atlante delle lingue in pericolo nel mondo. Questo strumento interattivo propone dati aggiornati su circa 2.500 lingue in pericolo nel nostro mondo globalizzato e può essere completato, corretto, attualizzato in diretta grazie al contributo dei suoi utilizzatori. L´Atlante è stato presentato alla vigilia del 21 febbraio, giornata internazionale delle lingua materna e permette di ricercare, secondo diversi criteri e classificazioni, le 2.500 lingue in pericolo di estinzione divise in: vulnerabile, in pericolo, sériamente in pericolo, in situazione critica ed estinta dopo il 1950.

«Alcuni di questi dati sono particolarmente inquietanti – spiega la nota di presentazione dell´Unesco – su circa 6.000 lingue esistenti nel mondo, più di 200 lingue si sono estinte nel corso delle ultime tre generazioni, 538 sono in situazione critica, 502 seriamente in pericolo, 632 in pericolo e 607 vulnerabili».

199 lingue sono ormai parlate da meno si 10 persone, alter 178 hanno ormai tra 10 e 50 locutori. Tre i linguaggi ormai praticamente morti e dimenticati viene citato il Manx, la parlata tradizionale dell´isola di Man, estinto nel 1974 con la scomparsa di Ned Maddrell; l´Aasax della Tanzania, estinto nel 1976, l´Ubykh della Turchia, sparito nel 1992 insieme al signor Tevfik Esenç, l´Eyak dell´Alaska, scomparso nel 2008 con la morte di Marie Smith Jones.

Il direttore dell´Unesco, Koïchiro Matsuura, ha detto che «la scomparsa di una lingua porta alla sparizione di numerose forme del patrimonio culturale immateriale, in particolare della preziosa eredità costituita dalle tradizioni e dalle espressioni orali, dai poemi alle leggende, fino ai proverbi e ai motti di spirito, della comunità che le parla. La perdita delle lingue avviene così a detrimento del rapporto che l´umanità intrattiene con la biodiversità, perche esse veicolano numerose conoscenze sulla natura e l´universo».

Alla redazione dell´Atlantte hanno collaborato più di 30 linguisti che con questo imponente lavoro dimostrano che il fenomeno della scomparsa delle lingue si manifesta in tutti I continenti e in condizioni economiche molto diverse tra loro. Nell´Africa sub-sahariana, dove vengono parlate circa 2.000 lingue diverse (un terzo del totale mondiale) è probabile che nei prossimi cento anni ne scompaiano il 10%.

In India, Usa, Brasile, Indonesia e Messico, Paesi con grande diversità linguistica al loro interno, sono anche quelli che contano il maggior numero di lingue in pericolo di estinzione. In Australia l´inglese sta mettendo a rischio o degradando 108 lingue. In Italia le lingue a rischio sono 31: 5 sono seriamente in pericolo (Töitschu, Croato del molise, Griko del Salento, Griko della Calabria e Gardiol); 22 in pericolo (Occitano, Franco-provenzale, Piemontese, Ligure, Lombardo. Mocheno, Cimbro, Ladino, Sloveno, Friulano, Emiliano-romagnolo, Faetano, Arbëreshë-Albanese, Gallo-siciliano, Campidanese, Logudorese, Catalano-algherese, Sassarese e Gallurese, Corso), 4 sono vulnerabili (Walzer-Germanico, Veneto, Napoletano-calabrese, Sicilano).

L´Unesco avverte che «La situazione quale presentata nell´Atlante non è però sistematicamente allarmante. Così Papua Nuova Guinea, il Paese che registra la più grande diversità linguistica del pianeta (più di 800 lingue vi sarebbero parlate) è anche quello che ha relativamente meno lingue in pericolo (88)».

Così come, anche se nell´Atlante vengono classificate come estinte, alcune lingue sono oggetto di un´attività di riscoperta e rivitalizzazione il Cornique (Cornovagliese) o il Sîshëë della Nuova Caledonia ed è possibile che queste lingue morte risorgano a nuova vita.

Inoltre, grazie a politiche linguistiche favorevoli, diverse lingue autoctone vedono aumentare i loro locutori. E´ il caso dell´Aymara centrale e del Quetchua in Perù, del Maori in Nuova Zelanda, del Guarani in Paraguay e di diverse lingue amerindie (ed inuit) in Canada, negli Usa e in Messico. L´Atlante dimostra anche che una stessa lingua a destini diversi, per ragioni economiche, per le politiche linguistiche e per fenomeni sociologici, a seconda dei Paesi in cui viene parlata la stessa lingua non mantiene la stessa vitalità.

Per Christopher Moseley, un linguista australiano che ha curato la pubblicazione dell´Atlante, «Sarebbe naif e semplicistico affermare che le grandi lingue che sono state lingue coloniali, come l´Inglese, il Francese e lo Spagnolo) sono dappertutto responsabili dell´estinzione delle altre lingue. Il fenomeno di un sottile equilibrio di forze rilevato in questo Atlante permette ad ognuno di comprendere meglio questo equilibrio».

Questo il link all'Atlante linguistico dell'Unesco


http://www.unesco.org/culture/ich/index.php?pg=00206


Secondo l'Unesco, quindi le Nazioni Unite, le lingue in pericolo parlate nello Stato italiano sono 31. Secondo lo Stato italiano (Legge 482/99), le lingue in pericolo parlate nel suo territorio sono 12. Non sarebbe fose ora - anche per lo Stato italiano, così come per gli altri Stati - di mettersi al passo con la civiltà anche per quanto riguarda questo delicatissimo argomento, sempre più attuale in un periodo come questo, in cui ci troviamo a fare i conti con il più disastroso fallimento della globalizzazione e della sua ideologia culturalmente genocida? Non c'è altro da aggiungere, a questo punto. (gmp)

Tratto dal blog di Gianluca Polli:
http://linguedialetti.splinder.com/

 
 
 

"Scior del Torcol"

Post n°31 pubblicato il 22 Settembre 2008 da theriddle
 

Sabato 27 e domenica 28 settembre il vino di Valle Camonica torna protagonista a Losine nel corso della sagra "Scior del Torcol"-6^ Sagra del Vino di Valle Camonica.

Sabato dalle ore 19.00 e domenica dalle ore 14.30, apertura delle cantine con degustazioni, stand, spettacoli e punti ristoro con prodotti tipici.

Domenica mattina 28 settembre, in collaborazione col CSI Vallecamonica, si svolgerà la gara podistica non competitiva aperta a tutti "Su e giù per i vigneti"-4° Trofeo "Scior del Torcol", con un percorso di 6 Km attraverso i vigneti di Losine.









Sito internet dell'Associazione "Al Torcol" 

 
 
 

Spettacolo In lingua Bresciana

Post n°30 pubblicato il 19 Settembre 2008 da theriddle
 

SABATO 20 settembre 2008



La Compagnia Teatrale Giovanile Jolly propone per lultima volta
"LA COMEDIA"
SPETTACOLO IN LINGUA BRESCIANA
a Villachiara (BS) nel salone sportivo vicino alla piazza
ingresso
gratuito

ore 20.30

 
 
 

VAL CAMONICA

Post n°29 pubblicato il 19 Settembre 2008 da theriddle
 








 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« Valcamonica,
delle vallate lombarde la più estesa e non men celebre per guerreschi
fatti nelle antiche storie, per famiglie nobili e onoratissime, e per
uomini che sono stati illustri per lettere, per armi, e per carichi
importanti; per fertilità del suo suolo; per industria e per commerci
de' suoi abitanti... »


(Agostino Caggioli - Storia di Valcamonica, 1853[1])



 

La Val Camonica (o anche Valcamonica e, nei dialetti camuni, Al Camònega, poetico Camunia) è una delle valli più estese delle Alpi centrali, nella Lombardia orientale, lunga circa 90 km. Inizia dal Passo del Tonale, a 1883 mslm e termina alla Corna Trentapassi presso Pisogne, sul lago d'Iseo. Ha una superficie di circa 1335 km2[2] e 118.323 abitanti[3].

 

È attraversata in tutta la sua lunghezza dall'alto corso del fiume Oglio, che nasce a Ponte di Legno ed ha la sua foce nel Sebino tra Pisogne e Costa Volpino.

 

La Valle Camonica deriva il suo nome dal latino Vallis Camunnorum, ovvero la Valle dei Camuni (che i romani chiamavano Camunni).

 

La quasi totalità della valle è ricompresa nel territorio amministrativo della Provincia di Brescia, esclusi i comuni di Lovere, Rogno, Costa Volpino e la tributaria Val di Scalve facenti parte della provincia di Bergamo.


Leggi la scheda completa su WIKIPEDIA

 
 
 

Bobby Sands un martire della Libertà

Post n°26 pubblicato il 30 Luglio 2008 da theriddle
 

Gianni Sartori, da Quaderni Padani, n 34

Il cinque maggio del 1981, esattamente vent’anni fa (n.d.w. l'articolo è stato scritto nel 2001), in seguito allo sciopero della fame, all’età di soli ventisette anni moriva Robert (Bobby) Sands, la prima vittima della protesta attuata dai prigionieri politici dell’Ulster nelle carceri di Sua Maestà. Bobby era nato a Rathcoole (nord Belfast) nel 1954 da una famiglia non particolarmente impegnata politicamente (da madre cattolica e padre protestante) e viveva in un quartiere a maggioranza protestante. Durante gli anni dell’adolescenza Bobby conobbe di persona la repressione, gli attacchi lealisti, la perdita continua dell’occupazione (lavorò soprattutto come apprendista meccanico in qualche carrozzeria) che caratterizzano la vita di un gran numero di giovani cattolici. Schedato come “sospetto” già all’età di quattordici anni, a diciotto anni, nell’autunno del 1972, aderì all’Ira Provisional. Appena un mese dopo venne arrestato e condannato a tre anni da scontare a Long Kesh. Erano i giorni dello “Special Category Status” e Bobby seppe impiegarli proficuamente: studiò l’Irlandese con passione e lesse accuratamente le opere di Fanon e Gorge Jackson. I compagni di prigionia lo ricordano come dotato di una grande personalità, che funzionava da catalizzatore nelle discussioni. In libertà nell’aprile del ’76, si sposò ed ebbe un figlio: Gerard. A Twinbrook dove viveva si impegnò a fondo a favore della sua comunità: aprì una sede locale del Sinn Fein e della “Croce Verde” per assistere i prigionieri politici repubblicani. Nell’ottobre 1976 venne coinvolto con Joe McDonnel nell’attentato al Balmoral Forniture Company. Condotto al famigerato Centro per gli interrogatori di Castlereagh, vi subì la tortura e fu condannato a quattordici anni per il possesso di una pistola. Nel settembre 1977 venne trasferito al Blocco H di Long Kesh (prigioniero n. 1066) dove si unì immediatamente alla “protesta della coperta”. Convinto che fosse necessario informare e coinvolgere il più possibile la gente all’esterno sui problemi dei detenuti, cominciò a scrivere lettere e a scrivere articoli al Republican News, il giornale del Sinn Fein. In carcere si prodigò per appianare le divergenze tra militanti dell’IRA e dell’INLA, convinto che per riportare una vittoria nella campagna per lo “status di prigioniero politico” bisognava avere una stessa strategia unitaria. La sera del 27 gennaio 1981, i 96 prigionieri coinvolti nello spostamento d’ala dei blocchi H3 e H5 si ribellarono dopo che la direzione del carcere si era rifiutata di restituire i loro abiti (un modo per costringerli a indossare l’uniforme dei detenuti). Cominciarono a distruggere sistematicamente mobili, suppellettili e finestre delle celle. La risposta fu brutale. Furono rinchiusi nelle celle con i muri ricoperti di escrementi e i pavimenti di acqua, urina e cibo. Furono costretti a restarsene in quelle celle senza coperte e materassi. Prima di dare inizio allo sciopero della fame Bobby si preoccupò di risolvere questa situazione e solo dopo che i prigionieri erano stati trasferiti (il 1°marzo) cominciò a rifiutare il cibo. Contribuì di persona alla stesura della dichiarazione che annunciava l’inizio del nuovo sciopero della fame: “Noi, i Repubblicani Pows (Prigionieri di guerra, ndr), nei blocchi H di Long Kesh e le nostre compagne nella prigione di Armagh, abbiamo il diritto e con la presente chiediamo lo status politico. Rifiuteremo oggi come abbiamo costantemente rifiutato ogni giorno dal 14/9 1976, quando iniziò la protesta della coperta, i tentativi del governo inglese di criminalizzare le nostre lotte”. L’11 marzo 1981 il Comitato Nazionale del Blocco H sollevò il problema dei prigionieri alla Commissione dei Diritti Umani a Ginevra. Il 23 marzo Bobby Sands venne trasferito dall’H3 all’ospedale della prigione per tentare di isolarlo. Venne presentato come candidato nazionalista per Fermanagh South Tyrone al seggio di Westminster, vacante per la morte di Frnak Maguire. Sebbene fosse molto debole dopo un mese di sciopero della fame, si impegnò a fondo durante la campagna elettorale e venne eletto. Ormai completamente cieco, senza riflessi, paralizzato a metà coperto da piaghe da decubito (il suo peso era sceso da 60 a 40 chili) morì dopo due giorni di coma, alle 1 e 15 del mattino del 5 maggio 1981, nell’ospedale della prigione di Long Kesh. I funerali si svolsero nella chiesa di San Luca (Twinbrook – West Belfast) e vi parteciparono circa centomila persone. Tra questi anche sei parlamentari europei. L’IRA gli rese gli onori militari. È sepolto a Milltown.

 
 
 

CAMPIONI DEL MONDO!!!!

Post n°25 pubblicato il 14 Luglio 2008 da theriddle
 
Tag: sport

(AGM-DS) - 14/07/2008 0.21.12 - (AGM-DS) - Milano, 14 luglio - La Padania ha vinto la seconda edizione della Coppa del Mondo Viva. Si tratta del torneo mondiale, giunto alla sua seconda edizione, per squadre nazionali non riconosciute o riconosciute ma non affiliate ne` alla FIFA ne` ad altre organizzazioni internazionali.
In Lapponia, nella parte settentrionale della Scandinavia, nelle citta` di Gällivare e di Malmberget, la squadra biancoverde ha superato con il punteggio di 2-0 l’Aramea, territorio situato in Medio oriente nei pressi della Siria.
In precedenza la Padania aveva superato, nell’ordine, la Provenza (6-1), il Kurdistan (2-1) e la Lapponia padrona di casa (2-0).
La prima edizione della manifestazione, a cui la Padania non aveva partecipato, era stata vinta proprio dalla Lapponia, che si era imposta con un clamoroso 21-1 sul Principato di Monaco.
Fra i giocatori della Padania da segnalare la presenza di Alessandro Dal Canto e Massimiliano Scaglia (Treviso), Federico Cossato (Chievo) con il fratello Michele (con un lungo passato di Serie A ma ora al Domegliara in D).

Il cammino trionfale della nazionale Padana

Le foto

 
 
 

Padania-Lapponia 2-0 SIAMO IN FINALE!!!!

Post n°24 pubblicato il 11 Luglio 2008 da theriddle
 
Tag: sport

Terza vittoria consecutiva per la nazionale Padana che ai mondiali VIVA in corso a Galliware, piega con un perentorio 2 a zero i padroni di casa e campioni uscenti della Lapponia. Partita tiratissima (la terza consecutiva in tre giorni), risolta nel secondo tempo dalle reti di Cossato e Ligarotti.

La vittoria odierna consente ai Biancoverdi di accedere con un incontro di anticipo alla finale di domenica 13, che la vedra opposta a Kurdistan o Assiria che si stanno affrontando in questo momento.

Domani si disputeranno le ultime due partite del girone di qualificazione Padania - Assiria (possibile anticipo di finale) e Lapponia - Provenza.

 
 
 

Padania - Kurdistan 2-1

Post n°23 pubblicato il 11 Luglio 2008 da theriddle
 

Altra vittoria per la nazionale della Padania, che nell'incontro disputato contro il Kurdistan si impone per due reti a uno. La partita è stata molto intensa, ed anche le tifoserie si sono fatte sentire, con i curdi che hanno sventolato uno striscione gigante raffigurante la loro bandiera. Nonostante la pioggia battente, i supporters delle due formazioni non hanno fatto mancare il loro tifo, incitando i propri giocatori con cori e slogan. Con questa vittoria gli uomini di Leo Siegel si portano al comando del girone a quota sei punti, parimerito con l'Assiria, che nell'altro incontro della giornata odierna si è imposta per cinque reti a zero sulla Provenza. Nella fotografia, i tifosi padani durante la partita incitano la propria squadra.

FOnte: http://blog.libero.it/desio/5051131.html?ssonc=1158040083

 
 
 

IX CELTIC DAYS A OME (Bs)

Post n°22 pubblicato il 10 Luglio 2008 da theriddle
 

Giovedì 10/07/2008

Serata d'apertura.
Ore 20.45 concerto Folkstone.

Tutti i giorni: Visita agli accampamenti storici, dimostrazioni di combattimento, antichi mestieri all'opera, pony per bambini, giochi celtici, laboratorio di archeologia sperimantale, tiro con l'arco storico, Ristorante celtico, stage di danze celtiche a cura del gruppo Pindarica e tanto altro an cora. (il programma può subire lievi variazioni)


Venerdì 11/07/2008

Ore 20.30 Saluto delle autorità.
Ore 21.00 Concerto Charlie Cinelli.
A seguire "Nottata di Stelle" a cura della UAB (Unione Astrofili Bresciani)

Sabato 12/07/2008 

durante la giornata: giochi celtici, laboratorio di archeologia sperimantale, tiro con l'arco storico, pony per bambini, e tanto altro ancora.
Ore 18 "Le Origini di Brixia fra Celti Etruschi e Romani" a cura del Prof. A. Gaspani
Ore 19.00 Stages di danze celtiche a cura del gruppo Pindarica
Ore 21.30 Concerto Saor Patrol
A seguire "Nottata di Stelle" a cura della UAB (Unione Astrofili Bresciani)

Domenica 13/07/2008

durante la giornata: De Bello Gallico - Dimostrazione di Wargame storico a cura del gruppo Legio Felix - Brothers in games, giochi celtici, laboratorio di archeologia sperimantale, tiro con l'arco storico e tanto altro ancora.
Ore 17.30 Battaglia celtica.
Ore 19.00 Stages di danze celtiche a cura del gruppo Pindarica
Ore 21.00 Concerto Cisalpipers

maggiori dettagli su www.confraternitaleone.com

INGRESSO ED EVENTI GRATUITI

 
 
 

Padania-Provenza 6 a 1

Post n°21 pubblicato il 09 Luglio 2008 da theriddle
 
Tag: sport

E' iniziata sotto i migliori auspici l'avventura della nazionale padana ai mondiali per le nazioni non affiliate alla FIFA, in corso a Gallivare in Lapponia.

I biancoverdi guidati da Leo Siegel hanno affondato la nazionale della PRovenza con un perentorio 6 a 1.

Le reti sono state di Cossato (PAD) 7', Giordano (PRO) 23', Salandra (PAD) 34', Ligarotti (PAD) 36', Salandra (PAD) 45' penalty, Ligarotti (PAD) 80', Ferrari (PAD) 90'

Qui potete scaricare il tabellino della partita

Questo invece il sito ufficiale della manifestazione http://www.vivaworldcup.info/, con tutte le informazioni sulle squadre partecipanti e sui risultati.

Qui invece trovate tutte le foto della spedizione padana in Lapponia http://www.flickr.com/photos/leganordpadania/

 
 
 

Sergio Borsato - I giorni dell'IRA

Post n°20 pubblicato il 27 Giugno 2008 da theriddle
 

Sul sito www.sergioborsato.it si può scaricare GRATUITAMENTE “I giorni dell’IRA” ultimo album del grande Cantautore Veneto. Un disco fantastico fatto di rock, malinconia  e storie fatte di cuore e di stomaco. Imperdibile!

Biografia

Sergio Borsato nasce in Svizzera nel 1962. Figlio di immigrati veneti, trascorre la sua infanzia in parte con i nonni paterni, a Cartigliano - un ridente paesino delle campagna veneta alle porte di Bassano del Grappa situato sulle sponde del Fiume Brenta - e una piccola cittadina svizzera vicino a Zurigo.
A 6 anni inizia a suonare l'armonica a bocca e a 10 il padre gli regala la prima chitarra, una sei corde spesso a cinque... Pink Floyd, Eagles, America, Crosby ... e gli italiani De Andrè, Bubbola, De Gregori, Guccini, Bertoli, Vasco lo accompagnano. Inizia a scrivere la prime canzoni nel 1978, all'età di 16 anni. A 18 anni inizia a frequentare circoli filologici locali e, a Bassano del Grappa, conosce e frequenta il poeta scomparso Gino Pistorello, "Pisto" per gli amici, con il quale inizia un interscambio di idee linguistiche e culturali, di cui conserva scritti e poesie. Prende coscienza che il Veneto è una lingua di trasferimento e di appartenenza. Inizia a scrivere la prime canzoni in coiné Veneta. Collabora con vari gruppi musicali locali. nei sotterranei e nelle cantine nascono le prime armonie, le prime canzoni. Nel 1986-87 si avvicina a gruppi che perseguono finalità autonomiste ed indipendentiste ed è in questo ambiente che nascono le prime idee musicali. Significativi sono gli album "Camicia Verde" (1996), "Sempre Avanti" (1998) ed "Eclissi" (2000), che rimangono comunque album di forte contestazione e antisistema, quindi scomodi e, per questo motivo, distribuiti solo attraverso canali non tradizionali e "censurati" dal sistema mediatico. Nonostante ciò, Borsato riesce comunque a destare l'attenzione degli addetti ai lavori. Nel 1999 inizia il suo primo tour musicale che lo porta nelle principali città della padania, 15 città che accolgono calorosamente il cantautore e la sua "Wallace band". da questo tour nasce l'album "live tour 1999" , 500 copie limitate e dedicate ai supporters. Nel 2001 l 'incontro con il compositore ed arrangiatore Nicola Albano, direttore del Daigo Recording Studio di Padova, con il quale nasce subito un rapporto di amicizia e di collaborazione artistica importante. Da questo incontro, complice l'amico Fermino Dal Canton, nasce da lì a poco una nuova casa di produzione musicale indipendente, Daigo Music Italia srl, con la quale i 3 daranno vita al primo grande progetto discografico "La strada bianca". La scelta dei musicisti ricade su nomi di maggior prestigio nazionale ed internazionale quali Andrea Braido alle chitarre (Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Mina, Celentano, etc), Massimo Varini, alle chitarre (Nek, Laura Pausini, etc), Davide Ragazzoni alla batteria (Branduardi), Stefano Olivato al basso (Patty Pravo), oltre ad una serie di musicisti molto bravi tra i quali Marco Fanton (chitarre) e Alessandro Chiarelli (violino). Nel 2003 Sony Music Italia, ascoltato l'album, avvicina l'artista e decide di distribuirlo in tutta Italia e all'estero con un contratto in esclusiva, tramite anche i piú prestigiosi portali internet in Germania, Svizzera, Francia, Stati Uniti, etc. L'album, che desta molto interesse anche da parte della stampa internazionale, viene recensito tra l'altro su America Oggi, il piú importante quotidiano americano dedicato agli italiani all'estero, oltre che su varie testate nazionali

RAI 2, nel settembre 2004, lo vuole come ospite al Follia Rotolante Tour, nella tappa di Lido degli Estensi e verrà visto in seconda serata da oltre 1.000.000 di telespettatori. Il primo singolo dell'album "La strada bianca" viene programmato da numerose emittenti radiofoniche italiane.

"La Strada Bianca è l'anello di congiunzione tra passato e presente, con l'obbiettivo di aprire i cassetti della memoria presenti in ognuno di noi".

La storia è in continua evoluzione... tra pub, birrerie, osterie e locande, nasce nel gennaio 2005 con il supporto dei veri amici, su tutti Fermino e Lorenzo, il progetto "Figli di una luna storta" (FDULS), con l'obiettivo di radunare tutti i supporters ed amici per scambiare idee, progetti e quant'altro.

 

 

04/06/2008
Recensione di Fermino Dal Canton di Daigomusic Italia

Al primo ascolto de "I Giorni dell'IRA", si sentono nella pelle storie fatte di cuore e di stomaco. Inizi ad ascoltarlo e ti dimentichi di tutto ciò che in quel momento ti circonda. Esattamente l'effetto che deve fare un buon disco. Borsato è un artista puro, uno di quei tipacci difficili da gestire ma che, se gli vai a genio, può esserti amico eterno. Un uomo disponibile, dove puoi parlargli e andare a bere qualcosa insieme in uno di quei posti maledetti dove si ferma il tempo.
E mi inorgoglisce il fatto di essere uno dei pochi a conoscerlo, come trovare una pepita d'oro grande come un macigno. In Italia si parla molto di Ligabue, del grande vasco e di moltri altri figli della musica e penso, che tra questi, un posto al sole se lo meriti pure lui....e che posto! Borsato però, oggi, è nostro e basta, ottimo vino per palati fini. Io credo che le cose belle rimangono tali per sempre e "I Giorni dell'IRA" è una di quelle cose, pietra preziosa che si incastona nel cuore. Ci sono un sacco di motivi per cui quest'album è un bene prezioso, uno su tutti il fatto che Borsato trasmette l'incazzatura nera contro l'amara sorte che ha colpito molti popoli. Lui è un maledetto come Bukowski, ma non entra nel gioco della disintegrazione epatica, piace alle donne e le sue canzoni sono allegre, dolci, ma con uno strano retrogusto amaro. In alcuni momenti ti ritrovi a ridere come un pazzo, ma dopo un pò, all'ascolto attento, ci ripensi, riascolti e ti accorgi che non c'era proprio nulla da ridere. Che quella che stai ascoltando è una storia di disperazione. Invidio la sua rabbia, l'ostinazione di voler far riconoscere le miserie umane, la volontà granitica di non cedere a un'esistenza mediocre, che ti vuol relegare a tutti i costi tra gli ultimi o peggio, i dimenticati. "I Giorni dell'IRA" è un disco maturo, a mio avviso il più bello in assoluto di Borsato, spiccano arrangiamenti intelligenti, sobri che ricordano nell'esecuzione il grande country/rock americano con licenze folkeggianti e testi che parlano di indiani d'america, reduci, Irlanda e IRA, di indipendenza e amore, di radici profonde e tradizioni.
Ballate come "La Figlia del Locandiere" o melodie sottopancia come "Passando per Nashville", dove si racconta la parte più intima di un reduce che torna dalla Cambogia e vede la casa della donna che ama e lo aspetta in quella casa dopo il ponte del treno, quel treno che, prima lo ha strappato alla sua vita e poi lo riporta alla vita, unico filo di comunicazione, di sogno e speranza. Il ritorno, e la vita che ricomincia. E poi avanti con il canto disperato degli indiani d'america in "Filo Rosso" e "Woundeed Knee" dove senti chiaro, come la lama fredda di un coltello, il tradimento subito dagli stessi ad opera dei colonizzatori in armi. E prosegue raccontando l'emigrazione dall'Irlanda, ma potrebbe essere da qualsiasi altra parte del mondo, verso l'America, da parte del "......figlio di un ricercato" appartenente all'IRA "io che intonai per l'IRA". Un disco generoso che profuma di bucato appena steso, di infilate di gelsi, grandi praterie, di fiori che sbocciano e anime che volano. E vecchi mercantili arrugginiti che entrano nei porti carichi di poca carne e ossa che camminano, di carbone e topi, pieni di sogni che bruciano da svegli.
Lo stile di Borsato si avvicina molto al leggendario Woody Guthrie e lo accomuna anche il fatto che, come Guthrie, Borsato racconta l'altra faccia di un sogno.
Chi lo ascolta, alla fine, si sente un pò come lui. Lui che vive nel suo Veneto, figlio di emigranti, lui che sta vicino e da voce a coloro che per un motivo o per l'altro sono "Figli dell'altra parte" siano essi emarginati che lottano contro, o piuttosto stranieri in casa loro, plagiati da una storia raccontata a senso unico. E invito perciò, chiunque mi legge, di asoltare questo cantante da prateria, questo ineffabile lupo solitario che vive rasente al suolo, come una spia di un mondo che sta scomparendo. Vi farà uscire dall'oscurità e vedrete sterminate distese di campi di grano e praterie, vivrete avventure degne di un leone. perchè sa raccontare le gioie e le miserie quotidiane con la stessa grandezza con cui Omero narrava le gesta epiche dei Greci e dei Troiani.
In "I Giorni dell'IRA" Borsato è riuscito a darci immagini vivide della Libertà e di una vita ricca di emozioni.

 
 
 

VIVA World Cup

Post n°19 pubblicato il 19 Giugno 2008 da theriddle
 

7-13 luglio 2008 2° edizione di VIVA World Cup
GÄLLIVARE – Lapponia


Per la seconda volta si svolge il campionato della Non-Fifa-Board, la federazione dei paesi non riconosciuti che raggruppa territori e nazioni non ancora indipendenti e non iscritte alla Fifa.

La Lapponia ospita il campionato essendo la squadra vincente della scorsa edizione.

Alcuni Links utili:
La Lapponia: http://www.swedishlapland.com/en-GB/noflash/colours.aspx?lang=it
Il sito della federazione: http://www.nf-board.com/
Il sito del “VIVA World Cup” http://www.vivaworldcup.info/
Il forum nella federazione http://www.nf-board.com/forum/

Il sito della Nazionale Padana http://www.padaniacalcio.net/

Alcuni dei probabili componenti della nazionale Padana

Pedersoli Mattia, Bigatti Federico, Cossato Michele, Dato Carmelo, Capelli Marco, Piovani Gianpietro, Leoni Ermanno, Didonè Oreste, Nervo Carlo, Pavone Cristiano, Ganz Maurizio, Checchini Claudio, Colombo Lorenzo, Valtolina Fabian, Facchinetti Giuseppe, Quaglia Andrea, Ferrari Giacomo allenatore Leo Siegel


Il calendario ufficiale delle partite della competizione calcistica mondiale "Viva 2008" a Gällivare (Svezia).

UOMINI
T1 = Lapponia
T2 = Padania
T3 = Provenza
T4 = Aramea
T5 = Kurdistan

DONNE
T1 = Lapponia
T2 = Kurdistan

Lunedì 07 Luglio
22.00 Cerimonia di Apertura
23.00 T5 - T1 Lapponia – Kurdistan c/o Stadio di Gällivare
(Apertura Giochi)

Martedì 08 Luglio
17.00 T3 - T2 Provenza – Padania c/o Stadio di Gällivare

Mercoledì 09 Luglio
13.00 T3 - T5 Provenza – Kurdistan c/o Stadio di Malmberget
17.00 T4 - T1 Aramea – Lapponia c/o Stadio di Gällivare

Giovedì 10 Luglio
12.00 T4 - T3 Aramea – Provenza c/o Stadio di Malmberget
15.00 T2 - T5 Padania – Kurdistan c/o Stadio di Gällivare
18.00 Donne Lapponia – Kurdistan c/o Stadio di Malmberget

Venerdì 11 Luglio
13.00 T1 - T2 Lapponia – Padania c/o Stadio di Malmberget
17.00 T5 - T4 Kurdistan – Aramea c/o Stadio di Gällivare

Sabato 12 Luglio
12.00 T2 - T4 Padania – Aramea c/o Stadio di Malmberget
16.00 T1 - T3 Lapponia – Provenza c/o Stadio di Gällivare

Domenica 13 Luglio
11.00 Incontro 3° -4° posto c/o Stadio di Malmberget
14.00 Donne Lapponia – Kurdistan c/o Stadio di Gällivare
17.00 Finale 1° -2° posto c/o Stadio di Gällivare
20.00 Cerimonia di premiazione al Grand Hotel Lapponia di Gällivare

 
 
 

FORUM CULTURA 2008

Post n°18 pubblicato il 16 Maggio 2008 da theriddle
 

Breno 16 maggio 2008

Forum delle Associazioni e dei gruppi culturali della Valle Camonica

Tema: “Icroyable Richesse” Proposte per il futuro della media Valle Camonica
Associazione: Ass.Culturale Giovani Padani
Sito internet:
 http://blog.libero.it/camunia
 

“La Valle Camonica, patrimonio inestimabile da valorizzare”

Dott.ssa SAbina Mastroeni - Severino damiolini

La Valle Camonica presenta un patrimonio culturale e naturale vario e molto ricco e per questo non sempre assimilabile, inoltre le diverse esigenze del turista necessitano di pacchetti adeguati e sempre diversi, coerenti con le richieste specifiche (scuola, pubblico adulto e/o straniero) che sono tra le più variegate, pacchetti costruiti su misura sfruttando la competenza e la professionalità delle singole associazioni presenti sul territorio e specializzate da anni in ambiti precisi.  

E’ evidente che specializzazione significa qualità! 

La conservazione, il restauro e la valorizzazione degli ambienti di vita tradizionali, del patrimonio naturalistico e di quello storico-artistico di cui la nostra valle è impregnata possono essere possibili solo attuando una programmazione ed un coordinamento che coinvolgano tutte le realtà turistico-culturali presenti sul territorio, facendo molta attenzione però, laddove è importante incrociare le varie professionalità, a  lasciare la giusta autonomia alle associazioni di collaborare tra loro per soddisfare varie esigenze richieste. 

Si rende praticamente indispensabile quindi lo sviluppo di un ENTE UNICO DI GESTIONE DEL TURISMO IN VALLECAMONICA che coordini tutte le iniziative valligiane (evitando la sovrapposizione di eventi) senza però limitare la professionalità acquisita negli anni da molti operatori camuni e facendo molta attenzione a che questo non diventi uno dei troppi “enti inutili” creati solo per  distribuire favori agli “amici degli amici” o per garantire la sedia a qualche “amministratore professionista”. 

Riteniamo che compito di un ente centrale sia innanzitutto risolvere l’annoso problema di una promozione che sia unica e della ricerca di risorse da distribuirsi, ovviamente, non secondo logiche politiche bensì seguendo quelle dettate dalle reali esigenze del turismo moderno.   

Esplorare un territorio significa saperlo avvicinare nelle sue più intime strutture, lasciandosi guidare dall'esperienza delle sue genti, prestando attenzione alla storia quanto all'ecologia, assaporando il mutare delle stagioni dal verde dei suoi monti fino alle rive del suo lago, cogliendo le suggestioni dei suoi vini e della sua cucina. In questo senso il turismo diviene consapevole, cioè ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente, eticamente e socialmente equo nei riguardi delle comunità locali: un turismo che deve assicurare un'evoluzione accettabile per quanto riguarda l'impatto delle attività sulle risorse naturali, sulla biodiversità e sulla capacità di assorbimento dei prodotti residui.

Componenti fondamentale del patrimonio culturale della nostra valle sono anche l’artigianato,  l’agricoltura  e i prodotti tipici. A nostro parere è urgente un intervento immediato finalizzato alla salvaguardia del nostro ecosistema montano attraverso la Costituzione di un Marchio che identifichi tutti i prodotti Camuni sulla falsariga dell’esperienza Trentina e Valtellinese. Un unico marchio, un’unica immagine (nome Val Camonica o Valle Camonica? Quale logo? Quali colori?) un marchio che sia visibile e riconoscibile ovunque e che identifichi progetti che non siano sporadici tentativi di promozione della durata di pochi anni, ma siano interventi strutturali pensati a largo respiro.

Secondo un piano di “dissemination” comune decidere quale materiale informativo produrre, CD, materiale cartaceo, il sito etc., per promuovere finalmente un prodotto che sia complessivo, all’interno del quale poi ogni associazione a seconda della propria specializzazione possa trovare il suo spazio, mantenendo una certa autonomia.

La libera concorrenza crea infatti un miglioramento dell’offerta.

Come poi non considerare che oggi il turista, soprattutto il turista straniero, si muove sempre più indipendentemente nell’ampio mercato delle offerte turistiche attraverso internet?

Il sito ufficiale (ma esiste? Voli? Invallecamonica.it? vallecamonica.net?) dovrebbe essere continuamente aggiornato con le ultime novità, gli eventi, le manifestazioni ed i links delle diverse associazioni, in modo che ognuna possa poi offrire la propria professionalità specifica. Un sito che dovrebbe essere posizionato il più in alto possibile nei motori di ricerca, sfruttando degli spazi a pagamento o anche dei circuiti di scambio banner; oltre a prevedere una versione quantomeno in lingua inglese, ma sarebbe il caso anche francese, tedesca e spagnola. Ci chiediamo infatti come possa oggi un turista straniero capire cosa la Valle può offrirgli. Confrontiamo i numerosi siti camuni con il sito ufficiale dell’Alpe di Siusi (www.alpedisiusionline.it): la differenza è palese…. 

Turismo culturale a 360 gradi.
E’ ormai innegabile come, anche negli ambienti culturali e istituzionali, si stia progressivamente estendendo il concetto stesso di patrimonio culturale, fino a  comprenderne elementi, oltre che materiali, anche immateriali e intangibili fondati sul riconoscimento dell’identità delle comunità e sul valore della diversità che vanno dagli ambienti naturali antropizzati (paesaggi culturali) alla produzione artistica, allo spettacolo, all’alto artigianato, alla filiera enogastronomia, alle culture tradizionali.

Per questo motivo riteniamo fondamentale la creazione dei cosiddetti “ecomusei” (termine coniato proprio da da Hugues de Varine) pensati come strumenti per tutelare le tracce delle società rurali in un momento in cui l'urbanizzazione, le nuove acquisizioni tecnologiche e i conseguenti cambiamenti sociali rappresentavano un rischio reale di completo oblio di un patrimonio culturale millenario. L'ecomuseo interviene infatti sullo spazio di una comunità, nel suo divenire storico, proponendo "come oggetti del museo" non solo gli oggetti della vita quotidiana ma anche i paesaggi, l'architettura, il saper fare, le testimonianze orali della tradizione, ecc.

Le esperienze ecomuseali in Italia sono numerose e spesso molto diversificate, anche per le divergenze interpretative da parte dei soggetti promotori. Vale la pena ricordare che, accanto ad iniziative isolate, esistono reti di ecomusei, in fase di espansione, realizzati sulla base di leggi regionali specifiche. Il Piemonte è stata la prima regione a dotarsi di uno strumento normativo in materia (L.R. 31/95), seguita dalla provincia autonoma di Trento e dalla regione Friuli - Venezia Giulia e recentemente dalla Regione Lombardia (L.R. 13/2007).

In quest’ottica le notevoli ricchezze che la Valle Camonica offre sotto il profilo storico, culturale, artistico e naturale possono essere classificate e valorizzate attraverso l’individuazione di tre principali filoni o percorsi, che propongono la suggestiva occasione di esplorarla da altrettanti punti di osservazione: 

Il Percorso della Memoria.
La particolare collocazione geografica ha reso il territorio Camuno una terra di confine e di passaggio quale strategico valico di accesso al mondo alpino. Numerosissime le tracce lasciate da condottieri, personaggi storici, popoli e culture: gli antichi camuni, la contaminazione dei celti prima e degli antichi romani poi, il passaggio di Carlo Magno e del Barbarossa, e così via sino ai drammatici segni della Grande Guerra, che interessò fortemente la nostra terra ed in particolare il massiccio dell’Adamello;

Il percorso del Lavoro.
Le specifiche caratteristiche del territorio, dominato dall’ambiente montuoso, hanno spinto gli abitanti a basare la loro esistenza principalmente sulla sfera rurale, della quale sono state tramandate innumerevoli testimonianze e da cui dipende ancor oggi l’attività di una piccola parte della popolazione. Molte delle mansioni proprie del mondo contadino sono rintracciabili nel cospicuo numero di fienili e casolari, posti a varie quote lungo tutto il tratto della Valle, nelle malghe ed in molte abitazioni collocate nei centri storici, che conservano le caratteristiche di un tempo. Fenomenale è l’archeologia industriale legata alla lavorazione del ferro; 

Un percorso dell’Arte che consenta di valorizzare le varie tipologie di arte presenti in Camunia,
permettendo al turista di assaporare le ricchezze storico culturali della nostra valle, partendo dalle incisioni rupestri, passando per l’architettura rustica, l’arte sacra e l’arte romana che, molto spesso, si intersecano tra loro dando origine a “fenomeni culturali” tipicamente camuni. 

Gli Alberghi diffusi
Naturalmente il turista dev’essere messo in condizione di poter fruire dell’offerta turistico-culturale anche dal punto di vista logistico. Per questo motivo proponiamo la creazione dei cosiddetti “Alberghi diffusi”: strutture ricettive unitarie che si rivolgono ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri. L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. Tale formula si è rivelata particolarmente adatta per borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati e ormai disabitati, ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni. 

L'offerta dell'albergo diffuso si pone nel mercato turistico come tipologia ricettiva in grado di offrire capacità di soddisfare i desideri di un’utenza esigente ed esperta; rispetto e recupero dell’ambiente culturale;  autenticità e originalità della proposta; gestione tipicamente familiare; creazione di un indotto virtuoso con la valorizzazione delle tradizioni gastronomiche, artistiche e artigianali, e contesto ideale per organizzare convegni, simposi, attività culturali; crea inoltre opportunità di lavoro correlate.

Cosa non fare
Quello che noi invece non vogliamo è che l’ente unico di gestione diventi un “pentolone” in cui finiscano progetti, specializzazioni e teste talmente diversi tra loro che risulterebbero poi molto difficili da mettere d’accordo, e soprattutto interessi politici diversi che porterebbero alla creazione di altre poltrone inutili con conseguenze disastrose sull’immagine e della Valle e senza risultati apprezzabili.

 Basti pensare che in Valle non si riesce neanche ad accordarsi sugli standard qualitativi che una guida turistica dovrebbe possedere, tra cui importante ed ora quasi inesistente è la conoscenza delle lingue straniere. Non servono infatti più studi di fattibilità o  un censimento del patrimonio culturale e dei soggetti che operano sul territorio, naturalistico e delle tradizioni della Valle poiché esistono già,ciò significherebbe sprecare altre risorse inutilmente, servono invece azioni mirate ed interventi strutturali.

E’ noto infatti come il territorio della Valle, a livello turistico, sia estremamente diviso tra Secas, Comunità Montana e Provincia, in una babele ove ognuno organizza eventi e progetti  scollegati l’uno dall’altro senza una politica comune, facendosi talvolta la guerra e spendendo montagne di soldi pubblici.

Conclusioni
La risorsa culturale può fungere da attrattore e volano di sviluppo per i settori del turismo culturale di qualità e dell’industria culturale nella sua accezione allargata, ed in quanto tale  in grado di: rafforzare i processi di identità culturale di aree territoriali; promuovere lo sviluppo socio-economico locale; sviluppare processi di sviluppo sostenibile dei flussi turistici, costituendo, nel contempo, un capitale strutturato ed un fattore specifico di specializzazione, in grado di contrastare gli impatti negativi della globalizzazione dei mercati valorizzando i propri elementi distintivi  di identità ed autenticità, contro i rischi della banalizzazione e omogeneizzazione culturale.

Il tutto a patto che gli attori operanti sul territorio gestiscano tali risorse in maniera integrata: Beni Culturali, identità culturale, ambiente naturale e prodotti tipici devono essere inseriti in reti o sistemi di offerta, al fine di consentine la massima capacità di fruizione da parte del turista e contestualmente consentire all’ente gestore di fornire un servizio di eccellenza sotto tutti i punti di vista.

L’idea di trovare delle basi comuni per organizzare il turismo in Valle, non è certo nuova e se ne parla già da troppi anni. Speriamo quindi vivamente che la futura creazione di un ente unico di gestione del patrimonio turistico della Valle Camonica sia finalmente fatto con lungimiranza e possa dare al nostro territorio ampie prospettive future

 

 
 
 

Riceviamo e segnaliamo con piacere

Post n°17 pubblicato il 08 Maggio 2008 da theriddle
 

 

GLI AMICI DEL SENTIERO PRESENTANO :

LA ROSA CAMUNA: SIMBOLO EUROPEO ?

RELAZIONE A CURA DEL PROFESSORE FRANCO GAUDIANO

Mercoledì 14/05/2008 presso il teatro di

Sellero alle ore 20,30

 

NELLA SERATA SI PRESENTERA' LA PASSEGGIATA

“ A SPASSO NELLA STORIA “

il ricavato verrà interamente devoluto al costruendo ospedale oncologico LAUDATO SII di Rivoltella del Garda

 
 
 

Il Canton Ticino riconosce la Padania

Post n°16 pubblicato il 07 Maggio 2008 da theriddle
 

“Svolta” di Norman Gobbi nel giorno del suo insediamento a presidente del Gran Consiglio del Cantone
Il Ticino è vicino. Molto vicino. Non solo geograficamente, ma anche e soprattutto culturalmente, socialmente ed economicamente. Ma da ieri pure politicamente. Nel corso del suo discorso di insediamento al Gran Consiglio del Ticino (di fatto il Parlamento del Canton Ticino), il presidente Normann Gobbi Vais ha infatti più volte evocato ed esaltato la Padania, riconoscendo affinità di valori e un'integrazione transfrontaliera che esiste nei fatti. In pratica, come racconta Simone Maccagnan, che ha assistito ad una giornata di festa che si è trasformata naturalmente in un gemellaggio tra Padania e Ticino, «si è realizzata una sorta di mutua autodeterminazione. Il presidente ticinese ci ha aiutato ad autodeterminare una comunità - la Padania - della quale anch’egli si sente parte». Diversi gli esponenti politici del Carroccio presenti all'insediamento del parlamento ticinese: i deputati Giancarlo Giorgetti e Nicola Molteni, il presidente della provincia di Varese Dario Galli, il consigliere provinciale Matteo Bianchi. Una delegazione nutrita e di livello che testimonia l’amicizia che da anni si è cementata tra la Lega Nord e la Lega dei Ticinesi, tanto che gli esponenti del Carroccio hanno ricevuto pubblicamente elogi e ringraziamenti.
Una giornata storica, dunque, in quanto mai prima d’ora il massimo rappresentante istituzionale di uno stato (per quanto facente parte di una confederazione) aveva nominato in un’occasione ufficiale la Padania come partner naturale, facendola di fatto assurgere a ruolo di stato sovrano. Nel suo discorso inaugurale, Normann Gobbi Vais non ha mai parlato d’Italia, mentre ha citato per ben quattro volte la Padania, sottolineando l’importanza dei collegamenti ad essa, sia di natura infrastrutturale, che dal punto di vista delle affinità socio-economiche e culturali, mettendo in risalto la comunanza e la condivisione degli stessi valori.
La grande amicizia dei ticinesi nei confronti dei padani si è palesata anche quando è stato suonato in onore dei fratelli confinanti il “Va Pensiero”, che ha commosso i presenti. ma a colpire i padani accorsi per l’occasione è stato anche il modo di celebrare l’evento da parte del presidente ticinese: dopo la cerimonia ufficiale si è recato sotto i tendoni , in mezzo alla gente, a mangiare polenta e bere vino, «anzichè rinchiudersi in qualche palazzo con pochi intimi». Ma soprattutto c’è il dato politico: la Padania confina con uno stato e con un popolo con cui condivide i valori fondamentali, a cominciare dal contrasto alla globalizzazione e dalla difesa delle radici.

Matteo Mauri - La Padania 06/05/2008

 
 
 
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