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Cineforum 2014/2015 | 10 febbraio 2015

Post n°220 pubblicato il 09 Febbraio 2015 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

A PROPOSITO DI DAVIS

Titolo originale: Inside Llewyn Davis
Regia
: Joel Coen, Ethan Coen
Sceneggiatura
: Joel Coen, Ethan Coen
Fotografia
: Bruno Delbonnel
Musiche
: T-Bone Burnett, Marcus Mumford; la canzone: "Please Mr. Kennedy" (di Ed Rush, George Cromarty, T-Bone Burnett, Justin Timberlake, Joel e Ethan Coen) è interpretata da Justin Timberlake, Oscar Isaac e Adam Driver
Montaggio
: Joel Coen (Roderick Jaynes), Ethan Coen (Roderick Jaynes)
Scenografia
: Jess Gonchor
Arredamento
: Susan Bode
Costumi
: Mary Zophres
Effetti
: Framestore
Suono
: Skip Lievsay, Greg Orloff, Peter F. Kurland
Interpreti
: Oscar Isaac (Llewyn Davis), Carey Mulligan (Jean Berkey), John Goodman (Roland Turner), Garrett Hedlund (Johnny Five), Justin Timberlake (Jim Berkey), F. Murray Abraham (Bud Grossman), Stark Sands (Troy Nelson), Adam Driver (Al Cody), Jerry Grayson (Mel Novikoff), Robin Bartlett (Lillian Gorfein), Max Casella (Pappi Corsicato), Ethan Phillips (Mitch Gorfein), Jeanine Serralles (Joy), Steve Routman (dott. Marcus Ruvkun), Ricardo Cordero (Nunzio), Michael Rosner (Arlen Gamble), Stan Carp (Hugh Davis), Jake Ryan (Danny), Helen Hong (Janet Fung), Benjamin Pike (Dylan), Ian Jarvis (sig. Cromartie), Bonnie Rose (Dodi Gamble), Alex Karpovsky (Marty Green)
Produzione
: Scott Rudin, Ethan Coen, Joel Coen per Scott Rudin Productions/Mike Zoss Productions/StudioCana
Distribuzione
: Lucky Red
Durata
: 105
Origine
: U.S.A., 2012
Grand Prix al 66. Festival di Cannes (2013)

Greenwich Village, 1961. Tra i fumi di mille sigarette un cantante intona una canzone folk. Siamo in uno dei minuscoli locali che hanno reso celebre New York nel secolo scorso e questo momento è l’unico in cui la vita, il destino, la carriera di Llewyn Davis sembrano funzionare.
Poco dopo Llewyn è picchiato da un misterioso avventore, trova rifugio in una casa occasionale - uno dei tanti divani di passaggio di cui è pieno il suo quotidiano peregrinare - e viene umiliato da un’amica/amante che gli rinfaccia un approccio miserabile alla vita. E soprattutto perde un gatto. Che ritrova e riperde per specchiarsi infine in lui, simbolo dell’infinito ritorno, occhi spalancati sul mondo e capacità di ritornare sempre a casa.
Joel e Ethan Coen tornano con questo magnifico “A proposito di Davis” alle radici più profonde del loro cinema, a quella litania della sconfitta che distilla una concezione crudele del mondo con una massiccia dose di cupo umorismo yiddish.
Llewyn è una variante di Ed Crane, L’uomo che non c’era, e di Larry Gopnik, il Serious Man, tutti mirabilmente situati nel passato dorato della storia americana: gli anni cinquanta e sessanta. Ma se Crane costruiva la sua distruzione compiendo silenziosamente un’interminabile serie di scelte sbagliate e Gopnik affogava a causa dell’inspiegabile accanimento di un Dio insensibile, Llewyn è responsabile della propria rovina per eccesso di inedia, per incapacità di adattamento, per incuria, per superficialità.
Llewyn non è cattivo ma è refrattario a ogni confronto con il mondo. L’unica cosa che impara dall’esperienza è non far fuggire un gatto. Cammina in linea retta, si affanna più per casualità che per reale impulso al cambiamento, insegue un successo che - forse - anche lui sa di non meritare. Llewyn è fermo perché c’è sempre qualcuno che lo spinge a muoversi. È un personaggio che si definisce in levare: geloso del suo talento - il suo lavoro, quello con cui dice di pagarsi un affitto che non ha - ma incapace di compiere scelte (umane, emotive, professionali) che trasformino il suo percorso in una potenziale via di crescita.
Llewyn non è il bersaglio di un destino beffardo, non paga per scelte morali di cui ignora le conseguenze: è un uomo che si lascia vivere e si inventa vittima per non affrontare le responsabilità. Rifiuta la vita borghese - per lui è solo ‘esistere’ - ma non sa costruirsi alternative. È un inadatto che ignora le variabili che il destino gli offre mancando un riscatto personale che non otterrà mai.
I Coen però, a differenza dei film precedenti, smorzano gli angoli e sembrano concedere una languida empatia al loro protagonista. La splendida fotografia di Bruno Delbonnel diluisce i toni caustici in un abbraccio di colori desaturati. E l’incoerenza di Davis - l’uomo che non sceglie - diventa un morbido esempio di umana inadeguatezza, la culla di rimpianti destinati a durare nel tempo, un’anamnesi ambulante del fallimento.
Attraverso la parabola di un musicista - non abbastanza bravo, non abbastanza forte, non abbastanza tutto - si racconta il male di vivere di una normalità irrisa dall’impudente apparizione del Genio che alla fine scende, come un dolente e serissimo sberleffo, a indicare con chiarezza ciò che non siamo, ciò che non saremo.
Federico Pedroni, Cineforum

Nella galleria di perdenti mirabilmente tratteggiata, nella loro carriera, dai Coen, non ci si può sottrarre dal consegnare al loro ultimo nato, Llewyn Davis, un posto speciale. Siamo nel '61, in quel Greenwich Village che tanto ha dato al folk, anche se l'ambientazione precede quel vagito con il quale Bob Dylan cambiò un certo modo di fare musica. Llewyn è un musicista di talento ma è incompreso, è malinconico ma poco socievole, vaga da un divano all'altro cercando di sfuggire a una sfortuna che non lo vuole lasciar stare. (...) La scena più malinconica ed esemplificativa, in pieno stile Coen, è quella nel quale il protagonista, armato solo della sua chitarra, canta al possibile produttore la sua ballata struggente, sentendosi rispondere che con una simile roba di soldi non se ne fanno. La storia musicale dirà l'opposto, ma è chiaro il messaggio che Joel & Ethan lanciano su un certo modo di fare industria, quasi identificandosi con il destino del protagonista di questa Odissea in salsa americana. Il film finisce nello stesso vicolo da dove è partito, quasi a voler sottolineare la circolarità beffarda di certi destini che, come il Monopoli, ti fanno passare ineluttabilmente sempre dal via. Oltre a quella di Llewyn Davis, ottimamente restituita da Oscar Isaac, il film è un intelligente coacervo di figure indimenticabili, pur con rapide apparizioni nella storia. Colonna sonora da brividi, humour nero e pura poesia. I Coen al loro massimo splendore.
Maurizio Acerbi, Il Giornale

JOEL COEN, ETHAN COEN
Filmografia
:                    
Blood simple - Sangue facile (1984), Arizona Junior (1987), Crocevia della morte (1990), Barton Fink - E' successo a Hollywood (1991), Mister Hula Hoop (1994), Fargo (1996), Il grande Lebowski (1998), Fratello, dove sei? (2000), L'uomo che non c'era (2001), Prima ti sposo, poi ti rovino (2003), Ladykillers (2004), Paris, je t'aime (1 ep.) (2006), Chacun son cinéma (1 ep.) (2007), Non è un paese per vecchi (2007), Burn after reading - A prova di spia (2008), A serious man (2009), Il Grinta (2010), A proposito di Davis (2012)

Martedì 17 febbraio 2015:
ZORAN, IL MIO NIPOTE SCEMO di Matteo Oleotto, con Giuseppe Battiston, Teco Celio, Rok Prasnikar, Roberto Citran, Marjuta Slamic

 

 
 
 
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