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Guardiani della Galassia Vol. 2

Post n°14048 pubblicato il 17 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 

Assoldati dai Sovereign ma poi braccati da questi per aver rubato delle preziose batterie, i guardiani della galassia si dividono in due gruppi: Rocket e Groot se la vedono con i Ravagers di Yondu, mentre Star-Lord conosce finalmente il padre, Ego, scoprendo molti segreti inaspettati sulla propria natura semi-umana.
Non se l'aspettavano in molti nel 2014, ma I Guardiani della Galassia ha saputo sdrammatizzare una space opera ad elevato rischio di ridicolo, restituendo quell'attitudine disincantata, da spacconi, con cui Han Solo o Jack Burton hanno salvato fantasy e sci-fi dalla noia seriosa dei biografi nerd. Tanto da poter portare tranquillamente ad affermare che lo scanzonato spirito originario di Guerre stellari alberghi più nel film di James Gunn che in quanto sia avvenuto alla saga degli Skywalker negli ultimi trent'anni. Per il secondo episodio della serie, ultimo atto prima delle attese Infinity Wars che vedranno Guardiani e Avengers lottare insieme, James Gunn si trovava quindi di fronte a un pericolo più temibile di un mostro dallo spazio esterno: la paura di non essere all'altezza dell'originale oppure di tradirne l'essenza.

Per non sbagliare Gunn ha scelto la soluzione più semplice: premere sull'acceleratore, insistere sul "di più" e "meglio". Effetti 3D ai massimi livelli - la sequenza di uccisione del mostro tentacolare è impressionante, anche se sembra più che altro uno showcase fieristico - colonna sonora onnipresente, con riferimenti intratestuali ancor più marcati (che rasentano l'eccesso stucchevole con "Father and Son" di Cat Stevens); battute acide e scurrili in bocca a Drax e Rocket Raccoon in ogni occasione.

Seguendo un curioso fil rouge da "ultimi giorni della disco music" che ha innervato molto cinema recente - da Tutti vogliono qualcosa di Richard Linklater in giù - I Guardiani della Galassia Vol. 2insiste nuovamente sul periodo di passaggio tra '70 e '80, punto di svolta nella storia degli Stati Uniti d'America, rivivendolo attraverso le audio cassette di Peter Quill. Quest'ultimo, di fronte a una duplice figura paterna, espone ancor più le proprie debolezze, nel nome di una scomposizione e ricomposizione del macho in una nuova forma di eroe che non disdegna di mostrare il suo lato tenero e vulnerabile, con una donna forte al proprio fianco. 
Per l'occasione la generazione dei macho cinematografici anni Ottanta rivive quasi al gran completo, in una parata di stelle action che fa pensare più a I Mercenari della Galassia che ai Guardiani della stessa: tra un Kurt Russell padre-padrone-dio che di nome fa Ego e un Sylvester Stallone re dei ladri trovano posto persino Michelle Yeoh e Ving Rhames, con contorno di un Michael Rooker eternamente Henry, pioggia di sangue.

Tre anni soltanto separano questo sequel dal capitolo originario, eppure l'attesa è stata spinosa per chi ha amato il film e sperato ardentemente che l'umano (o mezzo tale) Peter Quill, l'aliena Gamora, il guerriero Drax, il procione Rocket e quella meravigliosa invenzione a metà tra uomo e albero che risponde al nome di Groot tornassero a raccontarci di loro. Non c'era motivo di dubitare delle buone intenzioni in questo senso, non solo perché il primo capitolo tracciava apertamente la strada per una narrazione tutta da proseguire, alla ricerca del padre del protagonista, ma anche e soprattutto perché il grande successo riscosso dallo stesso non poteva che suonare da conferma.
Il secondo capitolo dei Guardiani della Galassia, inoltre, fa parte da tempo di un piano dei Marvel Studios - la cosiddetta Fase Tre - di produzione massiccia, rapida e seriale dei film basati sui Marvel Comics, improntato quasi a imitare il ritmo dei fumetti, con film pensati su misura per ogni personaggio (o gruppo di personaggi) e altri in cui gli stessi si uniscono insieme, in occasione di un evento crossover che ha come cardine il team degli Avengers e i film ad esso dedicati.

Ma l'industria cinematografica non è la sola ad aver tamburellato le dita con una certa apprensione fino alla conferma ufficiale della messa in produzione di questo secondo capitolo sotto la migliore delle costellazioni, vale a dire, cioè, con James Gunn alla regia e lo stesso Gunn e Nicole Perlman alla sceneggiatura.

Anche l'industria musicale, infatti, attendeva il suo sequel, quel "Awesome Mix Vol. II", che promette meraviglie (Fleetwood Mac, Bowie, Jay and the Americans) e che andrà a bissare anche in questo caso il successo di vendite della prima playlist. 
Un caso fortunato? No, o non solo. Le ragioni che stanno dietro la fortuna dei Guardiani della Galassia non sono affatto insondabili e irrepetibili: non c'è dubbio che l'ottimo equilibrio tra avventura e umorismo, con le reminiscenze del primo Guerre Stellari che porta con sé, siano da contare tra queste, così come, appunto, l'equilibrio stesso tra originalità e citazione. Al novero dei motivi più facilmente attribuibili all'apprezzamento generato da questo progetto cinematografico, c'è da aggiungere poi la sua natura di elogio dell'unità nella diversità e, non ultimo, la personalità di un regista di gran lunga più aperto e onesto alle richieste dei fan di molti altri colleghi. L'impegno di James Gunn per tenere sotto controllo gli spoiler è noto, così come la sua disponibilità nei confronti della comunità che discute on line del suo lavoro. A chi, per esempio, insinuava che il personaggio di Baby Groot fosse una scelta dettata da una certa furbizia commerciale, in previsione del carico di merchandise che verrà modellato e venduto a sua immagine e somiglianza, Gunn ha risposto raccontando di aver dapprima concepito il sequel molto più avanti nel tempo rispetto alla fine del primo capitolo, ma non funzionava, ed è stata la continuità temporale con il punto in cui abbiamo lasciato i Guardiani ad ispirarlo nel verso giusto, continuità che ha implicato la ripresa di Baby Groot. In altre occasioni, Gunn è stato costretto anche costretto a chiedere ai fan di moderare i toni (l'insistenza della rete nel domandare il trailer del secondo volume sfociava non di rado nell'insulto), e lo ha fatto, al solito, con grande eleganza. La stessa che mette nel suo lavoro e che lo rende tanto ricercato.

 
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