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Cineforum 2014/2015 | 27 gennaio 2015

Post n°218 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

 ALABAMA MONROE - UNA STORIA D'AMORE

Titolo originale: The Broken Circle Breakdown
Regia
: Felix Van Groeningen
Soggetto
: dalla pièce teatrale “The Broken Circle Breakdown” di Johan Heldenbergh e Mieke Dobbels
Sceneggiatura
: Carl Joos, Felix Van Groeningen
Fotografia
: Ruben Impens
Musiche
: TBCB Band, Bjorn Eriksson
Montaggio
: Nico Leunen
Scenografia
: Kurt Rigolle
Costumi
: Ann Lauwerys
Suono
: Jan Deca
Interpreti
: Veerle Baetens (Elise Vandevelde), Johan Heldenbergh (Didier Bontinck), Nell Cattrysse (Maybelle), Geert Van Rampelberg (William), Nils De Caster (Jock), Robby Cleiren (Jimmy), Bert Huysentruyt (Jef), Jan Bijvoet (Koen)
Produzione
: Dirk Impens per Menuet, in coproduzione con Topkapi Films
Distribuzione
: Satine Film
Durata
: 100’
Origine: Belgio, Olanda, 2012

Tutto l’amore del mondo e tutto il dolore che si può provare non in una, ma in molte vite. Tutta la passione, la bellezza, la tenerezza che può passare quasi fisicamente nella musica (nella sua esecuzione, più che nel suo semplice ascolto). E poi tutto lo strazio, lo sgomento, il senso di perdita irreparabile che nessuna musica potrà mai lenire. Anche se solo la musica, forse, può dare una forma (un’eco) al dolore più inesprimibile.
Se ogni melodramma si basa sulla coincidenza degli opposti, “Alabama Monroe” è un mélo perfetto e perfino diabolico per l’abilità con cui tende fino allo spasimo la corda dell’emozione premendo, appunto, su due pedali: quello del racconto e quello della musica, che del racconto peraltro è parte integrante. Anche se non si tratta di musica ‘alta’ ma di bluegrass, uno dei più popolari fra i generi musicali americani, spesso confuso col country ma più composito nelle origini, struggente nell’effetto. E rigorosamente acustico.
Benché siano belgi dalla testa ai piedi, i due protagonisti di “Alabama Monroe” (che molti davano per favorito all’Oscar contro “La grande bellezza”) fanno infatti parte di una band bluegrass. Lui suona, lei canta, e le loro esecuzioni sono il prolungamento naturale di quell’amore un po’ folle, nato per caso - come tutti gli amori - nella bottega in cui lei fa tatuaggi. Poi c’è la deliziosa Maybelle, che cresce libera tra polli e cavalli, e sembra pure lei il coronamento di quell’amore travolgente.
Anche se quando “Alabama Monroe” inizia Maybelle, sette anni, ha già il cancro. E mentre Didier e Elise fanno l’impossibile per starle accanto ‘rubando’ ogni possibile occasione di felicità perfino in ospedale, mentre l’intera band (tutti omaccioni a parte Elise) si mobilità per trasformare la guerra contro la malattia in un gioco strampalato e imprevedibile, questo film nato da una commedia scritta dallo stesso protagonista, Johan Heldenbergh, corre avanti e indietro nel tempo smontando e rimontando brandelli della storia fino a formare un quadro completo della vicenda. In cui poco a poco entrano l’amore e la musica, la passione carnale e la crudeltà della malattia, la meraviglia per quell’amore fiorito in età ormai matura (almeno per lui) e le differenze ineliminabili di cultura e mentalità.
Senza dimenticare la gratitudine per la bellezza di Elise, con il suo corpo istoriato di immagini come un codice miniato, e il rancore che alla lunga divide la coppia, alimentato dalla malattia e dalla disperazione.
Il tutto senza mai perdere di vista la dimensione collettiva, perché questa storia d’amore e morte incisa sulla pelle dei protagonisti è anche la storia di un gruppo - la band - che integra, accoglie e rielabora le vicissitudini di Elise e Didier, non solo in chiave musicale. Con qualche effetto di montaggio di troppo, nell’ultima parte, per non insospettire chi teme gli abusi del mélo. Ma anche con un’inventiva, una generosità, una capacità di sollecitare sentimenti tutt’altro che banali, davvero eccezionali.
Anche perché il film riesce a restare sempre accanto ai personaggi, senza mai giudicarli, nemmeno nei momenti più estremi. Come se fossero in qualche modo animali (e di animali, puledri, corvi, bufali, tigri, è punteggiato il loro percorso).
Mentre i due protagonisti, i memorabili Veerle Baetens e Johan Heldenbergh, ci ricordano come al cinema la presenza fisica, il semplice ‘esserci’ dei personaggi, vinca sempre sul linguaggio (sullo stile). E anche i più folli virtuosismi di regia si sciolgano come neve al sole di fronte alla semplice verità di un corpo, un gesto o uno sguardo.
Insomma un’autentica rivelazione, diretta da un regista belga 37enne di lingua fiamminga, che riesce nel piccolo miracolo di costruire un mondo completamente chiuso e autosufficiente intorno ai suoi due incredibili protagonisti. Un mondo in cui la musica bluegrass e il sentimento della vita che la contraddistingue costituiscono l’orizzonte espressivo e insieme esistenziale del film.
Ricordandoci una volta di più che il cinema trova l’universale proprio scavando nelle culture più locali, nelle comunità più particolari. Specialmente oggi, che la tendenza a chiudersi in gruppi definiti da scelte molto precise, è ormai un fenomeno che va ben oltre le mode per investire in profondità il tessuto della nostra società.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

 Alabama Monroe”, un grande, commovente film che colpisce al cuore. Elise è una lunga bionda di semplice bellezza, maestra di tatuaggi che invadono il suo corpo con farfalle e volti, e nastri e fiori, e anche un revolver proprio puntato sul sesso; Didier ha una bella faccia nascosta da una gran barba e una massa di capelli rossastri e suona il banjo in una band di omoni sdruciti, che cantano e usano solo gli strumenti a corda della musica bluegrass, di cui il pezzo più celebre, “Will the Circle Be Unbroken”, apre e percorre tutto il film (il cui titolo originale “The Broken Circle Breakdown” capovolge il senso della vecchia canzone). (...) Il film del regista belga Felix Van Groeningen era tra i cinque candidati all'Oscar per le opere straniere, il rivale più pericoloso per “La grande bellezza”, che comunque ha meritato la vittoria. Il titolo italiano “Alabama Monroe”, si riferisce al nome, Alabama, che Elise si dà dopo la morte di Maybelle, mentre Monroe è il nome del musicista americano che viene considerato il padre del bluegrass. I due protagonisti, Veerle Baetens (Elise) e Johan Heldenbergh (Didier), sono meravigliosi, pure come cantanti. Anche se nell'ultima parte si disperde in un accavallarsi di fatti e di perorazioni antiamericane poco convincenti, il film è indimenticabile, soprattutto per la forza straordinaria di una musica popolare che aderisce alla storia come la voce di un sapiente narratore.
Natalia Aspesi, La Repubblica

FELIX VAN GROENINGEN
Filmografia
:
Dagen zonder lief (2007), De helaasheid der dingen (2009), Alabama Monroe - Una storia d'amore (2012)

Martedì 3 febbraio 2015:
STILL LIFE di Uberto Pasolini, con Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury, Andrew Buchan, Ciaran McIntyre

 

 
 
 
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