Creato da MeticciaInLove il 29/04/2006
Anche i cani piangono

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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 22 Luglio 2006 da MeticciaInLove

da oggi sono ufficialmente in ferie

ci rivedremo a settembre

Un saluto a tutti quelli che passeranno da queste parti, spero che l'aria di mare e un pò di sole riescano a sgomberare le vostre menti dai cattivi pensieri. Un abbraccio a Letizia e a Francesca e un arrivederci a Gil. Un bacio affettuoso al mio paladino Marco a cui mi sento di dire queste parole:

Pirandello in una sua commedia recitava Così è se vi pare. Non te la prendere per le calunnie e per i tradimenti lascia che credano ciò che vogliono credere, in fondo in questo mondo virtuale ognuno di noi può essere Uno, nessuno e centomila, io inizialmente sono stata scambiata per briciolabau, qualcun'altro mi ha scambiata per La Taverniera adesso dicono che sia diventata un bellissimo corvo e allora a tutta questa gente conviene rispondere Pirandellianamente così:

Cari Signori e Signore Così è .... se vi pare

P.S. Tutti questi riferimenti a Pirandello non saranno dovuti al fatto che quest'anno vado in vacanza in Sicilia? ^_____^

 
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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 21 Luglio 2006 da MeticciaInLove

... dopo una vita di corsa 

è bello fermarsi...

accorgersi che il mondo non è cambiato...

che gli amici di sempre non ti hanno dimenticato

e allora anche un semplice messaggio

diventa empatia (dal dizionario: capacità di identificarsi con gli stati d'animo di una persona.)

 
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Post n°9 pubblicato il 09 Luglio 2006 da MeticciaInLove

Facciamo finta che...
Tutto va ben, Tutto va ben
Facciamo finta che...
Tutto va ben

Che il cielo sia costantemente azzurro
Che il sole splenda sempre allegramente
Che tutto quanto sia sempre sereno
Ruscelli prati verdi... e arcobalenoooo

Facciamo finta che...
Tutto va ben, Tutto va ben
Facciamo finta che...
Tutto va ben

Che il povero sia in fondo un gran signore
Che il servo sia assai meglio del padroneeee
Che le persone anziane stian benone
Che i giovani abbian sempre... un'occasione

Facciamo finta che...
Tutto va ben, Tutto va ben
Facciamo finta che...
Tutto va ben

Tutto va ben
Tutto va ben
C'è la salute
Tutto va ben
Siam tutti amici
Tutto va ben
Siamo feliciii

(TUTTI IN CORO RIPETETE)

Facciamo finta che...
Tutto va ben, Tutto va ben
Facciamo finta che...
Tutto va beeeeen

 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 27 Giugno 2006 da MeticciaInLove
Foto di MeticciaInLove

Mia nipote di 9 anni mi dice: zia mi sono innamorata di un ragazzo più grande di me.

ed io: ma che bello e quanti anni ha?

lei: ha 17 anni però neanche mi guarda.

Io cerco di farle capire che probabilmente lui è interessato alle ragazze della sua età ma lei non mi lascia neanche il tempo di completare e continua: certo come fa a guardare una bruttina come me!

Sorrido perchè mia nipote è davvero carina, ha dei capelli neri lunghi e i tratti mediterranei e dei lineamenti ancora acerbi che evidenziano la sua ingenuità.
Tra qualche anno avrà sicuramente uno sciame di corteggiatori che le ronzeranno intorno, ma adesso è una foglia tenera in preda al vento delle sue perplessità.

Mi guardo allo specchio e penso a quante volte ho dubitato di me e del mio aspetto fisico, a quante volte ho pensato di non essere interessante, di avere troppe cellulite o troppe rughe, a quante volte ho pensato di non essere abbastanza bella, abbastanza alta, abbastanza magra, abbastanza sexy, abbastanza.... si insomma di non essere abbastanza per gli uomini che ho conosciuto.

Una donna acquista consapevolezza di sè attraverso una serie di conferme e di accettazioni tacite o manifeste da parte  dell'universo maschile. Passare per strada ed essere osservata in un certo modo, ricevere dei complimenti da un amico, avere un compagno, un fidanzato, avere un uomo accanto che ci riempie di coccole e di attenzioni è una forma di ricerca del proprio io, della propria identità in un mondo di maschere e di finzioni.

Mia nipote mi ha dato, involontariamente, un'importante lezione. La bellezza di una donna non è solo nei vestiti che indossa, nella taglia che porta, nel colore dei capelli o nella grandezza del proprio seno, la bellezza di una donna sta nella consapevolezza di sè. Se ci rendiamo conto di essere belle per il solo fatto di essere uniche, per il solo fatto di avere, ognuno di noi, una propria personalità, un proprio bagaglio di esperienze, un proprio vissuto, allora tutto il resto (creme antirughe, anticellulite, diete da fame, lifting, taglie impossibili, abbronzature esasperate) sono soltanto un corollario alla vera bellezza, quella che dall'anima affiora sottoforma di luce particolare nel nostro sguardo e nel nostro sorriso.

Un uomo non ha bisogno di avere accanto a se una donna da copertina ma una donna vera, una donna che riesce a trasformare i propri limiti ed i propri difetti in dei pregi e a far credere al proprio uomo che siano i suoi sguardi e le sue attenzioni a renderla così bella!

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 22 Giugno 2006 da MeticciaInLove
Foto di MeticciaInLove

Era un viandante e come fosse giunto fin lì non lo sapeva. Non si chiedeva mai dove portasse la strada. Era uno che camminava anche la notte, uno che faceva della sua emarginazione una ragione di vita, uno di quelli per i quali tra un posto e l'altro non c'era mai stata troppa differenza. Camminava lungo i binari dei treni perché erano una via già tracciata che portava sempre da qualche parte.

Così facendo, pensava, non si sarebbe mai perso e non avrebbe neanche avuto la necessità di orientarsi con le stelle o con strumenti da viaggiatori. La ferrovia era un'immensa linea retta che partiva sempre da una città per arrivare in un'altra, vicina o lontana che fosse. C'erano solo due possibilità: andare avanti o tornare indietro. E lui non aveva mai ricalcato i suoi passi.

 Vagando nella notte senza fine di quel labirinto che era stata la guerra, era riuscito, con la sua vita fatta di percorsi e rifugi, a passare quegli anni crudeli nel dimenticatoio. La tempesta delle follie umane, placatasi solo da pochi mesi, non lo aveva travolto. Per lui il tempo non aveva rintocchi e tutto quello che succedeva ed era successo sembrava appartenere soltanto al resto dell'umanità. Bastava soltanto che lui avesse un binario di fianco per non dimenticare che il mondo andava avanti, sempre avanti, proprio come i suoi piedi.

Così quando sul far di una sera qualunque di un'estate qualsiasi la ferrovia si arrestò davanti ai suoi passi,come inghiottita dal suolo,ebbe l'impressione che il suo cuore stesso avesse deciso di fermare i suoi battiti. In quel momento si sentì sconfitto e provò una sensazione di estremo disagio. Era come se gli avessero amputato le gambe, o come se avessero tolto d'improvviso la strada da sotto le suole logore delle sue scarpe. Si sedette per terra e guardò il tramonto, uno dei tanti, in un luogo a lui sconosciuto.

Gli ultimi fuochi si agitavano sotto la cenere che ne soffocava gli ansimanti respiri, e i loro bagliori disperati morivano contro la luna sorgente, che inebetita da tanto scempio si nascondeva, preferendo scomparire dietro le rade nubi di passaggio che le occultavano la vista, proprio come fino a poco tempo prima avevano fatto le dense colonne di fumo nero che si avvolgevano verso il cielo in immense spirali. Sui camini incrinati delle case le cicogne erano tornate a impagliare i loro nidi: non ne costruivano più da cinque anni, da quando l'inferno aveva spalancato le sue porte e sviscerato le sue mefitiche esalazioni di zolfo e carne bruciata. Erano tornate su tutti i camini meno che su quelli alti, sagome nell'oscurità davanti a i suoi occhi, dove il laido fetore della morte era rimasto mescolato alla spessa fuliggine appiccicata tra i mattoni. Mute di cani sbandati continuavano a rincorrersi azzannandosi sul collo e tra le costole che la fame scolpiva sui loro scarni corpi, quasi cercassero ancor più di indebolirsi a vicenda, lacerando sottili ferite sotto la pelle.

La notte e il silenzio arrivavano sotto braccio - evanescenti, spettrali, anguste figure senza movimento proprio - ritagli d'ombra inanimati tra le ombre - lucciole o fuochi fatui ? - qui era sempre notte da un pezzo - notte per la memoria davanti agli occhi sperduti, smarriti, del viandante sconfitto che aveva trascinato i suoi passi lungo quel binario morto sommerso da sterpi che andava dritto contro i cancelli spalancati dell'abisso e che tornava sottoterra mentre le anime e i corpi, leggeri e inconsistenti, erano passati, fluttuando nel vento, dalle fiamme degli inferi al profumo delle nuvole, come quei fiocchi di neve a Natale - ultima illusione - ma il calore del pianto che irrigava le pietre scioglieva in lacrime le gelide speranze. Tutto qui era intriso di odori, e il pugno di terra che lui si allungò a stringere nella sua mano indurita grondava di sangue, di fumo, di uomini.

Ogni zolla era una conchiglia che ululava il suo mare in tempesta, prigioniero tra piccole mura avvelenate e graffiate di disperazione che era divenuta rassegnata preghiera - ogni zolla calpestata e appiattita dalla paura e dal furore, da mille marce forzate, concimata dalla ricaduta di ceneri erranti - lontane, per miglia e miglia. Le bolge svuotate dall'orrore dell'odio restavano inerti ma urlavano, imploravano, ammonivano - tremavano, vibravano - respiravano. Il viandante attese l'alba, immobile, raggomitolato su sé stesso, gli occhi spalancati verso quell'orizzonte da dove uno stanco sole dell'est, inorridito, stava adesso risvegliando le sventure umane in una notte senza fine.

Era arrivato vagando nell'oblìo perenne nel quale aveva deciso di affondare, come se tutto l'orrore di cui il mondo era capace potesse riecheggiare lontano - lampi, colpi di cannone ovattati come tuoni di un temporale lontano - come se vagando ai bordi del male tutto quello che ne faceva parte potesse soltanto sfiorarlo. I colori infuocati dell'alba sembrarono riaccendere per un momento le fosche luci della spianata. Attorno a lui era giugno e alti fasci d'erba selvaggia fremevano alla brezza del mattino.

Si alzò volgendosi attorno, cercando di fissare dei punti di riferimento spazio-temporali tra quelle macerie che la luna aveva tramutato in ombre durante la notte. Un senso d'angoscia aveva appesantito il suo dormiveglia divenuto opprimente, come se vaghe presenze avessero insistentemente bussato ai suoi sogni, in cerca di risposte che lui non avrebbe potuto mai trovare. Quel suo vivere ai margini lo manteneva in un equilibrio precario, che si divincolava tra gli oscuri precipizi della coscienza e gli illusori paradisi dell'innocenza.

 
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