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Cineforum 2013/2014 | 8 aprile 2014

Post n°201 pubblicato il 07 Aprile 2014 da cineforumborgo

GLORIA

Regia: Sebastián Lelio
Sceneggiatura: Sebastián Lelio, Gonzalo Maza
Fotografia: Benjamín Echazarreta
Montaggio: Soledad Salfate, Sebastián Lelio
Scenografia:Marcela Uribi
Interpreti: Paulina García (Gloria), Sergio Hernández (Rodolfo), Diego Fontecilla (Pedro), Fabiola Zamora (Ana), Coca Guazzini (Luz), Hugo Moraga (Hugo), Alejandro Goic (Gabriel), Liliana García (Flavia), Antonia Santa María (Maria), Luz Jiménez (Nana), Marcial Tagle (Marcial)
Produzione: Juan De Dios Larraín, Pablo Larraín, Sebastián Lelio, Gonzalo Maza per Fabula/Nephilim Producciones
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 104’
Origine: Cile, Spagna, 2013
Orso d'Argento per la migliore attrice (Paulina García), Premio della Giuria Ecumenica, Preis der Gilde Deutscher Filmkunsttheater al 63. Festival di Berlino (2013).

Un viaggio nel corpo di un Paese attraverso il corpo di una Donna: è “Gloria”, il film del cileno Sebastían Lelio, che ha la forma della commedia e però il passo del dramma, la leggerezza del tocco e la profondità del pensiero.
Presentato all’ultimo festival di Berlino, dove la protagonista Paulina García ha vinto con pieno merito l’Orso d’argento per la miglior attrice, racconta la vita quotidiana della cinquantottenne Gloria, separata da una decina d’anni ma decisa a godere ancora dei piaceri della vita. Per questo spesso va a ballare, in un locale frequentato anche da coetanei, nella speranza di qualche piacevole incontro. Niente di segreto né di peccaminoso: solo la voglia di non essere messa in disparte (dalla vita e dalla società) anche sfruttando l’energia che la sessualità può ancora offrire. Gloria ha un lavoro, una figlia, Ana (Fabiola Zamora), disposta a rischiare il proprio futuro in un legame non scontato (con un ragazzo svedese che scala montagne in giro per il mondo) e un figlio, Pedro (Diego Fontecilla) che invece ha problemi con l’ex moglie e probabilmente anche con la propria salute (a metà film lo vediamo senza più i suoi lunghi capelli e la mamma lo consola dicendo che ricresceranno). Quello che le manca è un compagno, che pensa di aver trovato in Rodolfo (Sergio Hernández), di poco più anziano di lei, come lei amante del ballo, benestante (è proprietario di un parco divertimenti dove gli adulti possono giocare alla guerra) e molto attratto sessualmente da Gloria.
Non è un fattore secondario quello del legame fisico che si instaura tra i due. Non lo è nelle scelte di messa in scena, quando i corpi nudi dei due attori spezzano all’improvviso le scelte visive tutto sommato ‘tradizionali’ del film. E non lo è nemmeno dal punto di vista narrativo, quando i toni della commedia (di costume o drammatica poco importa) fanno i conti con un ‘verismo’ se non inusitato almeno inaspettato. Perché il regista ha deciso queste improvvise accelerazioni sul piano estetico, questi squarci di realismo?
Direi proprio per sottolineare che la storia che sta raccontando non è pura ‘finzione’, ma rimanda a qualche cosa di più concreto e tangibile. Di più vero. Come appunto è il corpo di una donna non giovanissima, con i suoi segni e le sue pesantezze, il suo ventre segnato e i suoi seni morbidi, lontanissimo dall’immagine stereotipata delle donne da copertina ma vicinissimo a quella concreta della vita quotidiana.
Filmare con naturalezza e senza finti pudori Gloria mentre si spoglia, si sdraia nuda sul letto o ancora mentre fa l’amore con Rodolfo, ottiene l’effetto di accendere l’attenzione dello spettatore, di ricordargli che quello che sta vedendo non è il ‘solito’ film sulla terza età ma qualcosa di diverso: una specie di confessione in prima persona di chi non vuole accettare infingimenti o scorciatoie. È come se la protagonista si rivolgesse direttamente al pubblico dicendo: il mio corpo è così, l’amore lo faccio così, perché le persone vere hanno un corpo così e si amano così. E il corpo della Donna, con le sue voglie e i suoi pudori, diventa allora il grimaldello con cui entrare nel ‘corpo’ del Cile e delle sue tante contraddizioni. I giovani che cercano un’indipendenza quasi rabbiosa (la scena di Ana all’aeroporto che non vuole i saluti della madre), gli adulti che si accorgono dei propri errori (l’ex marito di Gloria che si pente di non essere stato presente a certi momenti della crescita dei figli) o che non sono capaci di liberarsi dal proprio passato (come appunto fa Rodolfo…) sono tutti aspetti di un comportamento collettivo che il coraggio e l’indipendenza (anche sessuale) di Gloria mette ancor più in evidenza.
Apparentemente Sebastían Lelio sembra voler raccontare solo il percorso di indipendenza e di affermazione di sé della sua protagonista, ma lo fa disseminando nel film tanti piccoli segnali che rimandano alla storia del suo Paese e alla sua ‘insoddisfazione’ sociale: le manifestazioni che si intravvedono alla televisione, gli accenni a un passato che nessuno vuole sottolineare (Rodolfo si limita a dire che ha lavorato per la Marina. Evidentemente ai tempi di Pinochet), lo stordimento del gioco d’azzardo e dell’alcol (che segnano indimenticabilmente la ‘fuga romantica’ di Gloria e Rodolfo) fino al gioco della guerra che la protagonista saprà ribaltare contro il suo pavido amante in un liberatorio pre-finale, sono tutti elementi di un mosaico più complesso, che rimanda a un Cile ancora segnato dalle ferite del proprio passato. E che il contrasto tra la vitalità del corpo e l’opacità del sociale non fa che ribadire. Con la ‘forza tranquilla’ di una donna che insegue solo il diritto a soddisfare le proprie umanissime voglie.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera

L’Orso del passaparola, entrato papa e uscito cardinale dall’ultima riunione della giuria, è un film vitale e agrodolce, con un coraggio nel mostrare corpi sessantenni intenti ad amoreggiare che non si vedeva dai tempi di “Settimo cielo” (2009) di Andreas Dresen, tra l’altro giurato. Alla fine il premio - sacrosanto - è andato alla protagonista Paulina García, la Gloria del titolo, che incarna una sorta di mélange tra la Gena Rowlands di cassavetesiana memoria e la Carmen Maura più pesta e vendicativa. Ogni parallelo tra il personaggio principale e il Cile di oggi è sensato e di fatto incoraggiato dalla sceneggiatura, in particolare nel suo rapporto col passato, vale a dire il disastroso amante Rodolfo (Sergio Hernández), vile, bugiardo e guerrafondaio come il più smidollato dei maschi. E sarà proprio lui a subire la vendetta sublime di Gloria nella scena più memorabile e rapida di tutto il film. Tra famiglie disfunzionali, cene di compleanno apocalittiche e l’improvvisa, salvifica apparizione di un pavone (digitale), “Gloria” si apre e si chiude su una pista da ballo e nel finale risuona proprio la canzone eponima del titolo - quella di Umberto Tozzi, anche se in versione ispanica. Un bizzarro pendant musicale con la Gianna Nannini che porta sollievo nel film premiato con l’Orso d’oro, “Poziţia copilului” di Câlin Peter Netzer.
Simone Buttazzi, Rapporto Confidenziale

SEBASTIÁN LELIO
Filmografia:
4 (1995), Música de cámara (1996), Smog (2000), Fragmentos urbanos (2002), Carga vital (2003), La sagrada familia (2006), Navidad (2009), El año del tigre (2011), Gloria (2013)

 

Martedì 29 aprile 2014:
VIVA LA LIBERTÀ di Roberto Andò, con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto

 

 

 

 

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Data di creazione: 29/09/2007
 

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