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I film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020

 

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Messaggi del 08/02/2018

 
 

Cineforum 2017/2018 | 13 febbraio 2018

Foto di cineforumborgo

SOLE CUORE AMORE

Regia: Daniele Vicari
Soggetto e sceneggiatura: Daniele Vicari
Fotografia: Gherardo Gossi
Musiche: Stefano Di Battista
Montaggio: Benni Atria, Alberto Masi (collaborazione)
Scenografia: Beatrice Scarpato
Costumi: Francesca Vecchi, Roberta Vecchi
Suono: Remo Ugolinelli (presa diretta), Alessandro Palmerini (presa diretta)
Aiuto regia: Saverio Di Biagio
Interpreti: Isabella Ragonese (Eli), Eva Grieco (Vale), Francesco Montanari (Mario), Francesco Acquaroli (Nicola), Giulia Anchisi (Bianca), Chiara Scalise (Malika), Giordano De Plano (Sergio), Paola Tiziana Cruciani (Adele), Noemi Abbrescia (Ada), Marzio Romano Falcione (Stefanino), Ines Tocco (Nicoletta)
Produzione: Domenico Procacci per Fandango, con Rai Cinema
Distribuzione: Koch Media
Durata: 112'
Origine: Italia, 2016
Data uscita: 4 maggio 2017
Premio speciale per l'attenzione al cinema civile, in particolare sul tema del lavoro, all'edizione 2017 dei Nastri d'Argento.

Un'amicizia tra due giovani donne in una città bella e dura come Roma e il suo immenso hinterland. Due donne che hanno fatto scelte molto diverse nella vita: Eli ha quattro figli, un marito disoccupato e un lavoro difficile da raggiungere; Vale invece è sola, è una danzatrice e performer, e trae sostentamento dal lavoro nelle discoteche. Legate da un affetto profondo, da una vera e propria sorellanza, le due donne sono mondi solo apparentemente diversi, in realtà sono due facce della stessa medaglia, ma la solidarietà reciproca non sempre basta a lenire le difficoltà materiali della loro vita.
Non c'è apparentemente alcun legame fra “La tenerezza” di Gianni Amelio, e “Sole cuore amore” di Daniele Vicari. Il primo parla di un uomo vedovo e anziano, il secondo incrocia le storie di due donne giovani; il primo si svolge in una Napoli alto-borghese, il secondo in una Roma fatta di periferie e di litorali che non hanno più nulla di turistico; il primo costruisce faticosamente una riconciliazione familiare che passa attraverso il fuoco della tragedia, il secondo narra un nucleo familiare coeso dove le tragedie vengono da fuori, da un contesto sociale durissimo e impietoso. Eppure qualcosa unisce i due film, e due registi così lontani geo graficamente e generazionalmente (Amelio calabrese, classe 1945; Vicari laziale, classe 1967).
Non è un dato oggettivo, è un sentore impalpabile, un'emozione che ci ha colto vedendoli a distanza di una settimana l'uno dall'altro e che riusciamo a definire con una sola parola: umanità. Sono film umanisti, guidati da una forte empatia con i personaggi; non hanno nulla di ‘neorealista’ ma sono entrambi figli di uno sguardo che affonda le radici nel neorealismo migliore, quello di De Sica e di Zavattini. Del resto non sarà casuale se il finale di “La tenerezza” è una consapevole citazione di “Ladri di biciclette”, e se alcuni momenti di “Sole cuore amore” ricordano “Umberto D.”: non tanto il personaggio del vecchio professore, un altro anziano abbandonato da tutti, quanto l'indimenticabile servetta interpretata da Maria Pia Casillo, altra donna che si ammazza - letteralmente - di lavoro. Quando il film di Vicari è stato presentato alla Festa del cinema di Roma, non tutti i critici hanno apprezzato la bipartizione della storia. In “Sole cuore amore” c'è una protagonista, Eli/Isabella Ragonese, moglie e madre amorevole costretta a estenuanti trasferte per raggiungere il bar del Tuscolano dove lavora (film da proiettare ai dirigenti dell'Atac e a chiunque gestisca, direttamente o indirettamente, il trasporto pubblico romano); ma c’è anche una co-protagonista, Vale/Eva Grieco, ballerina-performer e amica del cuore di Eli: e le due storie si illuminano a vicenda. Grazie al magistrale montaggio di Benni Atria e al tappeto musicale di Stefano Di Battista, Vicari le incrocia componendo un affresco della moderna difficoltà di vivere. E rende umanissimi anche i personaggi di contorno, come il marito di Eli (Francesco Montanari) e il suo datore di lavoro (Francesco Acquaroli). “Sole cuore amore” è un film che non fa sconti: restituisce la quotidianità di tutti gli italiani - di tutti gli esseri umani - costretti a combattere con il lavoro che non c'è, con rapporti sociali ed economici sempre più neutri, stranianti, crudeli. Che il film finisca in modo molto simile a “Io, Daniel Blake” di Ken Loach è una coincidenza - e anche, per Vicari, un complimento: ha la stessa cognizione del dolore individuale e dell'ingiustizia (in)civile che ci circonda. Isabella Ragonese, che è sempre brava, non è mai stata così brava.
Alberto Crespi, L’Unità

Primo film tutto al femminile di Daniele Vicari, “Sole cuore amore” è il ritratto di Eli (Isabella Ragonese nella sua interpretazione più matura e consapevole), una figura così emblematica dei nostri tempi da passare quasi inosservata nella sua quotidiana straordinarietà. Il tema del film è il lavoro, a cui il regista e sceneggiatore riesce a dare una centralità e una dignità inedita nel nostro cinema recente. L’ingranaggio in cui è inserita Eli è paradigmatico: una casa a cui badare, un impiego distante, quattro figli («troppi» penserà pure qualcuno in sala), un marito disoccupato e l’Imprevisto imprevedibile della vita. Sembra una serie di sfortunati eventi ma è ‘solo’ la quotidianità di milioni di persone. Vicari pedina zavattinianamente il suo personaggio mostrandocelo varie volte, insistentemente, quasi in loop, sulla corriera che dal litorale romano porta Eli al lavoro nella grande città. E viceversa. Con un movimento ostinato e contrario che ci mostra gli sguardi spersi tra lei, che finisce il lavoro la sera tardi, e l’amica - quasi una sorella - che lo inizia (un po’ come più di sessant’anni fa, all’alba d’un incipiente Boom economico, in “Renzo e Luciana” di Mario Monicelli). Intese mute che non hanno bisogno di parole ma solo di precisi movimenti di macchina, come il lungo montaggio alternato finale in cui il sole dell’avvenire si spegne in un tunnel della metro, solitario, finale, catacombale. E torna alla mente il precedente lungometraggio di ‘finzione’ di Vicari, “Diaz”, che si concludeva con la galleria autostradale che inghiottiva i superstiti del G8 di Genova. Ancora generazioni perdute.
Pedro Armocida, Film Tv

DANIELE VICARI
Filmografia:
Partigiani (1997), Comunisti (1998), Non mi basta mai (1999), Morto che parla (2000), Velocità massima (2002), L'orizzonte degli eventi (2005), Il mio paese (2006), Il passato è una terra straniera (2008), Foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia (2009), La nave dolce (2012), Diaz (2012), Sole cuore amore (2016), Bianco (2016),

Martedì 20 febbraio 2018:
MOONLIGHT di Barry Jenkins, con Alex R. Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes, Mahershala Ali, Naomie Harris

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 29/09/2007
 

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