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“Li chiamarono… briganti!”: storia di una censura italiana

Post n°13818 pubblicato il 08 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

da myblog

Locandina de "Li chiamarono... briganti!" di P. Squitieri, 1999

Quando ho visto per la prima volta nella mia vita, non molti mesi or sono, su Facebook il titolo di questo film, “Li chiamarono… briganti!” di Pasquale Squitieri, ammetto di aver considerato, da ignorante, che doveva trattarsi di un film di seconda mano e di chissà quanti anni fa. Uno di quei film che mandano sulle reti locali, e coi colori sbiaditi e appannati, tipici della fotografia degli anni 70′-80′.

Immaginate, perciò la mia sorpresa quando nell’incipit da pelle d’oca, con la magistrale Lina Sastri che dà voce a quel lamento “del brigante” che è la canzone Briganti, del maestro Luigi Ceccarelli… secondo dopo secondo, scorrono nomi del calibro di Enrico Lo Verso, Claudia Cardinale, Giorgio Albertazzi, Franco Nero, Remo Girone, Carlo Croccolo e altri ancora… e mi dico “Caspita, che castone!!”.

Che castone. Ora, per un pregiudizievole atteggiamento che so essere sbagliato, cioè giudicare la scatola dal contenitore, in questo caso il film dal cast, al quale tuttavia credo che in tutta onestà quasi nessuno sappia sottrarsi… la mia curiosità fu sollecitata al massimo. E, con mezzi che non sto a raccontarvi, mi procurai il film.

Io e il mio compagno brigante lo abbiamo bevuto dall’inizio alla fine. Non siamo esperti di cinematografia (sebbene mio fratello sia un maniaco dell’argomento…) ma piuttosto difficili di gusti. Palati fini, per intenderci.

Ebbene questo film, che nulla aveva da invidiare ad un qualunque altro Signor Film, non ci ha solo “rapito” per tutti i 129 minuti della sua durata, ci ha anche commossi, dilaniati… appassionati: truce e struggente è il canto di Lina Sastri e il suo poetico dire, sempre su note e parole del magistrale Luigi Ceccarelli, nel finale del film (La Profezia). Drammaticamente realista, negli aspetti più crudi e spietati di quell’Unità d’Italia, la ricostruzione delle vicende e della storia di Carmine Crocco, alla luce di quanto avevamo già letto circa le stragi e le rappresaglie, e le citazioni attribuite testualmente al signor Cialdini & co. Crudi e spietati, intendiamoci, anche nel confessare quale parte ebbero i galantuomini, meridionali come i briganti e i contadini, che svendettero a misero prezzo il loro popolo/futuro; e quale ebbe la mafia (in questo caso, la camorra), come documentato, e sottilmente lasciato intendere da Squitieri. La sceneggiatura l’abbiamo trovata semplicemente perfetta, la fotografia ineccepibile, le interpretazioni da oscar, le musiche incredibilmente descrittive ed emotivamente straordinarie…

E quando, cercando su Wikipedia, informazioni sul film mi resi conto che fosse non di anni 70′-80′ come avevo supposto prima ancora di vederlo, ma solo del 1999, vale a dire appena dodici anni fa… la mia sorpresa fu doppia e tripla: compresi allora quale reale e bieco tentativo da più parti, e ripetutamente, a ben 150 anni da quei fatti, si è fatto e si continua tutt’ora a fare per nascondere, mettere a tacere, mistificare…

Tenere la gente addormentata. Tenerla in questa narcotica perenne simil-realtà che è la nostra Matrix, dalla quale è tanto più difficile uscire quanti più studi si son fatti, e quanto più egoicamente si è radicata l’idea di “patria”, di “simboli”, di “padri della patria”… scoprire all’improvviso che niente era vero, che era tutta una bella finzione, una finzione apposita per tenerti buono e addormentato al loro servizio… scoprire il complotto a nostri danni perpetrato dalla nostra stessa nazione è una ferita talmente profonda e dolorosa che, mi rendo conto, ci vuol fegato per affrontarla. E, infine, accettarla.

Io, che sempre son stata orgogliosa di essere italiana, confesso che in frangenti come quello, quello in cui ho scoperto la censura ai danni del film di Pasquale Squitieri… dicevo, in frangenti come quello ho provato una rabbia e un senso di tradimento verso la mia nazione inaudite. La mamma spirituale, il mio papà ideale mi avevano tradito. Non è bello ammetterlo. Non è facile superarlo.

Una ragazza come me, classe 84′, ha sempre pensato alla censura come una cosa lontana, un fatto storico: la censura la facevano i fascisti, la censura la fa il regime cinese, la censura è una cosa che non succede in un Paese democratico. Ebbene, in un mondo in cui ti riempiono la testa e le orecchie di spazzatura spacciandola per arte, e imbastardendo, peraltro, il comune gusto del bello e della vera arte, scopri un film del calibro di quello di Squitieri… e vieni a sapere che, con ignote e ancora oscure motivazioni, nonchè manovre, non solo hanno ritirato dalle sale cinematografiche il film praticamente appena uscito, ma ne hanno anche impedito la diffusione in VHS… oggi, il film è praticamente quasi irreperibile, se non su YouTube o di contrabbando!

No, non sono parole isteriche di una ragazzina: il critico Stefano Della Casa lo definì “Un film interessante proprio perché fuori dal tempo” .” Il film parla della resistenza degli uomini e delle donne del sud Italia contro i Savoia, alcune scene sono molto forti: carabinieri che stuprano, accordi non rispettati, e sono tutte cose documentate presso l’Archivio di Stato, nel film ci sono tutte le premesse della situazione italiana odierna. ” son parole di Enrico Lo Verso. Lo scrittore Lorenzo Del Boca a proposito della censura del film disse che “per ammissione unanime dei commentatori, è stato boicottato in modo che lo vedesse il minor numero di persone possibile“. E ti spieghi benissimo, alla luce di qualto appena letto, e capisci benissimo il perchè della definizione del Dizionario dei film a cura di Morando Morandini: “Isterico più che epico. Un’occasione mancata di controinformazione storica.”  E certo: la gente non doveva vederlo. E seppure l’avesse visto, grazie all’inconcepibile critica del Morandini, si sarebbe ben guardata dal giudicare obiettivamente e senza pregiudizi d’isteria meridionale e collettiva questo film.

E’ una vergogna che una società civile e che si reputa democratica come la nostra, che vuol essere unita e matura, non riesca a far i conti con il suo passato… di 150 anni fa?!!!! Abbiamo fatto ammenda sulle foibe e sulle brutture del fascismo prima e delle rappresaglie naziste dopo, abbiamo fatto film sul 68′, La storia siamo noi (G. Minoli, RaiTre) tira fuori ogni tanto le spinose e buie vicende del nostro tempo, il generale Dalla Chiesa, il caso Verbano, le teste vere/false di Modigliani… E NON RIUSCIAMO A GUARDARE IN FACCIA IL PASSATO E A DARGLI IL NOME CHE MERITA?

Vergogna Italia, che spacci per buone le menzogne, e nascondi ai tuoi figli la verità sulla tua nascita; vergogna Italia che ti vergogni del tuo passato, talmente tanto che non riesci neppure a vederlo trasposto in un film… un film, che resta, sempre e comunque una forma d’arte, l’opera di un uomo, un’interpretazione,  sia pur opinabile, della realtà… vergogna Italia, che anzicchè cercare un contradditorio e provare a discolparti con la dialettica e i documenti (che altrove, dici di avere), preferisci nascondere, tacitare, ordire nell’ombra trame che risucchino in angoli bui e solitari la verità… e ammettendo, in tal modo, di essere colpevole accusandoti da te medesima! Perchè, se non hai nulla da nascondere, mia cara Italia, che motivo avresti avuto di censurare un film, opinabile (ripeto) probabilmente, piuttosto che mettere il pubblico liberamente nelle condizioni di giudicare se fosse buono o no? In un Paese democratico, cara Italia, quale tu dici di essere, dovrebbe essere così: chiunque è libero di esprimersi, persino di oltraggiare od offendere (Borghezio docet, e gli paghiamo persino lo stipendio, per questo… cara Italia), sta al libero cittadino e libero pensatore trarre ciò che vuol trarre, e giudicare come più gli aggrada la bontà o meno di un messaggio. Credevo (le tue scuole, Italia mi hanno insegnato) che la democrazia fosse questo.

Ma ricordati, cara Italia, che i posteri rendono a ciascuno l’onore che in vita si è meritato, nel bene e nel male. E noi siamo qui per questo.

Voglio ringraziare Umberto Calabrese per l’aiuto nel reperire fonti e informazioni,  ma anche:

Wikipedia – voce: Li chiamarono… briganti!

Il Dizionario dei film a cura di Morando Morandini

Cosimo D. Matteucci per avermi fatto scoprire il film di Squitieri e tante altre “perle nascoste”

il sito ufficiale di Pasquale Squitieri dove ho potuto scoprire questo regista  e la sua immensa e impegnata opera (che non a caso, forse, si apre in home page proprio con la “Briganti” cantata da Lina Sastri…): a proposito, consiglio la visione dell’intera filmografia, o per lo meno de I guappi, con Claudia Cardinale, Franco Nero, Fabio Testi.

E infine il grande Pasquale Squitieri, che ha avuto il coraggio e la maestria per fare un meraviglioso film che meriterebbe cineforum e visioni scolastiche, al quale, tardivamente, ma spero sempre in tempo, voglio così rendere omaggio.

Vi lascio con due video di YouTube, il primo è l’incipit del film, e una delle interpretazioni più belle che io abbia mai visto fare in video a Lina Sastri: la canzone Briganti, di Luigi Ceccarelli, narra di un brigante insonne, che attende la battaglia del giorno seguente, domandandosi se verrà ucciso o se riuscirà a vincere, implorando la luna di dargli pace e serenità, ed un sogno dolce, un sogno di libertà.

Il secondo è il finale del film, La profezia, una profezia di quel che sarà il destino del sud, dei briganti che sarebbero diventati emigranti, della damnatio memoriae e le meschinità che, pur di sopravvivere, la gente del sud avrebbe, da allora in poi, messo in atto. E che, poi, sarebbe diventata la colpa dei meridionali: quella di essere meridionali. Lina Sastri, sempre su parole e musica del grandissimo Luigi Ceccarelli.

 
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