Creato da carmen46c il 27/06/2007

CARMEN AULETTA

I ricordi, certi ricordi, sono come tatuaggi, non vanno più via, sono parte della tua anima, della tua vita.

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Racconto autobiografico n. 4

Post n°23 pubblicato il 12 Luglio 2007 da carmen46c
 

    

La compagna di mio padre

     La compagna di mio padre era proprio un discorso a parte, non era brutta, aveva gli occhi chiari e i capelli neri, solo in seguito seppi che si faceva la tintura, in realtà lei era bionda. La cosa la trovai alquanto bizzarra, di solito sono le brune che vogliono farsi bionde e non viceversa, capii in seguito che era proprio mio padre che la voleva cosi, eh si, in versione bionda le ricordava mia madre e lui ne voleva cancellare ogni traccia! 

     Vorrei ricordarmi qualcosa di positivo riguardo a questa donna, ma benché mi sforzassi, non trovo niente nella mia memoria che possa avvicinarsi a qualche momento piacevole con lei, purtroppo mi detestava e forse è poco quello che dico, a volte mi sorprendo a riflettere ancora  su cosa potesse  accadere nella mente di questa donna da suscitare un odio così profondo nei miei confronti.

   Ripenso ai suoi continui litigi con mio padre perché non mi voleva, e non perdeva occasione per dimostrarmelo. A volte anche se non parlava, il suo viso, i suoi gesti, tutto il suo corpo mi diceva che io non dovevo stare li, che ero un’intrusa e purtroppo lo dimostrava anche con le azioni. 

   In assenza di mio padre, si accendeva  la sua macabra fantasia per dimostrarmi tutto il suo disprezzo. Non perdeva occasione per usare la  violenza su di me quando non correvo subito alla sua chiamata, quando non trovavo qualcosa che mi aveva chiesto. Allora si scaraventava su di me, dava sfogo alla sua ira repressa sbattendo la mia testa contro il muro, mi prendeva a pugni e a calci,  un calcio in particolare fu dolorosissimo per me, proprio in mezzo alle gambe, mi sembra di sentirne ancora il dolore. 

    Ci sono altre cose ancora più dolorose di queste, ma per fortuna la mente dei bambini si protegge rimuovendo certi ricordi. Molte cose le ho sapute nel momento in cui ne sentivo parlare da mia nonna e da mio nonno, come ad esempio il fatto che mi lavava i piedi nell’acqua bollente  e che mi prendeva a morsi strappandomi la pelle. 

  A proposito di quest’ultima cosa, stranamente mi ricordo di una crosta che avevo su una spalla, erano i resti di un morso più cruento del solito, quella incrostazione di sangue essiccato spiccava sulla mia spalla dato che un giorno d’estate misi un vestitino leggero con le bretelle, lei non si accorse che avevo messo un vestito scollato a differenza di  mio padre che non  solo notò il vestito ma soprattutto notò la crosta. 

   Mio padre alla vista di quello sfregio, cominciò ad intuire cosa era successo, ma voleva sentirmelo dire, voleva che quella orrenda cosa uscisse dalla mia bocca, per non  avere poi nessuna scusa per non  mettere in atto la sua vendetta. Ma io ero troppo terrorizzata per dirglielo, sapevo a cosa andavo incontro,  tremavo dalla paura, sapevo che mio padre non era tenero con lei quando si accorgeva dei suoi maltrattamenti nei miei  confronti e allora io zittivo mentre mio padre insisteva con le sue domande,  più io ero silenziosa e più cresceva la sua rabbia, alla fine cedevo…ed era l’inizio di altre violenze… 

   Quello che accadde il giorno dopo,non me lo ricordo, so quello che dopo tanti anni mi ha raccontato mio fratello che in quel periodo viveva pure lui con noi.   Il giorno dopo in assenza di mio padre lei chiamò non solo me ma anche mio fratello, voleva sapere a tutti i costi chi era stato a dire “quella cosa” a mio padre,  mio fratello mi rammentò un giorno che in quella occasione, io mi feci  letteralmente la pipì addosso, ero terrorizzata per quello che poteva accadermi da un momento all’altro, e così lui ebbe pietà per me e  se ne addossò la colpa, se così la vogliamo chiamare, il resto non me lo ricordo, ma stando a quello che mi  ha raccontato mio  fratello, quel giorno furono botte anche per lui. 

     La cosa strana è che non mi ricordo il momento preciso in cui questa donna, che voleva pure farsi chiamare “mammina”, mi diede questo maledetto morso. Non riesco ancora a spiegarmelo, eppure doveva essere stato un morso abbastanza cruento per formare una crosta cosi grande. Ancora una volta, avrò  rimosso questo ricordo,  forse perché faceva troppo male? 

    Ma quello che mi ricordo ancora erano le botte che di conseguenza mio padre infliggeva a lei che un momento prima mi aveva rotto la testa facendo finta che era stato solo un involontario incidente, allora mio padre diventava una belva feroce….ho ancora le immagini del sangue che le usciva dalla bocca e dal naso per le contusioni  e ancora la vedo correre per tutta la casa per non farsi prendere da mio padre che non ragionava più dallo sdegno e dalla rabbia. 

     Potrei raccontarti tanti altri episodi di questo periodo, ma preferisco non farlo, potrebbero essere più dolorosi per te che  leggi che per me che te li racconto.

    Posso dirti solo che un giorno arrivò mia nonna, in quel periodo avevo già una profonda depressione che non raccontavo a nessuno, vivevo in un mio mondo immaginario.  Mia nonna era andata via ed io per curare la mia tristezza  mi rifugiavo nella fantasia. Pensavo che se ogni cosa fosse restata immobile come quel giorno in cui mia nonna arrivò…sarebbe arrivata di nuovo.

    Ancora oggi mi viene lo stesso “magone”, la stessa malinconia che provavo allora quando stavo attenta a non spostare niente mentre spolveravo, perché  se ogni cosa rimaneva immobile, nel preciso posto in cui si trovavano quel giorno, allora sarebbe comparso il mio angelo, l’Angelo Salvatore, mia nonna. E così accadde.  

    Avrei voluto raccontare certe cose in modo  allegro, se avessi potuto, ma qui ci vorrebbe tutta l’abilità di Roberto Benigni, io rischierei solamente di cambiare la realtà facendola diventare falsa e banale, purtroppo questa e tutta verità, cruda, dura si, ma è vita vera. 

    Dicevo che mia nonna un giorno arrivò inaspettatamente…mentre era per strada incontrò la “mammina” senza di me, mia nonna fu incuriosita da questa cosa ed era anche sospettosa, come poteva lasciare sola una bambina così piccola in una casa vuota? Allora volle venire di persona a vedere se tutto andava bene. Quando arrivò…mi trovò  in una camera scura….senza luce…chiusa a chiave e con le imposte delle finestre che non si potevano aprire.  Quando finalmente riuscì ad aprire la porta, mia nonna mi trovò seduta per terra in mezzo alla stanza impaurita dal buio , il mio viso era bagnato di lacrime e sporco del nero dei fiammiferi che un pò alla volta avevo acceso e che erano oramai spenti e sparsi per terra.

    Fu una fortuna che in quella occasione, in quel buio pesto…con quella scatola di fiammiferi vicino,  non prendessi fuoco.Quella  fu la goccia che fece traboccare il vaso, come si suol dire, si, anche se non ricordo il furibondo litigio che ci fu di conseguenza tra mia nonna e la cara “mammina”, qualcosa accadde di definitivo, poiché da quel giorno ci fu una svolta importante nella mia vita.

    Finalmente la mia liberazione era avvenuta, mia nonna mi volle con se, anche se questo significava fare grandi sacrifici per lei, perché non poteva permettersi di tenere anche me, dato che con lei vivevano già mia sorella e i miei due fratelli. 

 

 
 
 
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