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Messaggi di Ottobre 2015

 

E' MORTO AL MOLINARO UNO DEI VOLTI PIÙ AMATI DI HAPPY DAYSda film.it

Post n°12703 pubblicato il 31 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA, tv

L'attore caratterista ha interpretato Al Delvecchio, proprietario del locale Arnold's in oltre centoquaranta episodi della serie cult
Paramount Television

E' morto Al Molinaro, volto amato di Happy Days

31.10.2015 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
GUARDA LE FOTO: HAPPY DAYS 30 ANNI DOPO, I PROTAGONISTI IERI E OGGI

Ha interpretato uno dei personaggi più divertenti di Happy Days, Al Molinaro, attore televisivo appena scomparso all'età di 96 anni. A confermare la notizia della sua morte è stata la famiglia. Era lui Al Delvecchio, proprietario del locale Arnold's, spalla comica e figura paterna per tutti i protagonisti dell'amata serie TV. A quanto pare l'attore soffriva di calcoli biliari e non poteva sottoporsi a un intervento a causa della sua età. 
 
Nato nel 1919 a Kenosha, Winconsin, Molinaro ha deciso di fare l'attore soltanto dopo aver superato i quaranta, diventando uno dei caratteristi più amati della TV. Prima di quel momento era stato un agente immobiliare di successo in California. Il suo primo ruolo importante risale al 1969, quando è apparso in due episodi della serie comica Get Smart, dove ha interpretato l'Agente 44.

All'inizio degli anni Settanta ha interpretato una settantina di episodi de La strana coppia. Dopodiché è stata la volta del suo ruolo più celebre: Molinaro è diventato Al Delvecchio a partire dalla quarta stagione diHappy Days, dove ha rimpiazzato Pat Morita, il maestro di Karate Kid che nella sit-com interpretava Arnold. L'attore ha preso parte allo show fino alla fine nel 1984 ed ha continuato a essere Al anche nello spinoff Jenny e Chachi (1982-1983). L'ultima volta che lo abbiamo visto nel ruolo risale al 1994 quando è apparso come Al nel video musicale Buddy Holly che Spike Jonze ha diretto per i Weezer
 
Al cinema lo abbiamo visto in un ruolo in Tutto accadde un venerdì (1976), commedia interpretata da una giovanissima Jodie Foster e rifatta nel 2003 in un remake con Jamie Lee Curtis e Lindsay Lohan.

 
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NETFLIX: 10 MOTIVI PER CUI SARÀ UN SUCCESSO ANCHE IN ITALIA da http://www.waitmag.com/

Post n°12702 pubblicato il 31 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
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In 135 mila per gli spettacoli ai Fori: prorogato il progetto di Piero Angela da romatoday

Post n°12701 pubblicato il 31 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

La proroga è stata decretata dalla giunta capitolina. L'assessore Marinelli: "Abbiamo superato i 135 mila spettatori, 70.000 al Foro di Augusto e 65.000 al Foro di Cesare. Un successo straordinario"


Redazione 28 Ottobre 2015

LA PERCENTUALE DI GRADIMENTO - Non solo i numeri delle presente. Ma anche quelli del gradimento: "Da una serie di interviste su un campione di 700 spettatori abbiamo rilevato un livello di soddisfazione del pubblico ottimo con una media di 2,92 su 3 e una percentuale di molto/abbastanza soddisfatti pari al 99,6%". Tanti i romani che hanno assistito: "Il 69% degli spettatori sono romani provenienti da ogni area della città, il 20% stranieri con prevalenza di europei e americani. Tanta affezione inoltre da parte del pubblico giovane, tra studenti e laureati. Insomma anche questa indagine ci dimostra come questa sia stata una scommessa vinta a tutti gli effetti da parte di questa Amministrazione".

COSTI RIPAGATI - Bilancio positivo anche in termini economici: "Gli incassi hanno superato la quota di ammortamento dei costi di produzione superando 1 milione e 700 mila euro e consentendo la piena copertura dei costi del progetto sia per l'investimento delle attrezzature tecnologiche sia per le spese di gestione. Il prolungamento degli spettacoli fino al 15 novembre consentirà l'ottenimento di incassi aggiuntivi che potranno essere utilizzati dall'amministrazione per i lavori di valorizzazione dei Fori Imperiali. Voglio ringraziare per questo successo la Sovrintendenza capitolina e Zetema Progetto Cultura". 

ORARI DEGLI SPETTACOLI - Gli spettacoli proseguiranno con gli orari consueti: Foro di Augusto ore 19, 20, 21 e 22 e Foro di Cesare dalle 19 alle 23.40 (ingresso ogni 20 minuti). 

Annuncio promozionale

IL PROGETTO - I progetti "Foro di Augusto" e "Foro di Cesare", promossi dall'Assessorato alla Cultura e allo Sport di Roma - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, sono prodotti da Ze'tema Progetto Cultura, l'ideazione e la cura sono di Piero Angela e Paco Lanciano con la storica collaborazione di Gaetano Capasso e con la Direzione Scientifica della Sovrintendenza Capitolina. L'idea alla base dei progetti è di raccontare e valorizzare i due Fori attraverso l'uso di tecnologie all'avanguardia ottenendo una rappresentazione emozionante ed allo stesso tempo ricca di informazioni dal grande rigore storico e scientifico. Partendo da pietre, frammenti e colonne, gli spettatori sono accompagnati dalla voce di Piero Angela e da magnifici filmati e ricostruzioni che mostrano i luoghi così come si presentavano nell'antica Roma. Grazie ad appositi sistemi audio con cuffie gli spettatori possono ascoltare la musica, gli effetti speciali e il racconto di Piero Angela in 8 lingue (italiano, inglese, francese, russo, spagnolo, tedesco, cinese e giapponese). 

 
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Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini torna al cinema da globalist

Post n°12700 pubblicato il 31 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini torna in sala il 2 novembre 2015, nel giorno del 40esimo anniversario della morte dell'intellettuale.
Una scena del film di Pier Paolo Pasolini

Una scena del film di Pier Paolo Pasolini

Sarà nuovamente nelle sale italiane lunedì 2 novembre 2015 nel giorno del 40esimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma nell'edizione restaurata realizzata dalla Cineteca di Bologna e Csc-Cineteca Nazionale. Il film - Leone per il miglior film restaurato alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia - è disponibile anche in dvd ed è preceduto da 'L'intervista sotto l'albero', realizzata da Gideon Bachman sul set del film, conservata e messa a disposizione da Cinemazero di Pordenone. 

Salò o le 120 giornate di Sodoma è l'ultimo film di Pasolini, uscito postumo. I fatti si svolgono in due località, nella Salò dove Mussolini fece la sua ultima tappa (1944-45) e a Marzabotto dove i nazisti uccisero gli abitanti di un intero paese. Il filo conduttore è quello di De Sade: quattro "signori", fascisti di quel tempo, ma particolarmente colti, capaci di leggere Nietzsche e di citare Baudelaire, organizzano prima dei rastrellamenti e rapimenti di ragazzini e ragazzine e poi, coadiuvati da giovani militari fascisti, organizzano in una villa appartata tremende feste e infine uccidono tutti. Questi "signori" riducono a cose delle vittime umili. E ciò in una specie di "sacra rappresentazione". La vicenda si svolge nello spazio di tre giorni durante i quali le tre "narratrici" ingaggiate raccontano storie intonate alle caratteristiche dei tre diversi giorni: "cerchio delle passioni", "cerchio della merda", "cerchio del sangue".

 
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Garfield

Post n°12699 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Garfield - Il film

25 anni fa, il disegnatore Jim Davis ha dato vita a uno dei personaggi dei fumetti più amati e letti nel mondo. Garfield il gatto. Il successo di Garfield è il suo modo di essere pigro, indipendente e con un grande humor brillante e satirico. Il film ha puntato a trasporre nel cinema la striscia comic, rappresentando il mitico felino, in digitale, con la voce di Bill Murray, in originale, e di Fiorello, in Italiano (non immaginatevi la verve strabordante dello showman. Qui si controlla molto, sulle basi dell'interpretazione di Murray).
Garfield, vive con il padrone Jon, odia i lunedì, e si diverte qua e là con i suoi compagni di quartiere. Quando nella sua vita (e soprattutto nella sua casa) entra Odie, cane bassotto un po' stupido della veterinaria di cui si innamora Jon, per il gattone la vita diventa uno stress, e condividere i propri spazi e il suo padrone con un cane non gli va proprio giù. Ma in fondo il cinico Garfield ha un cuore d'oro. 
Il film di John Davis è a tratti divertente, anche se scontato, grazie soprattutto a qualche dialogo brillante, e si conclude con un finale corale di stampo disneyano. Il protagonista, realizzato in digitale, si muove nel mondo reale con una certa simpatia, e non fa rimpiangere le espressioni, del genere occhioni a mezz'asta, che contraddistinguono il personaggio creato da Jim Davis. Leggero, a volte realmente simpatico, una visione per tutti, Garfield, passa e va con un sorriso. 

 
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Garfield 2

Post n°12698 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Garfield 2

Nel 2004 l'esordio al cinema delle vicende tratte dalla serie creata da Jim Davis alla fine degli anni '70 aveva rinnovato la popolarità del gatto più ciccione e pigro del mondo fumettistico anche tra i giovanissimi. Allora Peter Hewitt aveva provato a trasporre su grande schermo le avventure di Garfield in un format che potesse attirare in sala un pubblico eterogeneo, con un cast di attori del tutto rispettabili - a partire da Bill Murray che dava la voce al gatto, in Italia doppiato da Fiorello - e una storia di quelle che divertono più i bambini che gli adulti. 
Il cambio alla regia non ha modificato l'umore della prima prova su pellicola e anche gli attori che interpretano i personaggi principali - Jon Arbuckle/Breckin Meyer, Liz/Jennifer Love Hewitt, lo stesso Murray e persino Fiorello - sono rimasti gli stessi. Tim Hill li porta tutti a Londra dove si scopre che Garfield ha un sosia: un micione dai modi aristocratici (e con la voce di Tim Curry nella versione originale) che ha ereditato dalla padrona il castello di Carlyle e che deve salvare sé stesso e i suoi sudditi - gli animali della fattoria - dai progetti malefici di Lord Dargis (Billy Connolly), mirati alla successione ereditaria. Lo scambio di identità tra i due gatti è pressoché annunciato e il film fa ampio uso di tutti quegli elementi già utilizzati in abbondanza nelle cosiddette commedie degli equivoci, con un finale dichiarato: l'alleanza tra il rozzo felino americano e il principino inglese, la ribellione degli animali e la rivincita di Odie. Meno contagioso del precedente, e sempre più rivolto ai bambini, Garfield 2 contiene però dei momenti decisamente divertenti e delle trovate graziose, se pur non originali, come la lasagna fatta a più zampe nella cucina del palazzo reale, con Garfield come capo cuoco. I nostalgici continueranno a rimanere fedeli alla striscia a tre vignette, ma i nuovi adepti sapranno apprezzare la versione cinematografica che potrebbe avere anche altri seguiti.

 
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Belli di papà

Post n°12697 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Un padre può mantenere cento figli, ma tre figli riuscirebbero a mantenere un padre? Vincenzo è un imprenditore di successo. Vedovo, rimasto improvvisamente solo, deve badare a tre figli ventenni, Matteo, Chiara e Andrea, che rappresentano per lui un vero e proprio cruccio. I ragazzi vivono, infatti, una vita piena di agi, ma senza senso e soprattutto ignari di qualsiasi responsabilità, con una quotidianità leggera, lontana dai doveri e dalla voglia di guadagnarsi la vita. Vincenzo tenta perciò di riportarli alla realtà: una messinscena con cui fa credere ai figli che l'azienda di famiglia stia fallendo per bancarotta fraudolenta. Sono perciò costretti ad un’improvvisa fuga degna di veri latitanti. I quattro si rifugiano in una vecchia e ormai malconcia casa di famiglia in Puglia. Per sopravvivere, Chiara, Matteo e Andrea dovranno cominciare a fare qualcosa che non hanno mai fatto prima: lavorare.

 
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Fantozzi

Post n°12696 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Insignificante rotellina nello smisurato ingranaggio di una grande azienda, l'impiegato Fantozzi comincia le sue giornate lottando contro il tempo, poiché ha il cartellino da timbrare, mentre gli autobus sono superaffollati; le prosegue seminascosto dietro pile di pratiche che gli sfaticati colleghi si premurano di affibbiargli approfittando della sua arrendevolezza. Tornato a casa, trova magro sollievo in una moglie brutta e sfiorita e una figlia orripilante. Di quando in quando, malgrado i suoi sfoghi per sottrarvisi, è costretto a subire le iniziative del collega Filini, infaticabile organizzatore di squallide gite aziendali, di lugubri partite di football tra scapoli e ammogliati, di tetri campeggi, di deprimenti feste di fine d'anno.

  • FOTOGRAFIAErico Menczer
  • MONTAGGIOAmedeo Salfa
  • MUSICHEFabio Frizzi
  • PRODUZIONE: GIOVANNI BERTOLUCCI PER RIZZOLI FILM
  • DISTRIBUZIONE: Riedizione (2015): Egale Pictures - CINERIZ (1975) - CREAZIONI HOME VIDEO, MONDADORI VIDEO, L'UNITA' VIDEO
  • PAESE: Italia
  • DURATA100 Min
SOGGETTO:

libro "Fantozzi" di Paolo Villaggio

 
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Parker

Post n°12695 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Parker

Assoldato per un rapina durante una fiera Parker viene tradito dai criminali della sua banda e scaricato mezzo morto per strada. Raccattato e rimesso in sesto da una coppia di campagnoli il criminale medita una vendetta ad ampio raggio, un piano clamoroso nel quale viene coinvolta suo malgrado anche un'agente immobiliare in crisi finanziaria.
Dall'incontro di due generi ben precisi, le storie di Donald Westlake con protagonista il criminale costantemente malmenato Parker e i film d'azione con Jason Statham, esce fuori un curioso ibrido che forse non rende giustizia a nessuna delle due fonti d'ispirazione. I romanzi di Westlake sono stati ampiamente saccheggiati dal cinema nel corso degli anni e in maniere a dir poco burrascose poichè lo scrittore non aveva un buon rapporto con gli studios. Ne hanno usufruito tra i molti anche Lee Marvin, Mel GibsonRobert Redford e Jean-Luc Godard, però Parker è il primo film a basarsi su un suo racconto da quando l'autore è deceduto e per questo il primo a poter usare il nome del protagonista (dettaglio così decisivo da finire nel titolo). Seguendo quindi gli eventi di Flashfire: fuoco a volontà Taylor Hackford lentamente piega tutti gli angoli e smussa tutto ciò che non rientrerebbe nella parabola dell'eroe da Jason Statham, ovvero il duro senza scampo, dotato di un piano preciso e una vendetta da portare a termine.
Per questo motivo ad ogni angolo e prima di ogni svolta sembra di intuire il meglio e poi ci si ritrova con una sua versione un po' svogliata. Non solo il Parker adattato ai personaggi di Jason Statham perde quel senso di disperazione umana da noir filmico che era riuscito a guadagnare nelle sue precedenti incarnazioni cinematografiche (sorprendente quella di Mel Gibson inPayback) ma non guadagna nemmeno l'asciutta e spietata determinazione che l'attore britannico ha portato negli action movie moderni, finendo più dalle parti della vendetta nello stile del Conte di Montecristo. Anche l'unica caratteristica che hanno in comune i due personaggi (ovvero Parker e quelli solitamente incarnati da Statham), vale a dire la capacità di incassare senza fermarsi, nutrirsi di colpi ricevuti più che dati come un'instancabile macchina umana (sublimata dall'attore britannico in Crank), non sembra essere resa con la dovizia che sarebbe stato lecito aspettarsi. 
È allora il personaggio di Jennifer Lopez, agente immobiliare in cerca di denaro per una vita migliore, quello a cui più facilmente ci si affeziona. Entra in scena a metà film ma il suo mondo e i suoi problemi sembrano immediatamente più interessanti e coinvolgenti di quelli del protagonista. In questa storia trasformata in film di vendetta iperbolico e fumettoso (in cui anche un cockney come Statham viene creduto texano quando ne imita malissimo l'accento), Jennifer Lopez porta un peso umano e reale non indifferente, una complessità sentimentale e romantica (quella sì davvero da noir) che sorprendono. Quando i due agiscono in coppia sembra lei la protagonista del film, ovvero il personaggio le cui traversie sono più determinanti per lo spettatore.

 
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Lei

Post n°12694 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Lei

Theodore è impiegato di una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro grottesco che esegue con grande abilità e a tratti con passione. Da quando si è lasciato con la ragazza che aveva sposato però non riesce a rifarsi una vita, pensa sempre a lei e si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un'intelligenza artificiale sorprendentemente "umana", arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione.
A Spike Jonze interessano le più banali e comuni tra le sensazioni umane ma per arrivare a dar voce e corpo in maniera personale e addirittura "nuova" ai più antichi tra i temi trattati dall'arte (e dunque dal cinema) necessita sempre di passare per un elemento fantastico, l'inserimento di una sola implausibile stranezza per attivare meccanismi e percorsi nuovi.
In passato lo ha fatto con lo sceneggiatore Charlie Kaufman (che di questo è stato maestro) ora ci è arrivato con un film scritto autonomamente (e si nota un po' di fatica della sceneggiatura nel giungere alla conclusione), un'opera che attinge ai temi della fantascienza classica e li trasforma da obiettivo del film a suo mezzo. Il rapporto con le macchine non come spunto di riflessione ma come strumento per parlare d'altro.
Con il lusso di poter usare l'attrice più attraente del momento solo in audio, senza mai farla vedere (l'intelligenza artificiale parla per bocca di Scarlett Johansson), facendo in modo che sia il cervello dello spettatore a sollecitare il rinforzo positivo legato a quella voce, e appoggiandosi alla capacità superiore alla media di Joaquin Phoenix di "ascoltare", cioè di essere l'unico inquadrato in ogni conversazione significativa, volto emittente e ricevente di tutte le battute, Spike Jonze riesce a girare una storia d'amore al singolare, senza puntare il dito contro la tecnologia. Anzi.
Attraverso la sua versione estrema della società in cui viviamo (sembra ambientato 10 anni da oggi) Her supera la dicotomia classica della fantascienza tra spirito e materia, ovvero la lotta che in ogni uomo l'umanità compie per emergere e trionfare sul dominio imposto con o dalla tecnologia. Rifiutandosi di mettere in scena il rapporto che avevamo fino a qualche decennio fa con l'avanzamento tecnologico, Jonze arriva invece dalle parti di Wall-E, cioè in quel reame di storie in cui la lotta dello spirito per emergere è aiutata dalla tecnologia e non ostacolata. Non cosa la tecnologia rischi di farci ma chi siamo noi mentre ci guardiamo nel suo specchio.
Ridotto ai minimi termini infatti Her mette in scena il lungo processo attraverso il quale viene elaborata la fine di un amore: venire a patti con l'esigenza di andare avanti, lasciare il passato dietro di sè e voltare pagina attraverso esperienze estreme e grottesche. Questo modo di procedere consente al regista di piegare i generi, fondendo fantascienza e melodramma (ma non c'è dubbio che sia il secondo a prevalere) e dipingendo uno stile di vita e un universo animato dalla più evidente contingenza con il tempo presente. Non c'è un briciolo di fobia nella sua visione ma anzi l'amichevole presa in giro da parte di chi con le novità del presente ha un rapporto di confidenza. 
Il risultato è che vedendo Her si ha l'impressione che solo in questa maniera sia possibile operare quell'indagine sull'attualità, tipica delle forme d'arte non ancora morte, quella che consente di scovare quali siano le pieghe in cui poter trovare il sentimentalismo oggi.

 
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Il venditore di medicine

Post n°12693 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Il venditore di medicine

Informatore medico per un'importante azienda farmaceutica, Bruno, da anni, coltiva un gruppo di medici che, in cambio di viaggi, regali o soldi, sono disposti a prescrivere i suoi farmaci ai propri pazienti. In un difficile momento di tagli al personale, spinto da una capo area, cerca di allargare il proprio giro anche ad un celebre oncologo che sembra inizialmente restio. Intanto i suoi nervi sembrano cedere e le insistenze della moglie per avere un figlio hanno bisogno di una soluzione. Pur di tenersi stretto il lavoro, in un momento di grande instabilità sociale, si dimostrerà capace di tutto. 
Un film sul reato del comparaggio, cioè su quella pratica per cui il medico accetta regalie, di qualsiasi tipo esse siano, in cambio della prescrizione di uno specifico farmaco, anche nel caso in cui questo non fosse necessario al paziente. Siamo dunque dalle parti di un lavoro necessariamente duro, spesso fastidioso nel mostrare il fenomeno per cui una medicina viene messa sullo stesso piano di un qualsiasi prodotto commerciale: «Sai cosa significa "oncologia"? Duemila euro a fiala!» dice la capo area a Bruno, quando lo spinge verso l'ospedale di un professore che in passato si è dimostrato insensibile alle proposte della casa farmaceutica. 
Scritto dal regista insieme a Michele Pellegrini e Amedeo Pagani, anche produttore e attore nel piccolo ruolo di un dirigente dell'azienda, Il venditore di medicine insegue una programmatica sgradevolezza attraverso la figura di un protagonista che agisce al di là della propria coscienza. Può essere letto sia come una denuncia, in apertura e in chiusura lo spazio è lasciato a stralci di servizi giornalistici sull'argomento, sia come la sbilanciata analisi di un sistema criminale mediante una storia particolare. Ben oltre la discesa nell'abiezione di Bruno, infatti, risalta la problematica, come se l'urgenza e l'attualità del discorso portato avanti cancellassero la costruzione della finzione in sé. Il rapporto con la moglie, quello con un amico di vecchia data molto malato, ancora le notazioni sulla crisi economica (il suicidio iniziale, l'ambiente lavorativo tesissimo) hanno poca rilevanza se confrontate con la tensione di cui sono intrise le sequenze in cui Bruno conduce le sue trattative o semplicemente dialoga con i medici. 
In definitiva, Antonio Morabito ha buon gioco nel denunciare la gravità del reato, mettendone a fuoco con acume i funzionamenti, anche se non riesce a calibrare questo aspetto con quello privato del personaggio, alla fine legati insieme soltanto da un troppo automatico e poco credibile effetto valanga. Il giornalista Marco Travaglio interpreta, con la giusta antipatia, il professor Malinverni, mentre il critico cinematografico Roberto Silvestri ricopre il ruolo del giudice.

 
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Film nelle sale da domani

Post n°12692 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
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Inside out

Post n°12691 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Qualcuno potrà mai dire che la disney-pixar non faccia capolavori quasi sempre o che non sappia ogni volta far emozionare? Difficile; ed infatti ancora un volta la disney grazie alla sempre più straordinaria pixar: ci regala l'ennesima perla con Inside out.

Riley ha undici anni e una vita felice, Cresce insieme alle sue emozioni che, accomodate in un attrezzatissimo quartier generale, la consigliano, la incoraggiano, la contengono, la spazientiscono, la intristiscono, la infastidiscono. Dentro la sua testa c'è Joy, che rappresenta la gioia, e che comanda tutto. Fear, la paura; Sadness, la tristezza; Disgust, il disgusto e Anger, la rabbia. Trasferitisi in una nuova città, Riley non riesce ad adattarsi alla nuova vita. Sadness e Joy peggiorano le cose, uscendo dal quartier generale per incidente e rischiando di compromettere il tutto.

Un film non facile da capire, soprattuto per i più piccoli; ma che riesce a scavare dentro di noi, alla ricerca delle cose veramente importanti; un viaggio attraverso le emozioni che guidano la nostra vita.

Oltretutto, Inside Out, è anche una metafora sul ciclo della vita. Più diventiamo grandi e e più non possiamo più vivere solamente sognando ad occhi aperti. Ed è qui che, un sentimento considerato negativo come la tristezza, sa affrontare in maniera più calma e moderata rispetto alla gioia, gli ostacoli che la vita ci pone davanti ogni giorno; anche se una piccola parte di noi continuerà a mantenere in vita il bambino che eravamo, assieme a quella spensieratezza.

Come spesso accade nei film Pixar la regia è doppia, e qui abbiamo Pete Docter e Ronnie Del Carmen assieme a un'intera squadra creativa che sa realizzare l'ennesimo spettacolo visivo, con il solito livello altissimo a livello grafico.

Che dire impossibile resistere alla carica emozionale che ancora una volta la disney sa dare; così come è sorprendente la capacità di raccontare storie sempre originali ricche di drammaticità ed eleganza assieme alla Pixar, che probabilmente realizza uno dei suoi film più belli e riusciti.

Voto finale: 5+/5

Poster

Protagonista di Inside Out è la giovane Riley che, costretta a trasferirsi con la famiglia in una nuova città, deve fare i conti anche con le emozioni che convivono nel centro di controllo della sua mente e guidano la sua quotidianità, e che non sono d’accordo su come affrontare la vita in una nuova città, in una nuova casa e in una nuova scuola. Gioia è il motore del gruppo e mantiene tutti attivi e felici; cerca sempre di vedere il lato positivo delle cose. Paura è una sorta d'impiegato perennemente stressato: ha sempre paura di perdere il suo lavoro ma, poiché lui è il suo lavoro, questo non accadrà mai. Rabbia è arrabbiato: sa che i membri del gruppo hanno buone intenzioni e fanno del loro meglio ma, a differenza sua, non sanno come funzionano le cose. Quando è troppo esasperato, la sua testa prende fuoco. Disgusto è molto protettiva nei confronti di Riley; ha delle aspettative alte verso il prossimo ed è poco paziente. Tristezza è divertente, anche nel suo essere triste: è intelligente e sempre previdente ma rappresenta una vera e propria sfida per Gioia.

  • MONTAGGIOKevin Nolting
  • MUSICHEMichael Giacchino
  • PRODUZIONE: Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures
  • DISTRIBUZIONE: Walt Disney Pictures
  • PAESE: USA
  • DURATA94 Min
  • FORMATO: 2D e 3D
NOTE:

Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2015.

 
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Guccini, in arrivo cofanetto e romanzo da Ansa

Post n°12690 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Il 27/11 raccolta di 40 anni di carriera, il 3/11 il libro

(ANSA) - ROMA, 23 OTT - Un cofanetto che racchiude 40 anni di carriera e un nuovo romanzo. La carriera di Francesco Guccini è raccolta in "Se io avessi previsto tutto questo-Gli amici, la strada, le canzoni" (Universal), in uscita il 27/11. Un'opera monumentale, attraverso inediti riscoperti, rarità, duetti, collaborazioni, live mai pubblicati, in versione deluxe (4 cd) e super deluxe (10 cd). Guccini, torna anche in veste di scrittore: il 3/11 esce "Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto" (Mondadori).

 
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Pier Paolo Pasolini, una vita da corsaro

Post n°12689 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA

Pier Paolo Pasolini, una vita da corsaro
A 40 anni dalla morte. Più che per l’omosessualità dava scandalo per le battaglie contro l’ipocrisia e il conformismo dilagante dell’Italia “orribile”

Pier Paolo Pasolini era nato a Bologna il 5 marzo 1922 ma trascorse gran parte dell’infanzia e della giovinezza a Casarsa, in Friuli, il paese d’origine della madre

25/10/2015
MARCO BELPOLITI

Nel 1972, consegnando alle stampe il volume di saggi Empirismo eretico, Pasolini scrive che è la morte a compiere un fulmineo montaggio della vita di ciascuno; è lei che sceglie i momenti veramente significativi e li mette in successione, facendo del presente, incerto, indeciso, luogo dei possibili, qualcosa di stabile, di chiaro, e dunque di descrivibile: «Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci». 

 

Frase icastica e lapidaria che solo tre anni dopo suonerà come una premonizione, per quello che oggi ci appare il più importante intellettuale italiano della seconda metà del Novecento, lo scrittore più noto, forse il meno letto, tuttavia il più citato e il più discusso. Perché? 

 

Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro della sua esistenza, compiere quel montaggio partendo dal luogo originario, Casarsa delle Delizie, paese da cui viene la famiglia materna. Nel Friuli delle origini ci sono la madre, il mondo arcaico dei campi, la giovinezza, la lingua che precede ogni lingua, l’esistenza prenatale cui agogna. È il Paradiso terreste. Da lì verrà cacciato.  

 

Espulso dal Pci  

Il 22 ottobre 1949 Pasolini è denunciato per atti osceni in luogo pubblico. Durante una festa campestre si è appartato con alcuni ragazzi. Subito espulso dal Partito comunista a cui si era iscritto dopo la guerra, abbandona il paese. Nel gennaio del 1950 con la madre si trasferisce a Roma. Ha già scritto i versi che danno forma alla prima delle sue incarnazioni: Narciso e il Cristo sanguinante, la vittima.  

 

A Roma scopre l’altra faccia dell’arcaico. Nelle periferie urbane vive una umanità barbara, degradata, composta di giovani dai volti ridenti e allegri, innocenti e perversi, scaltri e timidi, che diventa il soggetto della sua poesia e dei suoi romanzi. A Roma, nel centro della cristianità, PPP scopre una preistoria oscura. Ama quell’energia vitale, ne coglie il profondo istinto di morte, insieme alla bestialità non redenta da alcuna religione, né del cristianesimo né del progresso. L’odio profondo e il disprezzo che il corsaro Pasolini nutrirà per la piccola borghesia, da cui pure proviene, almeno socialmente, trova nei campetti, nelle baracche, nei bar, nelle strade bianche delle periferie romane la sua inattesa giustificazione.  

 

Consacrato dal cinema  

Lo scandalo lo raggiunge qui. Non sarà quello sessuale, patito in Friuli, ma l’oscenità dello scrivere che trova subito i suoi volenterosi carnefici nella magistratura italiana. Paradossalmente, ma non troppo, sarà proprio questo scandalo a donargli la popolarità. Ragazzi di vita esce nel 1955 ed è processato. Si tratta dell’inizio di una persecuzione che continuerà a lungo, fino alla morte, e anche dopo. Non gli si rimprovera l’omosessualità, la pedofilia - parola che come ha notato Arbasino neppure esisteva all’epoca -, non le scorrazzate notturne alla ricerca dei ragazzi di vita. Nella pudibonda e ossessiva Italietta degli Anni Cinquanta fa scandalo il libro, non il comportamento privato, che viene stigmatizzato, ma raramente perseguito.  

 

La sua omosessualità, che il poeta definirà nel decennio seguente, rifiutando quella che poi sarà l’etichetta gay, l’amore tra coetanei, è infinito amore e desiderio per i ragazzi, per quel sé ragazzo che è sempre stato e sempre sarà; questo non è lo scandalo di PPP. Sarà invece la repulsa dell’ipocrisia borghese, del «politicamente corretto», delle idee assegnate e del conformismo dilagante il vero punto. Prima di diventare il corsaro che tutti ricordano, l’autore di provocatori e fondati articoli sulle pagine del Corriere della Sera, Pasolini è già un personaggio; l’ha aiutato il rapporto complesso e contraddittorio con il Pci. Tuttavia è il cinema a consacrarlo.  

 

Con Accattone (1961) e Il vangelo secondo Matteo (1964) Pasolini, che è prima di tutto un poeta, esce dal mondo chiuso della letteratura ed è riconosciuto dal pubblico. Ha superato indenne gli Anni Cinquanta ed è entrato a vele spiegate nell’epoca del Centrosinistra. Alla fine del quel decennio però qualcosa s’incrina. Prima di arrivare a quel punto celebra l’eros nella Trilogia della vita (1970-72); quindi piomba in una cupa visione del presente: il fascismo dei consumi.  

 

La scomparsa del popolo  

Cos’è successo? L’arricchimento improvviso della piccola borghesia con il boom, il Sessantotto e la contestazione studentesca, la nevrosi sessuale dei ragazzi, come la definisce. I capelloni cancellano le belle nuche dei ragazzi che ama. Il popolo non c’è più. L’arcaico è scomparso. Le periferie deserte lande piccolo-borghesi. Comincia la sofferenza. Attacca le lotte per i diritti civili: divorzio, aborto. L’Italia è un Paese orribile, scrive, era meglio il fascismo.  

 

Le polemiche, gli strali, le critiche che lancia da giornali e dalle altre tribune pubbliche accrescono la sua fama. Si parla sempre più spesso di lui. Ma è sempre più solo. Sta scrivendo un romanzo sterminato, Petrolio. Uscirà postumo. Il corsaro va a morire sulla sabbia e la polvere del litorale romano, a Ostia la notte tra il 1° e il 2 novembre: «Solo grazie alla nostra morte, la vita ci serve ad esprimerci». 

 
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Amiche da morire

Post n°12688 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Amiche da morire

In un'imprecisata isola del sud Italia vivono tre donne diverse per carattere, (com)portamento e costume. Gilda, intensa e verace 'boccadirosa', è arrivata dal continente a portare gioia ai pescatori di tonno, Olivia, ingenua e fedele consorte, è sposata col ragazzo più bello del paese e patisce per questo l'invidia delle comari, Crocetta, modesta e maldestra, è invisa agli uomini e sopporta una patente da iettatrice. Coinvolte da Olivia nell'omicidio a sangue freddo del marito, ladro e fedifrago, le donne provano solidali a coprire l'accaduto e a nascondere l'ingente refurtiva accumulata dall'uomo in numerose rapine. La loro curiosa frequentazione e la condivisione dello stesso tetto insospettiscono un bel commissario di polizia, nato sulla terraferma e insofferente ai marosi. Unite al di là della dieta alimentare e degli ideali da perseguire, Gilda, Olivia e Crocetta troveranno insieme la via per il continente e il futuro.
Mix di indagine poliziesca, sitcom e commedia amicale, Amiche da morire è un prodotto singolare nel panorama del cinema italiano, che conta poche donne alla regia e pochi ruoli umoristici per le donne davanti alla macchina da presa. Due almeno le ragioni della sua singolarità: non risolve in chiave romantica lo scontro polemico fra uomo e donna e non afferma l'amore stabile e corrisposto come valore. Lasciando che a vincere sia uno stile più libero e individualistico, la commedia nera di Giorgia Farina è debitrice di quelle grandi narrazioni che sono oggi le serie tv americane, veri e propri feuilleton della contemporaneità.
Collocando geograficamente le sue protagoniste in una provincia tranquilla e convenzionale, dove l'una ha aderito pienamente alla tradizione sposandosi, l'altra ha abdicato il ruolo di santa e l'altra ancora ha tralasciato la femminilità, la regista romana guarda alle casalinghe disperate della ABC, mettendo in scena un nucleo femminile forte e chiuso nelle mura di casa. Il legame tra le girls della Farina, indotto dalle costrizioni ambientali e da evidenti interessi economici, fa da argine a un omicidio e ai disastri familiari e personali. Mosse da ritmo, aspirazioni e problemi diversi, che poi trovano una composizione in chiave affettiva-solidaristica, Gilda, Olivia e Crocetta non sono personaggi a tutto tondo ma caratteri costruiti e stereotipati da commedia dell'arte: la rubamariti arrembante, l'ingenua svagata, la zitella maldestra. 
Credibilmente interpretate da Claudia Gerini, Cristiana Capotondi e Sabrina Impacciatore, restano comunque macchiette simpatiche incarnando alla perfezione il loro prototipo. Tradizionaliste, disinibite o insicure, la dimensione di prevedibilità dentro la quale agiscono viene però sovvertita con un colpo di scena e con due colpi di pistola, convertendo l'aspetto giallo e investigativo del film in pochade, dove tutto è esagerato e arrangiato in modo paradossale. Ingovernabili e accanite nella devianza delinquenziale, le protagoniste avranno la meglio sugli uomini, realizzando un rapporto simbiotico e alimentando forti conflitti che vengono sempre risolti all'interno di un registro umoristico. La coalizione, rafforzata da una promessa di un futuro migliore sul continente, si dimostra efficace contro le delusioni sentimentali, il maschilismo imperante, la maldicenza delle comari e il narcisismo esasperato del commissario di polizia di Vinicio Marchioni, che si definisce per contrasto e nel contrasto naufraga, battuto dal femminile e dai marosi. 
Girato in Puglia, in un paesaggio intriso di umori e sapori mediterranei, Amiche del cuore perde un po' del suo coraggio nell'epilogo, dove il grilletto questa volta si inceppa, smarrendo personaggi che avevano bagnato nel sangue la loro incontenibile aggressività e la loro irriducibile 'sovranità'. A mollo in una SPA inseguono vani fantasmi 'squittendo' e affondando le inquietudini femminili messe in scena senza farsi diverse adesso che finalmente erano andate lontano.

 
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Box Office Italia, Scamarcio oltre il milione di euro. Game Therapy seconda media per sala

Post n°12687 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Ci aspettavamo The WalkCrimson Peak o l’exploit diGame Therapy (leggi la recensione). E invece sono statiRiccardo Scamarcio e Laura Chiatti a fare da padroni il fine settimana. Io che amo solo te, commedia che i due attori protagonisti, è stato il film più visto del weekend con 1,2 milioni di euro e la media per sala più alta della top ten, pari a 3,683 euro distribuiti in 327 schermi. Scende dal trono, dunque, Hotel Transylvania 2, che comunque continua a registrare ottimi numeri: dopo 3 settimane, il bottino è infatti di 8 milioni di euro. Suburra completa il podio con 1 milione di euro, seguito da Crimson Peak di Guillermo del Toro (761 mila euro all’esordio). Alle sue spalle, ecco Favij e soci (che abbiamo intervistato al Festival di Roma):Game Therapy ha intascato 740 mila euro, in linea con le previsioni degli analisti che alla vigilia puntavano su un incasso tra i 700 e gli 800 mila euro. La media per sala – la seconda della classifica – dice 2,636 euro per 281 schermi: numeri alla mano non si può giudicare una partenza flop, considerando anche il fandom (gli Youtuber) piuttosto di nicchia del film, poiché parliamo di un target di pubblico ristretto, compreso tra i 10 e i 15 anni, e di un prodotto che non rientra nella categoria di film per famiglie né in quella degli young adult, ben più capillari.

A deludere, invece, è stato The Walk di Robert Zemeckis, che si è piazzato in ottava posizione non andando oltre i 568 mila euro nei primi 4 giorni.

Di seguito, la top ten italiana dal 22 al 25 ottobre 2015:

  1. Io che amo solo te (1,2 milioni di euro; new entry)
  2. Hotel Transylvania 2 (1,1 milioni di euro; 8 milioni di euro in 3 settimane)
  3. Suburra (1 milione di euro; 3,5 milioni di euro in 2 settimane)
  4. Crimson Peak (761 mila euro; new entry)
  5. Game Therapy (740 mila euro; new entry)
  6. Maze Runner: La fuga (621 mila euro; 2,2 milioni di euro in 2 settimane)
  7. Inside Out (579 mila euro; 24,4 milioni di euro in 6 settimane)
  8. The Walk (568 mila euro; new entry)
  9. Lo stagista inaspettato (553 mila euro; 1,6 milioni di euro in 3 settimane)
  10. Sopravvissuto – The Martian (388 mila euro; 6,7 milioni di euro in 4 settimane)
 
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Pasolini a quarant'anni dalla tragica scomparsa, il Teatro di Roma lo celebra da adn

Post n°12686 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Il direttore artistico Calbi, il progetto cui più teniamo ma anche il più ardito e complesso

Pasolini a quarant'anni dalla tragica scomparsa, il Teatro di Roma lo celebra

Pier Paolo Pasolini

Quarant'anni fa moriva tragicamente Pier Paolo Pasolini, il 'Poeta Corsaro', personalità unica del panorama culturale italiano del '900. Il Teatro di Roma gli dedica uno dei percorsi tematici più articolati della nuova Stagione, per raccontarne la straordinaria personalità di acuto osservatore del presente, precursore del nostro tempo, scrittore, poeta, autore di film indimenticabili e rivoluzionari, intellettuale e pensatore militante, sempre fuori dal coro.

"E’ il progetto cui più teniamo ma anche il più ardito e complesso – dichiara il direttore artistico, Antonio Calbi – Ci piace considerarlo un sogno da concretizzare. Nasce dal viaggio che Pasolini fece seguendo il periplo delle coste italiane nel 1956. E noi vorremmo ripercorrere l’Italia, dai paesaggi arsi del Friuli ai calanchi della Lucania, con il suo spirito, attraverso i suoi occhi".

Un percorso di 7 spettacoli, eventi speciali e l’idea di un’insolita esperienza di viaggio. Un’occasione per riflettere sull’attualità attraverso le parole e l’opera di chi l’attualità aveva saputo decifrare con disincantata lungimiranza. Ad aprire l’omaggio romano la nuova composizione per coro e voce recitante di Giovanna Marini, 'Sono Pasolini', in prima nazionale dal 27 ottobre all’1 novembre al Teatro India. Una drammaturgia cantata con Enrico Frattaroli, che legge 'I giovani infelici', e il Coro Favorito della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, che mette in canto le poesie della 'Nuova Gioventù'.

Evento speciale il 2 novembre al Teatro Argentina con Testimone carnale, una serata a cura di Dacia Maraini, Antonio Calbi e Francesco Siciliano. Una maratona di letture da 'Petrolio', frammenti del suo ultimo romanzo incompiuto, interpretati da 22 artisti: Urbano Barberini, Giorgio Barberio Corsetti, Bernardo Bertolucci, Francesca Benedetti, Paolo Bonacelli, Ascanio Celestini, Ninetto Davoli, Giuliana De Sio, Piera Degli Esposti, Abel Ferrara, Iaia Forte, Massimo Foschi, Dario Franceschini, Lino Guanciale, Monica Guerritore, Roberto Herlitzka, Roberto Latini, Lorenzo Lavia, Luigi Lo Cascio, Antonio Piovanelli, Massimo Popolizio, Francesco Siciliano, Carla Tatò.

Il programma di spettacoli, che si compone di 7 titoli, prosegue con un’inedita partita di pallone 'Pier Paolo!' di Giorgio Barberio Corsetti 'giocata' nel campo di Pietralata a Roma (31 ottobre/1 novembre), una produzione Fattore K. Al Teatro India 'La stanza della tortura' ispirato a Salò/Sade con Francesca Benedetti per la regia di Marco Carniti (4/7 marzo); 'Il vantone', ovvero la traduzione in romanesco di Pasolini del 'Miles' di Plauto, diretto da Federico Vigorito, con Ninetto Davoli (8/13 marzo); 'Dopo Pasolini', un rito in roulotte per sei spettatori alla volta, proposta del Teatro delle Ariette (17/22 maggio).

Al Teatro Argentina: Federico Tiezzi firma la regia del 'Calderón', che Pasolini ambienta nella Spagna franchista durante gli anni del regime (20 aprile/8 maggio); mentre ricci/forte presentano 'PPP Ultimo inventario prima di liquidazione' (14/16 giugno). L’anno pasoliniano si completerà nell’ottobre 2016 con la messa in scena di 'Ragazzi di vita', diretta da Massimo Popolizio con un folto gruppo di giovani interpreti.

Continuano gli omaggi all’Argentina con l’Atelier per Pasolini Aubade, 'cantata della Dopostoria' di Carla Tatò e Carlo Quartucci (2 novembre); e la video-opera 'Pier Paolo Poeta delle Ceneri', ripresa live dello spettacolo del 2012 di Irma Immacolata Palazzo e Gianni Borgna (2/15/29 dicembre).

Mentre gli spazi esterni del Teatro India accolgono l’intervento di street art dell’artista Frederico Draw che realizzerà un’opera murale dedicata a Pasolini (inaugurazione 1 novembre). Inoltre, l’intera area esterna di India sarà intitolata Paesaggio Pasolini, in sintonia col gasometro, il fiume, il canneto, le rovine, la fabbrica.

Infine, il sogno di un’idea: un Treno Corsaro, un convoglio vero e proprio che attraverserà la dorsale della penisola, dal Friuli a Matera, la città scolpita del suo celebre Vangelo. Una 'drammaturgia viaggiante' a tappe realizzata dal Teatro di Roma con il CSS di Udine.

 
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Gianni Amelio: "La scuola non è obbligo ma diritto"

Post n°12685 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

da cinecittà news
Cristiana Paternò19/10/2015
Alla Festa di Roma presentato il film di montaggio, prodotto da Istituto Luce Cinecittà, sulla storia dell'educazione nell'Italia tra il fascismo e il boom economico
Nasce da un progetto mancato, Registro di classe, il film d'archivio di Gianni Amelio e della montatrice Cecilia Pagliarani presentato alla Festa di Roma. "Volevo fare un lungometraggio su una maestra del dopoguerra, ispirato a una mia zia che insegnava nella scuola serale in Calabria e che ogni giorno si faceva 16 km a piedi tra andare e tornare. Avrebbe dovuto essere il racconto di una ragazza che esce dalle magistrali e va a fare la scuola serale a 300 adulti, solo uomini, dai 21 ai 100 anni. Il film non me l'hanno fatto fare, ma Roberto Cicutto mi ha aperto l'archivio del Luce e così è nato questo primo capitolo, dal 1900 al 1960, a cui ne seguiranno almeno altri due". Dopo Felice chi è diverso Gianni Amelio torna quindi a lavorare su materiali d'archivio per comporre una storia dei diritti negati o conquistati faticosamente. Qui sui banchi scolastici del Regno e della Repubblica, tra analfabetismo di massa, esaltazione dell'educazione fascista e classismo del dopoguerra e degli anni del boom, quando la massima aspirazione era avere il figlio ingegnere o dottore. Oggi le nuove sfide riguardano l'integrazione e il sostegno alla scuola pubblica. 

Registro di classe sarà in sala per 48 ore in tutta Italia con proiezioni e dibattiti rivolti a studenti e insegnanti, come spiega l'ad di Istituto Luce Cinecittà. Tra i sostenitori ovviamente il Miur - che ha aperto le sue biblioteche - e la Rai, che lo coproduce e lo manderà in onda. Il libro secondo, dagli anni '70 al 2000, sarà pronto per il 30 novembre.

Amelio, il suo film parla della scuola di ieri, come vede quella di oggi?
Sono stati fatti progressi enormi. Ma lo sviluppo è stato accompagnato da un errore di fondo: si è parlato di scuola dell'obbligo, parola che ho in odio, si sarebbe dovuta chiamare scuola del diritto. Chi non è andato a scuola e aveva bisogno che le forze dell'ordine andassero a stanarlo a casa o nei campi, era perché non poteva permetterselo. Dal 2000 l'istruzione viene considerata un fatto che spetta alla famiglia. Da parte di chi fa le leggi c'è disinteresse perché qualcuno supplirà al nostro disimpegno. Questo porta a un trattamento terribile dei maestri: sono una delle classi lavoratrici più martoriate e sottopagate. La disistima del loro lavoro si traduce in menefreghismo da parte loro perché si sentono emarginati. 

Il sostegno alla scuola privata crea ulteriori disparità. 
Nel film viene mostrata la situazione a Napoli negli anni '60: c'è la scuola svizzera efficiente e costosa per i ragazzini del Vomero, e ci sono gli scugnizzi che non vanno a scuola e raccolgono i cartoni insieme al padre. Ma il problema non è la scuola, è aver ridotto quel genitore in una condizione disperata. Oggi il privilegio delle scuole private è discutibile. I costi delle rette e le altre spese, dalla divisa ai libri, impediscono di fatto l'accesso al 90% dei bambini. Quella è davvero una scuola di classe. 

La classe dunque come insieme di alunni ma anche come classe, ceto sociale. Un fattore che continua a incidere profondamente sull'educazione. 
La scuola, nella sua cecità, oggettivamente discrimina, forse non lo fa apposta, ma di fatto fa cadere dall'alto qualcosa che dovrebbe nascere insieme all'uomo. Tutti dovremmo avere gli stessi diritti alla nascita e si dovrebbe cominciare proprio dalla scuola. 

Come dovrebbe essere la scuola del futuro?
Dovrebbe superare gli errori del passato anche recente. Nel libro primo di Registro di classe si vede un'Italia divisa in due tra Nord e Sud. Lo spaesamento del maestro di Bologna mandato a insegnare in Basilicata, dove parlano un dialetto che non capisce, somiglia al disagio degli insegnanti di oggi trasferiti lontano da casa. Non è obbligatorio che uno lavori in casa propria, però il buon senso potrebbe far sì che ci si incontri a metà strada. In Così ridevano raccontavo l'Italia degli anni '50 e l'emigrazione interna che provocava problemi di comunicazione perché la lingua connotava come diverso il meridionale che arrivava a Torino dal Sud e che veniva visto come un essere di serie b. Il contrario non accadeva perché il torinese a Catanzaro non ci andava mai. Oggi il dialetto viene sostituito dalle lingue straniere. Se andate in una scuola a Colle Oppio il 30% degli allievi sono figli di extracomunitari. Per questi bambini la lingua italiana è una lingua straniera.

Che ricordo ha delle sue elementari?

Erano gli anni '50 e si parlava in dialetto con l'insegnante. Noi bambini non sentivamo la mancanza dell'italiano. Il maestro Grande era severissimo, passava il pomeriggio sul balcone di casa sua per vedere se qualcuno di noi era per strada, perché voleva dire che non aveva fatto i compiti. Studiavamo ancora su un sillabario fascista, ma si parlava in calabrese. Da adulto ho fatto il professore in seconda media a Sant'Andrea Apostolo dello Jonio, ero appena uscito dal liceo e insegnavo quasi solo a tradurre il dialetto. Pensate - per capire la difficoltà - che in calabrese "brocca" significa forchetta. 

Oggi la stessa difficoltà appartiene ai figli degli immigrati.

Le mie nipotine sono di padre albanese e madre polacca e hanno fatto uno sforzo enorme per imparare l'italiano. 

Il film ci mostra la propaganda fascista in azione. 

Le immagini che vediamo nel film vengono da un filmato propagandistico sulla scuola fascista rivolto a spettatori stranieri. Uno spot riuscito su qualcosa di nefasto, mentre oggi magari non sappiamo comunicare bene qualcosa di buono. I fascisti davano a intendere che ci fosse la libertà, che gli alunni fossero tutti uguali, in realtà erano obbligati a essere scolari fascisti. A un occhio distratto certe azioni possono apparire quasi positive, ma in realtà si allevavano dei prigionieri, dei polli in batteria. E poi dietro la facciata venivano istruiti alla guerra, come si svela nella parte in cui i bambini indossano le maschere antigas. Diventano marionette, mostri senza espressione, e nessuno gli insegna che la guerra è una cosa atroce. 

In Lettera a una professoressa, il famoso libro uscito dalla scuola di Barbiana di Don Milani nel 1967, si contestava l'educazione discriminatoria nei confronti dei contadini, definendo la scuola un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Quei principi sono ancora validi? Come possono essere aggiornati?
Il nodo delle etnie incrociate somiglia al disagio del figlio del contadino nella scuola retta dalla "professoressa". Pasolini lo dice molto bene quando parla del percorso piccolo borghese di una società che non dà accesso alla cultura ai figli dei contadini. Ma il finale del primo libro di Registro di classe, con le immagini della scuola di Barbiana, è un finale di speranza.  

 
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Mark Osborne: ‘Il piccolo principe’, un tesoro da proteggere

Post n°12684 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Andrea Guglielmino24/10/2015
Arriva alla Festa del Cinema di Roma, nella giornata di chiusura, ‘Il Piccolo Principe’, adattamento cinematografico – molto libero - del celebre romanzo omonimo scritto da Antoine de Saint-Exupéry.
La regia è di Mark Osborne (Kung Fu Panda). La produzione è francese/canadese (Onyx Films, Orange Studio,On Entertainment), ma il film è pensato come un cartoon internazionale, distribuito da Paramount all’estero (da noi da Lucky Red), e doppiato, nell’edizione anglofona, da grandi star (Jeff Bridges, Rachel McAdams, Paul Rudd, Marion Cotillard, James Franco, Paul Giamatti, Mackenzie Foy). Cotillard è anche nell’edizione francese, insieme a Vincent Cassel e Guillaume Galienne, mentre in Italia sono in ballo i nomi di Paola Cortellesi, Stefano Accorsi, Pif e Alessandro Siani insieme a Micaela Ramazzotti, Toni Servillo, Alessandro Gassman, Giuseppe Battiston. 

Resterà deluso chi si aspetta una trasposizione fedele del romanzo. Per buona parte del film il Piccolo Principe fa da corollario, dopodiché la pellicola assume le fattezze del sequel apocrifo (un po’ sul modello diHook di Steven Spielberg, il cui cinema di ‘sense of wonder’ influenza d’altro canto buona parte di questo cartoon). La storia non c’entra con il romanzo e parla di una ragazzina pressata da una madre molto presente ma anche estremamente solerte nel pianificare la sua vita, senza lasciare il minimo spazio alla fantasia. L’incontro con un vecchio aviatore (chiaramente omaggio allo stesso Saint-Exupéry, aviatore oltre che poeta e scrittore) le cambierà la vita. Ed è proprio questo nuovo amico – il vero Saint-Exupéry è scomparso in mare in volo, nel 1944, e dichiarato ‘Morto per la Francia’- a farle conoscere la storia del Piccolo Principe attraverso i suoi scritti. Le parti più entusiasmanti del film sono proprio quelle più fedeli al libro, quando la bimba entra nel vivo della narrazione, l’animazione, da computerizzata, si converte in classica stop-motion e richiama proprio le illustrazioni del libro (opera sempre dell’autore). Solo pochi episodi ne sono però riportati brevemente (tra cui il più classico, quello della volpe).   

Ne parliamo con il regista. 

Pensa che questa storia sia ancora adatta per grandi e piccini? 

Assolutamente sì, vedo ogni film come un’opportunità. Kung Fu Panda mi ha permesso di omaggiare la cultura orientale delle arti marziali ed è stato molto ben recepito in Cina e Indonesia, quindi ho pensato che allo stesso modo potevo adattare questo classico con il medesimo rispetto. Ma non ho voluto fare una trasposizione letterale, ho pensato piuttosto di fare un film su come il libro potesse incidere sulle nostre vite. Volevo creare un’esperienza cinematografica che fungesse da eco e ne espandesse il significato. Sicuramente mi ha ispirato il cinema di Miyazaki e il suo lirismo. La fantasia come ispirazione, come inTotoro. E’ un libro magico che funziona a tutte le età. Ogni volta che lo leggi puoi trovarci degli elementi significativi. Mi entusiasmo quando sento che i nonni portano a vederlo i loro nipoti. Potrebbero venderlo come un film per i nonni. Io penso di non fare film per bambini, ma film per esseri umani. 

Come ha cercato di mantenersi fedele allo spirito del romanzo? 

Se ci fate caso nel film non ci sono computer o cellulari, volevo che, come il libro, fosse una storia fuori dal tempo e universale. Il modo in cui la mamma tratta sua figlia nelle prime fasi del film è preso dai racconti che danno inizio al romanzo, in cui Saint-Exupéry  racconta di come, da bambini, tutti lo intimassero di smettere di disegnare per dedicarsi alla scienza e alla matematica. Spesso ci viene richiesto di crescere troppo rapidamente. Saint-Exupéry  compare nel film, come un vecchio aviatore ottantaseienne. Nel libro è detto chiaramente che lui incontra il Principe quando ha 40 anni e lo saluta quando ne ha 46. Questo potrebbe essere l’unico riferimento temporale presente. 

E’ stato difficile gestire la commistione di immagini moderne in cgi e animazione classica? 

E’ stata una delle prime idee che ho avuto e temevo non mi consentissero di usare la stop-motion, ma io volevo assolutamente rendere la sensazione di qualcosa di fragile come la carta, che non fosse freddo e finto. Inoltre la tecnica della stop-motion dà l’idea di qualcosa di antico, sa di ricordo d’infanzia. E’ come un ponte tra la realtà e quelle bellissime illustrazioni. Mi fa piacere che il pubblico abbia reagito favorevolmente e abbia apprezzato. Mi dicevano ‘è troppo difficile’, non funzionerà mai, ma io sono sempre stato convinto che fosse la scelta giusta. 

Quali sono stati gli altri suoi riferimenti? 

Tutti noi animatori siamo molto appassionati di cinema, non sono d’animazione. Sicuramente ci sono richiami espliciti a Jacques Tati e Mon Oncle. Per me la storia della bambina è un modo per ‘proteggere’ il libro, perché fare una trasposizione letterale sarebbe stato controproducente, essendo un libro molto particolare che ognuno può interpretare in maniera diversa. In questo modo abbiamo creato un filtro perché quello che vediamo è la sua versione della storia, vista attraverso la sua immaginazione. Ciascuno si concentra su parti diverse del libro, quelle che per lui sono più significative. Molti mi dicono che alcune parti non le ricordavano, ma magari non le avevano nemmeno lette. Abbiamo scelto le parti che sono significative per la nostra protagonista, quelle che rispondono al suo senso di solitudine e al suo rapporto con la famiglia. Volevo instaurare con il pubblico un vero senso di dialogo. Per gli artisti che è hanno partecipato stato come un magnete. All’inizio erano scettici ma poi se ne sono innamorati. Sono entusiasta dei cast internazionali e anche di quello italiano. Io pensavo che la eco del film fosse già finita, invece vedo che continua a crescere e a ottenere consensi in ogni parte del mondo. 

Ha provato a proporlo a Studios più grandi? 

Non è un film da studio-system, è troppo particolare. E non c’era altro modo di raccontare questa storia, per quanto mi riguarda. A volte enso che tutto quello che mi è capitato nella vita mi abbia portato alla realizzazione di questo progetto. Al libro sono legatissimo, me lo regalò mia moglie in un momento in cui mi ero allontanato, dalla California ero andato a New York per studiare animazione e la frase ‘l’essenziale è invisibile agli occhi’ era per me una promessa d’amore, come dire: ‘saremo comunque sempre insieme’. 

Non ha mai temuto di essere troppo ambizioso? 

Beh, ho scoperto che Orson Welles voleva dare un seguito a Quarto Potere, ma non ha mai trovato i soldi. E lo stesso Saint-Exupéry  ha provato la strada di Hollywood, voleva fare film per cambiare il mondo ma quello che vide non fece che deprimerlo. Per questo poi scrisse il romanzo. Credo che sia ancora molto utile, soprattutto per i genitori. Vorrei sempre avere qualcuno che mi ricordi di passare più tempo possibile con i miei figli. 

 
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