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Skyfall

Post n°13382 pubblicato il 26 Settembre 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Skyfall

In missione a Istanbul per conto della Regina, della Patria e di M, James Bond deve recuperare un file prezioso che contiene i nomi degli agenti infiltrati del MI6. Finito nelle mani di un killer professionista, Bond lo insegue cadendo sotto i colpi del fuoco amico. Precipitato e disperso dentro una cascata, Bond viene dichiarato morto e compianto in un formale necrologio. A redigerlo è M, che lo ha sacrificato senza riuscire a recuperare il maltolto. Pubblicate su internet le identità degli agenti operativi, M è chiamata a rispondere della questione e della sua gestione davanti al governo britannico che vorrebbe le sue dimissioni. Bond, intanto, sopravvissuto alla ‘caduta’ e alla inoperosità, è richiamato a Londra e al dovere da un attentato gravissimo alla sede del MI6. L’obiettivo è M, il criminale è Silva, un ex agente ‘venduto’ e torturato che ha coltivato la vendetta e adesso chiede il conto al suo ex direttore. Figli putativi della stessa M(adre), Bond e Silva si confronteranno a colpi di pistola, fino a esplodere o a implodere il loro passato. 
Dopo essere caduto dal cielo e dopo essersi rialzato dal fondo, James Bond si accomoda davanti a un quadro di William Turner, esposto con orgoglio alla National Gallery, perché quel dipinto rappresenta “La Valorosa Témériere” rimorchiata lungo il Tamigi e destinata alla demolizione. Una combattente temeraria che ha vinto la tracotanza di Napoleone e adesso scivola adagio verso il tramonto. Il suo e quello dell’epoca che l’ha vista eroica. Nella fruizione museale di Bond c’è l’essenza, il senso e il valore di Skyfall, ventitreesimo film della serie diretto da Sam Mendes, che riazzera il personaggio fino a ‘ucciderlo’, rifondando l’archetipo e avviandone biografia e serialità autoriali. Se con Martin Campbell Bond ricominciava dal doppio zero, con Mendes riparte da zero e da una mestizia, una sensazione densa di pena, affetto e responsabilità, derivata dalla vulnerabilità di M, ‘madre’ ideale e onnipotente minacciata da un figliolo tutt’altro che prodigo. Il cattivo di Javier Bardem, doppio oscuro di Bond e nemesi filiale di M, è l’ennesimo megalomane della saga che pratica il delirio gettando l’ordine tranquillo del mondo nell’angoscia. Nella testa e dietro lo sguardo di Mendes, quel mondo e quell’angoscia si fanno assolutamente personali, convertendo il conflitto internazionale in un dramma ‘familiare’. Il corpo materno di M, fonte aspra di insegnamenti e conflitti per Bond, viene sconvolto da una minaccia abnorme e traumatica che occupa abusivamente la scena di un legame storico, professionale, emotivo, affettivo. La vita di M è letteralmente nelle mani dell’agente di Fleming, la cui incolumità pone a Bond il problema delle sue radici, della sua provenienza e dell’impossibilità che possano costituire un terreno solido, sicuro e al riparo dall’imprevedibilità della vita. È a questo punto che il regista inglese introduce un discorso sulla tradizione, sugli echi, sul ‘marchio’, che mentre celebra i cinquant’anni di vita cinematografica di Bond produce una separazione irreversibile col passato, mai riducibile per Mendes a meri citazionismo e collezionismo. Per questa ragione l’Aston Martin DB5 argentata e armata di Sean Connery, infila di nuovo la strada e l’avventura, trattenendo romanticamente l’aura dei Bond che furono, simbolizzando una discendenza con l’agente di Daniel Craig, dando corpo (e motore) a una memoria collettiva. Antropomorfizzata, l’Aston Martin partecipa al destino di Bond e di M contro un villain ossigenato e incapace di guarire. Si chiudono invece le cicatrici di Bond, che lascia andare e si libera perché altrimenti sarebbe impossibile continuare. Quietati lutti, ombre e fantasmi, James Bond emerge dalla staticità iconica e dall’immodificabilità del passato, smantellando le spoglie epiche dell’oggetto perduto e reintegrando, rinnovati, Q e Miss Moneypenny. Al Silva superbamente eccentrico e decentrato di Bardem, agente di un mondo che non c’è più e da cui dipende patologicamente, non resta che la nevrosi e l’irriconoscenza del debito simbolico con M, vecchia e valorosa ammiraglia destinata alla ‘rimozione’. La trasmissione, nel Bond di Mendes, si realizza sullo scarto, sul resto di corpo, di carne, sull’oggetto museale (quadro o automobile). Perché in quel residuo c’è ancora tantissima vita da accogliere e perseverare dentro un’altra segretissima missione. Dentro al corpo, ieri pesante, oggi bolla di leggerezza, di Daniel Craig.

 
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