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Cineforum 2014/2015 | 7 aprile 2015

Post n°229 pubblicato il 07 Aprile 2015 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

LOCKE


Regia: Steven Knight
Sceneggiatura
: Steven Knight
Fotografia
: Haris Zambarloukos
Musiche
: Dickon Hinchliffe
Montaggio
: Justine Wright
Costumi
: Nigel Egerton
Interpreti
: Tom Hardy (Ivan Locke), Ruth Wilson (Katrina), Olivia Colman (Bethan), Andrew Scott (Donal), Tom Holland (Eddie), Bill Milner (Sean), Ben Daniels (Gareth), Danny Webb (Cassidy), Silas Carson (Dott. Gullu), Alice Lowe (Sister Margaret), Lee Ross (PC Davids), Kirsty Dillon (moglie di Gareth)
Produzione
: Charles Auty, Stephen Fuss, Guy Heeley, Sarah Micciche, Paul Webster, Lesley Wise per Shoebox Films/IM Global
Distribuzione
: Good Films
Durata
: 85’
Origine: Gran Bretagna, 2013


Tutto in una notte, tutto in una macchina. All'opera seconda dopo “Redemption”, l'inglese Steven Knight ci riconsegna il grado zero del grande cinema: uno straordinario interprete, Tom Hardy; un'eccellente sceneggiatura (Knight era stato candidato all'Oscar per gli script de “La promessa dell'assassino” di Cronenberg e “Piccoli affari sporchi” di Frears); una fedelissima attinenza alle unità aristoteliche - diciamo così - di tempo, luogo e azione; una fascinosa regia interamente giocata nell'abitacolo di una BMW X5, ma lungi dall'essere claustrofobica; l'emozione per unico effetto speciale. (...) Quattro giorni di prove, riprese per otto notti, tre macchine da presa digitali Red Epic montate nell'X5, l'autostrada M1 tra Birmingham e Londra 'ricreata' sulla North Circular, “Locke”' è stato presentato fuori concorso all'ultima Mostra di Venezia: il Leone d'Oro l'ha vinto “Sacro Gra”, ma il Raccordo non vale l'M1, quel film questo. Avrebbe dovuto stare in competizione e - per noi - vincerla. Sì, “Locke” è una bomba, a implosione: sull'exemplum del suo omonimo, il filosofo empirista inglese John Locke, Ivan non perde la calma, ma pianifica, organizza, intima e rassicura. E' un uomo di ferro, pardon, calcestruzzo, ma la sua vita si sta distruggendo: prima di mettersi in auto, dice, aveva una moglie e un lavoro, ora non più, eppure non molla. Deve andare in ospedale da Bethan, per non incorrere nello stesso misfatto del padre, che lo abbandonò in fasce (analogia con l'altro Locke): lucidissimo con la moglie e 'l'altra', commosso con i due figli, la rabbia la riserva per il genitore, che osserva dallo specchietto retrovisore come un fantasma che solo lui intuisce. Ma in quell'auto c'è soprattutto la realtà, quella che va in frantumi per una debolezza: bruttina stagionata, fragile e problematica, Ivan non ama Bethan, ma un bicchiere di troppo, la volontà di farla felice e il guaio è stato fatto. Ivan non si sottrae, ma Locke è un monito piano, geometrico sulle conseguenze delle nostre azioni: se volete, un potente contraccettivo, un 'Pericolo!' stampigliato in rosso sulle nostre velleità extraconiugali, perché - dice Katrina - «la differenza tra mai e una sola volta è la differenza tra il bene e il male». I pro-family sottoscriverebbero, s'intende, ma il film è per tutti quelli che amano il cinema, ovvero lirica su strada, apologo al volante, soggettive, luci e asfalto on the road. Tom Hardy è un mostro di empatia (in Italia uno così non l'abbiamo), Steven Knight non sbaglia nulla, “Locke” mette le quattro frecce alla nostra umanità: fate l'autostop e salite a bordo, ne vale la pena.
Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano


Era chissà perché fuori concorso ma “Locke”, il titolo migliore dell’ultima Mostra di Venezia, meritava molto di più di qualche benevolo report seguito dall’incertezza sulle prospettive di programmazione italiana. Meno male che il problema adesso sia risolto e il pubblico possa accedere a un film indipendente e a micro-budget, sommesso e teso, ironico e disperato, un thriller morale che sembra studiato (e lo è), virtuosistico (e lo è), claustrofobico (e lo è) eppure riesce a evidenziare i rischi dell’assunzione di responsabilità davanti a quegli eventi che come un vento di tempesta possono squassare all’improvviso le nostre fragili esistenze. E’ lo stesso meccanismo, fatte le debite differenze, usato da Shakespeare fino a Thomas Hardy, quello che il regista britannico Steven Knight, già sceneggiatore nominato agli Oscar per “Piccoli affari sporchi” e “La promessa dell’assassino”, applica concentrandosi su un personaggio bloccato fisicamente e mentalmente e congegnando una scommessa sulle potenzialità del primo piano o close-up, storica e cruciale prerogativa del cinema. Eccellente, in questo senso, è la prestazione di Tom Hardy (uno dei duri più camaleontici dello schermo) che nel corso di 85 serratissimi minuti di one-man-show deve usare la propria faccia e la propria voce (doppiata credibilmente da Fabrizio Pucci) come catalizzatrici di una scarica micidiale di emozioni e decisioni affine a quella prodotta da film di genere come “In linea con l’assassino”, “Buried - Sepolto” o anche “Gravity”, ma servita da contrappunti umanistici ben più densi e lancinanti.
Preferiamo, di conseguenza, rivelare il minimo di un intreccio che potrebbe definirsi un processo di rinascita in cui gli spasimi, gli sguardi, i toni prendono il posto delle affettazioni drammaturgiche, le scene madri e le spiegazioni di routine. Il capomastro Ivan Locke lascia il cantiere in piena notte e si mette alla guida di una Bmw: è diretto a Londra perché la telefonata di una donna l’ha distolto dall’onerosa mansione che l’attende il giorno dopo. Nell’unità di tempo e luogo richiesta dal contesto - il morbido scivolamento dell’auto sul nastro autostradale, le ipnotiche e intermittenti luci esterne (fotografate con tre macchine digitali dal superbo operatore Zambarloukos) e le svarianti angolazioni di ripresa all’interno dell’abitacolo - una serie di squilli ininterrotti via Bluetooth sul display digitale di feroci rimostranze o amare incomprensioni da parte d’interlocutori speciali o occasionali, ci faranno capire cosa è successo, cosa succede e cosa potrà succedere prima che sorga l’alba. Le fondamenta di cemento armato delle cui pose è superspecialista in edilizia, sembrano, così, metaforicamente sgretolarsi nel vissuto di Ivan, nonostante il suo sangue freddo, al diapason delle voci lontane che ora stupefatte, ora infuriate, ora imploranti, ora straziate l’assediano man mano che le ore e i chilometri passano.
Valerio Caprara, Il Mattino


STEVEN KNIGHT
Filmografia
:
Redemption - Identità nascoste (2013), Locke (2013)


Martedì 14 aprile 2015: 
IN ORDINE DI SPARIZIONE di Hans Petter Moland, con Stellan Skarsgård, Bruno Ganz, Pål Sverre Valheim Hagen, Birgitte Hjort Sørensen

 
 
 
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