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In Treatment in versione italiana: apoteosi del format da Il manifesto

Post n°9766 pubblicato il 27 Aprile 2013 da Ladridicinema
 
Tag: news, novità, tv

  • blog-intreatment-102510

    L’episodio d’apertura della fiction In Treatment, superba serie americana, è lo studio e la dissezione di un pianto femminile. La paziente piange, il terapista la incoraggia a piangere, la paziente si pente di aver pianto. Il motivo del pentimento sta nella ragione del pianto stesso che non è quella che viene dichiarata in apertura, ma quella che si scopre in chiusura. Il canale Sky ne ha fatto una versione italiana, anche se non è chiaro perché. Le opere possono essere re-interpretate, naturalmente, ma la versione di Sky non è un’interpretazione: è una copia recitata da attori italiani, come fosse il format di un gioco a premi. La prima puntata ha la regia di Saverio Costanzo ed è interpretata da Sergio Castellitto e Kasia Smutniak.

     

     

     

     

    In-treatment-960x640L’episodio americano si apre con un primissimo piano della giovane donna che piange; l’episodio italiano si apre in modo identico. L’alternarsi delle inquadrature, la scenografia (fin nei dettagli del modellino di barca a vela e della macchina per fare il caffè americano) e la recitazione stessa sono un’imitazione senza alcuna nota originale della versione americana. Il risultato è una specie di balbettio narrativo, perché si può rifare con successo solo reinventando. Nella versione italiana non solo non c’è reinvenzione ma ci sono dei piccoli errori e delle grossolanità portate le une dal tentativo di diversificare la recitazione (Castellitto in particolare si è trovato nella difficile posizione di dover ripetere l’interpretazione di Gabriel Byrne, un chirurgo della recitazione sottile con il risultato che la Smutniak sembra dare una interpretazione più convincente) e le altre dovute a piccole aggiunte di sceneggiatura che involgariscono la leggerezza tragica della versione americana.

    La paziente è innamorata del terapista e quest’innamoramento si rivela solo alla fine. Mentre Byrne recita l’intero episodio navigando lentamente in una sorta di lago ghiacciato che gli permette solo il movimento degli occhi e qualche leggero gesto con le mani, Castellitto sembra mostrare solo del disagio e una certa freddezza. Di fronte alla confessione della donna, Byrne sceglie di toccarsi le mani, e in particolare gioca con la fede – segno che sta mettendo in discussione la sua relazione con la moglie; anche Castellitto si tocca le mani, ma, tanto per variare, gioca con i polpastrelli – segno, normalmente, di noia o di impazienza. L’impazienza del terapista emerge anche in alcuni punti della versione italiana (incomprensibile, se si pensa che il terapista è attratto dalla donna), in un punto, per esempio, la giovane racconta di aver fatto sesso in un bagno pubblico con uno sconosciuto. Nella versione americana la donna chiede semplicemente: “Ti sto disgustando?” e il terapista risponde in fretta, forse un po’ troppo in fretta: “No, assolutamente no.” Nella versione italiana la Smutniak chiede: “La sto disgustando o la sto eccitando?” – involgarendo così la sottigliezza del voler provocare disgusto per eccitare – e Castellitto risponde con un seccato “Vada avanti,” che non mostra assolutamente il desiderio represso del terapista.

    in-treatment-george05in_treatment_kasia_smutniakLa puntata ha anche un errore di sceneggiatura: quando la donna, che è sul punto di vomitare, teme di sporcare il divano, Byrne dice che tanto è vecchio: Castellitto dice che “il divano si può lavare,” un’espressione che un paziente interpreterà, immancabilmente, come parte di una frase che si conclude con “mentre quello che hai dentro non si può.” Goffo tentativo degli sceneggiatori di dare originalità alla puntata, l’errore è dovuto alla costrizione imposta di fare una copia e non un opera originale. Il perché di una tale copia mal riuscita può stare solo nella mancanza di idee della produzione televisiva italiana, una mancanza probabilmente causata dalla paura di proporre qualcosa di originale più che alla mancanza di sceneggiatori con idee originali.

     

di nefeli 
pubblicato il 26 aprile 2013 

 
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