Napoli

tutto quello che riguarda la città partenopea

 

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DAL BLOG DI "BELLA CIAO"

«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque é morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì  O giovani, col pensiero, perché lì é nata la nostra Costituzione.»

 

'O RANCO.

'O ranco.

L'ata notte 'nu ranco m'ha pigliato
d'int'a coscia 'nu nervo s'è 'nturzato;
e che dolore c'aggiu 'ntiso pe' chillu ranco
aggio ditto: - Obbi' lloco: mò jetto 'o sanghe!

M'aggio stiso a panza a sotto,
m'aggio levato a cuollo 'a cuperta,
sentevo 'o core ca quase me scuppiava,
me stevo fermo e 'o dulore nun passava.

Allora aggio penzato 'e m'aiza'
e buon'aggio fatto, me so miso a zumpa'.
'O dolore, pareva ca se ne steve jenne
mentr'je me mantenevo 'e llucche 'nganne.

E dint''o scuro, piglianno cunferenza c''a nuttata,
ll'uocchie mie, senza vule', una vutata
jettene a guarda' 'ncopp''o comodino
addo' sta 'na fotografia cu' tte che me tenive 'nzino.

Sarrà stato 'o fatto ca me tenive 'ncopp''o core
ma a me se ne ghiuto tutt''o dulore.
Ma n'ato ranco mo' me piglia 'mpietto
ogni vota che me guardo 'sto ritratto.

Claudio Galderisi

 

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'O CIURILLO

Tu si' comm'è nu' ciurillo appena fritto
che 'mmocca è 'ssapurito quando è cuotto
e mentre m' 'o magno e 'o stregno 'mmiez' 'e diente
chiudo 'll'uocchie e penzo a 'tte e so' cuntento.

Ciurillo mio chi si' je nun 'o ssaccio
saccio sulo che te chiammo ammore.
'Na lagrema me scenne 'ncopp' 'a faccia
pe 'stu ciurillo che m'astregne 'o core.

Claudio Galderisi

 

VICINO 'O MARE.

Taggia purta' vicino 'o mare,
addo' se sente addore,
addo' l'acqua pare ca se mette appaura
e j' a murì pe' ncopp' 'a rena.

T'aggia purta' là addo' stanno 'e scoglie
addo' l'acqua sbatte forte
e, jenne annanze e arrete,
'e veste e 'e spoglie.

Te voglio purta' là addo' tira 'o viento
che t'arriva dint' 'e capille
e t' 'e sposta annanz' 'a ll'uocchie
pecché t'ha da fa' dispietto.

Te voglio purta' 'e notte
quando ce sta 'a luna
grossa, chiena e argiento
ca se specchia 'nfaccia a te.

Te voglio purta' 'e juorno
quando ce sta 'o sole
e dint' 'a ll'uocchie tuoje
se vede 'o mare attuorno a me.

T'aggia purta' vicino 'o mare,
t'aggia tene' pe' mmane,
t'aggia dicere ddoje cose
pe nun te lassà cchiù.

Claudio Galderisi

 

FRASI E DETTI 3

Tanti galli a canta' e nun se fa maje juorno.

Indica le difficoltà che si incontrano laddove, in un insieme di persone, anziché far parlare uno rappresentativo di tutti, parlano in tanti. Questo comporta solo confusione e facili contraddizioni fra gli stessi componenti del gruppo.

 

 

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La nuova "city" di Napoli: il Centro Direzionale.

Post n°123 pubblicato il 20 Settembre 2008 da nonsolonero
 
Foto di nonsolonero

Sono nato nel quartiere della Vicaria, di cui un giorno, in un post che vorrei proporvi, parlerò. La strada dove abitavo era Via Bari, una delle perpendicolari alla più importante Via Nazionale. Via Bari culmina, da un lato sul Corso Novara e dall'altro in una largura denominata Piazza Salerno.

Quando ero ragazzino Piazza Salerno era - come per un altro centinaio di piccoli abitanti del quartiere - il campo di calcio locale. Al centro di questa piazza, di sera poco trafficata, vi era una vecchia costruzione, cinta da un muro abbastanza alto che si interrompeva per far posto al cancello d'ingresso, alto anch'esso. Oltre il cancello, faceva bella mostra di sè un giardino e, al centro delle due aiuole principali, vi era la presenza maestosa di due imponenti pini, sui rami dei quali, spesso, andavano definitivamente ad incastrarsi i nosti palloni "super santos" fra la disperazione di tutti i partecipanti.

La casa al centro del giardino era molto bella e abitata da un distinto signore che vedavamo di sfuggita entrare la sera quando noi iniziavamo a giocare. Dovrei aggiungere che eravamo anche diventati esperti a scavalcare il cancello d'ingresso per recuperare il pallone quando questo finiva fra i cespugli del giardino. Una sera toccò a me andare a recuperarlo e mi ritrovai, per la prima volta in vita mia, a diretto contatto con due occhi attenti e due fauci pronte a sbranarmi. Il proprietario di questo armamentario era uno splendido pastore tedesco il cui hobby principale era tenere lontano ragazzini come me e addentare tutti i palloni che gli capitassero a tiro. Il mio lo esibì, sgonfio, tra i denti, qualche minuto dopo, fra lo sconforto generale.

Ma torniamo a Piazza Salerno. Chi va oggi da quelle parti, pur impegnandosi nella ricerca, non troverà traccia alcuna di quanto ho descritto. Oggi, Piazza Salerno, fà da ingresso ad un complesso di edifici e palazzi ultramoderni, è completamente pedonalizzata e, al centro di essa è stata collocata una fontana ornamentale che spruzza una serie di zampilli. Siamo all'ingresso del Centro Direzionale di Napoli.

Edifici avveniristici, incredibili grattacieli, lo sfortunatissimo Palazzo di Giustizia "vittima" di più di un incendio e più volte "rivisitato" in corso d'opera per ottenere, alla fine, una costruzione completamente diversa dal progetto originario. E poi palazzoni alti, destinati ad abitazioni, aiuole protette da enormi contenitori di granito, ampi viali centrali e laterali completamente pedonalizzati mentre, il sistema viario con circolazione degli autoveicoli è presente in tutto il sottosuolo, circa 40 metri più in basso.

Questo polo sorge su un'area di 110 ettari e risulta essere facilmente raggiungibile in treno per la presenza delle vicine stazioni dei treni nazionali, della Circumvesuviana e della metropolitana e in aereo perché è a pochi minuti dall'aeroporto di Capodichino.

Nel 1975 venne elaborato un piano di massima cui seguirono varie revisioni dovute anche agli adeguamenti antisismici dopo il terremoto del 1980, e con una rielaborazione conclusiva dell'urbanista giapponese Kenzo Tange.

L'area è divisa in diciotto isole, e le costruzioni si classificano in due categorie: piastre, di altezza inferiore ai 25 metri e più numerose e torri, alte tra 50 e 100 metri, costituenti il 15% delle strutture.

Lungo l'asse centrale, si snodano uffici e, all'interno dei lunghi porticati, negozi; il percorso è vivacizzato da altre fontane, arredi, panchine, zone di verde.

Vicino al Palazzo di Giustizia, invece, si trova la stazione della Circumvesuviana e in futuro anche quella della Linea 1 della metropolitana e della Alifana. E' previsto nel progetto anche un complesso interamente dedicato allo sport che però è ancora in una fase embrionale e sarà destinato per lo più ad aree attrezzate, a verde pubblico, ad impianti per il tempo libero e a servizi di pubblica utilità.

Nel Centro Direzionale, passeggiando per gli ampi viali di cui parliamo, fra questi grattacieli vetro e cemento che si alzano temerari e noncuranti dei vecchi quartieri a due passi da essi, quasi non sembra più di essere a Napoli, la Napoli che ormai sono abituato a raccontarvi. Qui l'atmosfera è senz'altro più moderna ma, nel contempo, più fredda, senza poesia.

Gettando lo sguardo intorno subito vengono inquadrate due altissime torri, là sulla stessa area in cui sorgeva la bella villetta, ormai demolita, ed il suo silenzioso giardino: sono le cosiddette "torri gemelle" dell'Enel, che, disposte ad angolo tra di loro, costituiscono una sorta di portale di accesso.

Sul lato destro, invece, svettano le torri della Telecom, anch'esse gemelle. Altri edifici rilevanti del Centro sono la palazzina dell'IMI, le torri della Regione Campania e della Napoletanagas, il già citato Palazzo di Giustizia e la modernissima chiesa dedicata a San Carlo Borromeo e progettata da Pierluigi Spadolini.

Infine, vi è una serie di palazzine abitative, queste ultime con una struttura meno futurista e più mediterranea.

Ci vado spesso al Centro Direzionale, quando sono a Napoli, perché vado a trovare la mamma che abita ancora lì, in quel palazzo di inizio novecento, in Via Bari, quella Via Bari che finiva in una piazza, Piazza Salerno, dove un gruppo di ragazzini, un po' di tempo fà, giocava a pallone. Oggi, quei ragazzini sono uomini e la piazza dove giocavano regala loro solo tanta nostalgia, mentre una lacrima solca gli zigomi prima di essere cancellata dal gesto rapido della mano.

 
 
 
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Un blog di: nonsolonero
Data di creazione: 31/01/2007
 
 

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VOCCA

Vocca rossa comm' 'a 'na cerasa
ca me pare 'nu fazzoletto 'e raso,
vocca che tira 'e vase a mille a mille,
che me fa canta' comm' è n'auciello.

Me faje canta' tutt' 'e canzone,
me faje sentì chino 'e furtune.
Vocca, ca me fa sbattere cchiù forte 'o core
quando me chiamme cu 'na parola sola: ammore.

Claudio Galderisi

 

DINT'A LL'UOCCHIE.

S'je te guardo dint'a ll'uocchie
belli, verdi e chiene 'e luce
je ll'auso comme specchie.

Chillo sguardo ch'è 'na freccia
chelli ciglie senza trucco
dint'o core fanno breccia.

Je te voglio tene' stretta
'e te' voglio sentì addore.

Fino a dimane, senza fretta,
voglio sta' cu tte a fa' ammore.

S'je te guardo dint'a ll'uocchie,
me succede all'improvviso,
ddoje parole nun l'accocchie;

ma me basta nu surriso,
nu surriso cu chist'uocchie
e me trovo 'mparaviso.

Claudio Galderisi

 

A MIO PADRE.

Se n'è gghiuto ormai ca so' nov'anni
e so' nov'anni ca è comme stesse 'cca'.

Se n'è gghiuto suffrenno e cu ll'affanni
'e 'na vita intera passata a fatica'.

Nun aggio fatto a tiempo a salutarlo,
a lle dicere, pe' l'urdema vota, "addio!",

e stu' pensiero pe' mme è comm' 'a nu tarlo
ca fatt' 'o fuosso dint' 'o core mio.

Però dint' 'a 'stu core 'nce stanno pure astipati
tutt' 'e ricordi che maje se ponno cancella'.

'Nce sta' l'espressione tutta mortificata
'e quanno mammema 'o faceva arraggia';

'nce sta 'o sorriso sotto a chillu baffetto
ca te faceva ridere pure si nun vulive;

'nce sta' chill'ommo, anche dal bell'aspetto
ca teneva sempe quanno se vesteva.

E chi 'o ssape mo' overo che me dicesse
si putesse turna' pe' n'attimo a parla',

si 'stu munno accussì fatto lle piacesse
o si se ne turnasse ambresso a parte 'e lla'.

E m'arricordo ancora e chella vota,
je piccerillo, cu 'na pizza mmano, mmiez' 'a via,

isso che diceva: "te vurria fa 'na foto".
Mai 'na pizza fuje accussì chiena 'e nustalgia.


Claudio Galderisi
(19 marzo 2007)

 

FRASI E DETTI.

E chesto te piace 'e fa'.

E' una espressione tipica per sottolineare un comportamento usuale, ancorché ripetitivo, della persona alla quale ci si sta rivolgendo, evidenziandone quindi la tendenza al godereccio a danno di altra attività più redditizia.


Quanno vid''o muorto, passaci che piede pe' 'ncoppa.

Il proverbio mette in guardia dall'essere troppo altruista e consiglia, in circostanze di una certa gravità, di farsi i fatti propri, per evitare di essere accusato ingiustamente.


Rispunnette a copp''a mano...

Espressione che manifesta l'immediatezza di una risposta a tono, durante una discussione.


Quanno si' 'ncudine, statte e quanno si' martiello, vatte.

Il proverbio consiglia di accettare gli insegnamenti e le eventuali sottomissioni quando si è allievi. Se mai si diventerà maestri o insegnanti si dovrà adoperare la stessa grinta nei confronti di altri.


A chisto ce manca sempe 'o sordo p'appara' 'a lira.

Si usa nei confronti di chi non da' mai l'impressione di avere tutto quello che gli serve per portare a termine un qualsiasi progetto.


Attacca 'o ciuccio addo' vo' 'o padrone.

Cerca di accontentare sempre i voleri del padrone.


'Na vota è prena, 'na vota allatta, nun' 'a pozzo mai vattere.

Il detto viene adoperato per indicare l'impossibilità di poter fare qualcosa, per le scuse ripetute e ripetitive, di chi dovrebbe aiutarti nell'operazione.


Fattella cu chi è meglio 'e te e refunnece 'e spese.

L'invito è a frequentare persone che si ritengono migliori di se stessi al fine di acquisirne i pregi e le virtù, anche sostenendo i costi dell'operazione, considerato il sicuro ritorno personale, sotto l'aspetto umano e formativo.


Ogni scarpa addiventa scarpone.

Purtroppo ognuno invecchia e questo, lo si dovrebbe tenere sempre bene a mente.


A chisto ce manca qualche viernarì.

Ci si esprime così nei confronti di chi assume atteggiamenti e comportamenti non sempre ritenuti ortodossi e che consentono, invece, di identificare nel soggetto una certa familiarità con istituti di recupero mentale.


Me pare 'nu speruto 'e carna cotta.

Si dice così di persona che dà l'impressione di desiderare sempre qualcosa, anche quelle che difficilmente può non avere. Si pone quindi in una condizione tale da apparire come un soggetto che vorrebbe avere, non tanto quello che non ha, ma quello che hanno gli altri.


Secondo me, tu si gghjuto ca' capa 'nterra.

Frase che si adopera nei confronti di chi, con il suo comportamento, dimostra di non essere al meglio delle sue capacità psico-fisiche nonché mentali.

 

FRASI E DETTI 2.

So' gghiuto pe' truva' aiuto e aggio trovato sgarrupo.

Lo dice chi, trovandosi in una situazione complicata, cerca conforto in qualcuno con l'intenzione di risollevarsi moralmente. Con sommo stupore scopre, invece, che la persona alla quale si è rivolto vive una condizione ancora peggiore della sua, cosa questa che causa il suo definitivo scoramento.


Chi 'nfraveca e sfraveca nun perde maje tiempo.

Chi si dà da fare nel tentare e ritentare di risolvere un problema o di portare a termine un lavoro, difficilmente impiega male il suo tempo.


S'ha 'dda' mantene' 'o carro p''a scesa.

Bisogna fare adesso dei sacrifici per poter poi raccogliere gli attesi e meritati risultati positivi.


Va e vvene p' 'a sciassa che tene.

Si comporta così, chi è mosso da uno strano e frettoloso andirivieni che non produce nulla di costruttivo. Ragion per cui costui, viene assimilato a chi, in preda a spasmi diarreici, occupa ripetutamente, a intervalli più o meno regolari, la stanza da bagno.


Vott' 'a pretella e nasconne 'a manella.

Si dice di persona birichina e furbetta che riesce a mascherare molto bene le sue malefatte, mimetizzando tutte le eventuali prove che potrebbero incolparlo.

 


'E perzo chesto, chello e Mariastella.

A furia di tirar troppo la corda, spesso si finisce col perdere, sia quello che si tentava di conquistare, che quello che già si possedeva.


Cu 'n'uocchio guarda 'a gatta e cu n'ato frije 'o pesce.

Vale per chi è impegnato contemporaneamente nello svolgimento di due o più mansioni. L'attenzione, ovviamente, risulta ripartita e, di conseguenza, indebolita in ognuna delle operazioni. Questo può comportare un risultato non sempre ottimale o, comunque, non rispondente alle aspettative.


'E vuttato a mare 'll'acqua sporca cu tutt''a criatura.

Espressione limpidissima che si adopera nei confronti di chi, semplicisticamente, affronta un argomento senza utilizzare i dovuti distinguo e, pur riuscendo a individuare ciò che risulta esecrabile, non riesce a dividere da questo ciò che va salvato. Si ritrova il senso di questo detto nell'italianissimo "hai fatto di tutta l'erba, un fascio".


Da quando è morta 'a criatura, nun simme cchiù cumpari.

Lo si usa quando, venendo a mancare alcuni presupposti, si ha l'impressione che, i rapporti intessuti precedentemente con altri soggetti, si siano indeboliti al punto da ridurre drasticamente le frequentazioni fra gli interessati.

 
 

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