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Zona d'ombra

Post n°13450 pubblicato il 13 Ottobre 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Zona d'ombra - Una scomoda verità

Un giorno di settembre del 2002, l'anatomopatologo Bennet Omalu, nigeriano emigrato a Pittsburgh, ancora non perfettamente al passo con l'America e le sue passioni, si trova a dover indagare la causa della morte di Mike Webster, leggenda del football americano, finito in disgrazia a vivere in un pick-up, tormentato da spaventose emicranie. Omalu è uno che fa ridere i colleghi, perché parla con i morti, vive il suo lavoro come una missione e non lascia mai perdere. Per questo, paga di testa propria i costosi esami al cervello di Iron Mike e scopre una verità a dir poco scomoda, che mette in breve in pericolo la sua carriera e persino la sua famiglia. 
"Diciamo che possiedi una multibilionaria lega di football. E diciamo che la comunità scientifica - a cominciare da un giovane patologo di Pittsburgh per continuare con un coro di neuroscienziati da tutto il Paese- viene da te e ti dice che i traumi da scontro stanno facendo impazzire i giocatori, li stanno rendendo pazzi al punto da uccidersi, e lì, nei tessuti del cervello, c'è la prova di tutto questo. Ti unisci agli scienziati e provi a risolvere il problema, o usi il tuo potere per screditarli?" È questo il punto dell'articolo di Jeanne Marie Laskas, apparso su GQ, che per primo ha fatto conoscere al mondo il dottor Omalu e che ha ispirato il film di Peter Landesman, già autore di un accattivante per quanto televisivo dietro le quinte ospedaliero dell'assassinio di JFK (Parkland). 
Con Zona d'ombra Landesman non fuga le perplessità e anzi le nutre abbondantemente. Lo spettro di Insider di Michael Mann aleggia sull'intero concept del film, ovvero la lotta di Davide contro il Golia di uno sport che, a Pittsburgh in particolare, ha investito pesantemente nell'occupazione della popolazione e nella costruzione di uno stadio che è un vero e proprio elefante in salotto, e ogni qualvolta fa la sua apparizione, il film di Landesman impallidisce, incapace di reggere il confronto a qualsiasi livello. Anche senza scomodare termini di paragone, però, Zona d'ombra sembra impegnarsi nel rendersi la vita difficile la vita con le proprie mani: tarato da un'inspiegabile e poco funzionale linearità estrema del racconto, non potendo contare su un numero sufficiente di ostacoli (Omalu non ha avuto la strada spianata, ha sofferto e fatto soffrire, ma la fortuna ha anche girato non poco la ruota dalla sua parte) sposta il fuoco dalla battaglia legale, tutto sommato esterna al personaggio, alla sua lotta interiore per vedere riconosciuto il proprio valore in terra d'America, il paese che tramuta i sogni in realtà, il paradiso dei self-made men. 
È così che il neuropatologo interpretato da Will Smith con forte accento buonista, citando Dio ad ogni piè sospinto, confonde ricerca della verità e ambizione personale, probo idealismo e retorica superflua, lasciando più delusi che perplessi.

 
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