Creato da carmen46c il 27/06/2007

CARMEN AULETTA

I ricordi, certi ricordi, sono come tatuaggi, non vanno più via, sono parte della tua anima, della tua vita.

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Post N° 36

Post n°36 pubblicato il 25 Luglio 2007 da carmen46c
 

Racconto autobiografico n. 6

(continuazione del racconto autobiografico)

Avevo otto anni quando mio padre mi condusse in un Educandato dove avrei trascorso dieci anni della mia vita. Fu un’impresa ardua per mio padre farmi accettare dalle suore che dirigevano il convitto. Due erano i motivi del loro rigetto. Il primo perché ero  povera e,  nell’Istituto, all’epoca, venivano accolte  solo le figlie di persone benestanti. L’altro motivo era perché non venivo considerata una bambina “normale” dato che camminavo zoppicando a causa della poliomielite che aveva colpito il mio arto inferiore sinistro.

E’ inutile dire che io mi sentivo come l’anatroccolo in mezzo ai cigni, se consideriamo pure il fatto che anche nel parlare e nei comportamenti ero una “disadattata”. E proprio come l’anatroccolo nella fiaba ero spesso oggetto di scherni da parte delle mie aristocratiche compagne di collegio. Non provavo neanche a difendermi, fortunatamente avevo trovato il mio metodo per essere immune dagli attacchi che venivano da un mondo ostile intorno a me. Mi ero creato il mio mondo di fantasia dove mi rifugiavo per non sentire il dolore per tutto quello che mi circondava.

      Devo dire che la cosa funzionava. Vedevo me stessa come una bambina estranea, una conoscente a cui le capitavano cose di ogni tipo, ed io assistevo impassibile perché quella bambina non ero io. Quindi, che  facessero pure tutto il male che volevano, non era a me che lo facevano ma a all’altra.

      Erano queste le mie condizioni mentali e fisiche quando udii la mia Insegnante delle scuole elementari che parlando di me alla Preside disse: << Mi mandate una bambina in queste condizioni, che arriva qui dopo tre mesi di ritardo, che non parla… è lenta in ogni cosa, è persino lenta quando deve preparare la cartella, mi dite cosa posso fare io?>>

      Nessuno poteva darle torto, neanche io,  e poi a me non importava, non era di me che si parlava ma dell’altra bambina, quella che era sempre pronta a sacrificarsi  per non farmi soffrire.

      Un giorno, inaspettatamente accadde un fatto che avrebbe cambiato la mia vita futura. L’Insegnante che oramai si era rassegnata alla mia presenza in aula, girava tra i banchi mentre scrivevamo sui quaderni alcuni esercizi di grammatica. All’improvviso la sentii esclamare: << BRAVA!!!>> A me? Avevo sentito bene? Si, si riferiva proprio a me, la cosa straordinaria  era che, per la prima volta, da quando ero nata, qualcuno finalmente mi diceva “BRAVA”. Fu un momento di stordimento e di emozione forte. L’Insegnante, di certo, non si era accorta di quel terremoto di emozioni che provai, non potevo crederci! Tutto questo sarebbe stato normale per qualsiasi bambino, ma non era certo normale per me, no, non lo era per niente!

       Fu a questo punto che cominciai a svegliarmi da un lungo sonno. Ora dovevo solo impegnarmi in ogni cosa, dovevo dimostrare all’Insegnante che io meritavo di essere considerata “brava”, mai e poi mai avrei deluso colei che aveva rotto l’incantesimo che mi teneva prigioniera in uno stato di torpore tale da non far brillare la vera bambina che si nascondeva dietro l’apatia e  l’indifferenza verso tutto ciò che la circondava.

      E fu così che un giorno mi resi conto del mio grande cambiamento. Accadde che venne l’Ispettore a controllare lo stato di apprendimento delle ragazze. Mi ricordo ancora come mi chiamò: << Tu, terzo banco, dimmi …ecc .ecc..>>. L’Ispettore, soddisfatto delle mie risposte, riferendosi a me, si rivolse  all’Insegnante dicendo: << E’ bravina questa ragazza!>><< Bravina? E’ la migliore della classe! Se vi racconto la storia di questa ragazza vi mettete le mani nei capelli!>>  Così l’Insegnante raccontò all’Ispettore le condizioni in cui arrivai il primo giorno, il miracolo che avvenne dopo pochi  mesi di scuola e che aveva operato una trasformazione incredibile sulla mia persona. Ero emozionata e al contempo timida,  avrei tanto voluto avere il coraggio di dire che il vero miracolo lo aveva fatto lei, mostrandomi fiducia e aumentando così la mia autostima.

      Con il tempo le ragazze del collegio cominciarono ad apprezzarmi sempre più, non ero più l’anatroccolo  spennacchiato e impaurito di prima,  ora,  anche io ero un cigno!

     

 

 

 

 

 
 
 
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