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Messaggi del 01/12/2014

Cineforum 2014/2015 | 2 dicembre 2014

Post n°213 pubblicato il 01 Dicembre 2014 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

IL VENDITORE DI MEDICINE

Regia: Antonio Morabito
Soggetto: Antonio Morabito
Sceneggiatura: Antonio Morabito, Michele Pellegrini Amedeo Pagani
Fotografia: Duccio Cimatti
Musiche: Andrea Guerra
Montaggio: Francesca Bracci
Scenografia: Isabella Angelini
Costumi: Sabrina Beretta
Suono: Jürg Lempen
Interpreti: Claudio Santamaria (Bruno), Isabella Ferrari (capo area), Evita Ciri (Anna), Marco Travaglio (prof. Malinverni), Roberto De Francesco (dott. Foli), Ignazio Oliva (dott. Sebba), Giorgio Gobbi (Filippo), Vincenzo Tanassi (Alberto Petri), Leonardo Nigro (Fabio), Ippolito Chiarello (dott. Buontempone), Alessia Barela (dott.ssa Miceli), Paolo De Vita (venditore sessantenne), Pierpaolo Lovino (Stefano Pavolini), Beniamino Marcone (informatore giovane), Roberto Silvestri (giudice)
Produzione: Amedeo Pagani per Classic Srl/Peacock Film, in coproduzione con RSI Radiotelevisione Svizzera/SRG SSR, in collaborazione con Rai Cinema, in associazione con Cinecittà Luce/Eutheca/Dinamo Film
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Durata: 105’
Origine: Italia, Svizzera, 2013


Raccontare una discesa. Senza indugi o compromessi. Aprendo così una finestra su un mondo vicino alla vita e alla salute di tutti. Ma che il cinema e i media evitano o affrontano solo quando scattano le manette o le inchieste. Il venditore di medicine è quel tipo in giacca e cravatta con una valigetta di pelle, che almeno una volta tutti abbiamo intravisto nello studio del nostro medico di famiglia. E' l'anello, debole, tra il camice bianco e l'industria del farmaco, ma anche il pezzo necessario affinché in mosaico sia completo. Un informatore scientifico deve promuovere, ma allo stesso tempo convincere, il medico che le nuove (o vecchie) molecole prodotte dall'azienda farmaceutiche che rappresenta, qui l'immaginaria Zafer, siano delle miracolose novità. Migliori delle pillole dei concorrenti e, chiaramente, necessarie per curare gli assistiti. Insomma deve sapere proporre il farmaco e, magari, anche 'lisciare' per bene il medico. Una 'ape regina' lo chiamano gli informatori, se è uno che fa tante prescrizione delle tue medicine. Più quest'ultimo 'firma' le ricette rosa e più il 'venditore' è bravo e l'azienda fattura. Bruno (Claudio Santamaria) è un informatore in gamba. O almeno lo era. Ora è tutto più difficile alla Zafer. C'è aria di licenziamento e chi non regge allo stress e al fallimento si spara un colpo in macchina. Ha il fiato sul collo della sua capa (Isabella Ferrari). Bisogna vendere di più, le 'api regine' devo essere spremute per bene, incentivate con cene e regali, ma solo se il rapporto tra il 'dono' e le prescrizione è 1 a 11. Altrimenti, sei fuori dalla Zafer. E Bruno per tenere tutto in piedi - un matrimonio, una vita agiata, un posto di lavoro, un briciolo di carriera, decide di tentare il tutto per tutto. Di agganciare un oncologo ospedaliero (Marco Travaglio) difficile da convincere, con i prodotti della Zafer hanno già fallito in parecchi, ma che potrebbe rimettere in carreggiata la sua vita. E' la sua ultima spiaggia.
Se c'è un modo o una chiave per scardinare il solito già visto nel raccontare al cinema gli scandali e il malaffare dell'Italia di oggi, ovvero la commedia corale (popolare?) o gli RVM dei talk show politici, "Il venditore di medicine" di Antonio Morabito ("Non son l'un per cento-Anarchici a Carrara") sembra aver trovato una strada personale e molto controcorrente. In giro di pellicole (italiane) così coraggiose non se ne vedono.
Morabito, anche sceneggiatore con Michele Pellegrini e il produttore Amedeo Pagani, sceglie una strada in salita. Il soggetto è una materia delicata, il comparaggio e l'etica medica, la disinvolta corruzione dei camici bianchi di fronte alle avances di 'Big Pharma', i colossi dell'industria del farmaco. Il protagonista, è un antieroe che cerca di uscire da una situazione ormai incontrollabile, in uno spaccato del Paese che non lascia margine a macchiette o compromessi. Corrotti e corruttori si muovono con la stessa avidità di medicine e menefreghismo. Ci si becca la denuncia del medico idealista che non vuole sentir parlare di regali, ma si esce assolti dal processo. Non c'è lo schematismo di certo cinema politico (viene in mente" L'industriale" di Montaldo). Bruno è determinato a non perdere, ma si chiude dietro le spalle ogni principio, anche quando prova ad aiutare l'amico malato. La sponda di Morabito aspira ad essere, più che l'impegno della denuncia civile (Petri, Rosi e Volonté), il cinema resistente che arriva d'Oltralpe. Viene in mente il bravo regista francese Philippe Lioret ("Tutti i nostri desideri", "Welcome"). Morabito non molla mai la strada maestra, ci sbatte in faccia i meccanismi di un sistema che non vediamo ma che spesso sappiamo di subire a nostra insaputa. Il suo è uno stile, la macchina da presa è sempre attenta ad ogni sussulto, che scarnifica l'immagine fino ad arrivare al nervo. Lo fa 'usando' un disperato ingranaggio di questo sistema, costretto fino alla fine a lottare solo per sopravvivere. Quella di Bruno è una tragica discesa che non ammette nessuna illusoria consolazione, perché non è così che il destino risponde. Allo sguardo dello spettatore non rimane altro che provare a risalire dal budello di scuri e lunghi corridoi dell'animo umano in cui è sceso, ma la luce alla fine delle scale appare sempre più fioca.
Francesco Maggi, Sentieri Selvaggi


Non è un'atroce caricatura, è tutto vero. Vista la potenza di Big Pharma e il ramificato intreccio di interessi se ne parla poco. Ma ci sono inchieste che lo provano, e all'inizio di questo primo film di finzione del documentarista Antonio Morabito, echeggiano intercettazioni inequivocabili e ripugnanti. La materia c'è insomma, c'è il coraggio di trattarla senza sconti (...), non mancano nemmeno le note ironiche (...). Più incerto è il taglio che dovrebbe trasformare il tutto in racconto avvincente. Il film infatti sembra soprattutto evitare il già noto. Anni fa Santamaria sarebbe stato un 'mostro' alla Sordi. Negli Usa sarebbe un killer dai modi soavi tipo Kevin Spacey, etc. Qui invece la sua doppiezza genera schizofrenia (la moglie incinta e ingannata; l'amico malato, aiutato di nascosto). Ma non è un problema del film. È il sintomo di uno smarrimento, estetico e morale, più generale. Come dare a personaggi simili umanità e complessità senza farsene complici? Per anni la risposta è stata la commedia all'italiana. Oggi urgono nuove ricette. Ma in fondo per un film sui farmaci essere un sintomo non è male.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero


ANTONIO MORABITO
Filmografia:
Cecilia (1999), Non son l’un per cento (2006), Il venditore di medicine (2013)


Martedì 9 dicembre 2014:
GIOVANE E BELLA di François Ozon, con Marine Vacth, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot, Fantin Ravat, Johan Leysen, Charlotte Rampling

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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